Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 22 gennaio 2023

Arciv. Viganò. “Il filo a cui è appeso il Concilio”. Una risposta a Reid, Cavadini, Healy, Weinandy.

Indice degli articoli precedenti e collegati.
“Il filo a cui è appeso il Concilio”

Una risposta a Reid, Cavadini, Healy, Weinandy.

Et brachia ex eo stabunt,
et polluent sanctuarium fortitudinis,
et auferent juge sacrificium:
et dabunt abominationem in desolationem.
Dan 11, 31

Ho seguito con interesse il dibattito in corso su Traditionis Custodes e il commento di Dom Alcuin Reid (qui) nel quale confuta Cavadini, Healy e Weinandy senza giungere tuttavia ad una soluzione dei problemi rilevati. Con questo mio contributo desidero indicare un possibile sbocco alla crisi presente.

IL VATICANO II, non essendo un Concilio dogmatico, non ha inteso definire alcuna verità dottrinale, limitandosi a ribadire indirettamente – e in forma peraltro spesso equivoca – dottrine precedentemente definite in modo chiaro e inequivocabile dall’autorità infallibile del Magistero. Esso è stato indebitamente e forzatamente considerato come “il” Concilio, il “superdogma” della nuova “chiesa conciliare”, al punto da definirla in relazione a quell’evento. Nei testi conciliari non vi è alcuna menzione esplicita di ciò che fu poi fatto in ambito liturgico, spacciandolo come compimento della Costituzione Sacrosanctum Concilium. Sono invece molteplici le criticità della cosiddetta “riforma”, che rappresenta un tradimento della volontà dei Padri conciliari e dell’eredità liturgica preconciliare.

Dovremmo piuttosto interrogarci su quale valore dare a un atto che non è ciò che vuole sembrare: se cioè possiamo moralmente considerare “Concilio” un atto che, al di là delle sue premesse ufficiali – ossia negli schemi preparatori lungamente e dettagliatamente formulati dal Sant’Uffizio – si è dimostrato eversivo nelle intenzioni inconfessabili e doloso nei mezzi da impiegare da parte di coloro che, come poi è avvenuto, volevano usarlo per uno scopo totalmente opposto a ciò per cui la Chiesa ha istituito i Concili Ecumenici. Questa premessa è indispensabile per poter poi valutare oggettivamente anche gli altri eventi e atti di governo della Chiesa che da esso derivano o che ad esso fanno riferimento.

Mi spiego meglio. Sappiamo che una legge viene promulgata sulla base di una mens, ossia di una finalità ben precisa, che non può prescindere dall’intero sistema giuridico nel cui ambito essa nasce. Queste quantomeno sono le basi di quel Diritto che la saggezza della Chiesa ha acquisito dall’Impero Romano. Il legislatore promulga una legge con uno scopo e la formula in modo che essa sia applicabile solo per quello scopo specifico; egli eviterà pertanto ogni elemento che possa rendere la legge equivocabile rispetto al destinatario, allo scopo, al risultato. L’indizione di un Concilio Ecumenico ha come scopo la convocazione solenne dei Vescovi della Chiesa, sotto l’autorità del Romano Pontefice, per definire particolari aspetti della dottrina, della morale, della liturgia o della disciplina ecclesiastica. Ma ciò che ogni Concilio definisce deve in ogni caso rientrare nell’alveo della Tradizione e non può in alcun modo contraddire il Magistero immutabile, perché se lo facesse andrebbe contro la finalità che legittima l’autorità nella Chiesa. Lo stesso vale per il Papa, il quale ha piena, immediata e diretta potestà sull’intera Chiesa solo nei confini del suo mandato: confermare i fratelli nella Fede, pascere gli agnelli e le pecorelle del gregge che il Signore gli ha affidato.

Nella storia della Chiesa, sino al Vaticano II, non è mai accaduto che un Concilio potesse de facto cancellare i Concili che lo hanno preceduto, né che un Concilio pastorale – un ἅπαξ del Vaticano II – potesse avere più autorità di venti Concili dogmatici. Eppure è accaduto, nel silenzio della maggioranza dell’Episcopato e con l’approvazione di ben cinque Romani Pontefici, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI. In questi cinquant’anni di rivoluzione permanente nessun Papa ha mai messo in discussione il “magistero” del Vaticano II, né ha osato tantomeno condannarne le tesi ereticali o precisarne quelle equivoche. Al contrario, tutti i Papi da Paolo VI in poi hanno fatto del Vaticano II e della sua attuazione il fulcro programmatico del loro Pontificato, subordinando e vincolando la propria autorità apostolica ai diktat conciliari. Essi si sono distinti per una netta presa di distanze dai loro Predecessori e per una marcata autoreferenzialità da Roncalli a Bergoglio: il loro “magistero” inizia con il Vaticano II e lì si esaurisce, e i Successori proclamano santi gli immediati Predecessori per il solo fatto di aver indetto, concluso o applicato il Concilio. Anche il linguaggio teologico si è adeguato all’equivocità dei testi conciliari, giungendo ad adottare come definite delle dottrine che prima del Concilio erano considerate eretiche: pensiamo alla laicità dello Stato, oggi data per acquisita e lodevole; all’ecumenismo irenista di Assisi e di Astana; al parlamentarismo delle Commissioni, del Sinodo dei Vescovi, della “via sinodale” della Chiesa tedesca.

Tutto questo nasce da un postulato che quasi tutti danno per scontato: che il Vaticano II possa rivendicare l’autorità di un Concilio Ecumenico, dinanzi alla quale il fedele dovrebbe sospendere ogni giudizio e piegare umilmente il capo alla volontà di Cristo, espressa infallibilmente dai Sacri Pastori, anche se in forma pastorale e non dogmatica. Ma così non è, perché i Sacri Pastori possono essere tratti in inganno da una colossale cospirazione che ha come scopo l’uso eversivo di un Concilio.

Quanto è avvenuto a livello globale con il Vaticano II avvenne in forma locale con il Sinodo di Pistoia, nel 1786, dove l’autorità del Vescovo Scipione de’ Ricci – che egli poteva legittimamente esercitare convocando un Sinodo diocesano – venne dichiarata nulla da Pio VI per il fatto di averla usata in fraudem legis, ossia contro la ratio che presiede e orienta qualsiasi legge della Chiesa1 : perché l’autorità nella Chiesa appartiene a Nostro Signore, che ne è il Capo, che la concede in forma vicaria a Pietro e ai suoi legittimi Successori solo nell’alveo della Sacra Tradizione. Non è quindi un’ipotesi ardita supporre che una conventicola di eretici possa aver organizzato un vero e proprio colpo di stato nel corpo ecclesiale, allo scopo di imporre quella rivoluzione che con analoghi metodi venne organizzata dalla Massoneria, nel 1789, contro la Monarchia di Francia, e che il modernista Card. Suenens salutò come realizzata al Concilio. Né ciò è in conflitto con la certezza dell’assistenza divina di Cristo sulla Sua Chiesa: il non prævalebunt non ci promette l’assenza di conflitti, di persecuzioni, di apostasie; esso ci rassicura che nella furiosa battaglia delle portæ inferi contro la Sposa dell’Agnello queste non riusciranno a distruggere la Chiesa di Cristo. La Chiesa non sarà vinta finché essa rimarrà come il Suo Eterno Pontefice le impose di essere. Inoltre, la speciale assistenza dello Spirito Santo sull’infallibilità papale non è messa in discussione, quando il Papa non ha alcuna intenzione di impegnarla, come nel caso dell’approvazione degli atti di un Concilio pastorale. Sotto un profilo teorico, dunque, l’uso eversivo e doloso di un Concilio è possibile; anche perché gli pseudochristi e gli pseudoprophetæ di cui parla la Sacra Scrittura (Mc 13, 22) potrebbero ingannare anche gli stessi eletti, tra cui buona parte dei Padri conciliari, e con essi una moltitudine di chierici e fedeli.

Se dunque il Vaticano II fu, com’è evidente, uno strumento di cui venne usata fraudolentemente l’autorità e l’autorevolezza per imporre dottrine eterodosse e riti protestantizzati, possiamo sperare che prima o poi il ritorno sul Soglio di un Pontefice santo e ortodosso sani questa situazione dichiarandolo illegittimo, invalido, nullo, al pari del Conciliabolo di Pistoia. E se la liturgia riformata esprime quegli errori dottrinali e quell’impostazione ecclesiologica che il Vaticano II conteneva in nuce, i cui artefici si ripromettevano di rendere palesi nella loro portata devastante solo dopo la sua promulgazione, nessuna ragione pastorale – come vorrebbe Dom Alcuin Reid – potrà mai giustificare alcun mantenimento di quel rito spurio, equivoco, favens hæresim e del tutto disastroso nei suoi effetti sul popolo santo di Dio. Il Novus Ordo non merita quindi alcun emendamento, alcuna “riforma della riforma”, ma la sola soppressione e abrogazione, quale conseguenza della sua insanabile eterogeneità rispetto alla Liturgia cattolica, al Rito Romano di cui vorrebbe essere presuntuosamente unica espressione e alla dottrina immutabile della Chiesa. «La menzogna va confutata, come insiste san Paolo, ma chi è invischiato nelle sue trappole deve essere salvato, non perduto», dice Dom Alcuin: ma non a detrimento della Verità rivelata e dell’onore dovuto alla Santissima Trinità nell’atto supremo del culto; perché nel dare un peso eccessivo alla pastoralità si finisce col mettere l’uomo al centro dell’azione sacra, quando egli dovrebbe invece porvi Dio e prostrarsi dinanzi a Lui in adorante silenzio.

E anche se ciò può destare stupore nei fautori dell’ermeneutica della continuità concepita da Benedetto XVI, ritengo che Bergoglio abbia per una volta perfettamente ragione a considerare la Messa tridentina come una intollerabile minaccia per il Vaticano II, dal momento che quella Messa è talmente cattolica, da sconfessare qualsiasi tentativo di convivenza pacifica tra le due forme del medesimo Rito Romano. Anzi, è un’assurdità poter concepire una forma ordinaria montiniana e una forma straordinaria tridentina per un Rito che, in quanto tale, deve rappresentare la sola voce della Chiesa Romana – una voce dicentes – con l’eccezione limitatissima dei riti venerandi per antichità quali l’Ambrosiano, il Lionese, il Mozarabico e le minime variazioni del Rito Domenicano e simili. Lo ripeto: l’estensore di Traditionis Custodes sa benissimo che il Novus Ordo è l’espressione cultuale di un’altra religione – quella della “chiesa conciliare” – rispetto alla Religione della Chiesa Cattolica di cui la Messa di San Pio V è perfetta traduzione orante. In Bergoglio non c’è alcuna volontà di comporre il dissidio tra la stirpe della Tradizione e la stirpe del Vaticano II. Al contrario, l’idea di provocare una rottura è funzionale all’estromissione dei Cattolici tradizionali, siano essi chierici o laici, dalla “chiesa conciliare” che si è sostituita alla Chiesa Cattolica e che di essa mantiene appena (e di malavoglia) il nome. Lo scisma auspicato da Santa Marta non è quello dell’ereticale cammino sinodale delle Diocesi tedesche, ma quello dei Cattolici tradizionali esasperati dalle provocazioni bergogliane, dagli scandali della sua Corte, dalle sue dichiarazioni intemperanti e divisive (qui e qui). Per ottenere il quale, Bergoglio non esiterà a portare alle estreme conseguenze i principi posti dal Vaticano II, cui egli incondizionatamente aderisce: considerare il Novus Ordo come unica forma del Rito Romano postconciliare, e coerentemente abrogare qualsiasi celebrazione in Rito Romano antico, in quanto del tutto aliena all’impianto dogmatico del Concilio.

Ed è verissimo, oltre ogni possibile confutazione, che non vi sia possibilità di conciliazione tra due visioni ecclesiologiche eterogenee, anzi opposte. O sopravvive l’una e l’altra soccombe, o soccombe l’una e sopravvive l’altra. La chimera di una convivenza tra Vetus e Novus Ordo è impossibile, artificiosa, ingannatoria: perché ciò che il celebrante compie perfettamente nella Messa apostolica lo porta naturalmente e infallibilmente a compiere ciò che vuole la Chiesa; mentre ciò che il presidente dell’assemblea compie nella Messa riformata è quasi sempre inficiato dalle variazioni autorizzate dal rito medesimo, anche se in esso si realizza validamente il Santo Sacrificio. Ed è proprio in questo che consiste la matrice conciliare della messa nuova: la sua fluidità, la sua capacità di adattarsi alle esigenze delle più disparate “assemblee”, di poter essere celebrata tanto da un sacerdote che crede nella Transustanziazione e lo manifesta con le genuflessioni prescritte quanto da uno che crede nella transignificazione e dà la Comunione in mano ai fedeli.

Non mi stupirei quindi se, in un futuro molto prossimo, chi sta abusando dell’autorità apostolica per demolire la Santa Chiesa e provocare l’esodo in massa dei Cattolici “preconciliari”, non esitasse non solo a limitare la celebrazione della Messa antica, ma giungesse anche a proibirla del tutto, perché in quella proibizione si compendia l’odio settario contro il Vero, il Buono, il Bello che ha animato la congiura dei Modernisti sin dalla prima Sessione del loro idolo, il Vaticano II. Non dimentichiamo che, coerentemente con questa impostazione fanatica e tirannica, la Messa tridentina fu disinvoltamente abrogata con la promulgazione del Missale Romanum di Paolo VI, e che quanti continuarono a celebrarla vennero letteralmente perseguitati, ostracizzati, fatti morire di crepacuore e sepolti con funerali in rito nuovo, quasi a suggellare una miserabile vittoria su un passato da dimenticare definitivamente. E a quei tempi a nessuno interessavano le motivazioni pastorali per derogare alla durezza della legge canonica, così come oggi nessuno si preoccupa delle motivazioni pastorali che potrebbero indurre molti Vescovi a concedere quella celebrazione in rito antico a cui chierici e fedeli mostrano particolare attaccamento.

Il tentativo conciliatore di Benedetto XVI, lodevole nei suoi temporanei effetti di liberalizzazione dell’Usus Antiquior, era destinato al fallimento proprio perché nasceva dall’illusione di poter applicare la sintesi di Summorum Pontificum alla tesi tridentina e all’antitesi di Bugnini: quella visione filosofica influenzata dal pensiero hegeliano non poteva avere successo in ragione della natura stessa della Chiesa (e della Messa), che è cattolica o non è. E che non può essere allo stesso tempo ancorata saldamente alla Tradizione e scossa dai flutti della mentalità secolarizzata.

Per questo provo grande sgomento nel leggere che la Messa apostolica è considerata da Dom Reid «espressione di quella legittima pluralità che fa parte della Chiesa di Cristo», perché la pluralità delle voci si esprime nella sinfonia complessiva, e non nella compresenza dell’armonia e del frastuono stridente. Vi è qui un equivoco che dev’essere chiarito quanto prima, e che con ogni probabilità verrà sanato non tanto dal timido e composto dissenso di chi chiede tolleranza per sé riconoscendola a propria volta a chi rivendica principi diametralmente opposti, ma dall’azione intollerante e vessatoria di chi crede di poter imporre la propria volontà andando contro la volontà di Cristo Capo della Chiesa, presumendo di poter governare il Corpo Mistico al pari di una multinazionale, come giustamente ha evidenziato il Card. Mueller in un suo recente intervento.

Eppure, a ben vedere, quanto accade oggi e quanto avverrà in un prossimo futuro non sono altro che la logica conseguenza delle premesse poste nel passato, il gradino successivo in una lunga serie di passi più o meno lenti, al superare dei quali molti hanno taciuto, hanno accettato, hanno subito il ricatto. Perché chi celebra la Messa tridentina abitualmente ma continua a celebrare saltuariamente il Novus Ordo – e non parlo dei sacerdoti sottoposti a ricatto ma di quanti potevano imporsi o avevano la libertà di scegliere – ha già ceduto sul fronte dei principi, accettando di poter celebrare indifferentemente l’uno o l’altro, come se entrambi si equivalessero, come – appunto – se uno fosse la forma straordinaria e uno quella ordinaria dello stesso Rito. E non è ciò che, con metodi analoghi, è avvenuto in ambito civile, con l’imposizione di restrizioni e violazione dei diritti fondamentali, accettate in silenzio dalla maggioranza della popolazione, terrorizzata dalla minaccia di una pandemia? Anche in quelle circostanze, con motivazioni diverse ma finalità analoghe, i cittadini hanno subìto un ricatto: «O ti vaccini o non puoi lavorare, viaggiare, uscire al ristorante». E quanti, pur sapendo che si trattava di un abuso dell’autorità, hanno obbedito? Credete che i sistemi di manipolazione del consenso siano molto diversi, quando chi li adotta proviene dalla stessa schiera nemica ed è guidata dallo stesso Serpente? Pensate che il piano del Great Reset ideato dal World Economic Forum di Klaus Schwab abbia scopi differenti da quelli che si prefigge la setta bergogliana? Il ricatto non sarà sullo stato sanitario, ma su quello dottrinale, e chiederà di accettare unicamente il Vaticano II e il Novus Ordo Missæ per poter avere diritti nella chiesa conciliare; i tradizionalisti saranno bollati come fanatici al pari dei no-vax.

Quando da Roma dovesse essere proscritta la celebrazione della Messa antica in tutte le chiese dell’Orbe, quanti credevano di poter servire due padroni – la Chiesa di Cristo e la chiesa conciliare – scopriranno di esser stati ingannati, come prima di loro avvenne ai Padri conciliari. A quel punto dovranno compiere quella scelta che si erano illusi di poter eludere, e che li costringerà a disobbedire a un ordine illecito per obbedire al Signore, o piegare il capo al volere del tiranno venendo meno ai loro doveri di Ministri di Dio. Ci pensino bene, nell’esame di coscienza, quanti hanno evitato di sostenere i pochi, pochissimi confratelli fedeli al proprio Sacerdozio, quando venivano additati come disobbedienti o inflessibili solo perché avevano previsto l’inganno e il ricatto. Qui non si tratta di travestire la Messa montiniana da Messa antica, cercando di nascondere con paramenti e canti gregoriani l’ipocrisia farisaica che l’ha concepita; non è questione di togliere la Prex eucharistica II o celebrare ad orientem: la battaglia si combatte sulla differenza ontologica tra la visione teocentrica della Messa tridentina e la visione antropocentrica della sua contraffazione conciliare.

Questa non è altro che la battaglia tra Cristo e Satana. Una battaglia per la Messa, che è il cuore della nostra Fede, il trono in cui il divino Re eucaristico discende, il Calvario su cui si rinnova in forma incruenta l’immolazione dell’Agnello immacolato. Non una cena, non un concerto, non una rassegna di eccentricità o un pulpito per eresiarchi, non un podio per comizi.

Una battaglia che si rafforzerà spiritualmente nella clandestinità dei sacerdoti fedeli a Cristo, considerati scomunicati e scismatici, mentre nelle chiese assieme al rito riformato trionferanno l’infedeltà, l’errore, l’ipocrisia. E l’assenza: assenza di Dio, assenza di santi sacerdoti, assenza di buoni fedeli. L’assenza – lo dicevo nell’Omelia per la Cattedra di San Pietro in Roma (qui) – di quella unità tra la Cattedra e l’Altare, tra l’autorità sacra dei Pastori e la loro stessa ragion d’essere, sul modello di Cristo, pronti a salire essi per primi il Golgota, ad immolarsi per il gregge. Chi rigetta questa visione mistica del proprio Sacerdozio finisce per esercitare l’autorità che ricopre senza la ratifica che viene solo dall’Altare, dal Sacrificio, dalla Croce: da Cristo che su quella Croce regna come Re e Pontefice anche sui sovrani temporali e spirituali.

Se questo è ciò che vuole Bergoglio per affermare il suo strapotere nel silenzio assordante del Sacro Collegio e dell’Episcopato, sappia che incontrerà l’opposizione ferma e decisa di tante anime buone, disposte a combattere per amore del Signore e per la salvezza della propria anima e determinate a non cedere, in un momento così tremendo per le sorti della Chiesa e del mondo, a chi vorrebbe cancellare il Sacrificio perenne, quasi a rendere più agevole l’ascesa dell’Anticristo ai vertici del Nuovo Ordine Mondiale. Comprenderemo presto il senso delle tremende parole del Vangelo (Mt 24, 15), in cui il Signore parla dell’abominazione della desolazione nel tempio: l’orrore abominevole di vederci proscritto il tesoro della Messa, di vedere spogli i nostri altari, chiuse le nostre chiese, costrette alla clandestinità le nostre funzioni. Questa è l’abominazione della desolazione: la fine della Santa Messa apostolica.

Quando, il 21 Gennaio 304, la tredicenne Agnese fu condotta al Martirio, molti tra i fedeli e tra i sacerdoti avevano apostatato la Fede dinanzi alla persecuzione di Diocleziano. Dovremmo noi temere l’ostracismo della setta conciliare, quando una bambina ci ha dato l’esempio di fedeltà e fortezza dinanzi al carnefice? Quella fedeltà eroica fu lodata da Sant’Ambrogio e San Damaso: facciamo in modo di poter meritare, ancorché indegnissimi, il futuro elogio della Chiesa mentre ci prepariamo a queste prove in cui testimoniare la nostra appartenenza a Cristo.
21 Gennaio 2023
Sanctæ Agnetis Virginis et Martyris
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1. Tre anni prima della Rivoluzione francese, il Sinodo di Pistoia formulò alcune dottrine ereticali significativamente anticipatrici degli errori del Modernismo che ritroviamo al Concilio Vaticano II: l’avversione verso le pie devozioni; l’insinuazione che la dottrina sulla Grazia e sulla predestinazione dovesse tornare alla purezza dell’antichità dopo secoli di travisamenti; l’adozione del volgare nella Liturgia e di molte preghiere ad alta voce; la soppressione degli altari laterali, dell’uso dei reliquiari e dei fiori sugli altari, delle immagini dei Santi non presenti nelle Scritture; insinuazioni circa la liceità di una Messa alla quale i fedeli non comunicano; l’uso di termini impropri nella definizione della Consacrazione. A tali errori Pio VI rispondeva: «Non sia mai che la voce di Pietro rimanga silenziosa in quella sua Cattedra nella quale egli vive e presiede per sempre, offrendo la verità della fede a coloro che la cercano (San Crisologo, Lettera ad Eutiche).

18 commenti:

Anonimo ha detto...

Sottoscrivo questo preziosissimo e limpidissimo intervento di Mons. Viganò dalla prima all'ultima parola.

"Non si tratta di travestire la Messa Montiniana da Messa antica...".

Anonimo ha detto...


Il Concilio fu presentato ed evidentemente sentito dai Papi "conciliari", da Giovanni XXIII in poi addirittura come una "Nuova Pentecoste", quasi da esso iniziasse per la prima volta a formarsi la vera Chiesa cattolica!
Non si trattava di una semplice figura retorica. Ci credevano davvero. Nel Discorso di addio ai parroci di Roma nell'Aula delle Udienze tenuto da Benedetto XVI, quel papa non fece altro che un impressionante e totale elogio del Concilio. Sembra che GP II ritenesse che lo Spirito Santo avesse effettivamente influenzato il Concilio, mancavano solo le fiammelle sulle teste dei Padri Conciliari, manifestandosi soprattutto lo Spirito Santo nelle nuove dottrine sulla libertà religiosa e sull'ecumenismo, cioè in errori già condannati dalla Chiesa.
Ratzinger non ha mai sentito alcuna incompatibilità tra la Messa di Montini e quella cattolica di sempre. In realtà il suo ragionare era assai poco hegeliano, privo di quella comprensione storica basata sullo svelamento delle antinomie di fondo di un processo storico, che distingue lo schema hegeliano. Utilizzando l'argomento del rispetto della sensibilità dei fedeli attaccati al vecchio rito, R., resosi conto del disastro liturgico provocato dal nuovo rito, cercava di rivitalizzarlo con l'ausilio dell'antico. Una visione del tutto assurda. Che difatti il successore, rivoluzionario senza sfumature e odiatore della tradizione, ha cassato.
La Messa NO non è negoziabile o emandabile, va solo eliminata, abrogata. Inoltre, un altro passo indispensabile per salvare il cattolicesimo, se mai venisse un papa veramente cattolico, sarebbe l'abolizione sic et simpliciter delle Conferenze Episcopali, organi pletorici ed inutili, utili solo a creare l'anarchia nella Chiesa e a delegittimare i vescovi. Ritorni il vescovo ad essere l'unico capo della sua diocesi, libera dai ceppi imposti dal fesso parlamentino dei monsignori che discettano sull'universo intero senza capirci un'acca,
si ridia al vescovo, sotto il Papa, la responsabilità individuale della sua diocesi, come da tradizione.
T.

Anonimo ha detto...



Le plus beau texte, peut-être, jamais écrit par Mgr Viganò.

Anonimo ha detto...

Come Demos veniamo portati al macello da uomini malvagi senza scrupoli, solo la Chiesa di Gesù Cristo può fare barriera, la sua contraffazione non può che accelerare la distruzione della intera umanità.

ambrosiano emarginato ha detto...

Oggi la liturgia ambrosiana novus ordo presentava delle letture eucaristiche.
La manna nel deserto e la moltiplicazione dei pani e dei pesci dal vangelo di San Luca.
Omelia terribile: sociopolitica quant'altre mai.
E con un peccato contro lo Spirito Santo, inescusabile: Gesù non ha moltiplicato nulla.
No: hanno mangiato a sazietà in cinquemila perchè hanno distribuito quel che c'era.
La poca fede e l'uso comunistoide del vangelo si accompagnano al vuoto di logica matematica.
In luogo deserto, con soli 5 pani e 2 pesci, mangiando in 5000 c'è stata o no moltiplicazione?
Chi lo nega è falso, come è falsa una chiesa che parla solo di politica e solidarietà.
Falsa come chi indice la "giornata della Parola" e poi ne fa strame, ignorando ciò che dice.
Una vergogna che fa dire con Mons. Viganò che non c'è più spazio per una mediazione.
Ma non è la Santa Messa a tradire Cristo, ma chi la celebra non più nel Suo Nome, ma d'altri.

Anonimo ha detto...

Che il concilio fu pastorale ho qualche dubbio. Puó valere per la parte celebrata sotto Giovanni XXIII, ma con Paolo Vi mi pare che la musica cambi.

Anonimo ha detto...

Avanti, su, che il novus ordo montinian-bunigniano è un pastone giudeo-protestante in salsa ecumenica !
Arnaldo T. Maria Canziani

Don Peppe ha detto...

Questa interpretazione della sazietà senza moltiplicazione ce la insegnavano già in Seminario Maggiore all'inizio degli Anni Novanta. Eresia che fa scuola...

Anonimo ha detto...


# Il Concilio sotto Paolo VI non fu più pastorale? E cosa fu, dogmatico?

Si indichino i dogmi proclamati dal Concilio o ribaditi in forma solenne o gli errori condannati in forma solenne. Dove sono? Non ci sono nemmeno nelle due costituzioni conciliari fornite dell'aggettivo di "dogmatiche", che resta incomprensibile.
E non fu Paolo VI a ribadire il carattere pastorale del Concilio?
Non fu proprio sotto Paolo VI che si dovette aggiungere alla Lumen Gentium una Nota esplicativa previa (previa ma aggiunta dopo) per chiarire il carattere solo pastorale del Concilio? La Nota il Papa la dovette far fare sotto la pressione del gruppo ancora consistente dei fedeli al dogma, che voleva un chiarimento sul magistero conciliare in corso, date le tendenze eterodosse emergenti.
Si noti l'apparente contraddizine del Concilio: dichiarò di essere solo pastorale e nello stesso tempo fu inteso addirittura come Nuova Pentecoste: una "illuminazione" che avrebbe rifatto la Chiesa da cima a fondo, in tutti i suoi istituti, compreso il Codice di diritto canonico. E così fecero, gli zelanti esecutori, con i pessimi risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
L'elastica "pastoralità" era l'unico modo per introdurre ambigue novità che poi si sarebbero potute sviluppare in seguito. E così è stato.

Il Concilio si svolse in un clima di perenne illegalità e confusione.
Nel suo Diario al Concilio (Carnets du Concile) de Lubac, il che è tutto dire, lamenta che nella IV e ultima sessione, particolarmente confusa, preti ideologizzati di tutte le nazionalità si introducessero nelle commissioni di revisione degli schemi, senza averne il diritto e senza esser ostacolati da alcuno. All'inizio del '64 si era creato un clima nel quale tutto era permesso, l'anarchia era intollerabile". Parola di de Lubac. (Citaz. dal n. 99 di Catholica, art. di P. L. Jestin sui Carnets di de Lubac).
La confusione e l'illegalità dominarono anche la fase iniziale del Concilio (se ne lamentò persino Dossetti) e non se ne andarono più.
Non dimentichiamo che il Papa, Vicario di Cristo in terra, ha il potere di annullare un Concilio ecumenico solo pastorale, che abbia inquinato la dottrina e la vera pastorale della Chiesa.
Il potere c'è, viene da Dio, quello che manca è il fegato.
PP

Anonimo ha detto...

Replico un quesito più volte avanzato: che faremo noi fedeli in mancanza divriti validi? Mancheremo alk precetto domenicale? Oppure ci accontenteremo di quel servizio che la parrocchia ci impone?

Anonimo ha detto...

C'è una bella riflessione di Father John Zuhlsdorf, su 1Peter5, di alcuni mesi fa, a proposito di questo passo (è in inglese, ma col traduttore automatico si può leggere anche in italiano). Ed è ciò che la Sua Grazia può fare all'uomo che coopera con essa.
Cito:
"In questi miracoli che il Signore ha compiuto, servendosi di cose terrene come fango e saliva, pane e pesce, c'è un'elevazione del naturale al soprannaturale. È quindi naturale che cerchiamo significati soprannaturali nelle sue azioni. (...)
Questo tipo di spiegazione elevante è esattamente l'opposto di ciò che i modernisti cercano di fare, ovvero ridurre il soprannaturale al naturale."

Come ha spiegato un sacerdote in un'omelia che ho ascoltato tempo fa, Dio prende qualcosa di naturale - il pane, i pesci- e con la Sua Grazia lo rende soprannaturale (il miracolo della moltiplicazione).
I modernisti, che di base negano la Grazia e pensano che l'uomo non possa elevarsi, prendono il soprannaturale- il miracolo - e lo abbassano al naturale (i panico e i pesci non sono stati moltiplicati, semplicemente li hanno mangiati tutti insieme).

Maurizio ha detto...

All'anonimo delle 11:55

"Che faremo noi fedeli in mancanza di riti validi? Mancheremo al precetto domenicale? Oppure ci accontenteremo di quel servizio che la parrocchia ci impone?"

Se la pretesa è quella di avere "riti validi" SOTTO CASA, allora campa cavallo ...
Prendere l'auto e farsi anche 200 km per andare alla Messa Vetus Ordo, altrimenti la pretesa di dirsi "cristiani" è, appunto, solo PRETESA!
Non vedo praticabile, inoltre, l'idea di assistere alla messa NO con lo "spirito" del Vetus ... Ci sono pur sempre: 1) formula della consacrazione alterata; 2) parole cambiate nella preghiera che Gesù Cristo ci ha insegnato; 3) distribuzione in mano dell'ostia consacrata.

Infine: "...servizio che la parrocchia ci IMPONE"? E perché dobbiamo prendere in considerazione l'idea di farci IMPORRE qualcosa da chi riconosciamo esecutore di liturgie dissacranti?

Anonimo ha detto...


Ma la moltiplicazione dei pani e dei pesci, oltre che della Grazia, non è, in quanto miracolo, manifestazione della divina Onnipotenza?

Anonimo ha detto...

Non capisco come si possa paragone un sinodo locale presieduto da un vescovo e un Concilio universale presieduto da un Pontefice. Il primo non ha l'indefettibilita' della Chiesa nella sua totalità che ha invece il secondo. E poi, come è possibile che siano stati proprio vescovi e cardinali preconciliare a creare una nuova religione? Quindi dal Papa in giù sarebbero soggetti tutti a scomunica per eresia o apostasia (i firmatari del Concilio)? E quindi da 60 anni noi battezzati cattolici e frequentanti la parrocchia apparterremmo ad un'altra religione, senza saperlo? E la soluzione sarebbe quindi l'induzione allo scisma se non hai vicino il V.O.?

Anonimo ha detto...

D'accordissimo. Il mio quesito si riferisce non a oggi, ma a un possibile futuro in cui NON CI SARANNO PIÙ MESSO V.O. Invece di fare la predica, mi proponga una soluzione,.

Anonimo ha detto...

Guardi che la Chiesa Cattolica non è il centrodestra, non è un partito politico e quello che lei chiama Vetus Ordo non è altro che il Santo Sacrificio della Messa di sempre, mentre la mesa montiniana NON È UN RITO CATTOLICO. Io sono più di quaranta anni che viaggio per assistere al Santo Sacrificio della Messa di sempre. Quanto alle 'colpe' di ciascuna persona, non siamo noi a dover giudicare: parcere persons, dicere di vitiis. Quanto allo scisma, ci ha già pensato Bergoglio con la processione della Pachamama a renderlo più che evidente. E i raduni di Assisi con i rappresentanti delle false religioni per lei sono sciocchezze? Condannati da Pio XI con una enciclica, sono una grave offesa a Gesù Cristo e a Maria Santissima. Se coloro che frequentano le chiese oggidì non comprendono o non VOGLIONO comprendere queste verità fondamentali è perché non hanno più la Fede, e nella stragrande maggioranza dei casi considerano le parrocchie come succursali del mondialismo utili all'avanzamento del nuovo ordine mondiale, al quale sono consciamente o inconsciamente devoti ben più che a Gesù Cristo. Lasciando, come ho scritto, a Dio giusto giudice la sentenza finale, non si può tacere su quello che si vede, non si può nascondere, non si può travisare, non si può scusare. Se un ladro sbatte per terra una vecchietta e le ruba la borsetta con la pensione, il ladro si chiama ladro e la vecchietta si chiama vittima. Quindi, una volta compresi i termini della questione, bisogna prendere i mezzi per non prendere in giro Gesù Cristo servendo furbescamente due padroni: non ci si prende gioco di Dio, non sì serve Dio e satana nel contempo. Gli atti dei 'papi' conciliari sono senz'altro scismatici, in quanto costituiscono una cesura netta con tutta la tradizione della Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Lei può regolarsi come crede: Gesù Cristo è un gran Signore, non tira nessuno per la manica.

Anonimo ha detto...

Anonimo delle 12:06,
Preferisce credere che abbiano fallito tutta la Chiesa (compresi Papi e Concili dogmatici) prima del CVII?
Migliaia di Santi erano in errore e tutti quelli che continuano a credere a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato sarebbero in errore?
Coloro che rifiutano il CVII lo fanno perché insegna errori che erano GIÀ stati condannati dalla chiesa in modo definitivo e quindi la questione era già CHIUSA.
Non si credere a due a due "verità", opposte, se c'è contraddizione solo una può essere vera.
I modernisti credono che la verità possa mutare (ovvero che il Papa e i Concili ecumenici abbiano il potere di imporre dottrine che contraddicano le verità di fede già definite).
Il modernismo è stato condannato come "sintesi di tutte le eresie".
I cattolici rifiutano tutto ciò che contraddice ciò a cui la Chiesa li ha vincolati a credere UNA VOLTA E PER SEMPRE (non per niente si parla di verità definitive, irriformabili e vincolanti anche per i ponfefici), anche se ciò venisse da un Concilio o da un Papa.
Il magistero (papale o conciliare che sia) non ha il potere di contraddire né la Rivelazione né il magistero infallibile precedente.

Stralcio importante ha detto...

"Il tentativo conciliatore di Benedetto XVI, lodevole nei suoi temporanei effetti di liberalizzazione dell’Usus Antiquior, era destinato al fallimento proprio perché nasceva dall’illusione di poter applicare la sintesi di Summorum Pontificum alla tesi tridentina e all’antitesi di Bugnini: quella visione filosofica influenzata dal pensiero hegeliano non poteva avere successo in ragione della natura stessa della Chiesa (e della Messa), che è cattolica o non è. E che non può essere allo stesso tempo ancorata saldamente alla Tradizione e scossa dai flutti della mentalità secolarizzata.
Per questo provo grande sgomento nel leggere che la Messa apostolica è considerata da dom Reid «espressione di quella legittima pluralità che fa parte della Chiesa di Cristo», perché la pluralità delle voci si esprime nella sinfonia complessiva, e non nella compresenza dell’armonia e del frastuono stridente. Vi è qui un equivoco che dev’essere chiarito quanto prima, e che con ogni probabilità verrà sanato non tanto dal timido e composto dissenso di chi chiede tolleranza per sé riconoscendola a propria volta a chi rivendica principi diametralmente opposti, ma dall’azione intollerante e vessatoria di chi crede di poter imporre la propria volontà andando contro la volontà di Cristo Capo della Chiesa, presumendo di poter governare il Corpo Mistico al pari di una multinazionale, come giustamente ha evidenziato il cardinale Mueller in un suo recente intervento." invero Summorum pontificum poteva anche essere "sbagliato" ma certamente era un passo verso l'unità e il riconoscimento della legittimità del rito bimillenario. Oggi siamo invece alla negazione totale di quel rito e quindi si pone veramente il dilemma di scegliere da che parte stare.