Sant’Ambrogio, il Santo di oggi 7 dicembre, è stato un funzionario, un vescovo, un teologo e un santo romano, una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo. È venerato come santo da tutte le Chiese cristiane. La Chiesa cattolica lo annovera tra i quattro massimi dottori della Chiesa d’Occidente, insieme a San Girolamo, Sant’Agostino e San Gregorio I papa. Ambrogio è protettore degli apicultori e dei vescovi ed è patrono di Milano. Nelle immagini sacre è rappresentato con tre simboli: le api, il bastone pastorale e il gabbiano. Nel chiedere la sua intercessione in questa temperie oscura, lo vogliamo ricordare richiamando il suo atteggiamento libero nei confronti dell'autorità imperiale; un atteggiamento che non contraddistingue più i nostri pastori...
I limiti dell'autorità imperiale.
“Libertas dicendi” banco di prova di un potere non tirannico
“Libertas dicendi” banco di prova di un potere non tirannico
Ambrogio sentì solo, come un duro dovere, quello di usare con l'imperatore la “libertas dicendi”, che Egli aveva sempre rivendicato, come diritto dovere del Vescovo: nella lettera del 390 questa “libertà di parola” perde ogni tono rivendicativo e diventa, l'adempimento, umile, ma fermo, di un impegno rischioso, ma al quale non è lecito sottrarsi, perché, compiendolo, si sceglie di ubbidire a Dio (Deum praefero). “Oboedire oportet Deo magis quam hominibus” (At 5, 29).
Ma oltre all’audacia ed alla forza, virile, franca e chiara, dell’uomo di governo e di chiesa quale Egli era, nel difendere i principi fondamentali della giustizia e del diritto, della verità e del bene, egli era anche un grande pastore ed un profondo teologo.
Due aspetti importanti, del suo insegnamento ci illustrano la profondità del suo pensiero e della sua attività di Vescovo: il convinto Cristocentrismo e la sua originale Mariologia.
“Al centro della sua vita, sta Cristo, ricercato e amato con intenso trasporto. A Lui, tornava continuamente nel suo insegnamento. Su Cristo si modellava pure la carità che proponeva ai fedeli e che testimoniava di persona... Del mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, Ambrogio parla con l’ardore di chi è stato letteralmente afferrato da Cristo e tutto vede nella sua luce” (cfr. Giovanni Paolo II, Operosam Diem, 1996).
L’ “Omnia habemus in Christo et Omnia Christus est nobis!” (De Virg. XVI, 99) è l’emblema ed il paradigma del suo pensiero. Egli visse e operò, totalmente ed instancabilmente, tutto per Cristo e tutto, per la Sua Chiesa. Inseparabile il suo amore per Cristo, la Chiesa, la salvezza delle anime. Instancabile, nel far crescere l’amore a Cristo, per questo spendeva le sue inesauste energie nel lavorare, soffrire, studiare, predicare, piangere, rischiare la vita davanti ai Potenti del tempo, un baluardo di fortezza ed eroismo apostolico esercitato, per la Chiesa, popolo di Dio.
S. Ambrogio era intimamente e profondamente convinto che “Fulget Ecclesia non suo, sed Christi lumine”, e pertanto Essa vive, della inseparabile, ontologica e feconda unione sacramentale, con il suo Capo, infatti: “Corpus Christi Ecclesia est”, in lei Ecclesia Mater et Sponsa, ecclesiae fideles et filios, proclamano all’unisono: “Nos unum corpus Christi sumus”.
Proprio per i “fideles Christi, quae Ecclesia Christi sunt” e per il suo Capo, “Christus Dominus, Verbum Dei, Rex Aeternae Gloriae, sempre presente alla Sua Chiesa, il vescovo S. Ambrogio lavorò, studiò, rischiò la vita, pianse, pregò, predicò, viaggiò e scrisse libri fino alla sua morte, attesa, sine timore, proprio dei santi di Dio, nella luce del “Suo Buon Signore!” il 4 Aprile, all’alba del Sabato Santo, nell’Anno Domini 397. (Prof. Domenico Pennino)
21 commenti:
“Atteniamoci fermamente alla fede
come alla rotta sicura,
perché le tempeste del mondo
non ci rendano naufraghi.
Vasto e spazioso è il mare, ma non ci impaura:
tu, o Signore, hai stabilito la tua Chiesa
sicura sulle acque, per sempre”.
(Ambrogio, vescovo e dottore della Chiesa)
Dentro ogni naufragio.
Nelle tempeste del mondo e del cuore.
Non attardarsi a rimpiangere la bonaccia.
E la quiete di tempi migliori.
Sempre sognata, e mai accaduta.
Il tempo è cattivo, in ogni tempo.
Così ci hai dato una rotta segnata.
Che attraversa i millenni.
Che lega generazioni dimenticate
a una memoria che non passa.
Perché ci sia dato di consegnare
ciò che ci è stato consegnato.
E il filo non si spezzi
in un’indefettibile permanenza.
Nel mutare di tutte le cose.
Resta una casa, alta e salda, che non andrà
in rovina.
A ricoverare il futuro.
E confortare il presente.
Nonostante noi. (Franca Negri)
https://www.aldomariavalli.it/2020/12/06/contro-lidrossiclorochina-battaglia-politica-parla-il-medico-che-guarisce-i-malati-di-covid-a-casa/
Allontana dalle nostre menti, o Ambrogio, quelle false e imprudenti teorie che fanno dimenticare ai cristiani che Gesù è il Re di questo mondo, e li portano a pensare che una legge umana, la quale riconoscesse uguali diritti all'errore e alla verità, potrebbe essere il più alto progresso della società. Fa' che essi comprendano, sul tuo esempio, che se i diritti del Figlio di Dio e della sua Chiesa possono essere calpestati, non per questo cessano di esistere; che la promiscuità di tutte le religioni sotto una eguale protezione è il più sanguinoso oltraggio verso Colui "al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra"; che i periodici disastri della società sono la risposta che dà dall'alto del cielo agli sprezzatori del Diritto cristiano, di quel Diritto che egli ha acquistato morendo sulla croce per gli uomini; che infine, se non dipende da noi di ristabilire quel sacro Diritto presso le genti che hanno avuto la disgrazia di rinnegarlo, è nostro dovere confessarlo coraggiosamente, sotto pena di essere complici di coloro i quali non hanno voluto più che Gesù regnasse su di loro.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959)
Il Nord ebbe la propria crisi sacramentale ai tempi della Riforma. Oggi sperimenta la dissoluzione del “regno dei fini” ossia la propria crisi morale nello spettacolo costante di incantevoli estati e di commoventi silenzi invernali. Ingmar Bergman ha parlato di tutto ciò, e, prima di lui, Søren Kierkegaard indicò una via di uscita “per riavere tutto”. Il Sud mediterraneo (e americano) sta vivendo la propria crisi sacramentale in un momento in cui ogni sostanza morale sta per essere dissolta dal dominio della tecnica e il Papa manda da Roma messaggi Twitter all’umanità.
Andrea Sandri
Sant'Ambrogio sia oggi più che mai protettore e ispiratore di un suo sacerdote, Mons. Carlo Maria Viganò, che si mostra come un pastore che non lascia il gregge in balia del lupo.
"Dunque il timore conduce alla libertà, la libertà alla fede, la fede alla carità: la carità procura l’adozione, l’adozione procura l’eredità. Pertanto, dove c’è la fede c’è la libertà: il servo, infatti è sottomesso alla paura, il libero è tale per la fede" (S. Ambrogio Ep. 75,5).
"Non temete! Io non vi abbandonerò, non abbandonerò la Chiesa. Certo, alla violenza io non posso rispondere con la violenza. Potrò lamentarmi, piangere, gemere: perché contro le armi, contro i soldati, contro i barbari, le mie armi sono le lacrime. Queste sono le sole armi degne di un vescovo … Il sanguinario Aussenzio pretende la mia basilica. Ma io non posso tradire l’eredità di Cristo, l’eredità dei miei padri, dei miei predecessori nell’episcopato … Il tributo è di Cesare e non gli viene rifiutato; la chiesa è di Dio, e certamente non deve essere assegnata a Cesare, perché il tempio di Dio non può rientrare nei diritti di Cesare. Con questo nessuno ci accusi di mancanza di riverenza all’imperatore. Infatti nessun onore è più grande di questo: che l’imperatore possa dirsi figlio della Chiesa. Perché l’imperatore fa parte lui pure della Chiesa, è nella Chiesa, non sopra la Chiesa".
Timor ergo ad libertatem perducit
Dove c’è la fede, c’è la libertà – Ubi fide, ibi libertas. (Sant’Ambrogio)
Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi.
(Sant’Ambrogio)
Se Dio fosse nato anche mille volte a Betlemme, ma non nasce in te, allora è nato invano. (Sant’Ambrogio)
Quando domandi perdono per te, allora è proprio quello il momento di ricordarti che devi concederlo agli altri.
(Sant’Ambrogio)
Chi promette a Dio e mantiene quello che gli ha promesso, lo loda.
(Sant’Ambrogio)
L’educazione dei figli è impresa per adulti disposti ad una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l’affetto necessario.
(Sant’Ambrogio)
Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri.
(Sant’Ambrogio)
Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza nei vostri figli, ma se Dio li chiama a qualcosa di bello e di grande, non siate voi la zavorra che impedisce di volare. Non arrogatevi il diritto di prendere decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che decidere bisogna, e non si spaventino se ciò che amano richiede fatica e fa qualche volta soffrire
(Sant’Ambrogio)
Il ringraziamento è il primo dei nostri doveri.
(Sant’Ambrogio)
Se i singoli pregano soltanto per se stessi, la grazia è solo in proporzione della preghiera di ognuno, secondo la sua maggiore o minore dignità. Se invece i singoli pregano per tutti, tutti pregano per i singoli e il vantaggio è maggiore.
(Sant’Ambrogio)
Ogni età è matura per Cristo
(Sant’Ambrogio)
Cristo non viene meno a nessuno: siamo noi a venir meno. A nessuno egli manca, anzi per tutti sovrabbonda. Chi si desta lo trova accanto a sé.
(Sant’Ambrogio)
Dove c’è Pietro, lì c’è la Chiesa.
(Sant’Ambrogio)
Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La nostra porta è la fede, la quale – se è forte – rafforza tutta la casa. È questa la porta per la quale entra Cristo.
(Sant’Ambrogio)
La preghiera troppo prolissa spesso diventa meccanica e d’altra parte l’eccessivo distanziamento porta alla negligenza.
(Sant’Ambrogio)
Il Signore Gesù ti ha fatto conoscere in modo divino la bontà del Padre che sa concedere cose buone, perché anche tu chieda a lui, che è buono, ciò che è buono
(Sant’Ambrogio)
Infatti non si corregge mai il male con il male, né la ferita si cura con la ferita, anzi s’incancrenisce nell’ulcera.
(Sant’Ambrogio)
Non sono da annoverare tra i discepoli di Cristo coloro i quali pensano che la durezza sia da preferire alla dolcezza, la superbia all’umiltà e che, mentre invocano per sé la divina pietà, la negano agli altri.
(Sant’Ambrogio)
Prima si deve morire al peccato e solamente dopo si può stabilire in questo corpo la varietà delle diverse opere di virtù con le quali rendere al Signore l’omaggio della nostra devozione“
(Sant’Ambrogio)
La libertas dicendi c'era nello Stato del Papa?
E sotto i monarchi cattolici?
Non c'era. E nemmeno negli Stati governati
dai protestanti eretici (vedi Calvino a
Ginevra, un regime asfissiante per la mancanza
di libertà).
Una libertas dicendi indiscriminata nello stesso
tempo non si può concedere, altrimenti succede
come oggi: diventa licenza di uccidere con la
lingua, diretta da quelli che dominano il mercato
del dire e rappresentare (dire per immagini) ossia
i Media.
Come dunque intendere esattamente la libertas dicendi?
Soffocarla non va bene. Concederla, è pericoloso.
È pacifico che debba esser concessa con dei limiti.
Ma quali e chi li stabilisce?
Li stabilisce l'uso, la consuetudine e soprattutto
il potere sovrano, sia esso civile o ecclesiastico.
Gli Apostoli non chiedevano la libertas dicendi,
se la prendevano, pronti a scontarne le conseguenze.
"L’ecologia integrale parte dall’ecologia ambientale e la vuole allargare all’ecologia umana. Ma il percorso è sbagliato, perché l’ecologia ambientale non ha le potenzialità per comprendere anche l’uomo se non rendendolo qualcosa di materiale".
Stefano Fontana
libertas dicendi c'era nello Stato del Papa?
E sotto i monarchi cattolici?
Infatti ! Proprio quella degli Apostoli, che se la prendevano senza badare alle conseguenze...
Qui si parla della "libertas dicendi" del pastore di fronte al Cesare di turno, della quale Sant'Ambrogio è stato un campione!
Alla fine del IV secolo ci fu un profondo conflitto nella diocesi di Milano tra cattolici e ariani. Nel 374, alla morte del vescovo ariano Aussenzio di Milano, il delicato equilibrio tra le due fazioni sembrò precipitare. Il biografo Paolino racconta che Ambrogio, preoccupatosi di sedare il popolo in rivolta per la designazione del nuovo vescovo, si recò in chiesa, dove all’improvviso si sarebbe sentita la voce di un bambino urlare «Ambrogio vescovo!», a cui si unì quella unanime della folla adunata nella chiesa. I milanesi volevano un cattolico come nuovo vescovo. Ambrogio però rifiutò l’incarico, sentendosi impreparato: come era in uso presso alcune famiglie cristiane all’epoca, egli non aveva ancora ricevuto il battesimo, né aveva affrontato studi di teologia. Alla fine accettò, riconoscendo che fosse questa la volontà di Dio nei suoi confronti, e decise di farsi battezzare: nel giro di sette giorni ricevette il battesimo nel battistero di Santo Stefano alle Fonti a Milano e, il 7 dicembre 374, venne ordinato vescovo.
Come vescovo, adottò immediatamente uno stile di vita ascetico, ripartì i suoi soldi ai poveri, donando tutta la sua terra, prendendo “in prestito” solo sua sorella Marcellina (che in seguito divenne suora), e impegnò nelle cure della sua famiglia suo fratello. Usando la sua eccellente conoscenza del greco, che era allora rara in Occidente, a suo vantaggio, studiò la Bibbia ebraica e autori greci come Filone, Origene, Atanasio e Basilio di Cesarea, con i quali si scambiava anche lettere. Appaltò questa conoscenza come predicatore, concentrandosi specialmente sull’esegesi dell’Antico Testamento, e le sue abilità retoriche impressionarono perfino Agostino d’Ippona, che fino ad allora aveva pensato male ai predicatori cristiani.
Si mostrò in prima linea nella lotta all’arianesimo, che aveva trovato numerosi seguaci a Milano e nella corte imperiale. Il momento di massima tensione si ebbe nel 385-386 quando, dopo la morte di Graziano, gli ariani chiesero insistentemente, con l’appoggio della corte imperiale, una basilica per praticare il loro culto. L’opposizione di Ambrogio fu energica tanto che rimase celebre l’episodio in cui, insieme ai fedeli cattolici, “occupò” la basilica destinata agli ariani finché l’altra parte fu costretta a cedere. Teodosio I, l’imperatore d’Oriente, fu minacciato di scomunica da Ambrogio per il massacro di 7.000 persone a Tessalonica nel 390, dopo l’assassinio del governatore romano da parte dei rivoltosi. Ambrogio disse a Teodosio di imitare Davide nel suo pentimento poiché lo aveva imitato nella colpa e riammise l’imperatore all’Eucaristia solo dopo diversi mesi di penitenza. Questo incidente mostra la forte posizione di un vescovo anche di fronte a un importante imperatore.
Mic, è la libertà dei figli di Dio!
Già. La libertà dei figli di Dio che ognuno deve prendersi in base alle sue responsabilità...
ne basta uno solo come Ambrogio per rimettere la Chiesa a testa in su: era un Magistrato che conosceva bene la politica e la mentalità del potere, e ha combattuto contro il potere rispettando il senso della politica delle leggi dello stato e della forza militare - soprattutto ha fatto politica mettendo la politica al secondo posto, dopo la religione - e ha combattuto contro tutti i politici che non rispettavano Cristo, e ha perdonato tutti i politici che si convertivano al vero Dio, e alla vera religione che era ed è solo quella cattolica e romana - rdv
quando Ambrogio minacciò di scomunica l'imperatore TEodosio per gli eccessi della soldataglia in una repressione peraltro legittima, il cristianesimo era dal 381 (editto di Tessalonica) l'unica religine ufficiale dell'impero, proprio grazie ad imperatori come Teodosio.
L'esser l'unica religione riconosciuta accresceva indubbiamente l'ascendente di un
vescovo, anche nei confronti dell'imperatore.
Nel suo Esamerone, nel 387 d.C., S. Ambrogio espone questa cosmologia ed antropologia: l’Universo è creato («con un atto fulmineo del volere» di Dio, «simultaneamente», «in breve tempo, in un istante»); il tempo è creato («il tempo ha inizio dall’esistenza di questo mondo, non prima del mondo»); la materia non è eterna, ma creata, e i cieli non sono di «sostanza eterea», divina, come voleva Aristotele (Ambrogio cita le Scritture: «Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno»).
Quanto all’uomo, il suo corpo è «terra», «conforme all’aspetto delle bestie», comune agli animali, benché con una sua particolare «bellezza ed eleganza»; la sua anima, invece, è «a immagine e somiglianza di Dio». L’uomo è dunque ponte tra creato e Creatore. Il corpo lo rende un “microcosmo”, uno specchio in piccolo dell’Universo (“macrocosmo”), solidale con esso e con la natura tutta; mentre l’anima lo eleva al di sopra, e lo accomuna alle sostanze spirituali.
in Milano, è stato alle prese con tutto il furore degli Ariani, e con coraggio invincibile ha riportato il trionfo sui nemici di Cristo. Che unisca la sua voce di dottore a quella di san Pier Crisologo, e ci annunci le grandezze e le umiliazioni del Messia. Ma questa è in particolare la gloria di Ambrogio, come Dottore: che se, fra i luminosi astri della Chiesa latina, quattro insigni Maestri della Dottrina camminano in testa al corteo dei divini interpreti della Fede, il glorioso Vescovo di Milano completa, insieme con Gregorio, Agostino, e Girolamo, il mistico numero.
Ambrogio deve l'onore di occupare un posto così nobile in questi giorni, all'antica usanza della Chiesa che, nei primi secoli, escludeva dalla quaresima le feste dei Santi. Il giorno della sua dipartita da questo mondo ed il suo ingresso in cielo fu il 4 aprile; ora, l'anniversario di quel felice trapasso si ritrova, per la maggior parte del tempo, nel corso della sacra quarantena. Si fu dunque costretti a scegliere il sette dicembre, anniversario dell'Ordinazione episcopale di Ambrogio.
Del resto, il ricordo di Ambrogio è uno dei più dolci profumi di cui possa essere adorna la strada che conduce a Betlemme. Quale più gloriosa e insieme più affascinante memoria di quella di questo santo e amabile Vescovo in cui la forza del leone si uni alla dolcezza della colomba? Invano sono passati i secoli su questa memoria: essi non hanno fatto che renderla più viva e più cara. Come si potrebbe dimenticare il giovane governatore della Liguria e dell'Emilia, così saggio, così erudito, che fa il suo ingresso a Milano ancora semplice catecumeno, e si vede d'un tratto elevato per acclamazione del popolo fedele, sul trono episcopale di quella grande città? E quei dolci presagi della sua eloquenza affascinante, nello sciame di api che secondo la leggenda, quando un giorno dormiva, lo circondò e penetrò fin nella sua bocca, come per annunciare la dolcezza della sua parola! e quella gravità profetica con la quale l'amabile adolescente presentava la mano al bacio della madre e della sorella, perché - diceva - quella mano sarebbe stata un giorno quella d'un Vescovo.
Ma quante battaglie aspettavano il neofita di Milano, presto rigenerato nell'acqua battesimale, e presto consacrato sacerdote e vescovo! Bisognava che si desse senza indugio allo studio assiduo delle sacre lettere, per accorrere come dottore in difesa della Chiesa, attaccata nel suo dogma fondamentale dalla falsa scienza degli Ariani; è fu tale in poco tempo la pienezza e la sicurezza della sua dottrina che non soltanto essa oppose un valido baluardo ai progressi dell'errore del tempo, ma in più i libri scritti da Ambrogio meriteranno di essere segnalati dalla Chiesa sino alla fine dei secoli, come uno degli arsenali della verità.
... segue
Ma l'arena della controversia non era la sola in cui dovesse scendere il nuovo Dottore; la sua vita doveva essere minacciata più d'una volta dai seguaci dell'eresia da lui combattuta. Quale sublime spettacolo vedere questo Vescovo bloccato nella sua chiesa dalle truppe dell'imperatrice Giustina, e difeso notte e giorno dal suo popolo! Quale pastore, e quale gregge! Una vita interamente spesa per la città e la provincia, aveva meritato ad Ambrogio quella fedeltà e quella fiducia da parte del suo popolo. Con il suo zelo, la sua dedizione, il suo costante oblio di se stesso, era l'immagine del Cristo che annunciava.
In mezzo ai pericoli che lo circondano, la sua grande anima rimane calma e tranquilla. E sceglie appunto questo momento per istituire, nella chiesa di Milano, il canto alternato dei Salmi. Fino allora la sola voce del lettore faceva risuonare dall'alto d'un ambone il divino Cantico; ma bastarono pochi istanti per organizzare in due cori l'assemblea, felice di poter d'ora in poi unire la sua voce ai canti ispirati del regale profeta. Nata così nel pieno della tempesta e in mezzo ad una fede eroica, la salmodia alternata è ormai di dominio per i popoli fedeli d'Occidente. Roma adotterà l'istituzione di Ambrogio, quella istituzione che accompagnerà la Chiesa sino alla fine dei secoli. In quelle ore di lotta, il grande Vescovo ha ancora un dono da fare ai fedeli cattolici che gli hanno eretto un baluardo con i loro corpi. È un poeta, e spesso ha cantato in versi pieni di dolcezza e di maestà le grandezze del Dio dei cristiani e i misteri della salvezza dell'uomo. Dedica al suo popolo devoto quei nobili inni, che non aveva ancora destinati all'uso pubblico, e presto le basiliche di Milano risuonano della loro melodia. Più tardi si udranno in tutta la Chiesa latina; e in onore del santo Vescovo, che aprì in tal modo una delle più ricche sorgenti della sacra Liturgia, si chiamerà per lungo tempo ambrosiano ciò che in seguito è stato designato con il nome di Inno. La Chiesa Romana accetterà nei suoi Uffici questa variazione della lode divina, che costituisce per la Sposa di Cristo una nuova effusione dei sentimenti che l'animano.
Così dunque, il nostro canto alternato dei salmi e i nostri stessi Inni sono altrettanti trofei della vittoria di Ambrogio. Egli era stato suscitato da Dio non soltanto per il suo tempo, ma per i secoli futuri. È così che lo Spirito Santo gli diede il sentimento del diritto cristiano con la missione di sostenerlo, fin da quell'epoca in cui il paganesimo abbattuto respirava ancora, e in cui il cesarismo in decadenza conservava ancora troppi istinti del suo passato. Ambrogio vegliava fermo sul Vangelo. Non intendeva che l'autorità imperiale potesse a suo arbitrio consegnare agli Ariani, per il bene della pace, una basilica in cui si erano radunati i cattolici. Per difendere l'eredità della Chiesa era pronto a versare il sangue. Alcuni cortigiani ardirono accusarlo di tirannide presso il principe. Rispose: "No; i vescovi non sono tiranni, ma piuttosto da parte dei tiranni essi hanno dovuto spesso soffrire persecuzioni". L'eunuco Calligone, ciambellano di Valentiniano II, osò dire ad Ambrogio: "Come, me vivente, tu osi disprezzare Valentiniano? Io ti spaccherò il capo". - "Che Dio te lo permetta! - rispose Ambrogio: "Io soffrirò allora ciò che soffrono i Vescovi e tu avrai fatto ciò che sanno fare gli eunuchi".
Soros comanda all'UE di imporre un nuovo ordine anti-cristiano in Europa
https://gloria.tv/post/DGbVQAxFy7Ey2quVtQQtVjYzu
Esorcizzare Soros ?
Lux Mundi - Catechesi Settimanale - 6 mag 2020
Catechismo della Chiesa Cattolica - Parte Terza: La Morale
Tema della serata: LA PARTECIPAZIONE ALLA VITA SOCIALE
L'Autorità, il Bene comune, Responsabilità e Partecipazione
Ospite: Don Marco Begato, sdb
https://www.youtube.com/watch?v=8CgKrkAuk-g
Tutto da ascoltare Don Marco Begato..da 39:57 o giu' di lì
Ora, non so se qualche autore ne abbia mai parlato, ma rimango con una domanda che mi assilla: chi ha detto che l’Anticristo debba essere per forza una persona? E se fosse un rito?
Don Marco Begato, SdB
https://www.aldomariavalli.it/2020/05/10/la-liturgia-e-lunica-domanda-che-conta/amp/
Speciale Mes - Il grande tradimento
Streaming avviato 8 minuti fa
https://www.youtube.com/watch?v=iXBnddqRbdA
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