Ringrazio Andrea Mondinelli per la riflessione che segue. Precedenti qui - qui. Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica.
Perché Evangelium Vitae non ha funzionato: anatomia di una sconfitta annunciata
Trent’anni dopo la sua pubblicazione, l’enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II rimane un documento di straordinaria bellezza teologica e di indiscutibile valore pastorale. Eppure, nel mondo cattolico non ha funzionato. Anzi, ha assistito impotente al progressivo cedimento dei cattolici proprio sui temi che intendeva difendere.
Solo alcuni esempi di una sequenza implacabile: Vittorio Possenti[1] già nel 2009 teorizza la “non punibilità” del suicidio assistito in casi estremi; Francesco D’Agostino nel 2017 arriva a dire che “può esistere un diritto a morire“[2] e chiede “il coraggio, di abbandonare in parte (solo in piccola parte!) il vecchio paradigma della medicina ippocratica e di contribuire alla costruzione di un paradigma nuovo e molto più complesso”[3], fino al “Piccolo Lessico sul fine vita” della Pontificia Accademia pere la Vita del 2024 che benedice la “dolce morte” purché “accompagnata”[4].
Perché un’enciclica così impegnativa ha prodotto risultati così deludenti? La risposta è scomoda ma necessaria: Evangelium Vitae contiene contraddizioni strutturali che ne minano l’efficacia dall’interno.
Il primo paradosso: criticare i diritti umani usando i diritti umani
Giovanni Paolo II denuncia giustamente come i diritti umani vengano “rivoltati contro se stessi”: partendo dal diritto alla vita si arriva all’aborto per “autodeterminazione”. È una diagnosi perfetta. Ma poi continua a usare proprio il linguaggio dei diritti umani come fondamento argomentativo, parlando di “diritti intangibili e inalienabili” e “diritti fondamentali che appartengono nativamente alla persona”.
Il problema non è l’uso scorretto dei diritti umani – è la loro logica interna. Come ha notato lucidamente il filosofo Marcello Pera: “La storia dei diritti umani è anche la storia di come il diavolo abbia tentato di offrire un’altra mela all’uomo e di come l’uomo l’abbia gradita“.
Il meccanismo è matematico: diritto alla vita → diritto a una vita degna → diritto all’autodeterminazione → diritto di rimuovere gli ostacoli → diritto alla morte. Non c’è modo di fermare questa spirale dall’interno del sistema dei diritti umani.
Il secondo paradosso: la democrazia come strumento neutrale e segno positivo
Evangelium Vitae afferma due cose incompatibili: la democrazia è solo uno “strumento” che deve sottostare alla legge morale, ma il “consenso pressoché universale sul valore della democrazia” è un “positivo segno dei tempi”.
Ma se la democrazia è davvero solo uno strumento neutrale, perché dovrebbe essere un segno positivo? E se invece è positiva in sé, allora non è più neutrale. Inoltre, il concetto di “sana democrazia” che l’enciclica propone è un ossimoro se riferita a quella di stampo liberale: quella veramente sana fondata su valori “che nessuna maggioranza potrà mai modificare” non è più una democrazia liberale, ma una democrazia fondata sulla legge morale naturale, di cui la Chiesa cattolica è l’unica vera interprete in quanto corpo mistico di Cristo.
Il terzo paradosso: l’autorità senza fondamento
Se si accetta la libertà religiosa come principio fondamentale e la neutralità statale (come fa Dignitatis humanae), con quale autorità si possono poi dichiarare certi principi morali come “non negoziabili”? Giovanni Paolo II non può appellarsi all’autorità divina (violerebbe la neutralità statale), non può usare solo la ragione naturale (perché il paradigma moderno l’ha relativizzata), deve usare il linguaggio dei diritti umani (che però si autodistrugge).
Le radici e gli sviluppi del problema: una capitolazione progressiva
Le contraddizioni di Evangelium Vitae affondano le radici anche nel documento della Commissione Teologica Internazionale “Dignità e diritti della persona umana” (1983), che già aveva capitolato davanti alla modernità: i diritti dell’uomo dipendono “dal consenso che si riuscirà a ottenere” e si fondano su “libertà, uguaglianza e partecipazione” – esattamente i principi della Rivoluzione francese. Manca completamente la verità come fondamento, anzi è da scartare perché divisiva[5].
Ma è nei documenti successivi all’enciclica che si vede l’evoluzione logica di quelle contraddizioni. Il documento del 2009 “Alla ricerca di un’etica universale” porta alle estreme conseguenze il relativismo: la legge naturale “non ha niente di statico“, “non consiste in precetti definitivi e immutabili“, è una “fonte di ispirazione” per costruire consenso con “le grandi tradizioni religiose dell’umanità“.
Questo non è più cattolicesimo – è relativismo mascherato da dialogo. E dimostra che le contraddizioni interne di Evangelium Vitae non erano un incidente di percorso, ma il segno di una deriva destinata ad aggravarsi.
Il fallimento pratico: quando i cattolici diventano liberali
Il risultato è stato devastante. I cattolici hanno inconsciamente percepito la debolezza dell’argomentazione e hanno finito per interiorizzare che anche sui principi “non negoziabili” si può… negoziare.
Se lo Stato deve essere neutrale, se bisogna cercare “mediazioni” in società pluraliste, se la legge naturale è “evolutiva” e dipende dal “consenso”, allora perché non mediare anche sul suicidio assistito? La logica interna del discorso porta inevitabilmente lì.
I cattolici hanno imparato a ragionare come liberali che casualmente sono contrari all’aborto, anziché come cattolici che per principio difendono la vita.
L’alternativa che non si vuole vedere
La differenza con la dottrina cattolica tradizionale è cristallina. Leone XIII nell’Immortale Dei: “Il potere pubblico per se stesso non può provenire che da Dio“, “I Principi devono favorire la religione, difenderla, proteggerla“. In Libertas: “La libertà vera è quella che si conforma alla verità e al bene“.
Era un sistema coerente: si riconosceva l’autorità sociale di Cristo e quindi una verità oggettiva che lo Stato doveva rispettare, indipendentemente dal consenso democratico.
Tertium non datur: o si riconosce l’autorità sociale di Cristo, o si accetta il relativismo completo. Ogni tentativo di “via media” è destinato al fallimento, perché cerca di conciliare l’inconciliabile.
Il punto di non ritorno: quando la CEI abbraccia il suicidio assistito
Gli sviluppi di luglio 2025 hanno portato alle estreme conseguenze la logica di Evangelium Vitae. Monsignor Renzo Pegoraro, nuovo presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha dichiarato di “accettare una eventuale prossima legge del Parlamento italiano che preveda l’aiuto al suicidio”, purché sia gestita dal Servizio Sanitario Nazionale e non da cliniche private.
La motivazione è tragicomica: il suicidio assistito privato sarebbe pericoloso perché “orientato al suicidio assistito”, mentre quello statale sarebbe controllato. Come se esistesse un suicidio assistito “buono” e uno “cattivo”.
Ancora più grave è la posizione di Avvenire, quotidiano della CEI, che ha pubblicato articoli a sostegno del disegno di legge sul suicidio assistito. Mario Marazziti elogia la legge 219/17 sulle DAT come “diritto mite che umanizza il morire” – la stessa legge che permette di far morire i pazienti togliendo nutrizione e idratazione artificiale.
I sei firmatari dell’altra lettera su Avvenire (tra cui le ex parlamentari Binetti e Santolini) sostengono addirittura che il DDL “in nessun punto favorisce il suicidio assistito. Anzi, è vero il contrario”. È come dire che depenalizzare un crimine non ne favorisce la diffusione.
Il tradimento completo
Siamo arrivati al paradosso finale: la Chiesa che ha scritto Evangelium Vitae ora benedice il suicidio assistito purché sia “ben regolamentato”. È la logica della “riduzione del danno” portata alle estreme conseguenze.
Il cerchio si chiude: dal linguaggio dei diritti umani alla mediazione democratica, dalla legge naturale “evolutiva” al consenso come fonte di legittimità, si è arrivati ad accettare l’omicidio purché sia “mite” e “controllato”.
Una lezione per il futuro
Evangelium Vitae resta un capolavoro teologico che ha illuminato una generazione di cattolici. Ma è strutturalmente inadeguata come strategia culturale perché accetta il quadro di riferimento dell’avversario.
Gli eventi del 2025, e non solo, hanno dimostrato in modo definitivo che la strategia della “mediazione” non funziona. Quando si accetta di giocare sul campo dell’avversario con le sue regole, la sconfitta è matematica.
La lezione è amara ma necessaria: non si può vincere una partita con le regole imposte dall’avversario. Non si possono difendere principi assoluti usando un linguaggio che per sua natura li relativizza.
Come scriveva Sant’Agostino contro chi voleva scegliere il “male minore”: “In questo modo si crederà lecito commettere furti per furti, stupri per stupri, incesti per incesti“[6]. Non si può combattere il male abbracciandolo.
Fino a quando la Chiesa non avrà il coraggio di tornare ai suoi principi perenni – non “pre-conciliari” ma semplicemente cattolici – ogni battaglia culturale sarà una ritirata travestita da dialogo.
Il mondo ha bisogno della chiarezza di Cristo Re, non delle ambiguità della democrazia “cristiana”. È tempo di scegliere.
Andrea Mondinelli________________________
[1] Annotazioni sul suicidio e l’indisponibilità della vita, «Questioni di Bioetica», anno IV, n. 9, 2009.
[2] La scoperta della piena visione cattolica
[3] Non tutto è eutanasia. La storia chiede coraggio
[4] Piccolo Lessico sul fine vita, pag. 70
[2] La scoperta della piena visione cattolica
[3] Non tutto è eutanasia. La storia chiede coraggio
[4] Piccolo Lessico sul fine vita, pag. 70
[5] “È necessario prescindere, metodicamente, dai conflitti dottrinali del passato e dai modelli più restrittivi”
[6] Sant’Agostino, Contra mendacium, 9, 20 https://www.augustinus.it/italiano/contro_menzogna/contro_menzogna.htm
9 commenti:
La Chiesa ha cominciato ad essere ambigua con i temi etici dai tempi della Humanae Vitae, quando un tema su cui la Chiesa era sempre stata adamantina (come dimostrano con dovizia di documenti i manuali di teologia morale pre-conciliari) venne sottoposto al giudizio di una commissione. Il primo errore è proprio questo: fare di materia certa o certissima materia di discussione, mettendo così in dubbio che fosse davvero certa. Il secondo errore, delegare a teologi quello che è il compito della gerarchia.
Terzo, dover rimediare da parte del povero Papa Paolo VI per "rincorrere i buoi quando già erano fuggiti dalla stalla" (la commissione si era pronunciata a favore degli anticoncezionali).
Quarto errore, lasciar discettare le Conferenze episcopal o singoli vescovi in merito...
Un pasticcio che da allora si è sempre ripetuto, con i ben noti risultati, sotto gli occhi di tutti.
«Chi è in grado di governare le passioni è sovrano del mondo. Si può governarle o essere governati da esse, ma è meglio essere il martello piuttosto che l’incudine».
S. Domenico da Guzman
LE NOVE MANIERE DI PREGARE DI SAN DOMENICO
San Domenico non ha lasciato scritti sulla preghiera, ma la tradizione domenicana ha raccolto e tramandato la sua esperienza viva in un'opera dal titolo: Le nove maniere di pregare di San Domenico. Questo libro è stato composto tra il 1260 e il 1288 da un Frate domenicano; esso ci aiuta a capire qualcosa della vita interiore del Santo e aiuta anche noi, con tutte le differenze, a imparare qualcosa su come pregare.
Sono quindi nove le maniere di pregare secondo san Domenico e ciascuna di queste che realizzava sempre davanti a Gesù Crocifisso, esprime un atteggiamento corporale e uno spirituale che, intimamente compenetrati, favoriscono il raccoglimento e il fervore. I primi sette modi seguono una linea ascendente, come passi di un cammino, verso la comunione con Dio, con la Trinità: san Domenico prega in piedi inchinato per esprimere l’umiltà, steso a terra per chiedere perdono dei propri peccati, in ginocchio facendo penitenza per partecipare alle sofferenze del Signore, con le braccia aperte fissando il Crocifisso per contemplare il Sommo Amore, con lo sguardo verso il cielo sentendosi attirato nel mondo di Dio. Quindi sono tre forme: in piedi, in ginocchio, steso a terra; ma sempre con lo sguardo rivolto verso il Signore Crocifisso. Gli ultimi due modi, invece, corrispondono a due pratiche di pietà abitualmente vissute dal Santo. Innanzitutto la meditazione personale, dove la preghiera acquista una dimensione ancora più intima, fervorosa e rasserenante. Al termine della recita della Liturgia delle Ore, e dopo la celebrazione della Messa, san Domenico prolungava il colloquio con Dio, senza porsi limiti di tempo. Seduto tranquillamente, si raccoglieva in se stesso in atteggiamento di ascolto, leggendo un libro o fissando il Crocifisso. Poi la preghiera durante i viaggi tra un convento e l'altro; recitava le Lodi, l'Ora Media, il Vespro con i compagni, e, attraversando le valli o le colline, contemplava la bellezza della creazione. Allora dal suo cuore sgorgava un canto di lode e di ringraziamento a Dio per tanti doni, soprattutto per la più grande meraviglia: la redenzione operata da Cristo.
Ecco un bellissimo esempio di realismo. Bravo Andrea Mondinelli. Vedere le conseguenze della buonafede, riconoscendola ingenua e incapace di governare la nave una volta andata in deriva. Adesso è in piena tempesta, ma a bordo il Signore c’è sempre e non dorme… Attende. Calmerà le acque e il vento, mentre Pietro e gli apostoli si renderanno conto di aver avuto poca fede. Attenti però anche qui a raccomandare la partecipazione alla politica con i suoi schemi razionalistici e rivoluzionari: sono intrinsecamente fallaci, specie in quest’epoca di menzogna sistematica. Non dobbiamo fare un partito alternativo per governare i regni di questo mondo, ma essere noi alternativi perché di Cristo e quindi di un regno che non è di questo mondo. Altrimenti ricadiamo nell’ ambiguità dopo aver criticato l’eccesso di liberalismo. A meno di non immaginare una sorta di statua o di dittatura religiosa… bastano quelle già capaci di dire eliminabili e inferiori i non appartenenti… noi siamo esuli, la patria è altrove. Se poi mi chiedete se ho idee politiche, certo che ne ho e ben precise. Ma Mondinelli ha ragione sul paradosso di fondo di una fraternite’ ed egalite’ la cui liberte’ sfocia solo nella ghigliottina.
Voglio vedere, adesso, se quanti intervengono prontamente per bacchettare coloro che cercano di difendere la Tradizione, interverranno per difendere i loro eroi: GPII e Benedetto XVI. (anche i predecessori, naturalmente)
Detto ciò non posso non rilevare una evidente contraddizione anche in Mondinelli.
È stato bravo a cogliere, ad esempio, la contraddizione sulla "neutralità" della democrazia, ma la sua non la coglie?
Comincia e finisce l' articolo definendo l' enciclica un capolavoro teologico, e poco importa se non costituita sulle solida fondamenta della Verità e, dunque, inevitabilmente piena di contraddizioni.
Bel capolavoro, in vero!
Ci dev'essere qualcosa nell' aria o nell' acqua, mah...
Mi permetto sono di osservare che il cattolicesimo liberale è un ossimoro.
Il cattolicesimo o è integrale o è compromissorio.
La via liberale giustificata con motivazioni politiche non regge, perlomeno sugli aspetti di fede e morale. Come si fa a parlare di altre "grandi religioni storiche, ecc.". Poi si arriva a sostenere l'incredibile, e cioè che tante strade portano a Dio. In quanto cattolico non mi riconosco nelle prese di posizione della CEI e del monsignore citato circa la "dolce morte". Dove siamo finiti?
¥¥¥
"Capolavoro teologico" è una concessione indebita all'affetto, al tempo che fu quando forse lo stesso Mondinelli credeva che GP2 fosse cattolico... si cresce idealizzando, poi non è semplice ammettere completamente a se stessi che si sono seguiti degli idoli di terracotta. Più recentemente accade a molti con BXVI, "il più grande teologo del Novecento" nonostante tutto e tutti.
Comunque bell'articolo.
Gp2 è quello di Assisi?
Circa le accuse al liberalismo in campo etico. L' Inghilterra vittoriana era certamente il paradigma del costituzionalismo liberale : monarchia costituzionale, predominio del Parlamento, mentalità liberale, divisa tra conservatori e progressisti (tories e whigs), grande enfasi sulla libertà dell'individuo da attuarsis tuttavia sempre nell'ambito delle leggi. Ebbene, in quel regime liberale l'aborto procurato era punito duramente, con anni di galera. Inoltre, i discorsi sul suicidio assistito e simili non erano nemmeno concepibili.
Di che liberalismo stiamo parlando, allora?
Bisognerebbe chiarire che il concetto di "liberalismo" ha subito una notevole involuzione tanto da giustificare orrori che i liberali dell'epoca vittoriana avrebbero condannato nel modo più duro.
Il liberalismo oggi imperversante, come categoria mentale "fluida", corrisponde a quello che gli americani chiamano "liberal" ma nel senso di "radical" ossia di visione ideologica di tipo estremista, in genere di sinistra, libertaria e anarcoide.
Ma anche senza entrare in questi dettagli, visto che l'arengo è un blog, si potrebbe comunque precisare che si sta parlando del liberalismo decadente e decaduto dei nostri giorni.
Il tipo del liberale del nostro tempo è stato Marco Pannella, un depravato che ha fatto della provocazione un modo di vivere e un'ideologia politica. Credo che si definisse anche "liberale".
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