Nella nostra traduzione da OnePeterFive un interessante articolo sulle variazioni alle liturgie della Settimana Santa, ricche di simbolismo e di cerimoniale, già alterate da Papa Pio XII nei primi anni ’50 mediante un inedito atto di revisione inorganica, con la motivazione che le liturgie dovevano essere “ristabilite ai loro orari originari”. Alla luce di quanto emerge dall'articolo — che peraltro si sofferma solo su alcuni punti — vien da pensare che, se nella Chiesa si sta ridestando l'interesse e l'affezione per l’usus antiquior nonostante le pesanti restrizioni, occorre recuperare anche i suoi riti autentici, prima del '55, non i loro sostituti neo-tridentini. Precedenti qui - qui.
La riforma pacelliana della Settimana Santa (1955)
Jeffrey M. Ostrowski, 31 marzo 2023
Jeffrey M. Ostrowski, 31 marzo 2023
I nostri bisnonni sarebbero rimasti sbalorditi se avessero saputo che la Chiesa avrebbe in futuro permesso ai cattolici di adempiere al loro precetto domenicale un giorno prima, il sabato pomeriggio. Al contrario, la maggior parte dei cattolici di oggi rimarrebbe scioccata apprendendo che, da tempo immemorabile, la Veglia Pasquale è stata celebrata la mattina del Sabato Santo. Sebbene non tutti i cattolici siano “liturgisti di professione”, nutrire curiosità a proposito dei cambiamenti liturgici è normale e salutare. Pertanto, oggi esporrò le differenze tra la Settimana Santa del 1950 e la Settimana Santa del 1962 (che, inutile dirlo, incorpora le riforme di Papa Pio XII). Baso il mio articolo sulla terza edizione del Saint Edmund Campion Missal, che presenta entrambe le versioni della Settimana Santa con spiegazioni meticolose delle loro differenze e somiglianze.
In questo bel messale portatile per la Messa in latino si possono trovare molte affascinanti citazioni della Settimana Santa, anche se qui sotto ne ho potuto includere solo alcune. A quanti desiderano studiare il tema più in profondità, il Campion Missal, a partire da pagina 632, fornisce una splendida bibliografia con utili descrizioni di ogni fonte.
La mia promessa
Dibattere su temi liturgici fa sì che alcune persone “spengano il cervello”. Per loro, tutto ciò che è liturgico è imperscrutabile: diffidano della propria scarsa conoscenza. Pertanto, prometto di rendere le mie spiegazioni lineari, semplici e digeribili. Eventuali errori saranno (ne sono sicuro) corretti dagli esperti liturgici. Una cosa da sapere: per molti secoli la Messa del Giovedì Santo, la funzione del Venerdì Santo e la Veglia Pasquale sono state celebrate tutte al mattino presto. Negli anni ’50, Papa Pio XII le ha spostate a un’ora più tarda nel corso della giornata (eliminando così le antiche cerimonie Tenebrae). Il mio articolo non avrebbe senso se non lo si sapesse.
Cominciamo dal principio
Cominciamo con la domanda cruciale: “Le modifiche alla Settimana Santa realizzate sotto Pio XII sono state sconvolgenti o secondarie?”. Se si considerano solo le modifiche alla Settimana Santa, esse non sono state sconvolgenti. Ma se si considerano tutti i cambiamenti liturgici dal 1950 al 1962, il discorso è diverso. Se prendiamo in esame tutte queste modifiche (non solo la Settimana Santa), diventa chiaro che il Messale del 1962 era un Messale “di transizione”. Si consideri, ad esempio, l’Ultimo Vangelo, che molti cattolici che partecipano alla messa tradizionale in latino credono sia invariabilmente l’inizio del Vangelo di San Giovanni. In realtà, non è sempre stato così. Prima del 23 marzo 1955, quando una festività veniva rimpiazzata da una festività più importante, il Vangelo della festività più debole diventava l’Ultimo Vangelo. In retrospettiva, la strategia dei riformatori radicali diventa chiarissima: (1951) eliminare l’Ultimo Vangelo della Veglia Pasquale; (1955) eliminare gli Ultimi Vangeli del Proprio della Messa; (1961) eliminare l’Ultimo Vangelo in giorni specifici; (1964) eliminare tutti gli Ultimi Vangeli. [Secondo Yves Chiron, lo stesso Papa San Paolo VI — il 22 gennaio 1967 — cercò di salvare l’Ultimo Vangelo; ma lo zeitgeist era troppo forte.]
In realtà, questo non fu il cambiamento più radicale operato da Papa Pacelli
Si noti che non ho preteso di approvare tutte le riforme di Pio XII. Anzi, alcune di esse sembrano sciocche e ingiustificabili (per esempio l’abolizione dell’antica “stola larga” e delle casule ripiegate — che, del resto, non sono mai state obbligatorie nelle piccole chiese). Eppure, c’è del vero nella famosa affermazione di padre Carlo Braga, che ha definito le riforme della Settimana Santa “la testa dell’ariete che ha trafitto la fortezza della nostra liturgia, finora statica”. Sostengo semplicemente che non possiamo separare i cambiamenti della Settimana Santa da ciò che stava accadendo nel periodo che va dal 1950 al 1962. In effetti, il cambiamento più radicale voluto da Pio XII è stato respinto (e successivamente abbandonato) dalla Chiesa. Parlo di quando, due mesi prima della resa di Hitler, Papa Pio XII ha cercato di cambiare l’intero Salterio. Un cambiamento così catastrofico avrebbe reso necessario rifare ogni libro liturgico esistente!
Enuncio di seguito le modifiche principali tra quelle, avvenute tra il 1950 e il 2962, a cui faccio spesso riferimento:
(1) La disciplina del digiuno prima della Comunione [cfr. Sacram Communionem, 1957];
(2) L’ammissibilità delle Messe vespertine [cfr. Christus Dominus, 1953];
(3) L’eliminazione delle ottave, l’Ultimo Vangelo “specifico”, e altro ancora [cfr. Cum Nostra Hac Ætate, 1955];
(4) Questioni di rubrica, come la questione se l’incenso possa essere usato senza il diacono e il suddiacono [cfr. Giampietro pag. 314];
(5) La questione se un “lettore capace” possa proclamare certe letture;
(6) Quali preghiere possono essere recitate a voce alta dalla congregazione [cfr. De Musica Sacra, 1958];
(7) Il sacerdote che “ripete” silenziosamente l’Epistola, il Vangelo, i Moniti, le profezie del Sabato Santo, e così via;
(8) Quando deve essere distribuita la santa Comunione [cfr. Terza edizione del Campion Missal, pagine 250 e 510].
Gli esperti di liturgia potranno facilmente aggiungere altri elementi, tra cui una modifica all’antico Canone (13 novembre 1962), l’eliminazione del Confiteor prima della Comunione [cf. Giampietro pag. 314], e modifiche sostanziali all’Ufficio Divino.
Per la cronaca, Papa Pio XII ha riformato la Settimana Santa il 16 novembre 1955 per mezzo del Maxima Redemptionis, decreto entrato in vigore il 25 marzo 1956. Tuttavia, la Veglia Pasquale era già stata modificata “in via sperimentale” il 9 febbraio 1951 — appena 43 giorni prima che entrasse in vigore! — per mezzo di un articolo su Acta Apostolicae Sedis, il giornale della Santa Sede. Questo annuncio includeva anche otto pagine di rubriche, che spiegavano gli elementi modificati: per esempio il “Rinnovo delle promesse battesimali” è menzionato nel capitolo VII (in latino). Circa nove mesi dopo, l’11 gennaio 1952, il Vaticano ha pubblicato una versione leggermente rivista, questa volta di circa 14 pagine, sempre negli Acta. Sulla base di questi decreti è stato redatto un libretto: Ordo Sabbati Sancti Quando Vigilia Paschalis Instaurata Peragitur, il cui suo uso era più conveniente rispetto all’opzione di trascinare articoli di giornale sull’altare. In linea di massima, le differenze tra l’articolo degli Acta del 1951 e la versione ufficiale del 1955 sono insignificanti; per esempio, nella preghiera “Véniat quǽsumus”, la parola accénde (1951) è diventata inténde (1952). Articoli di giornale di quei giorni, così come la testimonianza di sacerdoti allora in vita, indicano che questa Vigilia “sperimentale” fu praticamente ignorata negli Stati Uniti.
Cominciamo con la Domenica delle Palme. La mia sfida qui è quella di elencare solo le principali differenze. Ometterò gli elementi minori (come la Croce processionale velata nella versione del 1950 ma svelata nel 1962). Ho già accennato a come siano stati eliminati gli antichi paramenti — pianete ripiegate e “stola larga”. I paramenti del 1962 (per metà della cerimonia) sono rossi, mentre la versione del 1950 usa il viola tutto il tempo. L’“Aspérges” è omesso nella versione del 1962. La versione del 1950 inizia con una misteriosa cerimonia considerata da alcuni una “Messa secca”. [La Terza Edizione del Campion Missal fornisce opinioni di noti autori riguardo alle origini di questa cerimonia.] Ai fini dell’articolo di oggi, mi si permetta semplicemente di affermare che la versione del 1950 ha un’antifona di apertura ("Hosánna Fílio Dávid"), Colletta, Epistola, Responsorio, Vangelo, Prefazio e Sanctus. Quindi la versione del 1950 ha sei (!) preghiere che benedicono i rami di palma. [Alcuni credono che in precedenza il Sacerdote scegliesse la preghiera in base al tipo di ramo che aveva davanti a sé: ramo d'ulivo, palma, salice, tasso e così via.] In seguito, la versione del 1950 ha la distribuzione di rami di palma, una processione e una cerimonia (quando la processione torna in chiesa) durante la quale il Suddiacono bussa alla porta con il fondo della Croce processionale. Nella versione del 1950, la Passione inizia con l’Istituzione della Santa Eucaristia. È cantata da tre (3) Diaconi, mentre il Sacerdote la legge a bassa voce sull’altare, tranne la fine, che è cantata con il perturbante “tono di pianto” del Diacono della messa. La versione del 1950 ha permesso che le parti della Turba fossero “cantate dal coro”, ma rimane un tema di dibattito se quest’ultimo avrebbe potuto includere le donne. [Nei libri liturgici, “coro” indica spesso i chierici che assistono all’interno del Santuario.]
Nella versione del 1962, il nome è stato cambiato in “Seconda Domenica di Passione”, che non ha mai preso piede. La cerimonia del 1962 può iniziare in un altro luogo (“qualsiasi luogo adatto, anche fuori dalla chiesa”), magari per evitare che una processione ritorni nello stesso luogo da cui era partita. La maggior parte della “Messa secca” è soppressa nella versione del 1962, ma il Vangelo è rimasto. Cinque delle sei preghiere usate per benedire le palme sono state soppresse e diverse antifone della processione sono state modificate. L’Ordo Hebdomadae Sanctae Instauratus del 1956 dichiara che i fedeli “possono cantare l’inno Christus vincit o altri inni in onore di Cristo Re durante la processione”. (Alcuni considerano tali rubriche inquietanti.) Nella versione del 1962, il Celebrante non “ripete” silenziosamente l’Epistola, il Vangelo o la Passione, il che aveva veramente senso quando la riforma entrò in vigore per la prima volta nel 1956. [Nel 1970, il Celebrante non “ripeteva” più tutto ciò che cantava il coro: Introito, Graduale, Alleluia, Offertorio, etc. — e alcuni ritengono che ciò abbia provocato una deplorevole ignoranza della Sacra Scrittura da parte di molti sacerdoti.] Le Preghiere complete ai piedi dell’altare sono omesse nella Domenica delle Palme del 1962, mentre la versione del 1950 omette solo il Salmo 42 (“Júdica me”). Nella versione del 1962 il popolo non ha in mano i rami di palma durante la Passione. Ampie sezioni della Passione sono state eliminate sotto Papa Pio XII. Secondo il Campion Missal: “La proposta di ridurre la lunghezza del testo di 40 versi è stata avanzata da padre Augustin Bea il 21 ottobre 1955, pochi giorni prima che il Maxima Redemptionis fosse emanato, il 16 novembre 1955”. Nella versione del 1962 il Celebrante è in piedi dietro a un tavolo rivolto verso il popolo mentre benedice le palme.
Nella versione del 1962 alcune parti hanno un ordine diverso. Ad esempio, nel 1962 il Vangelo viene dopo la benedizione e la distribuzione dei rami di palma, mentre il Vangelo viene prima della benedizione nella versione del 1950. La terza edizione del Campion Missal fornisce entrambe le versioni nella loro interezza, altrimenti sarebbe difficile seguire le cerimonie. La versione del 1962 prevede due opzioni per la benedizione e la distribuzione dei rami di palma, ma sembra che i riformatori fossero poco entusiasti nei confronti dell’“Opzione B”. Pen non addentrarmi troppo nei dettagli, mi si permetta semplicemente di dire che quando si sceglie l’Opzione B è meglio cantare le antifone mentre il sacerdote cammina avanti e indietro lungo il corpo della chiesa (incensando e aspergendo l'acqua santa) piuttosto che egli lo faccia in completo silenzio. Questo non è certo l'unico caso di sbadataggine all’interno delle riforme di Pio XII; per esempio, per quanto riguarda il Sabato Santo, i riformatori hanno sollevato un polverone per cambiare la “benedizione della fonte” a “benedizione dell’acqua”. Tuttavia, per svista o pigrizia, si sono dimenticati di cambiare alcune rubriche: p. es. “et celebrans, antequam intret ad benedictionem fontis”.
In linea di massima, la Messa del Giovedì Santo è stata poco modificata dalle riforme di Pio XII. La differenza più grande — oltre allo spostamento della Messa dal mattino alla sera — riguarda il Mandatum (“Lavanda dei piedi”). La versione del 1962 prevede che il Mandatum (facoltativo) si svolga dopo l’omelia “laddove ragioni pastorali lo raccomandino”. Prima delle riforme di Pio XII, il Mandatum era estremamente raro al di fuori dei monasteri e delle cattedrali, e quindi — per prudenza — alcuni autori raccomandavano cautela prima di introdurlo, per timore che i fedeli lo ritenessero una strana innovazione. Se il Mandatum veniva fatto, aveva luogo immediatamente dopo la Spogliazione degli Altari o più tardi nel corso della giornata. Nella versione tradizionale venivano lavati i piedi di tredici uomini [Dale pag. 197; Guéranger pag. 396; Lallou pag. 69; Fortescue pag. 290]. Nella versione del 1962, sono dodici gli uomini a cui vengono lavati i piedi [McManus pag. 74]. La versione del 1962 omette comprensibilmente la lettura del Vangelo all’inizio, dato che ripete il Vangelo della Messa (letto pochi istanti prima). Altre azioni, come il prete che bacia i piedi di ogni uomo, sono state soppresse nella versione del 1962.
(1) Tabernacolo: nella versione del 1962, il tabernacolo è vuoto all’inizio della Messa, pratica consentita ma non richiesta nella versione del 1950.
(2) Agnus Dei: la terza invocazione “Agnus Dei” è modificata nella versione del 1962.
(3) Vespri: i Vespri sono omessi nella versione del 1962 — per coloro che assistono alla Messa del Giovedì Santo — mentre così non era nel 1950, poiché la Messa si svolgeva al mattino.
(4) Incenso: nella versione del 1950 non si può usare l’incenso senza Diacono e Suddiacono, ma la riforma di Pio XII — prefigurando, si potrebbe dire, la “progressiva solennità” dell’Istruzione che sarà emanata il 5 marzo 1967 — fa un’eccezione speciale per la Messa del Giovedì Santo.
(5) L’Ultimo Vangelo e la benedizione finale sono soppressi. Invece di “Ite, missa est” il diacono canta “Benedicámus Dómino”. Anche il Confíteor prima della Comunione è soppresso il Giovedì Santo, e in seguito (25 luglio 1960) è stato completamente soppresso in tutte le Messe.
(6) Credo: la versione del 1962 omette il Credo, mentre la versione del 1950 lo prevede (su questo, vedi Risoluzione n. 6 della Conferenza di Maria Laach per la riforma liturgica del 1951).
(7) Calice: nella versione del 1950 vengono consacrate due ostie grandi: una è conservata (non consumata) per la “Messa dei Presantificati”, e un secondo calice è preparato con patena, drappo, velo di seta bianca e nastro di seta bianca, ma nella versione del 1962 non si compie nessuna di queste azioni e il Sanctissimum viene portato all’interno di un normale ciborio.
(8) Croce e candelabri: nella versione del 1962, la croce e i candelabri sono rimossi durante la spogliazione dell’altare, poiché la rubrica del 1962 per l’inizio del Venerdì Santo dichiara: “l’altare deve essere completamente spoglio”.
(9) Candele Congregazionali: nella versione del 1950, durante la processione verso il Luogo della Reposizione i fedeli hanno in mano candele accese. Ciò dovrebbe accadere anche nella versione del 1962, ma non l’ho mai visto messo in pratica (per ragioni a me sconosciute).
Prima di parlare del Venerdì Santo, vanno ricordati alcuni punti sulla ricezione della Comunione durante la Messa. Papa Pio X fu chiamato “il papa dell’Eucaristia” perché esortava a ricevere frequentemente la Comunione. Chi vive nel 2023 non si rende conto del fatto che fino agli anni ’50, in senso lato, la Santa Comunione non veniva distribuita nel momento liturgico della Comunione (ma il Celebrante la riceveva). Il “digiuno di mezzanotte” significava che chiunque avesse intenzione di riceverla non poteva mangiare o bere nulla a partire da mezzanotte. Spesso la Comunione era distribuita la domenica mattina presto e la Messa seguiva ore dopo. Ciò si faceva anche il Giovedì Santo, che doveva essere l’unico giorno dell’anno in cui i fedeli (non solo il Celebrante) ricevevano la Comunione durante la Messa. Per quanto strano possa sembrare, la Santa Comunione veniva spesso distribuita dopo la fine della Messa, o da un prete diverso a un altare laterale (o alla ringhiera della Comunione) mentre era in corso la Messa. Non spetta a me giudicare se Papa San Pio X abbia fatto bene a fare ciò che ha fatto. Anche grandi santi come Girolamo e Agostino hanno espresso opinioni divergenti sulla frequenza con cui l’Eucaristia dovrebbe essere ricevuta. Posso affermare con tranquillità che la tendenza contemporanea di far ricevere la Comunione a tutti e costantemente — senza alcuna preparazione e in un’epoca in cui pochissimi credono nella Presenza Reale — è disastrosa.
Nella versione del Venerdì Santo del 1950, solo il sacerdote riceve la Comunione. Agli albori della Chiesa, sembra che l’intera congregazione ricevesse la Comunione il Venerdì Santo. In effetti, padre Jungmann descrive il Venerdì Santo come “un giorno ideale per la Comunione” fino alla fine del Medioevo. Nel 1955, Papa Pio XII ha modificato la Missa Praesanctificatorum (“Messa dei Presantificati”), consentendo a tutta la Congregazione di ricevere la Comunione — in conformità con 1 Corinzi 11, 26: Quotiescúmque enim manducábitis panem hunc, et cálicem bibétis, mortem Domini annuntiábitis (“È la morte del Signore che annunziate quando mangiate questo pane e bevete questo calice”). La Comunione per tutti del Venerdì Santo era una “consuetudine universale che è durata per secoli” [Giampietro pag. 67]; potrebbero essere citate molte altre fonti antiche a sostegno di questo fatto. Tuttavia, successivamente è avvenuto un cambiamento: solo il sacerdote riceveva la Comunione il Venerdì Santo. Questo cambiamento è documentato esplicitamente per la prima volta nel XIII secolo. Secondo il cardinale Antonelli, questa abolizione “è facilmente comprensibile nel contesto della generale rarefazione della Comunione, che nel XIII secolo era giunta a un livello tale che il Concilio Ecumenico Lateranense del 1215 obbligò tutti i fedeli ad accostarsi alla sacra mensa almeno una volta all’anno”. Tuttavia, fino all’epoca di Papa Pio V, alcuni libri liturgici (come per esempio, l’Obsequiale Frisingense del 1493, folio 41r) permettevano ancora ai fedeli di ricevere la Comunione il Venerdì Santo. Il primo documento che vieta esplicitamente la ricezione della Comunione da parte dei fedeli è datato 1622. Prendendo in considerazione tutte queste informazioni, non è facile capire perché Papa San Pio X non abbia ripristinato la Comunione ai fedeli il Venerdì Santo.
(1) Paramenti: nella versione del 1962 i paramenti del Celebrante sono comicamente complicati: (a) il Celebrante inizia la cerimonia indossando solo una stola nera; (b) prima della lettura delle Collette Solenni, il Celebrante indossa il piviale; (c) terminate le Collette Solenni, il Celebrante si toglie il piviale, indossando solo la stola nera durante la Venerazione della Croce; (d) dopo la Venerazione della Croce, il Celebrante indossa una pianeta viola. La versione del 1950 era molto più semplice: il Celebrante indossava una pianeta nera durante tutta la cerimonia, eccetto per la Via Crucis.
(2) Via Crucis: nel 1950 era fatta in modo diverso e richiedeva più tempo.
(3) Preghiera iniziale: nella versione del 1962 c’è una “preghiera iniziale” assente nella versione del 1950.
(4) Nomenclatura: mentre in precedenza questa cerimonia era chiamata “Ufficio mattutino del Venerdì Santo”, i riformatori ne hanno cambiato il nome in: “Servizio liturgico solenne del pomeriggio della Passione e Morte del Signore”.
(5) Preghiera per gli ebrei: ce ne sono sei versioni: 1950, 1955, 1959, 1965, 1970 e 2008. [vedi]
(6) Omelia: la versione del Venerdì Santo del 1962 sembra proibire una predica, mentre la versione del 1950 la permette.
(7) Collocazione del Libro: nella versione del 1950, le Collette sono lette nell’angolo dove viene letta l’Epistola, mentre nella versione del 1962 il Messale è posto “al centro dell’altare”.
(8) Riduzione del ruolo del Suddiacono: nella versione del 1950, il Suddiacono diceva “Leváte”; nella versione del 1962, lo fa il Diacono.
(9) Preghiera del Signore: quando i riformatori hanno rivisto la Missa Praesanctificatorum, hanno fatto recitare il “Pater Noster” completo ai fedeli insieme al sacerdote, mentre tradizionalmente il sacerdote cantava la prima parte e i fedeli la completavano con: “sed líbera nos a malo”.
(10) Inno alla Croce: la versione del 1962 ha soppresso il Vexilla Regis Prodeunt, noto come “Inno alla Croce”, che padre Adrian Fortescue († 1923) definì “forse il più grande di tutti gli inni”. La versione del 1962 lo sostituisce con tre antifone — Adorámus Te, Per Lignum e Salvátor Mundi — che (purtroppo) sono di tre stili diversi.
Preferireste essere condannati all’ergastolo o a 60 anni di carcere? Chi ignora il sistema legale sceglierebbe i 60 anni, perché “è ovvio” che una condanna all’ergastolo è peggio. Ma chi conosce il sistema legale sa che è vero il contrario, perché spesso le condanne all’ergastolo sono ridotte a pochi anni di pena. Qualcosa di simile si osserva nel caso della sacra liturgia. Si potrà trovare chi si opponga a una pratica tradizionale perché questo e quell’altro elemento “sono ragionevoli”: ma seguire tale falso letteralismo finirebbe col farci celebrare la Messa sdraiati (perché ai tempi di Gesù si mangiava reclinati). Negli anni ’50, un movimento seguace del falso letteralismo stava raggiungendo il suo apice. Gli affamati di riforma affermavano tra l’altro: “Il Giovedì Santo si chiama In Coena Domini, che significa La Cena del Signore, non La Colazione del Signore. Perciò la Messa deve essere notturna, altrimenti non è autentica”.
Papa Pio XII, forse a causa della vecchiaia, era suscettibile a tali argomenti e ha spostato le cerimonie della Settimana Santa dalla mattina alla fine della giornata, con enormi conseguenze indesiderate. Ho menzionato prima il fatto che il Tenebrae è stato eliminato. L’arcivescovo Carinci ha notato che il Tenebrae era “molto amato dai fedeli, e molti di loro vi partecipano” [Giampietro pag. 246]. Anche usanze popolari come le “Meditazioni sulle sette ultime parole” sono state eliminate da questo frettoloso cambiamento. Altre vittime dell’esclusione sono il Mattutino della Domenica di Pasqua (completamente cancellato) e le Lodi della Domenica di Pasqua (gravemente troncate). Nel 1956, padre John J. Coyne si lamentò di questa “restaurazione”, scrivendo quanto segue:
È una strana restaurazione quella che ha soppresso Mattutino e Lodi, cosicché l’unica notte dell’anno in cui nessun salmo di lode attraversa le labbra di coloro che sono tenuti alla recita dell’Ufficio Divino è la festa centrale della Cristianità.
Mattina del Sabato Santo (A)
Mattina del Sabato Santo (B)
Mattina del Sabato Santo (C)
Sono rimasti intrappolati
La Domenica di Pasqua dovrebbe essere l’apice
(1) Non c'è il Vidi Aquam;
(2) Non c'è l’Introito;
(3) Il breve Alleluia è seguito da un Tratto (!);
(4) Non c'è il Graduale o l’Alleluia maggiore;
(5) Non c'è la Sequenza;
(6) Non c'è il Credo;
(7) Non c'è l’Antifona all’Offertorio;
(8) Non c'è l’Agnus Dei e il Bacio della Pace;
(9) Non c'è l’Antifona alla Comunione.
Celebrare la Veglia Pasquale la mattina del Sabato Santo: cosa ne dobbiamo pensare? Innanzitutto, da dove viene questa tradizione? Alcuni autori ritengono che nella Chiesa primitiva la Veglia Pasquale fosse celebrata molto presto la mattina della Domenica di Pasqua. Ma è impossibile provare con certezza quando esattamente i primi cristiani celebrassero la Messa o le Messe pasquali e che aspetto avesse esattamente quella Messa. Tuttavia, negli anni Quaranta l’anticipazione della mattina di Pasqua era diventata un’idée fixe, quasi una mania. Ed è vero che il Canone della Veglia Pasquale dice: nóctem sacratíssimum celebrántes (“celebrando quella notte santa, nella quale Nostro Signore Gesù Cristo, nella sua carne umana, è risorto dai morti…”). Anche l’Exsultet sembra essere stato originariamente cantato di sera. Ma il grande errore dei riformatori è stato quello di non aver compreso che la Veglia Pasquale era una categoria a sé stante. Nel corso dei secoli ha accumulato vari elementi (elementi penitenziali, sfumature battesimali, “lampi” di gioia pasquale, etc.) che sono stati enfatizzati in modi diversi.
Indipendentemente da quale potesse essere la pratica “primitiva”, documenti inconfutabili dimostrano che nel IX secolo la Veglia Pasquale era stata anticipata. In generale, con il passare del tempo, gli uffici religiosi tendono a essere anticipati sempre di più, forse per il desiderio di adempiere al precetto prima possibile. Nel 2023 lo possiamo constatare ogni fine settimana, quando molti anziani “anticipano” la Messa al sabato pomeriggio per “sbarazzarsi del precetto”. È la natura umana.
Un tentativo di riportare la Veglia Pasquale alla sera fu intrapreso con scarso successo da San Giovanni Gualberto († 1073). In generale, durante i secoli IX, X e XI, la preferenza era quella di iniziare la Veglia Pasquale intorno alle 15:00 del Sabato Santo. Non c’è bisogno di soffermarsi a lungo su questo punto; sono esistite usanze diverse per ordini diversi, nel corso di secoli diversi, in località diverse. Il 29 marzo 1566, Papa San Pio V revocò il permesso di celebrare la Messa serale (ma la Messa di mezzanotte di Natale continuò a essere un’eccezione) e le cose non cambiarono molto fino agli anni ’50. Si consideri l’esempio — non atipico —di una chiesa parrocchiale dell’Arcidiocesi di Saint Louis che nel 1943 celebrò la Messa solenne della Domenica delle Palme alle 6:30 (!), distribuì la Comunione del Giovedì Santo alle 6:15 (!), celebrò la Messa Solenne del Giovedì Santo alle 8:30 (!), la Missa Praesanctificatorum del Venerdì Santo alle 8:00, i servizi del Sabato Santo alle 7:00 (!) e la Messa Solenne della Domenica di Pasqua alle 5:30!
Quando i riformatori “resuscitano” pratiche primitive, il risultato è spesso caotico. Personalmente ritengo che la decisione di spostare la Veglia Pasquale da sabato mattina a domenica mattina passerà alla storia come vergognosamente avventata. I riformatori — vincolati dal falso letteralismo dello zeitgeist — decisero che tutti i santi cattolici per 1.200 anni hanno fatto male a celebrare la Veglia Pasquale all’ora in cui lo hanno fatto. Ma i riformatori sono rimasti intrappolati, perché nel 1951 non erano permesse messe serali… tranne la messa di mezzanotte di Natale. Pertanto, essi decisero di piazzare la Messa della Veglia Pasquale non nel tardo pomeriggio del sabato, ma a mezzanotte! Ciò è stato fatto anche se nessuna documentazione supporta un’ora così tarda, con la possibile eccezione di un solo sermone di Sant’Agostino intorno al 410 d.C.
Col rischio di insultare l’intelligenza dei miei lettori, vorrei sottolineare che “resuscitare” un singolo elemento — da solo — di 1600 anni fa e inserirlo senza pensarci troppo su nella vita della Chiesa è una condotta riprovevole.
In termini pratici, ciò significava che i sacerdoti dovevano celebrare quello che Prosper Guéranger definisce “il servizio più lungo e faticoso della liturgia latina” e poi, poche ore dopo, svegliarsi e celebrare tutti gli Uffici e le Messe della Domenica di Pasqua. (Poiché il digiuno di mezzanotte era ancora in vigore, al povero Celebrante fu concesso di prendere una sola tazza di tè, per aiutarlo a superare tutte le Messe della Domenica di Pasqua!) Quando Monsignor Giovanni Montini (il futuro Paolo VI) chiese il 17 gennaio 1956 “che la partecipazione alla celebrazione della Messa nella Solenne Veglia Pasquale — anche se si terrà prima della mezzanotte — soddisfi anche il precetto di assistere alla Messa della Domenica di Pasqua”, i riformatori respinsero all’unanimità la sua proposta [Giampietro pag. 290]. Questo è oggi un punto controverso — dal momento che le messe “anticipate” sono consentite il sabato pomeriggio — ma fino a quando non sono avvenuti questi cambiamenti, la Veglia Pasquale era celebrata con questo avvertimento:
Troppi elementi su cui dibatterese, con il permesso dell’Ordinario del luogo, il servizio della Veglia è anticipato in modo che la Messa sia celebrata prima della mezzanotte del Sabato Santo, coloro che sono presenti non adempiono al precetto di assistere alla Messa del giorno di Pasqua.
Se parlassi per novanta ore di seguito, non scalfirei nemmeno la superficie del tema della Veglia Pasquale. Come ho già detto, appartiene a una categoria tutta sua. Ha molti elementi diversi — che possono apparire contraddittori — ed è stata celebrata in modi diversi nel corso dei secoli. Alcune usanze sopravvivono fino ad oggi in modi sorprendenti; per esempio, in Polonia c’è l’usanza di mangiare torte il pomeriggio del Sabato Santo, perché il digiuno quaresimale terminava tradizionalmente a mezzogiorno del Sabato Santo (dopo la conclusione della Veglia Pasquale). Tradizionalmente, i convertiti alla fede cattolica venivano ricevuti durante la Veglia Pasquale. I catecumeni ricevevano la loro istruzione finale nel vestibolo della chiesa mentre venivano lette o cantate le dodici lunghe profezie.
A causa della “riforma” della Veglia Pasquale, la Messa della Domenica di Pasqua è spesso trascurata — o non celebrata adeguatamente — e questo mi sembra deplorevole e contrario alla tradizione. Dopotutto, quando si pone l’accento sulla partecipazione alla Veglia Pasquale, ci aspettiamo davvero che una famiglia con bambini piccoli si svegli qualche ora dopo e partecipi alla Messa della Domenica di Pasqua, con la consapevolezza mentale ed emotiva richiesta da tale solenne cerimonia? La disposizione precedente, che è durata almeno 1.200 anni, non aveva forse più senso? Chi esamina i registri noterà che tradizionalmente il vescovo della diocesi non partecipava nemmeno (!) alla Veglia Pasquale. Se ci si pensa, la Veglia Pasquale ha meno musica di qualsiasi altra Messa dell’anno. Anche una festività di quarta classe ha più musica della Veglia Pasquale.
Nella Veglia Pasquale:(1) Non c'è il Vidi Aquam;
(2) Non c'è l’Introito;
(3) Il breve Alleluia è seguito da un Tratto (!);
(4) Non c'è il Graduale o l’Alleluia maggiore;
(5) Non c'è la Sequenza;
(6) Non c'è il Credo;
(7) Non c'è l’Antifona all’Offertorio;
(8) Non c'è l’Agnus Dei e il Bacio della Pace;
(9) Non c'è l’Antifona alla Comunione.
Dobbiamo sottolineare che nessuna di queste omissioni è colpa di Pio XII. A pagina 163 di The Nature of the Liturgical Movement (King’s College, Londra, 2002), Alcuin Reid afferma che con la riforma del 1951 Papa Pio XII ha eliminato l’Agnus Dei e il Credo dalla Messa della Veglia Pasquale. Ha torto; non hanno mai fatto parte della Messa della Veglia Pasquale.
Ecco, come promesso, la lista delle differenze tra la Veglia Pasquale del 1950 e quella del 1962:
(1) Ripetizione: nella Veglia Pasquale del 1950, il Celebrante “ripete” tutto — comprese le profezie, l’Epistola, il Vangelo e i “Vespri troncati” — mentre nella versione del 1962 ripete solo alcuni elementi, come l’Introito, il Gloria, l’Antifona all’Offertorio, il Credo e così via. Questa è stata una grande vittoria dei riformatori, iniziata nel 1951 con la Veglia “sperimentale”: Celebrans et ministri, clerus et populus, sedentes auscultant.
(2) Luci in chiesa: nella versione del 1950, la chiesa è buia fin quasi alla conclusione dell’Exsultet [vedi], quando il diacono parla di “una fiamma divisa ma non offuscata”: a quel punto le lampade della chiesa sono accese dal Nuovo Fuoco. Nella versione del 1962, le lampade della chiesa vengono accese dopo il “Lumen Christi” finale.
(3) Candele in mano al popolo: nella versione del 1962 i fedeli hanno in mano candele accese in momenti leggermente diversi rispetto alla versione del 1950.
(4) Preghiere per la benedizione del Nuovo Fuoco: nella versione del 1950, tre preghiere benedicono il Nuovo Fuoco. I riformatori ne hanno eliminate due.(5) Modifica dell’Exsultet: la preghiera per l’imperatore all’interno dell’Exsultet era caduta in disuso, ma i riformatori l’hanno ripristinata aggiustando leggermente il testo. La clausola sostitutiva è stata pubblicata per la prima volta negli Acta Apostolicae Sedis il 9 febbraio 1951.
(6) Spostamento delle azioni effettuate col cero pasquale: nella versione del 1950, il diacono pone i grani di incenso nel cero pasquale alla metà dell’Exsultet. Nel 1962, i grani di incenso sono deposti dal Celebrante all’inizio della cerimonia, con alcune preghiere particolari (p. es. Chrístus héri et hódie) e facendo il segno delle lettere greche Álpha e Ómega. Nella versione tradizionale, il diacono accende il cero pasquale mentre canta l’Exsultet — dopo le parole rútilans ignis ascéndit — mentre nella versione del 1962 il cero pasquale è acceso all’inizio della cerimonia.
(7) Tridente o Triplice Cero: forse a causa delle dimensioni enormi del cero pasquale in alcune chiese, nel corso dei secoli si è sviluppata l’usanza di usare un “tridente” per portare la fiamma fuori dalla chiesa al cero pasquale. Il Campion Missal fornisce numerose citazioni di autori antichi che affermano che, storicamente, questo attrezzo aveva tre (o talvolta due) candele “di riserva”, per evitare che si spegnesse. I riformatori hanno eliminato questa usanza, quindi la versione del 1962 non ha il tridente. Vorrei sapere che fine hanno fatto tutti quei tridenti obsoleti a partire dagli anni ’50! Sono stati gettati nella spazzatura?
(8) Titolo dell’Exsultet: tradizionalmente, l’Exsultet era la benedizione del cero pasquale. Ai riformatori non piaceva, quindi gli cambiarono il titolo. Il Campion Missal elenca molti dei titoli (un po’ sciocchi) da loro inventati, tra cui: “Il Cantico Pasquale Ufficiale”.
(9) Lievi modifiche testuali: i riformatori apportarono lievi modifiche ad alcune delle preghiere — oltre a sollevare vari “problemi di virgola” in voga all”epoca —, ma sarebbe troppo complicato descriverle qui.
(10) Posizionamento del cero pasquale: il cero pasquale è posto dalla parte del Vangelo nella versione del 1950, ma la versione del 1962 lo posiziona al centro del Santuario.
(11) Incensazione del Cero Pasquale: nella versione del 1962, subito prima di cantare l’Exsultet, il Diacono incensa il Cero Pasquale, girandovi intorno. Ciò non accade nella versione tradizionale.
(12) Ritocchi: sono state apportate leggere modifiche alle famose sezioni “flectámus génua”.
(13) Litanie non ripetute: nella versione tradizionale, le Litanie dei Santi si cantano “secondo il doppio rito, ossia dal principio alla fine i chierici ripetono le stesse invocazioni dei cantori”. I riformatori hanno eliminato le ripetizioni, ma ne hanno introdotto un nuovo tipo istruendo i cantori a ripetere la prima parte della litania più e più volte per riempire spazio.
(14) Aggiunta di nuove preghiere: i riformatori hanno creato qualcosa di completamente nuovo: “Il rinnovamento delle promesse battesimali”. Nuovi elementi come questo contraddicono l’arcivescovo Bugnini, il quale — a pagina 314 della sua Riforma della Liturgia (1990) — ha dichiarato che la riforma del 1951 “ha riportato la Veglia Pasquale al suo originario splendore”. Inoltre, sebbene affermassero di essere nemici della ripetizione, i riformatori hanno aggiunto la Preghiera del Signore, anche se sarebbe stata recitata pochi minuti dopo come parte della Messa.
(15) L’uso del volgare: significativamente, si permetteva di fare il “Rinnovamento delle promesse battesimali” in volgare.
(16) Omissione di una preghiera prima della Comunione: nella versione tradizionale, “il Celebrante recita le tre preghiere abituali prima della sua Comunione”; nella versione del 1962 si omette la preghiera Dómine Jesu Christi, qui dixísti, ma si recitano le altre preghiere.
(17) Preghiere ai piedi dell’altare e Ultimo Vangelo: la versione del 1962 elimina lo Júdica Me e il Confíteor all’inizio, mentre la versione tradizionale contiene le normali Preghiere ai piedi dell’altare. Nella versione del 1962, l’Ultimo Vangelo è soppresso, ma non nella versione del 1950.
(18) Prima della Postcomunione: nella versione del 1950 si canta una brevissima cerimonia dei Vespri con il Magnificat, e lo “Spíritum nóbis, Dómine” funge da Postcomunione. Nella versione del 1962 c’è una brevissima cerimonia delle Lodi con il Cantico di Zaccaria, e lo “Spíritum nóbis, Dómine” funge anche da Postcomunione.
(19) Eliminazione delle profezie: il Sabato Santo del 1950 aveva dodici profezie. Nel corso della storia, diverse usanze sono prevalse in diverse località. Alcuni luoghi avevano solo quattro profezie, altri ne avevano ben ventiquattro. Il vescovo Durando († 1296 d.C.) affermava che il numero delle profezie nelle funzioni del Sabato Santo variava nei diversi luoghi (cfr. Rationale, VI, 81). La versione del 1962 ha eliminato otto profezie, lasciandone solo quattro. Una delle profezie che sono state eliminate era identica alla seconda lettura del Venerdì Santo.
(20) Benedizione della Fonte e Riti Battesimali: i riformatori hanno apportato modifiche significative ai Riti di Benedizione della Fonte e del Battesimo, che sarebbe difficile descrivere qui. Tuttavia, a partire da pagina 620 della Terza Edizione del Campion Missal, la questione è spiegata esaurientemente con utili tabelle. Il “recipiente provvisorio” inventato dai riformatori mi è sempre sembrato del tutto indegno, ma le rubriche del 1962 consentono invece di utilizzare il tradizionale battistero.
(21) Litania scissa: la cosiddetta “litania scissa” è discussa di seguito.
Dal 1997, ho avuto la fortuna di partecipare molte volte a entrambe le versioni della Settimana Santa. In realtà le amo entrambe. Da un lato, è difficile trovare qualcosa di “carente” o “mancante” nella versione del 1950 (con la possibile eccezione della Domenica delle Palme, che è piuttosto lunga per le famiglie con bambini piccoli). In altre parole, è difficile vedere cosa hanno apportato di meglio le riforme di Pio XII.
Dall’altro lato, provo difficoltà a simpatizzare con chi si sconvolge quando si menzionano queste riforme. Una persona di mia conoscenza diventava isterico ogni volta che ricordava che Pio XII ha fatto dirigere il Celebrante versus populum mentre benedice le palme. Tuttavia, costui non si è mai lamentato del celebrante rivolto verso il popolo mentre benedice vari oggetti durante la Messa nuziale tradizionale. Non ho avuto il coraggio di dirgli che le rubriche del Messale tradizionale consentono la celebrazione interamente versus populum (cfr. Ritus servandus V, 3). Un dato non aperto al dibattito è il fatto che i riformatori — in particolare padre Josef Löw — si siano spesso contraddetti a proposito dei principi che guidavano le loro riforme.
Ho osservato che alcuni commentatori, quando discutono sulla riforma della Settimana Santa, non sono in grado di enumerare elementi specifici. Ma sicuramente dovremmo sapere quali sono le riforme prima di esprimere un parere! Ha avuto ampia diffusione la polemica sollevata da padre Stefano Carusi (La Riforma della Settimana Santa, 28 marzo 2010), che tenta di condannare le riforme di Pio XII. Il problema è che padre Carusi spesso fraintende le rubriche (ad esempio nel suo tentativo di difendere il tridente) o fa affermazioni di fatto errate. Per esempio, durante la Veglia Pasquale del 1950 le Litaniæ Sanctorum sono cantate per intero, ma la versione del 1962 le divide in due. Padre Stefano Carusi dichiara che la scissione delle litanie non ha “alcun senso liturgico” e afferma che “questa innovazione è incoerente e incomprensibile”. A peggiorare le cose, padre Carusi dice: “Non si è mai visto che una preghiera impetratoria fosse divisa in due parti. L’introduzione dei riti battesimali nel mezzo è di un’incoerenza ancora maggiore”. Ma ha torto marcio. Questa non è stata un’innovazione dei riformatori. La Terza Edizione del Campion Missal fornisce una serie completa di manoscritti di vari secoli, che risalgono fino a circa 1000 anni fa e che dividono tutti la litania esattamente come fecero i riformatori.
Se dobbiamo criticare, assicuriamoci di aver compreso le riforme prima di farlo. Inoltre, non partiamo dal presupposto che tutto ciò che hanno fatto i riformatori fosse indifendibile, terribile e nuovo. †
Per le numerose citazioni sulle riforme della Settimana Santa, una bibliografia completa e molto altro, si veda:
Saint Edmund Campion Missal, Third Edition (Sophia Press Institute, 2022)
Saint Edmund Campion Missal, Third Edition (Sophia Press Institute, 2022)
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio per le traduzioni
IBAN - Maria Guarini
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28 commenti:
Gradite il mio ringraziamento per questo bellissimo articolo. Auguri vivissimi di una Santa Pasqua!
Direi anzi che queste modifiche possono essere apparse quasi innocue, ancorché cervellotiche, perché la mens che le aveva partorite non si era ancora palesata né con la riforma di Giovanni XXIII né tantomeno con quella ben più devastante inaugurata dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium e poi ulteriormente esasperata dal Consilium ad exsequendam; ma ciò che per un parroco del 1956 poteva sembrare una semplificazione dettata dalle esigenze di adattare la complessità dei riti della Settimana Santa ai ritmi della modernità – e che probabilmente fu presentata per tale allo stesso Pio XII, tenendone nascosta la portata dirompente – acquisisce ai nostri occhi ben altro senso, poiché in essa vediamo anzitutto all’opera la disinvolta mentalità sfrondatrice dei modernisti e degli allievi del mai abbastanza deprecato rénouveau liturgique; e in secondo luogo perché riconosciamo nelle scelte di presunta semplificazione delle cerimonie la stessa impostazione ideologica delle più ardite innovazioni del Novus Ordo. Infine, tra i personaggi che fanno capolino in quella riforma compaiono i protagonisti della riforma conciliare, promossi a più alti incarichi proprio in virtù della loro notoria avversione alla solennità del culto: è difficile pensare che quanto essi avviarono tra il 1951 e il 1955 non fosse concepito come primo passo verso gli stravolgimenti portati a compimento meno di vent’anni dopo.
(Mons. Viganò)
Quando si sospende una insegnante per una Ave Maria il nostro vivere questo Venerdì Santo in Italia ha un significato in più.
Ecce lignum crucis, in quo salus mundi pependit!
Venite, adoremus!
LA NOVITÀ NELLA LITURGIA DELLA CHIESA E LE ANIME SCANDALIZZATE
"Quando il Papa parla, i fedeli non debbono fare altro che obbedire"
Quando la Chiesa apre le fonti delle sue ineffabili ricchezze, non siamo così meschini e gretti di cuore da scandalizzarci o da porre ostacolo alle sue materne sollecitudini. La Chiesa è eminentemente conservatrice, perchè è completa nella sua compagine ed è perfetta nella sua costituzione, ma alcuni scambiano la propria mania di non volere novità con l'immobile saldezza della Chiesa, e si ostinano a conservare anche quello che fu manomesso dall'incoscienza degli uomini, e che la Chiesa ridona al suo primitivo splendore.
Dimenticano queste anime grette, piovre pericolose della vita spirituale, che la Chiesa è perenne freschezza di vita, e può avere anche nel suo seno quello che Essa stessa nell'orazione del martedì santo chiama "la santa novità".
Quando il Papa parla, i fedeli non debbono fare altro che obbedire, perchè il Papa ha in custodia le fonti della Chiesa, ed il Papa sa come deve distribuirle secondo l'opportunità dei tempi.
Alcuni, per esempio, si scandalizzano delle preghiere liturgiche tradotte in italiano o dei canti italiani fatte nelle Chiese, appellandosi alla tradizione antica. Essi dimenticano queste severe parole di San Paolo, che da sole basterebbero a disingannarli:
"Se io faccio orazione in una lingua (sconosciuta a me), il mio spirito prega, (perchè è unito a Dio), ma la mia mente rimane priva di frutto. Che farò dunque? Pregherò con lo spirito e pregherò con la mente, salmeggerò con lo spirito e salmeggerò con la mente. Se tu invero renderai grazie (cioè pregherai) con lo spirito, quegli che sta al posto dell'idiota come risponderà amen al tuo rendimento di grazie, mentre non intende quello che tu dici? Tu per certo fai il tuo rendimento di grazie, ma l'altro non è edificato. Rendo grazie al mio Dio che io parlo le lingue che parlate tutti voi, poichè nella Chiesa io amo dire piuttosto cinque parole in modo da essere compreso, per istruire anche gli altri, che diecimila parole in altra lingua. Fratelli, non siate fanciulli nell'intelligenza. (I Corint. XIV, 14-20).
Sì, non siamo fanciulli nell'intelligenza e non presumiamo di saperne più del Papa, nè pretendiamo di monopolizzare le nostre idee, perchè la Chiesa non ha monopoli. Così quando Pio X riformò il canto gregoriano, ci furono quelli che pretesero conservare i loro libroni corali, ripieni di strafalcioni, perchè credevano conservare l'antico, mentre custodivano solo ciò che era stato corrotto.
Allorchè Pio X invitò i fanciulli ad andare a Gesù, ci furono quelli ai quali l'età di sette anni, ed anche meno, stabilita dal Papa, sembrò prematura e mormorarono.
Quando il Papa vuole aprire il pozzo delle ricchezze della Chiesa, non siamo così stolti da appellarci agli usi comuni, come fecero i pastori che parlavano con Giacobbe, ma conduciamo le greggi alla fonte perché si dissetino.
(Dal commento alla Genesi del Sacerdote Dolindo Ruotolo)
Le tappe dell'involuzione liturgica (cfr. La Riforma Liturgica 1948-1975 di Bugnini) in parole molto povere, sono:
-I salmi ri-tradotti del Breviario Romano detti di Bea, 1945 ma facoltativi.
-La nuova Settimana Santa (sperimentale per il Sabato Santo 1951 ma poi) obbligatoria 1953-1956 (con annessi e connessi di riforme di digiuni, messe vespertine ecc.), simile per certi versi a quella di Paolo VI.
*Rubriche semplificate del 1955.
*Edizione di un codice delle rubriche del 1960 per Messale e Breviario (che di fatto recepisce tutte le riforme degli anni '50)
*Totale soppressione di un buon numero di Ottave e di Vigilie, (ect.): tutte di tradizione antichissima.
*Edizioni tipiche del Breviario e del Messale: 1961-1962, (che sono semplicemente la logica conseguenza dell'uscita del codice delle rubriche: io questi ultimi quattro punti lo considererei quasi una unica questione).
-Edizioni ad interim 1965-1968
-1969 Rito di Paolo VI, con le sue varianti tra cui il "rito" Neocatecumenale.
Diceva don Camillo du questo blog anni fa:
Detto in modo un po' casereccio, il motivo generale di tante cose strane della Liturgia Romana tradizionale (sempre criticata dai cosiddetti esperti di liturgia nostrani) è a mio giudizio il fatto che nessuno mai si prese la briga di concepirla razionalmente, ed è proprio questa la vera forza del Rito stesso! Il Rito Romano nasce come ripresa consuetudinaria di riprese consuetudinarie, tagliate e riadattate e riproposte, di un nucleo tradizionale Divino-Apostolico trasmesso. Andando avanti così nei secoli si vennero a sovrapporre situazioni liturgiche che nessuno concepì razionalmente, ma che furono il frutto di rimaneggiamenti e sovrapposizioni. Questo è stato il CRITERIO Tradizionale, che certamente non è un criterio razionale ma è pur sempre un criterio che deve essere accettato, condiviso e difeso, proprio perché Cattolico. [cfr. di Mario Righetti Manuale di Storia Liturgica, Libro III: La Liturgia Romana, 1944].
Come ho già detto altrove non è possibile affermare che la nuova Messa sia “in sè” cattiva, giacché in sé essa, il suo nudo testo, non è altro che in buona sostanza il recupero di testi più antichi e il rimaneggiamento di essi.
Se è “cattiva” la nuova Messa, allora furono cattive anche le liturgie antiche da dove i testi della nuova Messa sono stati tratti (ivi compresa la Sacra Scrittura, giacché le nuove parole della consacrazione sono prese da san Paolo). Ciò che rende la messa cattiva “per accidens” è la volontà eretica e scismatica del movimento liturgico e del gruppo dei riformatori, di mettere mano alla Liturgia per ottenere un prodotto che potesse essere utilizzato al fine di veicolare una idea di Chiesa diversa da quella Tradizionale, e una idea di religione diversa da quella Tradizionale.
La Messa nuova è un Rito che pur non essendo assolutamente falso in sé (poiché è potenzialmente valido), a causa della sua ambiguità voluta e ricercata dai suoi ideatori, va inteso comunque come intrinsecamente perverso. Ossia pur non essendo necessariamente dannoso, è stato studiato dai suoi ideatori per sovvertire (cambiare radicalmente) il Rito (Tradizionale) comunemente conosciuto, alla faccia della cosiddetta "continuità" come al solito dichiarata ma non dimostrata.
L’avversione alla tradizione, la smania di novità e riforme, la sostituzione graduale del latino col volgare, e dei testi ecclesiastici e patristici con la sola Scrittura, la diminuzione del culto della Madonna e dei Santi, il razionalismo contro i miracoli ed i fatti straordinari narrati nelle letture liturgiche dei Santi, la soppressione del simbolismo liturgico e del mistero, la riduzione infine della Liturgia, giudicata eccessivamente ed inutilmente lunga e ripetitiva…: ritroveremo tutti questi capisaldi delle riforme liturgiche gianseniste nelle riforme attuali, ad incominciare da quella di Giovanni XXIII. La Chiesa, nei casi più gravi, condannò i novatori: così Clemente IX condannò il Rituale della Diocesi d’Alet nel 1668, Clemente XI condannò l’oratoriano Pasquier Quesnel (1634-1719) nel 1713 (Denz. 1436), Pio VI dannò il Sinodo di Pistoia ed il Vescovo Scipione de’ Ricci con la Bolla “Auctorem Fidei” del 1794. (Denz. 1531-1533)
Nel 1947 l’Enciclica di Pio XII sulla liturgia, “Mediator Dei”, avrebbe dovuto sancire la condanna del Movimento liturgico deviato. Pio XII “espose fortemente la dottrina cattolica” (…) “ma questa enciclica fu sviata nel suo senso dai commenti che ne fecero i novatori; e Pio XII, se ricordò i principi, non ebbe il coraggio di prendere delle misure efficaci contro le persone; si sarebbe dovuto sciogliere il C.P.L. e vietare un buon numero di pubblicazioni. Ma queste misure avrebbero avuto come conseguenza un conflitto aperto con l’episcopato francese”. (Jean Créte. Le Mouvement Liturgique. Itinéraires. Gennaio 1981. pagg. 131-132). Misurata la debolezza di Roma, i novatori capirono di poter andare (prudentemente) avanti: dalle sperimentazioni si passò alle riforme ufficiali romane.
Ho rintracciato la fonte
https://www.sodalitium.biz/leresia-antiliturgica-dai-giansenisti-giovanni-xxiii/
La crocifissione, una delle pene più orribili mai concepite da mente umana.
Solitamente era il supplizio riservato a schiavi e ribelli.
La morte sopravveniva per collasso cardio-circolatorio o asfissia.
Ovviamente anche la sete e la fame facevano la loro parte.
Solitamente il cadavere restava sul palo, in pasto agli avvoltoi.
Gesù morì in fretta, in sole tre ore, quando l'agonia durava almeno fino allo spezzamento delle gambe.
Gesù aveva anche subito la flagellazione tramite il terribile flagrum, un flagello a nove code alla cui estremità vi erano pezzi di metallo che potevano arrivare sino alle ossa.
La Passione di Cristo è uno degli esempi più terribili e spaventosi della crudeltà umana e anche un laico forse dovrebbe riflettere sul senso di quella Croce.
https://gloria.tv/post/eFgwZF4pezik4axeB4pnGqnno ; incredibili notizie, starno che siano state divulgate solo in prossimiktà della Santa Pasqua : qui prodest ? verrebbe da chiedersi; colpo basso per la desacralizzazione della figura del Sommo Pontefice?
La liturgia pacelliana è la prima di cui per ragioni anagrafiche ho memoria. Mi sembra buona e giusta. Equilibrata. Se Gesù è morto il giovedì santo, per risorgere il terzo giorno, come poteva risorgere prima di domenica?
Il digiuno eucaristico dalla mezzanotte era un eccesso di zelo. Andare a Messa il sabato invece che la domenica viene incontro a legittime esigenze di vita sociale. Non posso credere che il Signore se ne addolori, mentre certamente si dovrà sentire offeso da certe prediche che sembrano prese da Rai3.
Passus et sepultus est! Miserere nostri, Domine!
La crocifissione pena molto crudele
Era applicata a reati molto gravi, per esempio la ribellione.
Degli schiavi, dei ribelli in senso politico, militari sediziosi traditori.
Per gli antichi ribellarsi era grave,avevano molto forte il
senso dell'autorità. Aristotele scrive da qualche parte che
"niente è così grave come disobbedire al maestro".
Questa pena voleva anche incutere terrore e scoraggiare.
Attorno al 180 a.C. ci fu un grande scandalo nell'alta società romana: un giro di festini e orge coinvolgenti giovani maschi e femmine bene, con la scusa di celebrare riti bacchici: tutto un giro di ricatti, prostituzione, traffici vari etc. Il Senato colpì con estrema durezza, non solo gli organizzatori, quasi tutti orientali, ma anche i rampolli degeneri della società bene. Sembra che le crocifissioni siano state centinaia. Alle ragazze più corrotte fu consentito di essere strangolate nel tribunale domestico, del paterfamilias. La crudele bisogna, comunque esecuzione di una sentenza, era in genere eseguita da uno schiavo. O da un servo.
La crocifissione era praticata anche dai Cartaginesi e anche da altri popoli antichi, credo.
La crudeltà più raffinata nei supplizi spettava comunque a quelli persiani.
Per gli antichi la pena doveva soprattutto punire e in tal modo educare. Il terrore della morte il miglior pedagogo per non avventurarsi su certe strade.
(L'abolizione della pena di morte ha contribuito a migliorare i costumi? La Croce non fu contestata in quanto tale dal Signore)
La riforma pacelliana è una riforma protomodernista.
Online si trova, in formato pdf di 29 pagine, lo studio eccellente di Mons. Léon Gromier: La Settimana Santa restaurata. Da leggere e meditare!
Presso Internet Archive si può scaricare, in formato pdf di 499 pagine, sempre di Léon Gromier: Commentaire du Caeremoniale Episcoporum. Per gli appassionati di Sacra Liturgia, un prezioso gioiello!
La Riforma pacelliana della Settimana Santa in ogni caso non alterò in alcun modo la struttura e il significato della S. Messa, al contrario del montiniano Novus Ordo, che ha creato una Messa nuova e diversa, ambigua dal punto di vista del significato propiziatorio ed espiatorio della Messa e per di più in volgare.
Alcune modifiche (parlo della riforma pacelliana) sembravano necessarie, in relazione alle mutate esigenze della vita moderna, p.e. in relazione ai digiuni. Ma sempre modifiche del tutto secondarie.
È un errore credere che la liturgia sia rimasta immobile per millenni o che debba restare sempre assolutamente immobile. Lo stesso Pio XII spiegò nella Mediator Dei che si possono accettare i cambiamenti che si producono spontaneamente, lentamente, nel corso delle generazioni.
Ad esempio nella Chiesa latina ad un certo punto si affermò la Comunione sotto una sola specie. Non fu un mutamente graduale e spontaneo?
Ma la riforma della Settimana Santa fu imposta dall'alto e non fu graduale e spontanea? Venne dall'alto ma per rispondere ad esigenze che evidentementte si erano fatte valere dal basso. Se poi nella corretta interpretazione di queste esigenze si sono inseriti i liturgisti neomodernisti, infilando elementi potenzialmente negativi, è un altro discorso.
Si potrà dire che Pio XII è stato poco accorto, anche se la cosa dovrebbe esser dimostrata con accuratezza.
Ma fare di Pio XII un precursore di Bugnini non mi sembra corretto.
Senza la Morte in Croce del Signore non esisterebbe il Cristianesimo.
Deinde :
Senza la pena di morte non esisterebbe il Cristianesimo.
Non ci sarebbe potuta essere la morte dell'Innocente per i nostri peccati: l'applicazione ingiusta di una pena di per sè giusta.
Che fosse crudele, come quasi tutto il diritto penale antico, nulla toglie alla sua giustizia: la ribellione e il tradimento possono essere legittimamente puniti con la morte dall'autorità legittima.
Negarlo, significa praticare il falso umanitarismo di chi ha paura di esser stimato crudele.
E difatti questa logica "umanitaria" (che oggi non batte ciglio di fronte ai bambini abortiti ossia uccisi a freddo nel ventre delle loro madri dalle loro stesse madri e dai loro complici) considera anche crudele un Dio che punisca con l'eterna dannazione (la Gehenna) i peccatori impenitenti, ribelli a Dio sino alla fine. Ben peggiore la Gehenna che dura in eterno delle pene terrene più crudeli o no? E pertanto si rifiuta l'umanitario di credere all'esistenza dell'Inferno, derubricata a mito di origine medievale [sic] già dagli stessi preti di oggi.
La pena deve esser proporzionata al delitto commesso. Per certi delitti, a cominciare da quelli di sangue, la pena giusta, proporzionata al male commesso, può essere solo la morte. La morte con un giudizio pubblico, dell'autorità costituita, non mediante vendetta privata.
E non sarebbe giusto infliggere la morte a quei delitti assimilabili ai delitti di sangue perché danno la morte, come la fabbricazione e lo spaccio di droga (non il consumo, considerando il drogato un malato)?
O.
Questo è un articolo difficile, per specialisti.
Però Mic ha fatto bene a pubblicarlo.
Tra i lettori ci sono anche persone molto
preparate in campo liturgico.
L'articolo va ad arricchire il ricco archivio
di questo blog, alla fine la cosa più importante
del blog stesso.
Grazie a Mic, al suo benemerito sforzo.
Fare tante traduzioni, di testi anche
complessi, non è facile.
La Passione del Signore offre anche spunti per riflettere sulla pena di morte.
Cioè sulla sua legittimità, anche se la cosa sembra paradossale.
Ma lo sembra solo alla nostra mentalità decadente.
Nietzsche diceva che la pena migliorava solo chi la infliggeva, soprattutto la pena di morte.
Sbagliava. La pena di morte inflitta crudelmente in pubblico, uno spettacolo orrendo che poteva affascinare solo menti malate come il
marchese De Sade, chi non si riempie di spavento a pensarci? Proprio questo manifestava Cicerone menzionando la crocifissione e altra simile pena per l'alto tradimento, usate dai Romani: poenae teterrimae che lo riempivano di spavento.
E proprio questa deve essere la funzione deterrente della pena, grazie al terrore che essa sia capace di ispirare.
L'uomo non deve vivere nel terrore della morte, soprattutto se crudele?
E perché non dovrebbe? La religione cattolica non ci richiama ogni giorno al terrore dell'eterna dannazione?
Timor di Dio, si dice, non terrore. Ma è difficile che il pensiero dell'Inferno non susciti in noi un (salutare) terrore.
Per convertirci, il Signore si serve anche del terrore suscitato dalle pene infernali.
Vedi il cap. 25, 31 ss. di Matteo.
Dio non raccoglie forse anche dove non ha seminato?
Bugnini purtroppo ebbe modo di inquinare la settimana santa avendo poi mano libera successivamente con montini
Non si può comprendere la deriva protestante della Chiesa Cattolica senza cogliere l'influenza dei potentati anglosassoni, soprattutto dopo la disfatta italiana nella seconda guerra mondiale.
Pio XII era circondato e "soffocato" in misura crescente dalle consorterie plutocratiche liberalmassoniche da un lato e da quelle filocomuniste dall'altro (il comunismo, lo vediamo chiaramente oggi, è l'evoluzione naturale del seme massonico). La gerarchia vaticana doveva barcamenarsi tra nemici esterni e "amici" infidi interni (leggasi DC, dopo la ghettizzazione della componente filogeddiana e pacelliana). L'associazione tradizionalismo uguale fascismo condizionò tutta un'epoca pre e post conciliare.
Gz
# "il comunismo è l'evoluzione naturale del seme massonico.."
Affermazione incomprensibile. Se c'è una visione del mondo ostile ai valori accettati dalla massoneria (tolleranza, democrazia parlamentare, libertà individuale, deismo etc) questa è proprio il marxismo.
L'unica cosa in comune può esser rappresentata dal modo naturalistico di concepire i rapporti tra i sessi. Un po' poco.
Infatti le riforme del '55 erano solo l'assaggio, poi è arrivato il resto....
Davide Carollo
#Il comunismo e la Massoneria.
I rapporti tra socialismo e Massoneria sono comprovati da vari studiosi, benché il Mussolini socialista ne avesse decretato l'incompatibilità (riaffermata dal Fascismo, nonostante molti fascisti fossero massoni, almeno in origine).
La Massoneria è stata (sino al CVII) giustamente considerata dalla Chiesa Cattolica un miscuglio di Protestantesimo, Ebraismo e Rivoluzione; i valori liberali sono solo una componente, probabilmente quella più appariscente, utile alla promozione del verbo massonico.
Lo stesso Marx era massone, mi pare sia stato documentato storicamente.
Poi le massonerie sono plurime,non si tratta di una galassia monolitica.
Gz
# Gz su massoneria. Bisogna spiegare le differenze.
Che Marx fosse massone, da dove risulta? Chi l'avrebbe documentato?
Forse da giovane studente di tendenze già rivoluzionarie, in quanto
membro di qualche combriccola di studenti? Nel pensiero di Marx non c'è nessun valore di tipo massonico, anzi. Egli irride apertamente ai valori "borghesi".
I massoni c'erano in Italia nella dirigenza del partito socialista, ai tempi di Mussolini. Il futuro Duce apparteneva alla corrente massimalista e fu sempre ostile ai massoni, in quanto tali. Al Congresso del 1912 di Reggio Emilia, cercò senza riuscirci di far dichiarare l'incompatibilità tra socialismo e appartenenza alla Vedova. La cosa gli riuscì con il partito fascista, appena giunto al potere. I massoni nel partito obbedirono per disciplina. Ma sembra che qualche contatto massonico furtivo abbiano continuato ad averlo, almeno per qualche tempo. Il Gran Maestro del G.O. in Italia fu mandato da Mussolini al confino di polizia, anni Venti. Poiché si ammalò gravemente agli occhi, gli fu concesso di esser ricoverato in clinica. Massoni erano Balbo e Farinacci. Nel fascismo i massoni provenivano soprattutto dai nazionalisti. Era una tradizione che si era inaugurata col Risorgimento, soprattutto con i mazziniani dopo la morte di Mazzini(non massone lui ma sempre a stretto contatto con i massoni) e si era sviluppata soprattutto nei primi anni dopo la proclamazione del Regno d'Italia (1861), quando la Massoneria venne allo scoperto attribuendosi grandi meriti per l'Unificazione, assai superiori a quelli effettivi. Ebbe un periodo di prestigio, profittando della lotta tra Stato e Chiesa per le questioni temporali. Crispi p.e. si fece massone nel 1861. Era anche una moda. Ma cominciò subito a scocciare l'anima, promuovendo l'anticlericalismo, il positivismo, lo scientismo etc. E cominciò una forte reazione sul piano culturale con le polemiche contro la "mentalità massonica" di Ruggero Bonghi (polemista liberale) e Benedetto Croce.
Quando parliamo di socialismo bisogna distinguere quello social-democratico, parlamentare, i cui quadri erano legati in Francia ed Italia, Spagna alla massoneria, dal marxismo rivoluzionario, dal marxismo-leninismo, nemico invece della massoneria, che a sua volta lo combatté. Che poi singoli marxisti rivoluzionari abbiano avuto l'ordine di infiltrarsi anche nella Setta, oltre che nella Chiesa etc, è altra questione.
Sul piano ideologico, tra il marxismo in senso proprio, rivoluzionario e leninista, e l'ideologia massonica, deistica e liberale, c'è un abisso. E c'è sempre stata una forte ostilità.
La componente ideologicamente "ebraica" della Massoneria è sempre stata quella della simbologia esoterica di origine ebraica, che ritroviamo nel mare magnum del cabalismo.
Luigi Puddu
Per studiare l'insieme dei problemi occorre un punto di partenza. Ma, nel caso specifico in modo eclatante, quale dovrebbe essere? Di più, c'è questo punto? Quando è che la tradizione è diventata abitudine e l'abitudine è diventata brutta abitudine? Per ripensare tutte le riforme liturgiche del novecento, bisogna cominciare a rispondere a queste domande. Altrimenti, il semplice passato sarà buono/cattivo a seconda dei gusti e delle abitudini introiettate.
#Marx e la Massoneria.
L'anonimo delle 10.05 non sa che il Manifesto del Comunismo di Marx era copiato/incollato dal programma di qualche decennio prima dell'Ordine degli Illuminati di Baviera?
Non c'è, se non apparentemente, un abisso tra il marxismo e l'ideologia massonica, deistica e liberale; c'è un legame sotterraneo, esoterico, che sottende entrambi. Ed entrambi mirano a distruggere la religione cristiana, mediante vie diverse.
Marx, apparentemente ostile a tutto quanto non materiale, fu in realtà seguace delle sette sataniche, e, pare, anche affiliato ad una setta della massoneria.
Nel bene, come nel male, dobbiamo anzitutto preoccuparci di ciò che non è visibile e dobbiamo cercare di guardare "oltre" ciò che sembra o appare per cogliere la vera essenza dei fenomeni.
Le consiglio in proposito un interessante testo di una ricercatrice, Erica Lagalisse.
Gz
Marx avrebbe copiato il Manifesto da un testo degli Illuminati di Baviera? Intanto l'hanno scritto in due e poi la cosa da dove
risulterebbe?
Poi lei dice "pare affiliato ad una setta massonica". Lo era o non lo era? Pare, sembra...
Anche ammettendo che da giovane, all'università abbia frequentato ambienti essoterici, cosa cambia? Sul giovane Marx sono stati fatti molti studi e da tempo.
Da dove risulta che gli Illuminati di Baviera avessero già elaborato una visione materialistico-dialettica della storia?
La debolezza di certi "tradizionalisti" consiste nell'usare sempre gli stessi argomenti culturalmente deboli per non dire inesistenti.
Bisogna sempre sostenere che il nemico appartiene a qualche setta, che sia eterodiretto
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