Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 5 novembre 2021

Ratzinger esprime a Pell il suo sostegno riconoscendolo perseguitato per la sua cattolicità

Si allunga il nostro elenco delle esternazioni di Ratzinger/Benedetto, che rompono il suo prospettato silenzio dal 'recinto di Pietro'. Qui l'indice dei precedenti interventi di Ratzinger dopo l'abdicazione. Può essere interessante ripercorrere alcuni precedenti sulla innocenza di Pell [qui - qui - qui] e sulle sue prese di posizione a dimostrazione delle espressioni rivoltegli dal papa emerito [quiqui - qui - qui - qui]

Cattolico, quindi colpevole. Pell:
«Benedetto XVI mi scrisse che avrei pagato per questo»


A pagina 149 del suo libro “Diario di una prigionia”, in cui racconta i suoi 404 giorni passati in carcere da innocente, il cardinale George Pell scrive: «È arrivata anche una misteriosa fotocopia di una lettera dal Vaticano, senza firma. È stata molto incoraggiante, diceva che “in questo momento difficile, per tutto il tempo, le sono rimasto vicino con la mia preghiera e il mio sostegno spirituale”. L’autore si dice dispiaciuto per la mia condanna, poi con mia sorpresa scrive: “Lei ha aiutato la Chiesa Cattolica in Australia a uscire da un liberalismo distruttivo, guidandola ancora verso la profondità e la bellezza della fede cattolica… Temo che adesso dovrà pagare anche per la sua incrollabile cattolicità, ma in questo modo sarà molto vicino al Signore”. Ha concluso con la promessa di «una continua vicinanza nella preghiera». Chi fosse l’autore anonimo di quella lettera arrivata nel carcere australiano da San Pietro lo ha rivelato per la prima volta lo stesso Pell, presentando ieri il suo libro: «Adesso posso darvi l’indiscrezione», ha sorriso. «Quella lettera era di Benedetto XVI».
[...] Nel corso della presentazione del libro, nella Sala Nassirya del Senato a Roma, è emerso che nella lettera «senza firma» Ratzinger individuava la vera colpa di Pell: non gli abusi sessuali, mai commessi, a danni di minori negli anni Settanta per cui è stato accusato e condannato e da cui è poi stato assolto; ma la sua «incrollabile cattolicità» con cui ha aiutato la Chiesa australiana «a uscire da un liberalismo distruttivo».
«Uomo coraggioso e onesto, ha dato una testimonianza di fede chiara e sincera resistendo all’ingiustizia con una forza come quella dei martiri», ha detto Cantagalli. Pell «Non è stato trattato da presunto innocente, ma da presunto colpevole», ha detto il procuratore Airoma. Il cardinale australiano è «colpevole non di avere commesso un fatto che non ha commesso, ma è colpevole per quel che è ed è stato: un cardinale appunto, una figura apicale della Chiesa cattolica, il rappresentante di una morale, con l’aggravante di essere visto come un conservatore». È la sua storia a condannarlo agli occhi del mondo, dice il magistrato. «Che funzione ha avuto questo processo? Non di accertare un fatto e una responsabilità, ma di sanzionare un modo di essere e pensare. Ha avuto una funzione moralizzatrice, di riparazione culturale» contro la chiesa. I suoi accusatori non hanno però fatto i conti «con il suo spirito combattivo e la sua fede. Sul banco degli imputati non c’era soltanto Pell: c’era la chiesa, quel che rimane di una idea grande di civiltà. Nel suo libro il cardinale scrive: “Molti di noi ambiscono a una vita tranquilla, alcuni non riescono a conseguirla, ciascuno però deve scegliere da che parte stare. Non si può evitare di combattere”. Lui ha combattuto. E vinto». - Fonte

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Se era una fotocopia senza firma e intestazioni varie, la dice lunga sul regime vigente in SCV.

Anonimo ha detto...

Sede impedita...

mic ha detto...

Ne abbiamo parlato in lungo e in largo e non ci autorizziamo a trarre conclusioni apodittiche.

by Tripudio ha detto...

Con decenza parlando, Pell è uno di quei tanti ecclesiastici malati di gravissima presbiopia pastorale. Un episodio fra i tanti: ha accolto e incoraggiato la setta neocatecumenale presenziando anche alla cerimonia delle "alzate", cioè del laico Kiko che dal palco fa la sua autoproclamata "chiamata vocazionale", e alcuni fra i suoi giovani adoratori si "alzano" per manifestare la propria vocazione al kikismo (arrivando possibilmente a diventare preti kikiani o suore kikiane), comprensiva di un guazzabuglio di eresie e di una liturgia carnevalesca e squinternata (quelle in vigore nei seminari kikiani e nelle strutture di formazione kikizzate).

Un pastore che acconsente e addirittura incoraggia il veleno per le sue pecorelle, è un pessimo pastore, anche se lo avesse fatto per ignoranza e ingenuità: deve davvero ringraziare il Signore per essersela cavata con un po' di persecuzione mondana. Per quanto ligio al vaticansecondismo di moda, non poteva non sapere delle liturgie degli strafalcioni con la "comunione seduti e tutti insieme contemporaneamente al sacerdote" (e poi il balletto-girotondo che conclude la liturgia, e il fiume di chiacchiere, e le "confessioni pubbliche", e le pessime abitudini igieniche dell'abbeverarsi tutti allo stesso calice-insalatiera, e il pulirsi le dita per scacciar via i frammenti del Santissimo Sacramento poi regolarmente calpestati...), e delle eresie (un "Dio" cattivo e sadico che "ti manda le disgrazie per convertirti", "Gesù era un peccatore", la "salvezza a grappoli", il chiedere perdono al proprio stupratore per averlo "indotto in tentazione", e robacce ridicole dello stesso genere). Nel Cammino, inoltre, vige la mentalità secondo cui è lecito e addirittura santo il mentire ed ingannare pur di difendere il prestigio e i soldi della propria setta.

mic ha detto...

Benedetto XVI aveva contestato quella strana Liturgia (facendo scrivere una lettera di richiamo dall'allora Prefetto del Culto, card. Arinze) regolarmente disattesa e aveva anche sventato, grazie ad un avviso del card. Burke allora ancora Prefetto della Segnatura (a sua volta messo in guardia da un vescovo USA), una approvazione definitiva estorta con l'inganno. La questione doveva essere esaminata dal Culto divino in una feria IV che non c'è mai stata perché nel frattempo Benedetto ha abdicato...

Non ricordavo questi dettagli riguardanti Pell.
Grazie by Trypudio!

Da La Verità ha detto...

La vendetta di Pell che potrà testimoniare contto Becciu.

Il prelato è a conoscenza dei segreti finanziari del Vaticano. «La segreteria di Stato impedì i controlli sulle spese pazze».

Angheran ha detto...

Sicuramente tra Pell e Becciu non c'era un clima di simpatia (eufemismo) come ha ricordato Spuntoni sulla Bussola, e la stampa prefigura ora chissà quale vendetta.
Certo stupisce che chi ha subito un ingiusto processo non brilli per garantismo.
Di fatto pur nelle vicissitudini profondamente diverse è probabile che entrambi ne escano bene , se non completamente riabilitati , con grave disappunto di chi quei processi ha imbandito. In particolare il carattere ideologico nel caso del processo Pell , al di là delle sue simpatie per i neocat , poteva essere facilmente diagnosticato , mentre la Santa Sede nel periodo più buio ha preferito abbandonarlo al suo destino. Ma non Ratzinger! - anche se lo scopriamo solo ora - che guarda caso i processi ideologici al cattolicesimo li ha sempre denunciati , mentre altri li cavalcano allegramente. E qui veniamo alla seconda più fragorosa debacle , la fiction "Papa buono , chiesa cattiva" che riguarda Becciu. Qui non c'è niente di ideologico , il cardinale si è mosso con disinvoltura e forse spregiudicatezza in un ambiente che probabilmente nemmeno conosceva bene, ma niente che non fosse stato concordato dall'alto. L'operazione nasce dal dossier dell'Espresso fatto arrivare in anteprima sulla scrivania papale , senza che a Becciu venisse formalizzato il benchè minimo capo d'accusa.

Anonimo ha detto...

LA CHIESA ROMANA DEVE AVERE DI NUOVO UN SOLO RITO ROMANO - TESTO-LETTERA DI BENEDETTO XVI
Al dott. Heinz-Lothar Barth, 23 giugno 2003
Caro dottor Barth,
la ringrazio cordialmente per la sua lettera del 6 aprile cui trovo il tempo di rispondere solo ora. Lei mi chiede di attivarmi per una più ampia disponibilità del rito romano antico. In effetti, lei sa da sé che non sono sordo a tale richiesta. Nel contempo, il mio lavoro a favore di questa causa è ben noto.
Al quesito se la Santa Sede «riammetterà l'antico rito ovunque e senza restrizioni», come lei desidera e ha udito mormorare, non si può rispondere semplicemente o fornire conferma senza qual¬che fatica. È ancora troppo grande l’avversione di molti cattolici, insinuata in essi per molti anni, contro la liturgia tradizionale che con sdegno chiamano «preconciliare». E si dovrebbe fare i conti con la considerevole resistenza da parte di molti vescovi contro una riammissione generale.
Diverso è tuttavia pensare a una riammissione limitata. La stes¬sa domanda verso l’antica liturgia è limitata.
So che il suo valore, naturalmente, non dipende dalla domanda nei suoi confronti, ma la questione del numero di sacerdoti e laici interessati, ciononostante, gioca un certo ruolo. Oltre a ciò, una tale misura, a soli 30 anni dalla riforma liturgica di Paolo VI, può essere attuata solo per gradi.
Qualunque ulteriore fretta non sarebbe di sicuro buona cosa.
Credo tuttavia, che a lungo termine la Chiesa romana deve avere di nuovo un solo rito romano. L’esistenza di due riti ufficiali per i vescovi e per i preti è difficile da «gestire» in pratica. Il rito romano del futuro dovrebbe essere uno solo, celebrato in latino o in vernacolo, ma completamente nella tradizione del rito che è stato tramandato. Esso potrebbe assumere qualche elemento nuo¬vo che si è sperimentato valido, come le nuove feste, alcuni nuovi prefazi della Messa, un lezionario esteso - più scelta di prima, ma non troppa -, una «oratio fidelium», cioè una litania fissa di intercessioni che segue gli Oremus prima dell’offertorio dove aveva prima la sua collocazione.
Caro dott. Barth, se lei si impegnerà a lavorare per la causa della liturgia in questa maniera, sicuramente non si troverà solo, e preparerà «l'opinione pubblica ecclesiale» a eventuali misure in favore di un uso esteso dei libri liturgici di prima. Tuttavia bisogna essere attenti a non risvegliare aspettative troppo alte o massimali tra i fedeli tradizionali.
Colgo l’occasione per ringraziarla del suo apprezzabile impegno per la liturgia della Chiesa romana nei suoi libri e nelle sue lezioni, anche se qua e là desidererei ancora più carità e compren¬sione verso il magistero del Papa e dei vescovi. Possa il seme da lei seminato germinare e portare molto frutto per la rinnovata vita della Chiesa la cui «sorgente e culmine», davvero il suo vero cuore, è e deve rimanere la liturgia.
Con piacere le impartisco la benedizione che lei ha domanda¬to. Saluti sinceri.
+ Joseph Cardinal Ratzinger

Murmex ha detto...

Anche qui trapela la mentalità modernista del giovane perito conciliare. Modernista prudente e mite.dice che i due riti sono difficili da gestire dal punto di vista pratico, auspica una contaminazione fra i due. Ma lo vogliamo capire che l'introduzione del NOM è stata un abominio, da rigettare in toto, non da "migliorare"?