Ieri, al termine di un mio intervento a Roma, uno studente mi ha fermato e mi ha rivolto una domanda che, nella sua apparente semplicità, conteneva la gravità di un interrogativo radicale: "Prof., ma in questo clima di sfiducia e rassegnazione dovuto a molti fattori, Lei riesce a vedere la bellezza e ad assaporarla in modo non effimero e limitato?"
Questa domanda, alla quale ho cercato, pur con tutti i miei innumerevoli limiti, di rispondere, obbliga a spingersi oltre la nozione diffusa di bellezza come emozione soggettiva o sensazione passeggera, per ricondurla alla sua radice più profonda: l’essere stesso in quanto manifestazione di un ordine intelligibile e oggettivo.
Secondo la prospettiva classica nella quale mi ritrovo, la bellezza è "splendor ordinis", lo splendore dell’ordine: la manifestazione sensibile della perfezione di un ente che realizza la propria essenza. Essa non è un accidente decorativo o un capriccio estetico, bensì un attributo ontologico: l’ente, nella misura in cui si compie secondo la propria natura e tende al proprio fine, diventa bello. La bellezza si mostra, dunque, come la congiunzione di integrità, proporzione e unità. Integrità, perché ciò che è mutilato non può rivelare pienamente la propria forma (pensate ad un dipinto rovinato in una sua parte); proporzione, perché le parti devono essere ordinate in rapporto reciproco e in rapporto al tutto; unità, perché solo ciò che è internamente unificato può risplendere come forma compiuta.
Quando la mente e i sensi percepiscono questa unità armoniosa, nasce il sentimento che chiamiamo contemplazione: un moto dell’intelletto e del cuore che riconoscono nell’ente un bene che li trascende e li richiama.
In questo senso, la bellezza è sempre analogia di un ordine superiore, che fonda e sorregge la possibilità stessa della conoscenza e dell’amore. Se questo discorso puó risultare astratto, basti un esempio concreto.
Si pensi alla cattedrale medievale, dove la proporzione delle navate, la verticalità delle colonne e il gioco della luce sulle pietre non producono soltanto un’impressione sensoriale: esse suscitano la percezione di una misura intrinseca, di un fine che si rivela. Non è pura emozione, ma intuizione di una forma che è anche significato.
E lo stesso si può dire dell’esperienza umana più immediata: l’incontro con la persona che si ama. L’uomo che contempla la donna amata, o la donna che guarda l’uomo che le è caro, non si limitano a un’attrazione fisica o a una proiezione psicologica.
Ciò che commuove, che quasi sospende il tempo e il divenire del mondo (fissato nel ricordo), è il riconoscimento di un ordine più grande: la bellezza di un volto, di un gesto, di uno sguardo nasce dalla consonanza tra la forma sensibile e un bene che vi traspare.
Per questo la bellezza autentica non è mai puramente effimera: si radica in un ordine che l’individuo può riconoscere, ma non creare, né distruggere a suo piacimento.
Nella prospettiva giusnaturalistica, la bellezza si configura come un diritto e un dovere insieme: l’uomo ha diritto di contemplarla, perché la sua ragione è fatta per aderire all’essere e al bene; e ha il dovere di custodirla, perché la bellezza è una promessa di senso che trascende ogni epoca di sfiducia.
Anche quando la società sembra dominata dalla rassegnazione, la bellezza continua a testimoniare che la realtà non è caos, bensì ordine, che l’ente è fondamentalmente buono e che la nostra vocazione ultima non è la disperazione, ma la contemplazione.
Come scrive Platone nel "Fedro": "La bellezza splende tra tutte le cose terrene come qualcosa di divino e rende manifesto ciò che è veramente degno di essere amato". (Daniele Trabucco)
7 commenti:
E intanto il gay pride di Budapest, nonostante il divieto di V. Orban, è stato un gran successo e un gran successo particolarmente per il centro sinistra europeo. A Budapest sono confluiti anche rappresentanti nostrani, ovviamente. La contromanifestazione, subito definita dalle televisioni europeiste "di estrema destra", ha suggellato il successo del gay pride vietato.
Se non è possibile far rispettare i divieti, è meglio non metterli, altrimenti danno e beffa sono scontati. I padroni del mondo, tuttavia, i divieti riescono sempre a farli rispettare: vi ricordate delle manifestazioni dei tempi della farsa pandemica? È vero che i padroni del mondo sono onnipotenti e a loro nulla è impossibile. I gay pride sono di una bruttezza infinita, ma ai loro promotori più o meno occulti nulla importa di coloro che praticano l'amore greco: si tratta più che altro di propaganda CONTRO qualcosa, cioè contro la famiglia tradizionale. Purtroppo, siamo forzati a constatare che la globalizzazione avanza a meraviglia come un torrente di lava inarrestabile. Per ora, è così.
Sanguis Christi, salva nos.
Chissà cosa penseranno i bambini/e ungheresi della bellezza dopo aver -obtorto collo- assistito al carnevale gaio di Budapest. Che è poi la stessa domanda che ci si dovrebbe fare a proposito delle sfilate di "gaia bellezza" italica. Orbàn ha contro tutto il Moloch europeo concentrato a Bruxelles, che ha, come dichiarato dallo stesso, orchestrato la manifestazione. E tuttavia, caro Laurentius, la giustezza di un divieto, o meglio di una legge, prescinde dalla sua applicabilità. Il governante che ha a cuore il bene comune opera nel solco tracciato da Orbàn, non di quello della UE.
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Laurentius carissimo, rileggiti e chiediti: ma la mia fede in Cristo mi dona la gioia che porta la croce per risorgere o è solo il lamento di chi esalta la forza di chi mi ha messo in spalla la croce? Non è una domanda retorica e tanto meno vuol essere polemica. Chiamala, se vuoi, correzione fraterna. E sorridi, con ironia, di chi adora il vitello d’oro e anche si entusiasma di certe sfilate demenziali? Se ne ride chi abita i cieli. Sulla terra invece fanno arrabbiare. Hai scelto dove abitare? Stai con Gesù e renditi conto della differenza! Lo scrivo a te anche per me.
"Se non è possibile far rispettare i divieti, è meglio non metterli, altrimenti danno e beffa sono scontati."
Se questa tesi fosse giusta, N.S.G.C. non avrebbe dovuto darci i comandamenti...
Scendendo ad un livello piu basso, è comunque importante che l'autorità civile non sottoscriva manifestazioni che nulla hanno a che fare con i veri diritti ma che di fatto sono imposte antidemocraticamente ad una maggioranza della popolazione che è costretta a subirle...
Manifestazioni ideologiche che non rispecchiano la realtà. Oggigiorno, ad essere discriminati, sono i cosiddetti normali, costretti a subire una propaganda oscena e anche bullizzati e perseguitati se osano affermare il contrario delle bufale imposte dall'ideologia dominante.
Caro Laurentius, sento il bisogno di rinnovarle la mia ammirazione e condivisione del suo sprito fieramente cristiano ( " chi si gloria, si glori in Cristo '), almeno per controbilanciare le " correzioni fraterne" e le aspre critiche di cui spesso è fatto oggetto. Sursum corda! ...il vero premio non è in wuesta vita, come ben sappiamo. LJC
Grazie di cuore, caro Catholicus, per la sua solidarietà. In Cordibus Jesu et Mariae, Laurentius
La sinistra radical chic italiana, sempre à la page, va fieramente a manifestare la “ libertà per i diritti” di fronte al cattivone di turno. Va a manifestare dove non costa niente, dove non c’è sacrificio e dove non c’è pericolo.
Perché non vanno a contestare il regime di Netanyahu a Gaza, il più grande cimitero e campo di concentramento a cielo aperto?
Semplicemente perché lì rischierebbero la vita… e il politicamente corretto si ferma molto prima del primo pelo tirato sulla loro pelle delicata.
Vigliaccheria e ipocrisia.
Per stare in tema, la vera bellezza ha a che fare con la dimensione ontologica. È l’ordine e lo splendore del vero.
L’errore filosofico abnorme che sottostà a qualsiasi riflessione che la politica fa sulla questione del “pride” è che l’orientamento sessuale fa parte della schiera degli accidenti, non della sostanza. Il nucleo dell’uomo NON È il suo orientamento sessuale. E sappiamo bene, da qualsiasi istituzioni del diritto, che la legge si occupa delle sostanze e non degli accidenti. Qualsiasi bigino di scuola superiore ha Chiara questa idea.
La nostra epoca costituisce il martirio degli intellettuali. Chiunque vive pensando intelligentemente, cioè secondo l’ordine dell’intelletto agente, non può che scoprire la nudità e la vergogna di tutto il mondo radical chic che da sessant’anni finge di detenere la cultura.
Verranno sepolti da una risata.
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