Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 2 agosto 2019

Intervista / Stanisław Grygiel: “Non si rinnova la casa distruggendola”

Riprendiamo da Duc in Altum un’intervista esclusiva al professor Stanisław Grygiel, filosofo polacco, grande amico di san Giovanni Paolo II e fino a poco tempo, prima del suo allontanamento, docente al Pontificio istituto teologico fondato proprio da papa Wojtyła. Un’intervista a tutto campo, nella quale il professor Griygiel accenna alla vicenda che lo ha visto coinvolto ma soprattutto spiega qual è, a suo avviso, la natura dell’attuale crisi della Chiesa e pronuncia parole assai nette:”La Chiesa d’oggi ha bisogno di un Mosè che, portato dall’ira del Dio misericordioso, con cui egli parla sul monte, metterà a ferro e fuoco  tutti i vitelli d’oro nella cui adorazione il popolo, con il permesso di tanti pastori, sta cercando la felicità”.
* * * 

Professor Gygiel, lei, a proposito della teologia oggi dominante, ha parlato di “pragmatismo teologico”. Che cosa intende con questa espressione e quali sono gli obiettivi di tale pragmatismo?

Il principio marxista di pensare è: la praxis precede e decide del logos, cioè della verità. Così ha capovolto non solo la vita intellettuale del mondo occidentale, ma anche la vita della Chiesa cattolica. Ricordo gli anni 1966-67 vissuti all’Università Cattolica di Leuven in Belgio e tante lezioni di teologia e di filosofia fatte secondo questo principio. Ne risultò la teologia pragmatica e un pastorale altrettanto pragmatica, che parte non dalla Persona di Cristo, ma dalla descrizione sociologica dei diversi comportamenti degli uomini. Se la maggioranza divorzia, allora…  Molti teologi e, purtroppo, anche molti  pastori nella Chiesa cattolica dimenticano di parlare con il Figlio del Dio vivente. A loro manca la fede nel senso dell’affidamento alla Persona di Cristo e, di conseguenza, la fede nell’uomo.

L’Unione Sovietica, non essendo in grado di conquistare l’Europa occidentale con i mezzi militari, cercò di penetrare la mentalità degli intellettuali, per poterla sottomettere agli ordini dei signori di questo mondo. Vi riuscì  perfettamente, come vediamo oggi, mentre viviamo le conseguenze disastrose di questa astuta azione degli agenti comunisti e dei loro “utili idioti” occidentali.

Sappiamo che lei è stato allontanato, insieme ad altri docenti, dall’Istituto Giovanni Paolo II su matrimonio e famiglia. Al di là del suo caso particolare, che cosa insegna questa  vicenda? Perché questa rivoluzione?

Non posso nascondere il mio dolore, provocato dal fatto che l’Istituto  fondato da san Giovanni Paolo II è stato abolito due anni fa. Il licenziamento dei professori rappresenta un atto coerente con questa decisione. Perciò esso non mi sorprende. Mi dispiace solo per la confusione nella quale sono caduti gli studenti e in cui si sentono smarriti. Qualcuno ne renderà conto un giorno. San Giovanni Paolo II preparò con fervore e passione i primi professori per questa grande missione. Qualche mese prima della fondazione dell’Istituto ci invitò nel suo appartamento per meditare insieme con noi sulla situazione in cui versava non solo la Chiesa ma anche il mondo. Egli volle creare un Istituto in cui la teologia sorgesse dall’esperienza morale della persona umana  e dalla Parola Divina in cui la verità dell’uomo è stata pienamente rivelata. Non c’è allora da meravigliarsi che in quel tempo noi meditavamo pregando e pregavamo meditando. Davanti a Dio e davanti all’uomo che arde di Lui, come ne ardeva il roveto sul monte nel paese di Moria, bisogna inginocchiarsi. Altrimenti non si comprenderà “l’universo e la storia” (cfr Redemptor hominis, 1)

Confesso che non riesco a comprendere per quale ragione gli esecutori della decisione papale di abolire l’Istitituto fondato da san Giovanni Paolo II parlano di approfondimento, espansione e ingrandimento dell’insegnamento di Giovanni Paolo II. Non si rinnova la casa distruggendola, inclusi i suoi fondamenti. Sarebbe meglio parlare in modo chiaro e tondo secondo il comandamento del Vangelo: “Ma sia il vostro parlare: Sì, sì: no, no; poiché il di più vien dal maligno” (Mt 5, 37).

Lei mi chiede: perché questa rivoluzione? Le ragioni e i motivi forse li sveleranno gli storici. Dio invece li giudicherà. Ogni rivoluzione parte da zero e arriva al punto da cui parte. Sempre e dappertutto il rivoluzionario finisce come inizia: tale il principio, tale la fine. Io vedo la situazione che si è oggi creata come un momento del conflitto in atto tra le due visioni dell’uomo. Karol Wojtyła parte dalla Parola di Dio e dall’esperienza morale della persona umana. Per lui, quindi, fondamentali “categorie” sono la verità che zampilla dall’atto della creazione e la menzogna che l’uomo commette quando “crea” le proprie verità. Proprio per questo l’esperienza della persona umana ha il carattere morale, cioè consiste nel vivere le azioni come buone oppure cattive. Il “pragmatismo” è una negazione totale del “centro dell’universo e della storia”, cioè del Figlio del Dio vivente.

La Chiesa cattolica sta vivendo una stagione confusa, segnata da profonde divisioni. Lei come giudica la situazione?

La Chiesa cattolica, aprendosi al mondo, si è trovata nella situazione in cui versa il mondo postmoderno segnato dal “pragmatismo”. La teologia e la filosofia postmoderne si riducono al gioco di opinioni (predicati) e non guardano più l’uomo come magna quaestio di sant’Agostino. La domanda sul senso della vita sparisce e il suo posto è preso dalla domanda sulla felicità orizzontalmente intesa.

I teologi e i filosofi per i quali la teologia e la filosofia non sono che giochi di opinioni s’inginocchiano non davanti a Dio, ma davanti ai propri prodotti. Giocando le loro carte, adorano se stessi. Però in questo modo rischiano di restare vittime dei bari.

La Chiesa d’oggi ha bisogno di un Mosè che, portato dall’ira del Dio misericordioso, con cui egli parla sul monte, metterà a ferro e fuoco  tutti “i vitelli d’oro” nella cui adorazione il popolo, con il permesso di tanti pastori, sta cercando la felicità. Il nuovo Mosè incuterà nelle menti e nei cuori la verità dell’amore incisa sulle Tavole e da molti dimenticata. L’economia della salvezza solo fino a un certo punto  può vivere nel caos. La misericordiosa ira di Dio prenderà la parola.

Anche alla luce di ciò che sta succedendo all’Istituto Giovanni Paolo II, molti hanno l’impressione che il magistero di papa Wojtyła, specie per quanto riguarda le questioni di morale familiare, sia finito in soffitta, dove si mettono le cose che non servono di più. Condivide questo giudizio?

Non lo condivido, anche se umanamente sembra essere così. La Chiesa vive della fede del popolo, della quale ogni Pietro è custode. I teologi possono aiutarlo o meno a comprendere meglio questa fede, ma è lui a essere garante della fedeltà della Chiesa alla Parola del Figlio del Dio vivente. I teologi possono interrompere la Tradizione e cercare di fare tutto da capo. Lontani dal Principio su cui il Vangelo è imperniato, possono inventare nuove interpretazioni del Vangelo stesso per renderlo accettabile al mondo postmoderno. Però prima o poi il cuore  dell’uomo orientato all’Amore che è Dio si sveglierà, gridando di non poter più vivere lontano dalla casa del Padre.

La saggezza che proviene da Dio rimane per sempre. La stupidità che proviene dall’uomo passa, lasciando che l’uomo dipenda non dalla verità ma dai venti. Una sera il santo Papa Giovanni Paolo II mi mise nelle mani la lettera che gli scrisse un teologo moralista molto conosciuto nel mondo. Il teologo chiese al Papa di cambiare l’etica della vita matrimoniale, altrimenti, secondo questo teologo, la Chiesa avrebbe perso i fedeli. “Che cosa ne pensi?”, mi chiese il Papa. Risposi forse troppo bruscamente: “Ha scritto una stupidaggine”. Il Papa mi guardò e dopo qualche secondo disse: “È vero, ma chi glielo dirà?”

È opinione assai diffusa che Amoris laetitia rappresenti un vero e proprio strappo rispetto all’insegnamento precedente. Il professor Seifert ha parlato addirittura di una “bomba atomica” che rischia di distruggere l’intero edificio morale cattolico. Che cosa ne pensa?

Non essendo teologo, non mi sento di dare giudizio. Sono un semplice credente e come tale posso e devo confessare che non mi ritrovo in questo testo se non parzialmente. La mia esperienza dell’amore è più evangelica che sociologica e psicologica. Colui che vuole conoscere la natura della persona umana, cioè il suo essere orientato a Dio, deve contemplare i santi e soprattutto il Figlio del Dio vivente, diventato uomo nel grembo della Vergine Madre, Maria. Descrivere le malattie matrimoniali e sessuali non è realizzazione del comandamento che dice “Andate nel mondo e predicate il Vangelo!”.

In questi giorni mi vengono spesso in mente le parole di Cristo, secondo le quali “chiunque” abbandona la propria moglie e prende un’altra donna commette adulterio (cfr Gv 2, 25). Egli lo dice di ogni uomo, senza eccezione. Lo dice perché sa che cosa c’è dentro l’uomo. Se è vero che oggi in alcuni casi non è adulterio, come alcuni dotti in teologia dicono, significa che Cristo non sa cosa c’è dentro l’uomo. Non è quindi Dio. “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 8).

Questo documento, se fosse più corto, sarebbe più espressivo e forse più chiaro e adeguato alle parole del Vangelo: “Sì, sì – no, no”. Invece una nota a piè di pagina offusca tutto il suo contenuto.

Se dovesse parlare di Giovanni Paolo II a un giovane d’oggi, come presenterebbe, in poche paole, il papa santo?

Giovanni Paolo II direbbe a un giovane d’oggi le stesse parole che disse al popolo in piazza San Pietro il giorno della sua intronizzazione: “Non abbiate paura!” Lo condurebbe all’atto della creazione e all’atto dell’Ultimo Giudizio, perché solo alla luce del Principio e della Fine l’uomo intravvede la verità, alla quale è orientato. Contemplerebbe insieme con un giovane d’oggi la bellezza dell’Amore che è Dio e cercherebbe di risvegliare in lui l’amore affinché quel giovane si possa affidare a Dio. Penso che l’esperienza della bellezza della persona umana, della bellezza del suo amore, indichi la via che può condurre un giovane d’oggi a Dio. Forse è per questo che il maligno cerca di colpire micidialmente l’amore umano e tutti quelli che, affascinati da esso, coraggiosamente, senza paura, svelano la sua verità. Il maligno spera (è l’unica sua speranza) che colpendo l’amore divino-umano distruggerà  il fondamento del matrimonio e della famiglia e, in fin dei conti, anche quello della Chiesa. La lettera di suor Lucia al cardinale Carlo Caffarra ne parla in modo chiaro e tondo.

Professore, la famiglia cristiana, fondata sul matrimonio, ha un futuro?

Ogni uomo, ogni matrimonio, ogni famiglia ha davanti a sé un futuro a condizione che siano affidati alla verità. “La verità vi renderà liberi”, disse Cristo. La libertà che è frutto dell’affidarsi alla verità rappresenta il futuro, verso cui anela il cuore umano. Non bisogna difendere la verità. Essa si difenderà da sola. Coloro che si affidano ai giochi e ai calcoli umani perderanno tutto, anche se prima apparentemente hanno guadagnato tutto. Quelli di questo mondo non sono i successi cui mirano gli uomini affidati alla verità. Loro mirano alla vittoria eterna. Perciò già oggi loro partecipano ad essa. La persona umana può essere uccisa, la comunione in cui essa vive può essere talvolta distrutta, ma  la verità non sarà mai vinta, poiché essa è invincibile.
A cura di Aldo Maria Valli - Fonte

37 commenti:

Anonimo ha detto...

Dedicato a mons. Vincenzo Paglia e a don Maurizio Chiodi.

«Mi avete fatto sapere che voi considerate spesso la Chiesa come un’istituzione che non fa che promulgare regolamenti e leggi. Voi pensate che essa metta molti parapetti nei diversi campi: la sessualità, la struttura ecclesiastica, il posto della donna in seno alla Chiesa. E la conclusione a cui giungete è che esiste un profondo iato tra la gioia che promana dalla parola di Cristo e il senso di oppressione che suscita in voi la rigidità della Chiesa.
Cari amici e amiche, consentitemi di essere molto franco con voi. Io so che parlate in perfetta buona fede. Ma siete proprio sicuri che l’idea che vi fate di Cristo corrisponda pienamente alla realtà della sua persona? Il Vangelo, in verità, ci presenta un Cristo molto esigente, che invita alla radicale conversione del cuore (cf. Mc 1, 5), al distacco dai beni della terra (cf. Mt 6, 19-21), al perdono delle offese (cf. Mt 6, 14-15), all’amore per i nemici (cf. Mt 5, 44), alla sopportazione paziente dei soprusi (cf. Mt 5, 39-40), e perfino al sacrificio della propria vita per amore del prossimo (cf. Gv 15, 13). In particolare, per quanto concerne la sfera sessuale, è nota la ferma posizione da lui presa in difesa dell’indissolubilità del matrimonio (cf. Mt 19, 3-9) e la condanna pronunciata anche nei confronti del semplice adulterio del cuore (cf. Mt 5, 27-28). E come non restare impressionati di fronte al precetto di “cavarsi l’occhio” o di “tagliarsi la mano” nel caso che tali membra siano occasione di “scandalo” (cf. Mt 5, 29-30)?
Avendo questi precisi riferimenti evangelici, è realistico immaginare un Cristo “permissivo” nel campo della vita matrimoniale, in fatto di aborto, di rapporti sessuali prematrimoniali, extra-matrimoniali o omosessuali? Certo, permissiva non è stata la comunità cristiana primitiva, ammaestrata da coloro che avevano conosciuto personalmente il Cristo. Basti qui rimandare ai numerosi passi delle lettere paoline che toccano questa materia (cf. Rm 1, 26 ss; 1 Cor 6, 9; Gal 5, 19). Le parole dell’apostolo non mancano certo di chiarezza e di rigore. E sono parole ispirate dall’alto. Esse restano normative per la Chiesa di ogni tempo. Alla luce del Vangelo essa insegna che ciascun uomo ha diritto al rispetto e all’amore. L’uomo conta! Nel suo insegnamento la Chiesa non pronuncia mai un giudizio sulle persone concrete.
Ma a livello dei principi, essa deve distinguere il bene dal male. Il permissivismo non rende gli uomini felici. Ugualmente la società dei consumi non porta la gioia del cuore. L’essere umano realizza se stesso solo nella misura in cui sa accettare le esigenze che gli provengono dalla sua dignità di essere creato a “immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1, 27).
Pertanto, se oggi la Chiesa dice delle cose che non piacciono, è perché essa sente l’obbligo di farlo. Essa lo fa per dovere di lealtà. Sarebbe in realtà molto più facile tenersi sulle generalità. Ma talvolta essa sente di dovere, in armonia con il Vangelo di Gesù Cristo, mantenere gli ideali nella loro massima apertura, anche a rischio di dover sfidare le opinioni correnti».
(Incontro di Giovanni Paolo II con i giovani ad Amersfoort, Olanda, 14 Maggio 1985)

fabrizio giudici ha detto...

OT Scalfarotto va a trovare gli "americani" in carcere. La notizia è che si sono seccati persino nel PD, persino Calenda e Fiano. Anche tenendo presente qualche dettaglio dato sui giornali a botta calda (però come al solito tutto da verificare) mi chiedo se i due americani non siano legati in qualche modo al mondo LGBT.

Anonimo ha detto...

Mons Paglia sullo “spirito” di Marco.
Uno diventa ciò che guarda .

Questo qui Papa Francesco l’ha messo a presiedere la Pontificia Accademia per la Vita.
Questo qui Papa Francesco l’ha messo a capo del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II.
Questo qui è quello che diceva “Sei fortissimo, vai avanti così” al falso Renzi mentre il vero Renzi varava le unioni civili.
Questo qui ha misericordiato l’allievo del Cardinale Caffarra, monsignor Melina.
Questo qui ha misericordiato l’allieva del cardinale Sgreccia, la professoressa Di Pietro.
Lo spirito di Marco (Pannella) vive. E si vede...

Anonimo ha detto...

Che la Chiesa cattolica sia oramai in mano ad una cupola intenzionata a distruggerla è chiaro come il sole!

Anonimo ha detto...

Ave Maria, Padre Serafino Maria Lanzetta e Fratelli tutti !
Portsmouth, England
“Santa solennità di Santa Maria degli Angeli”
Annalisa Lucchetti

Catacumbulus ha detto...

Grygiel afferma:
"Il principio marxista di pensare è: la praxis precede e decide del logos, cioè della verità". "L’Unione Sovietica, non essendo in grado di conquistare l’Europa occidentale con i mezzi militari, cercò di penetrare la mentalità degli intellettuali, per poterla sottomettere agli ordini dei signori di questo mondo"

Verissimo: si tratta del primato della prassi sulla teoria (cioè, secondo l'etimologia greca, sulla "contemplazione (razionale) del vero"). Ho già accennato della fusione tra "destra" e "sinistra" hegeliana (Gentile-Gramsci). Tuttavia, vanno fatte, a mio avviso, due notazioni fondamentali.

1) Bisogna assolutamente tenere in conto Gramsci, poiché fu lui a teorizzare la strategia per la conquista marxista dell'Occidente democratico (là dove non si poteva facilmente realizzare una rivoluzione armata): la famosa "egemonia culturale" come passaggio necessario alla conquista del potere politico. L'Italia è la plastica esemplificazione di quanto avesse ragione.

2) Tuttavia non ridurrei tutto ciò direttamente a puro "pragmatismo" nel senso di un totale relativismo (aletico ed etico), come pare indicare qui il prof. Grygiel. Per arrivare al puro relativismo, che è il nostro attuale panorama, bisogna considerare la componente originaria precedente la gnosi marxista e coincidente con la più originaria forma di ribellione, che è quella del liberalismo gnostico. In altre parole, il marxismo non corrisponde alla forma più pura di dissoluzione gnostica, poiché è dotato di una serie di dogmi, che, per quanto aberranti, costituiscono un certo codice etico. Il liberalismo libertario luciferino, invece, è la pura dissoluzione nichilistica, poiché pone la libertà e la volontà umane come assoluto. Ecco l'interesse di un'approfondita ricerca nel vastissimo e antichissimo campo delle gnosi.

mic ha detto...

...si tratta del primato della prassi sulla teoria (cioè, secondo l'etimologia greca, sulla "contemplazione (razionale) del vero"

Quella che Romano Amerio chiama "dislocazione della divina monotriade":
l'amore non discende dalla conoscenza dal logos ma lo precede....
In altre parole: la prassi ('pastorale' ateoretica che diventa anomia) scollegata dalla dottrina introdotta dal concilio. È un agire 'invertito' che, proprio in quanto tale, sovverte la realtà.

Anonimo ha detto...

https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/vaticano-ano-ano-perche-rsquo-bergoglio-tace-accuse-abusi-210194.htm

fabrizio giudici ha detto...
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fabrizio giudici ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
fabrizio giudici ha detto...

Grygiel ed altri hanno scritto una lettera ad Avvenire. Secondo me si stanno incartando. La lettera risponde ad "accuse" secondo cui i docenti silurati sarebbero responsabili di problemi amministrativi (soprassediamo, è la solita velenosa calunnia clericale), ma soprattutto "attaccano il Papa in modo sleale" e "minimizzano la portata della svolta di Papa Francesco". Nella lettera si invoca la libertà di discussione e il dibattito teologico e l'"ermeneutica del rinnovamento in continuità con la tradizione".

È paradossale, assurdo. Bisogna avere invece il coraggio di sostenere che ci sono temi che non è affatto lecito discutere, come quelli su ciò che è male intrinseco e che è definitivamente chiarito dopo quasi duemila anni di Magistero; bisogna affermare con forza che non è lecito rimettere in discussione ciò che il Magistero precedente sostiene e che dunque il torto è di chi le riapre e le vuole modificare. Con questa strategia suicida si insegna invece ai fedeli che la discussione è corretta, e alla fine ci si condanna a perdere perché il coltello dalla parte del manico ce l'hanno gli altri.

Anonimo ha detto...

"Non bisogna difendere la verità. Si difende sa sola" mi pare errato, forse non intendeva questo. La verità va detta, va difesa senza paura, va annunciata ma poi si difende da sola in quanto chi usa la logica la riconosce, in quanto la Provvidenza interviene, ma va difesa per quanto possibile farlo, gridando anche sui tetti.
Un'altra frase dice una verità evidente che è il motivo dell'attuale castigo, si parla di linee teologiche fini a sé stesse, alla superbia dell'autore, in cui si infilano i bari. Linea nouvelle theologie, linea del concilio, linea di Bergoglio. Dio è stato estromesso dalle linee teologiche.

Catacumbulus ha detto...

Quella che Romano Amerio chiama "dislocazione della divina monotriade":
l'amore non discende dalla conoscenza dal logos ma lo precede....


Il suo "in altre parole" lo comprendo e approvo in pieno. La prima parte, invece, non la capisco, probabilmente perché per ignoranza non ho presente la citazione di Amerio (e poi quel "dal logos" non torna...). Per San Tommaso sostanzialmente volontà e amore sono lo stesso (Summa Th., I, 20) e l'intelligenza ontologicamente precede sempre la volontà (non si può amare senza conoscere il bene)...

mic ha detto...

Vado di corsa e faccio una veloce citazione.

Noi parliamo, invece dell'amore che nasce dalla ragione e offriamo insieme alle ragioni che accendono in noi l'Amore anche la possibilità di riconoscere, accogliere ed amare lo stesso Amore. Dunque amiamo ciò che conosciamo, altrimenti amiamo l'amore come cosa astratta. Così come l'Amore (Spirito Santo) non precede ma procede dal Padre e dal Figlio. Per questo richiamo l'attenzione sulla "dislocazione della divina Monotriade" denunciata da Romano Amerio : «Come nella divina Monotriade l’amore procede dal Verbo, così nell’anima umana il vissuto procede dal pensato. Se si nega la precessione del pensato dal vissuto, della verità dalla volontà, si tenta una dislocazione della Monotriade; allo stesso modo separare l’amore, la carità, dalla verità non è cattolico».

mic ha detto...

Quoto:

"È paradossale, assurdo. Bisogna avere invece il coraggio di sostenere che ci sono temi che non è affatto lecito discutere, come quelli su ciò che è male intrinseco e che è definitivamente chiarito dopo quasi duemila anni di Magistero; bisogna affermare con forza che non è lecito rimettere in discussione ciò che il Magistero precedente sostiene e che dunque il torto è di chi le riapre e le vuole modificare. Con questa strategia suicida si insegna invece ai fedeli che la discussione è corretta, e alla fine ci si condanna a perdere perché il coltello dalla parte del manico ce l'hanno gli altri."

E' il dialogo ad ogni costo introdotto dal concilio. Invece, non si dialoga sui principi, ma sulle opinioni...

irina ha detto...

Il vero ed il falso appartengono alla logica, alla realtà. Mentre le opinioni, no; queste sono nell'ambito del relativo al soggetto.
Nella realtà il pensiero, il logos umano, è chiamato a distinguere il vero dal falso.

Questo è quanto ho capito dal libro di matematica di mio nipote.

La distinzione tra vero e falso, nel reale, l'ho assimilata subito al sì sì, no no di NSGC e al nostro dovere di riconoscerli nel reale e di distinguerli dal relativo delle opinioni.

Oggi è il relativo al soggetto e/o ai soggetti che ha preso il sopravvento, mentre il reale è stato emarginato o meglio è stato quasi sostituito dal relativo delle opinioni soggettive.

Avendo noi dato pari dignità alle opinioni soggettive, non siamo più in grado, mediamente, di distinguerle dal reale e nel reale non riconosciamo più il vero dal falso, non siamo più in grado di dire sì sì, no no.

Questo è quanto ho compreso personalmente.

irina ha detto...

Infondo perché sbaglia JMB? Perché sta portando nella realtà opinioni soggettive, relative a se stesso e ai suoi amici; non è in grado di ravvedersi poiché, avendo confuso e confondendo reale e relativo, non è più in grado di separarli e distinguere nel reale il vero dal falso, cioè di dire sì sì, no no. E se dice sì lo dice alla opinione maggioritaria e non al vero. JMB, come tanti suoi amici e tanti suoi simili nella storia, considera l'opinione, in quanto vicina ed immediata per il soggetto, cioè per lui e per i suoi amici, più cogente ed essendo anche la più mutevole è anche un cantiere sempre aperto, in progress perenne. Costoro si muovono velocemente sull'onda dell'effimero, della gloria mondana, figlia naturale delle potenze dell'aria. E' questo mediamente il cammino dell'uomo dal non essere all'essere, dall'opinione, alla verità, dall'illusione alla realtà ma, il cammino umano non sempre arriva al reale, al vero, ad essere quello che fu chiamato ad essere da Dio, Uno e Trino.

Anonimo ha detto...

"Ancora veleni dall'establishment ecclesiale contro i docenti dell'Istituto Giovanni Paolo II licenziati. Una pagina intera di Avvenire, firmata dal solito Luciano Moia, li accusa di attacchi al Papa (e quindi di essersi meritata l'epurazione) solo per avere interpretato l'esortazione apostolica Amoris Laetitia alla luce del Magistero precedente. E rivendica lo spirito rivoluzionario e dogmatico del documento papale che non ammette discussioni. Contro le stesse parole di papa Francesco contenute in Amoris Laetitia".
Stefano Fontana
http://lanuovabq.it/it/amoris-laetitia-come-vangelo-la-nuova-religione-di-avvenire

irina ha detto...

"la matematica non è un'opinione" si diceva un tempo. Oggi non so.

nella matematica abbiamo la regola, che possiamo chiamare legge o ragione o intelletto o...Padre.
nella matematica accanto alla regola abbiamo l'esempio, che è la regola esplicitata, cioè che si incarna che vuole e può incarnarsi e che possiamo chiamare...Figlio.
Sia nella regola, sia nell'esempio abbiamo una forza, un potenziale, che da loro esce e li rende conoscibili, comprensibili ed applicabili in ogni manifestazione dove il vero, il giusto, il buono si incontrano nel reale, nelle misure che vanno dal micro al macro. Questa forza, questo potenziale possiamo chiamarlo Spirito Santo.

N.B. detto alla buona.

irina ha detto...

ancora sull'opimione:

a differenza del pensiero personale, che cresce e si rafforza attraverso il vero e che parte da dentro e si dirige verso il fuori, l'opinione, al contrario, va dal fuori verso l'interiorità. L'opinione, essendo effimera, relativa al momento, e alla situazione, da sola non si regge ma, ha bisogno di reggersi sulla propaganda che la prolunga e la magnifica, ogni epoca ha avuto la sua forma di propaganda.
Chi ha avuto a cuore la salute mentale e spirituale, diciamo noi, dei popoli ha cercato sempre di combattere la propaganda attraverso la saggezza dei popoli, attraverso regole di comportamento buone che aiutassero le persone a non cadere vittime della propaganda. Questa battaglia contro propaganda e lassismo ha trovato la sua risposta, vera, completa con il Cristianesimo, nella Chiesa cattolica. E' chiaro che l'insegnamento per essere fecondo ha bisogno di essere costante e di sollecitare, addestrare, allenare tutte le potenze dell'anima e dello spirito della persona, per poterla mettere in grado di combattere 'di persona' la propaganda, l'opinione generale, il falso, l'illusione, il non essere. Mentre l'insegnamento della Chiesa Cattolica è stato sempre diretto ed essenziale, la propaganda sempre ha aggirato ed aggira il nocciolo della questione e fa leva sulla parte più grossolana, non sulla parte nobile dell'essere umano, anche se in apparenza si presenta come molto 'pensosa' ma, sfiora e risfiora e risfiora i bassi istinti, quelli che sono ciechi, cioè che sono incapaci di riconoscersi per quello che sono e dove sempre si annidano i demoni. Ora tra l'insegnamento diretto ed essenziale della Chiesa Cattolica 'che fu' e quello assecondante la parte non nobile dell'essere umano, dandogli ad intendere in contemporanea, attraverso la propaganda, che possiede la 'conoscenza', ed avendogli lasciato tutto lo spazio fisico e temporale per 'realizzarsi' è chiaro che la vincitrice apparente e momentanea, sembra essere proprio la propaganda, che solleva gli uomini dalla fatica di pensare autonomamente, dalla fatica di procurarsi il pane, visto che le pietre vengono trasformate in pane, dalla fatica di diventare figli di Dio visto che con la gloria del mondo sono come dei. Effimeri e di cartapesta.

fabrizio giudici ha detto...

Anche in questo caso: DIo benedica la Bussola e in particolare Stefano Fontana. Ma...

É perfettamente logico sostenere, come fanno Melina e i suoi colleghi, che un documento pastorale debba essere letto alla luce di precedenti documenti più dottrinali, come è il caso di Familiars consortio. Su questo è senz’altro d’accordo anche papa Francesco.

Poco dopo:

Nella nota 329 si mette in dubbio – surrettiziamente, senza negarlo formalmente – l’obbligo di vivere come fratello e sorella per i divorziati risposati che fossero impediti a tornare col legittimo coniuge contenuto alla fine del paragrafo 84 di Familiaris consortio, con citazione della Gaudium et spes strumentalmente decontestualizzata: se questa è chiarezza … Ricordo che appena uscita l’Esortazione un giornalista titolò: “non si cambia la dottrina con una nota a piè pagina”

Ripeto: tutto il mio sostegno a Fontana, comprendo le ragioni di questa gimcana... Ma uno potrebbe chiedersi: questo è fare chiarezza? Dire che il Papa è sicuramente d'accordo con una cosa mentre lo stesso Papa nello stesso documento ha scritto l'opposto? La frase del primo paragrafo sarà forse ironia ratzingeriana. Ma siamo sicuri che tutti i fedeli la comprendano?

Japhet ha detto...

Dove va la chiesa ?

Torniamo su questa incredibile scontro tra Melina e Moia, che già ieri vi abbiamo illustrato con il loro botta e risposta ,con questa riflessione presente oggi su NBQ
di Stefano Fontana

Luciano Moia di Avvenire è un giornalista col vento in poppa, diventerà qualcuno in futuro e potrebbe perfino arrivare a contendere il posto ad Andrea Tornielli. Ieri il suo giornale gli ha messo a disposizione una intera pagina – la numero 13 - per rispondere ad una lettera di Livio Melina, cofirmata dagli altri professori dell'Istituto Giovanni Paolo II licenziati. Costoro denunciano un precedente articolo di Moia del 30 luglio che li accusava di “spiacevoli attacchi” a papa Francesco. Siccome la motivazione ufficiale del licenziamento è stata la soppressione di alcuni insegnamenti nel nuovo piano di studi, i firmatari della lettera hanno buon gioco nel dire che gli “spiacevoli attacchi” al Papa non c’entrano nulla con le motivazioni addotte dal Cancelliere Vincenzo Paglia per il loro licenziamento e quindi sono una calunnia. Ma Moia vuole entrare nel merito e dimostrare gli “spiacevoli attacchi” a papa Francesco.
Attingendo a libri da loro pubblicati dopo Amoris laetitia, Moia rimprovera a Livio Melina & Co. di insistere nel dire che l’Esortazione apostolica di papa Francesco vada letta alla luce di Familiaris consortio e della intera tradizione precedente. Questa accusa di Moia è assolutamente incomprensibile. Egli adopera la parola “svolta” a proposito della fase sinodale e di Amoris laetitia – una “gigantesca operazione”, come la chiama - ma a ben vedere nella tradizione della Chiesa di “svolte” non ce ne possono essere. Melina, infatti, nella lettera, rivendica il criterio del “rinnovamento nella continuità”. Se si adopera l’ultimo documento pontificio per leggere, attraverso il suo spettro, tutti i precedenti, allora si rinuncia alla continuità, e si finirà per leggere anche il Vangelo alla luce di Amoris laetitia. É una cosa molto semplice da capire e non si comprende come Moia non la capisca.
D’altro canto, Amoris laetitia è un documento pastorale. É perfettamente logico sostenere, come fanno Melina e i suoi colleghi, che un documento pastorale debba essere letto alla luce di precedenti documenti più dottrinali, come è il caso di Familiars consortio. Su questo è senz’altro d’accordo anche papa Francesco. Ma non Luciano Moia. A meno di non attribuire ad Amoris laetitia un valore dogmatico e non più semplicemente pastorale. Ciò non è però possibile perché è lo stesso testo di Amoris laetitia ad escluderlo, non contenendo esso nessun elemento proprio di pronunciamenti magisteriali vincolanti. Anzi, nel paragrafo 5 papa Francesco dice di aver raccolto delle “considerazioni che possono orientare la riflessione, il dialogo e la prassi pastorale”. Rileggere prego: la riflessione, il dialogo e la prassi pastorale. Allora ci si chiede: perché riflettere, dialogare e interrogarsi sulla prassi pastorale dovrebbero rappresentare degli “spiacevoli attacchi” a papa Francesco?

Japhet ha detto...

....segue

La seconda accusa di Moia a Melina & Co è di sostenere che quando un testo magisteriale è poco chiaro bisogna interpretarlo alla luce di altri documenti più chiari. Questo criterio mi sembra di semplice buon senso e non so come Moia possa negarlo. Egli non accetta però che si definisca il testo di Amoris laetitia poco chiaro. Sostenerne l’ambiguità è, secondo lui, uno “spiacevole attacco” a papa Francesco. Ma Moia ha letto con attenzione Amoris laetitia?. Mi potrebbe spiegare Moia il significato teologico – non quello omiletico, pastorale, esortativo, parenetico, psicologico … ma teologico – della affermazione secondo la quale l’Eucarestia non è un premio per i perfetti ma un rimedio per i deboli?, che il “peccato è una imperfezione”?, cosa sia una “morale fredda da scrivania”?, che significato hanno le molte domande senza risposta del testo di Amoris laetitia?, e le frasi contraddittorie separate da un “ma” avversativo?, o quando mai la Chiesa abbia considerato “scomunicati” i divorziati risposati come si lamenta nel testo dell’Esortazione? Il testo di Amoris laetitia è ampiamente ambiguo, anzi lo è volutamente, perché tarato su una nuova pastorale e non su definizioni dottrinali. Che scandalo ci sarebbe a dirlo?
Come disse il cardinale Caffarra, se papa Francesco avesse voluto l’ammissione dei divorziati risposati all’Eucarestia l’avrebbe scritto in Amoris laetita. Invece non l’ha scritto, quindi l’ammissione chiara non c’è, ma vi si allude ed è perciò che il testo è ambiguo. Parlare per allusioni è sempre ambiguo. Perché valutare così Amoris laetitia costituirebbe un attacco al papa? Se c’è stata una “grande operazione” sinodale, perché il papa non l’ha conclusa con una chiara affermazione in proposito? E perché sarebbe nato il “conflitto delle interpretazioni” se Amoris laetitia, come sostiene Moia, fosse veramente così limpida? Perché in Germania si dà la comunione ai divorziati risposati e in Polonia no? I docenti del GP2 incriminati da Moia per “attacchi” al papa hanno preso Amoris laetitia per quello che è e hanno svolto il loro compito di teologi secondo il criterio dell’approfondimento nella continuità. Le opere che essi hanno scritto e che Moia adopera ora come prove di accusa, vanno a loro onore. Oppure, avrebbero dovuto dire, come fa Moia, che Amoris laetitia è automaticamente Vangelo? Il positivismo non è né una filosofia né una teologia cristiane.

Japhet ha detto...

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La cosa più ridicola della paginata di Avvenire a firma di Luciano Moia è però un’altra. Per comprovare che il testo di Amoris laetitia non è per niente ambiguo, Moia porta le prove delle note a piè pagina n. 336 e 351, che invece, assieme alla “incredibile” nota 329, sono la dimostrazione più lampante della sua ambiguità. Nella nota 329 si mette in dubbio – surrettiziamente, senza negarlo formalmente – l’obbligo di vivere come fratello e sorella per i divorziati risposati che fossero impediti a tornare col legittimo coniuge contenuto alla fine del paragrafo 84 di Familiaris consortio, con citazione della Gaudium et spes strumentalmente decontestualizzata: se questa è chiarezza … Ricordo che appena uscita l’Esortazione un giornalista titolò: “non si cambia la dottrina con una nota a piè pagina”, ed ora Moia porta quella nota a prova di chiarezza dottrinale?

Nella 351 si conferma con due frasi di incerto significato teologico – il confessionale non è una sala di tortura e l’Eucarestia non è premio ma aiuto – quanto detto nel testo, ossia che “entro una situazione oggettiva di peccato … si possa vivere in grazia di Dio”: affermazione rivoluzionaria che avrebbe avuto bisogno di ben altre considerazioni a suo sostegno che non una semplice nota a piè di pagina e forse anche di una semplice Esortazione apostolica postsinodale.
Amoris laetitia non va letta alla luce del magistero precedente; Amoris laetitia è un dogma; Amoris laetitia dice chiaramente che i divorziati risposati possono accedere all’Eucarestia, Amoris laetitia è magistero infallibile e non ammette la riflessione dei teologi; Amoris laetitia è un testo assolutamente chiaro: sarebbe Moia disposto a sottoscrivere queste affermazioni come indubitabili e a condannare per “attacchi” al papa chi non le accettasse?

http://www.lanuovabq.it/it/amoris-laetitia-come-vangelo-la-nuova-religione-di-avvenire

Anonimo ha detto...

“Il vero ed il falso appartengono alla logica, alla realtà. Mentre le opinioni, no; queste sono nell'ambito del relativo al soggetto… Oggi è il relativo al soggetto e/o ai soggetti che ha preso il sopravvento, mentre il reale è stato emarginato o meglio è stato quasi sostituito dal relativo delle opinioni soggettive… Avendo noi dato pari dignità alle opinioni soggettive, non siamo più in grado, mediamente, di distinguerle dal reale”
Molto profonde molto vere queste riflessioni di Irina
Oreste

Anonimo ha detto...

Si dice che sia partita la grande epurazione dei wojtyliani all'interno della Chiesa bergogliana. Vi stupite? Del resto i montiniani e i wojtyliani non fecero lo stesso negli anni Settanta e Ottanta, epurando tutti i sostenitori della Tradizione che non abbracciavano le innovazioni conciliari? I neomodernisti moderati stanno subendo, ad opera dei neomodernisti estremi, ciò che inflissero ai difensori della Tradizione. Si può stupire solo chi non ha compreso il meccanismo della dissoluzione nella Chiesa, che procede per gradi. Il Concilio è stato il 1789 nella Chiesa, Non vincono subito i più estremisti. Prima vincono i foglianti e i girondini, che vanno al potere. Poi arrivano i giacobini, che li spodestano. Montini era La Fayette, Wojtyla era Brissot (o Danton). Bergoglio è Robespierre, o forse Hebert, lo scristianizzatore. Nella prima fase dissolutiva vincono i moderati, che però, invece di epurare gli estremisti, epurano i tradizionalisti.. Per poi essere a loro volta epurati.

P:S Non si combatte la Rivoluzione francese in nome di Danton, come credono i wojtyian-ratzingeriani. La si combatte in nome dell'eterna Vandea.
Martino Mora

Catacumbulus ha detto...

Gentile mic, non le suoni come rimprovero o pignoleria, ma a volte la fretta gioca brutti scherzi. Spiego l'equivoco per tutti. Questa la sua citazione di Amerio, in cui ho messo in corsivo i due termini fondamentali e in grassetto i due refusi fuorvianti:

«Come nella divina Monotriade l'amore procede dal Verbo, così nell'anima umana il vissuto procede dal pensato. Se si nega la precessione del pensato dal vissuto, della verità dalla volontà, si tenta una dislocazione della Monotriade; allo stesso modo separare l'amore, la carità, dalla verità non è cattolico».

Riguardo alle tre Persone divine si può parlare solo di PROcessione e non di PREcessione dell'amore (processione = venire da = procedere; precessione = venire prima = precedere), poiché la natura divina è semplice e fuori dal tempo, dunque non può esserci alcun divenire o precedenza cronologica nelle relazioni tra le Persone divine. La distinzione può esserci invece nell'uomo. Ora, dire che nell'umano "vi è una precessione del pensato rispetto AL vissuto e della verità rispetto ALLA volontà", ossia dire che il pensato precede il vissuto e la verità la volontà, è corretto. Naturalmente usare le preposizioni articolate "dal" e "dalla" rende la frase incomprensibile, poiché andrebbe intesa come un "essere precedente del pensato dal vissuto"...

Questa la citazione che ho trovato di Amerio, priva però dell'ultima frase da lei inclusa tra virgolette e che ritrascrivo con maggiore ampiezza:

"Come nella divina Monotriade l'amore procede dal Verbo, così nell'anima umana il vissuto procede dal pensato. Se si nega la precessione del pensato al vissuto, della verità alla volontà, si tenta una dislocazione della Monotriade. Se infatti si nega la capacità di cogliere l'essere, l'espansione dello spirito nella primalità dell'amore rimane sconnessa dalla verità perdendo ogni norma e degradando a pura esistenza" (Romano Amerio, "Iota Unum", III ed., Riccardo Ricciardi Editore, Milano-Napoli 1989, pp. 295-96).

Anche il termine "dislocare" (in corsivo nell'originale) va spiegato: lo interpreterei come un "portare fuori dal proprio luogo" o un "disporre in luoghi fisici o temporali discreti o separati", in altre parole, come un "disarticolare" la pura semplicità ontologica di Dio.

Japhet ha detto...

LA CONTINUITÀ DEL MAGISTERO È LA CHIAVE ERMENEUTICA FONDAMENTALE DELLA VITA DELLA CHIESA

Mons. Camisasca sulle recenti vicende dell’ Istituto Giovanni Paolo II.

Caro direttore, ho seguito con preoccupazione, per quanto mi è stato possibile, i resoconti forniti dalla stampa sulle recenti vicende relative al Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia. Presso l’Istituto ho seguito i corsi di Licenza nei lontani anni Ottanta. Ho così avuto modo di conoscere molto da vicino e di apprezzare l’insegnamento che lì veniva svolto.
Negli anni dei miei studi mi sono incontrato con una nascente comunità di insegnanti che viveva una singolare e preziosa comunione di ricerca e di didattica. Dal 1990 al 1996 ho partecipato alla vita dell’Istituto insegnando, su invito del preside Caffarra, un piccolo corso di Metafisica e Gnoseologia per gli allievi del Master. Dal 1993 al 1996 inoltre sono stato eletto vicepreside della Sezione Romana: erano quelli gli ultimi due anni di presidenza di monsignor Caffarra e il primo di monsignor Scola.

Ho potuto così approfondire le impressioni che mi avevano segnato fin dall’inizio, partecipando a un’esperienza di lavoro accademico che godeva dell’attenzione di tanti vescovi nel mondo, i quali mandavano a studiare a Roma laici e preti, così da arricchire la Pastorale Famigliare delle loro Diocesi. Tutto è sempre avvenuto nel solco delle indicazioni date da san Giovanni Paolo II, che aveva voluto e fondato l’Istituto. Nell’omelia per la sua canonizzazione, Karol Wojtyla è stato giustamente definito da Francesco «il Papa della famiglia».
Penso che in quell’espressione così sintetica il pontefice volesse racchiudere uno dei centri focali del magistero e della preoccupazione pastorale del suo predecessore. La mente va alle catechesi svolte dal pontefice polacco sull’amore umano nel piano divino, all’Esortazione apostolica post-sinodale Familiaris consortio del 1981, all’istituzione del Pontificio Consiglio per la Famiglia voluto da papa Wojtyla lo stesso giorno in cui egli inaugurò l’Istituto per studi su matrimonio e famiglia, il 13 maggio 1981, giorno dedicato alla Madonna di Fatima e segnato dell’attentato alla vita del Papa.

Japhet ha detto...

...segue

Francesco ha raccolto e proseguito quella sollecitudine attraverso ben due Sinodi dei Vescovi dedicati al tema famiglia e infine l’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, indicando, con accenti nuovi, la cura della Chiesa per la realtà delle famiglie, il cui bene è «decisivo per il futuro della Chiesa e del mondo» (AL 31). Come vescovo della Chiesa, preoccupato dell’ascolto e dell’attuazione del magistero del Papa, ho sempre cercato di leggere il pontificato di papa Francesco e i suoi documenti in continuità con i pontificati precedenti.

La continuità del magistero è la chiave ermeneutica fondamentale della vita della Chiesa. Perché allora rappresentare oggi un’interruzione così profonda e traumatica nei confronti del lavoro svolto dall’Istituto Giovanni Paolo II? Perché offrire agli studenti l’impressione di una novità radicale che preoccupa e confonde, come alcuni di essi hanno manifestato?
Ogni Papa si radica, nella successione apostolica, sul depositum fidei e sull’insegnamento dei suoi predecessori. Non certamente per ripeterlo, ma per aprirlo, sotto la guida dello Spirito Santo, alle nuove necessità che i tempi e la vita della Chiesa urgono. Sono certo che questa è l’intenzione profonda di papa Francesco.

Il popolo cristiano deve essere aiutato a riconoscere questa continuità nella grande tradizione della Chiesa. Solo essa rende possibile ogni nuova apertura missionaria. L’evangelizzazione sempre avviene attraverso la testimonianza del bene per la vita dei fedeli, illuminandoli con la verità sull’uomo e sulla famiglia, che tutti abbiamo ricevuto da Cristo e che a noi, umili servitori del Regno, spetta di trasmettere con la gioia e la sicurezza che nascono da tale servizio.

Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia- Guastalla
da Avvenire, 3 agosto 2019

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/pastorale-della-famiglia-continuit-e-novit

Fatti non parole! ha detto...

Mons. Camisasca:
Afferma l'ovvio (quel che dovrebbe essere) ma ignora la realtà che ha prodotto ciò che accade oggi....

Anonimo ha detto...

La questione è veramente molto semplice. Il vescovo Camisasca si stupisce delle critiche a Bergoglio, perché è certo della continuità con i pontefici precedenti.
Dall'altra parte ci sono i fatti. Non c'è continuità. Sei anni di dimostrazioni, argomenti, spiegazioni punto per punto, studi, articoli, prove circostanziate, riscontri. Tutto oggettivo, verificabile.
Lui no. Lui "è certo". Questo è l'argomento unico suo, di Kasper, di Ravasi, di Paglia, etc. etc. etc.
Questi poi sono quelli del dialogo ed è la cosa più buffa in tutta questa storia. Gli altri sono solo odiatori e detrattori. Loro no, loro amano. Se ne fregano del prossimo, ma amano, a parer loro.
Silvio Brachetta

Anonimo ha detto...


Continuità nell'Errore

La continuità con gli errori professati dai papi precedenti c'è tutta : fede in Abramo comune a noi e alle altre due grandi religioni monoteiste, compresi i musulmani [sic]; unità del genere umano interconfessionale e interreligiosa per la pace nel mondo [sic]; rinuncia a convertire; richieste di scusa per praticamente tutta la storia della Chiesa e per certi aspetti del suo insegnamento; matrimonio concepito come unione che arricchisce i due coniugi "aperta alla vita", senza la procreazione della prole come fine primario; assenza del Sovrannaturale, silenzio sul peccato originale, sui Novissimi; oblio della dottrina sull'esistenza del Limbo; impostazione della pastorale in modo da adattarsi alle esigenze del mondo, tipica della Chiesa conciliare, che da docente si è voluta fare discente, tradendo clamorosamente la missione affidatale da Cristo...
Prominente, forse, l'errore della Salvezza garantita a tutti perché, come sragiona il Concilio, con l'Incarnazione il Verbo si sarebbe in un certo modo unito ad ogni uomo, ontologicamente, in quanto tale...Quest'errore lo si riscontra in particolare nella predicazione di GP II, che vedeva nella nuova concezione della libertà religiosa (ripresa dal pensiero profano) e nell'istanza ecumenica radicale, l'opera più valida del Concilio, dovuta secondo lui ad un intervento diretto dello Spirito Santo nel Concilio, considerato letteralmente quale Nuova Pentecoste!! Sia GPII che Ratzinger hanno insinuato l'idea assurda che il perseguire la propria salvezza individuale sarebbe egoistico,la salvezza dovrebbe intendersi in modo comunitario, qualsiasi cosa ciò voglia dire (questo vuol dire: già data a tutti, a priori dall'Incarnazione del Cristo cosmico, quello di Blondel e Teilhard de Chardin).
Di suo, Bergoglio non sta facendo altro che portare alle estreme conseguenze e in modo ruvido gli errori dei suoi predecessori immediati, arricchendoli delle false e perverse dottrine di moda oggi tra i gesuiti (teologia della Liberazione etc), che è inutile ripetere qui. L'involuzione e corruzione della dottrina e della pastorale ora mirano apertamente a fare del cattolicesimo una nuova religione, neopagana,dedita al culto della Madre Terra, con sacerdoti-sciamani e sacerdotesse-sciamane, fine del celibato ecclesiastico e di tutto il resto.
Z.

Anonimo ha detto...

ma Melina pensa che gli avversari abbiano l'anello al naso???? pensa di poterli infinocchiare??? Suvvia, professore! Sia serio! Ha voluto tenere un piede in due scarpe ....
(Francesco Patruno)

Anonimo ha detto...

Per riflettere su chi sono i veri nemici della Chiesa e del Sommo Pontefice, chi sono i veri nemici del papato stesso... è necessario spegnere certi riflettori mediatici che accusano di essere contro il papa chiunque formuli critiche motivate e accendere il cervello.
Affermava giustamente il cardinale Burke in una intervista:
“Alcuni hanno criticato quelli che hanno espresso pubblicamente la critica al Papa quale una manifestazione di ribellione o di disobbedienza, ma domandare – con il rispetto dovuto per il suo ufficio – la correzione di confusione o errore non è un atto di disobbedienza, ma un atto di obbedienza a Cristo e perciò al Suo Vicario sulla terra.”

CHI SONO QUESTI VERI NEMICI E QUESTI RIVOLUZIONARI?

mic ha detto...

C'è un movimento rivoluzionario al vertice della Chiesa che, per consolidare il suo potere, bolla chiunque ponga un'obiezione come "nemico del Papa". Il caso del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II è emblematico in questo senso, ma non è l'unico. Il vero conflitto però non è tra chi è pro o contro il Papa, ma tra chi desidera vivere e testimoniare la Verità e chi vuole stabilire una nuova Chiesa fatta da mani d'uomo.

http://lanuovabq.it/it/il-problema-sono-i-nemici-della-verita-non-del-papa

fabrizio giudici ha detto...

https://www.sabinopaciolla.com/nel-mezzo-delle-controversie-dellistituto-gpii-il-papa-emerito-benedetto-xvi-incontra-melina/

fabrizio giudici ha detto...

Ratzinger ha fatto bene. Ora però arriverà il solito parapaponzi, "i due papi", eccetera eccetera eccetera.