Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 29 giugno 2025

29 Giugno – San Pietro e San Paolo, Apostoli

Oggi è la Domenica Terza dopo la Pentecoste qui; ma, coincidendo col 29 giugno, prevale la ricorrenza di San Pietro e San Paolo Apostoli. Dal III secolo è attestato in questo giorno il culto liturgico del martirio dei santi Pietro e Paolo avvenuto forse lo stesso anno: 67 dC. Tale data è entrata subito nel calendario di tutte le Chiese.

29 Giugno – San Pietro e San Paolo, Apostoli

La risposta dell’amore.
“Simone, figlio di Giona, mi ami tu?”. Ecco l’ora in cui si fa sentire la risposta che il Figlio dell’Uomo esigeva dal pescatore di Galilea. Pietro non teme la triplice domanda del Signore. Dalla notte in cui il gallo fu meno pronto a cantare che non il primo fra gli Apostoli a rinnegare il suo Maestro, lacrime senza fine hanno segnato due solchi sulle sue guance; ma è spuntato il giorno in cui cesseranno i pianti. Dal patibolo sul quale l’umile discepolo ha voluto essere inchiodato con il capo in giù, il suo cuore traboccante ripete infine senza timore la protesta che, dalla scena sulle rive del lago di Tiberiade, ha silenziosamente consumato la sua vita: “Sì, o Signore, tu sai che io ti amo!” (Gv 21,17).

L’amore, segno del nuovo sacerdozio.
L’amore è il segno che distingue dal ministero della legge di servitù il sacerdozio dei tempi nuovi. Impotente, immerso nel timore, il sacerdote ebreo non sapeva far altro che irrorare l’altare figurativo del sangue di vittime che sostituivano lui stesso. Sacerdote e vittima insieme, Gesù chiede di più a coloro che chiama a partecipare alla prerogativa che lo fa pontefice in eterno secondo l’ordine di Melchisedech (Sal 109,4). “Non vi chiamerò più servi, perché il servo non sa quel che fa il padrone. Ma vi ho chiamati amici perché vi ho comunicato tutto quello che ho udito dal Padre mio (Gv 15,15). “Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi. Perseverate nell’amor mio” (ivi, 9).

Ora, per il sacerdote ammesso in tal modo nella comunità del Pontefice eterno, l’amore è completo solo se si estende all’umanità riscattata nel grande Sacrificio. E, si noti bene: in ciò vi è per lui qualcosa di più dell’obbligo comune a tutti i cristiani di amarsi a vicenda come membra di uno stesso Capo; poiché, con il suo sacerdozio, egli fa parte del Capo, e per questo motivo la carità deve prendere in lui qualcosa del carattere e delle profondità dell’amore che questo Capo ha per le sue membra. Che cosa accadrebbe se, al potere che possiede di immolare Cristo stesso, al dovere di offrirsi insieme con lui nel segreto dei Misteri, la pienezza del pontificato venisse ad aggiungere la missione pubblica di dare alla Chiesa l’appoggio di cui ha bisogno, la fecondità che lo Sposo celeste si aspetta da essa? È allora che, secondo la dottrina espressa fin dalle più remote antichità dai Papi, dai Concili e dai Padri, lo Spirito Santo lo rende atto alla sua sublime missione identificando completamente il suo amore a quello dello Sposo di cui soddisfa gli obblighi e di cui esercita i diritti.

L’amore di san Pietro.
Affidando a Simone figlio di Giona l’umanità rigenerata, la prima cura dell’Uomo-Dio era stata quella di assicurarsi che egli sarebbe stato veramente il vicario del suo amore (Sant’Ambrogio, Comm. su san Luca, 10); che, avendo ricevuto più degli altri, avrebbe amato più di tutti (Lc 7,47; Gv 21,15); che, erede dell’amore di Gesù per i suoi che erano nel mondo li avrebbe amati al pari di lui sino alla fine (Gv 13,1). Per questo la costituzione di Pietro al vertice della sacra gerarchia, concorda nel Vangelo con l’annuncio del suo martirio (ivi 21,18): pontefice supremo, doveva seguire fino alla Croce il supremo gerarca (ivi 19,22).

Ora, la santità della creatura, e nello stesso tempo la gloria del Dio creatore e salvatore, non trovano la loro piena espressione che nel Sacrificio che abbraccia pastore e gregge in uno stesso olocausto.

Per questo fine supremo di ogni pontificato e di ogni gerarchia, dall’Ascensione di Gesù in poi Pietro aveva percorso la terra. A Joppe, quando era ancora agli inizi del suo itinerario apostolico, una misteriosa fame si era impadronita di lui: “Alzati, Pietro, uccidi e mangia”, aveva detto lo Spirito; e, nello stesso tempo, una visione simbolica presentava riuniti ai suoi occhi gli animali della terra e gli uccelli del cielo (At 10,9-16). Era la gentilità che egli doveva congiungere, alla tavola del divino banchetto, ai resti d’Israele. Vicario del Verbo, condivideva la sua immensa fame; la sua carità, come un fuoco divoratore, si sarebbe assimilati i popoli; realizzando il suo attributo di capo, sarebbe venuto il giorno i cui, vero capo del mondo, avrebbe fatto di quella umanità offerta in preda alla sua avidità il corpo di Cristo nella sua stessa persona. Allora, nuovo Isacco, o piuttosto vero Cristo, avrebbe visto anche lui innalzarsi davanti a sé il monte dove Dio guarda, aspettando l’offerta (Gen 22,14).

Il martirio di san Pietro.
Guardiamo anche noi, poiché quel futuro è divenuto presente, e, come nel grande Venerdì, prendiamo anche noi parte allo spogliamento che si annuncia. Parte beata, tutta di trionfo: qui almeno, il deicidio non unisce la sua lugubre nota all’omaggio del mondo e il profumo d’immolazione che già si eleva dalla terra riempie i cieli della sua soave letizia. Divinizzata dalla virtù dell’adorabile ostia del Calvario, si direbbe infatti che la terra oggi basti a se stessa. Semplice figlio di Adamo per natura, e tuttavia vero pontefice supremo, Pietro avanza portando il mondo: il suo sacrificio completerà quello dell’Uomo-Dio che lo investì della sua grandezza (Col 1,24); inseparabile dal suo capo visibile, anche la Chiesa lo riveste della sua gloria (1Cor 11,7). Per il potere di quella nuova croce che si eleva, Roma oggi diventa la città santa. Mentre Sion rimane maledetta per avere una volta crocifisso il suo Salvatore, Roma avrà un bel rigettare l’Uomo-Dio, versarne il sangue nella persona dei suoi martiri, nessun delitto di Roma potrà prevalere contro il grande fatto che si pone in quest’ora: la croce di Pietro le ha delegato tutti i diritti di quella di Gesù, lasciando ai Giudei la maledizione; essa ora diventa la Gerusalemme.

Il martirio di san Paolo.
Essendo dunque tale il significato di questo giorno, non ci si stupirà che l’eterna Sapienza abbia voluto renderlo ancora più sublime, unendo l’immolazione dell’apostolo Paolo al Sacrificio di Simon Pietro. Più di ogni altro, Paolo aveva portato avanti, con le sue predicazioni, l’edificazione del corpo di Cristo (Ef 4,12); se oggi la santa Chiesa è giunta a quel pieno sviluppo che le consente di offrirsi nel suo capo come un’ostia di soavissimo odore, chi meglio di lui potrebbe dunque meritare di completare l’offerta? (Col 1,24; 2Cor 12,15). Essendo giunta l’età perfetta della Sposa (Ef 4,13), anche la sua opera è terminata (2Cor 11,2). Inseparabile da Pietro nelle sue fatiche in ragione della fede e dell’amore, lo accompagna parimenti nella morte (Antifona dell’Ufficio); entrambi lasciano la terra nel gaudio delle nozze divine sigillate con il sangue, e salgono insieme all’eterna dimora dove l’unione è perfetta (2Cor 5).
VITA DI SAN PIETRO – Dopo la Pentecoste, san Pietro organizzò con gli altri Apostoli la chiesa di Gerusalemme, quindi le chiese di Giudea e di Samaria, e infine ricevette nella Chiesa il centurione Cornelio, il primo pagano convertito. Sfuggito miracolosamente alla morte che gli riservava il re Erode Agrippa, lasciò la Palestina e si recò a Roma dove fondò, forse fin dall’anno 42, la Chiesa che doveva essere il centro della Cattolicità. Da Roma intraprese parecchi viaggi apostolici. Verso il 50 è a Gerusalemme per il Concilio che decretò l’ammissione dei Gentili convertiti nella Chiesa, senza obbligarli alle osservanze della legge mosaica. Passò ad Antiochia, nel Ponto, in Galazia, in Cappadocia, in Bitinia e nella provincia dell’Asia. Avendo un incendio distrutto la città di Roma nel 64, si accusarono i cristiani di essere gli autori della catastrofe e Nerone li fece arrestare in massa. Parecchie centinaia, forse anche parecchie migliaia furono condannati a morte mediante vari supplizi: alcuni furono crocifissi, altri bruciati vivi, altri dati in pasto alle belve nell’anfiteatro, altri infine decapitati. San Pietro, dapprima incarcerato secondo una antica tradizione nel carcere Mamertino, fu crocifisso con la testa in giù, negli orti di Nerone, sul colle Vaticano. Qui fu seppellito. La data esatta del suo supplizio è il 29 giugno del 67.
La festa del 29 giugno.
Dopo le grandi solennità dell’Anno Liturgico e la festa di san Giovanni Battista, non ve n’è alcun’altra più antica o più universale nella Chiesa di quella dei due Principi degli Apostoli. Molto presto Roma celebrò il loro trionfo nella data stessa del 29 giugno che li vide elevarsi dalla terra al cielo. La sua usanza prevalse subito su quella di alcune regioni, dove si era dapprima deciso di fissare la festa degli Apostoli agli ultimi giorni di dicembre. Certamente, era un nobile pensiero quello di presentare i padri del popolo cristiano al seguito dell’Emmanuele nel suo ingresso nel mondo. Ma come abbiamo visto, gli insegnamenti di questo giorno hanno, per se stessi, una importanza preponderante nell’economia del dogma cristiano; essi formano il complemento dell’intera opera del Figlio di Dio; la croce di Pietro costituisce la Chiesa nella sua stabilità, e assegna al divino Spirito l’immutabile centro delle sue operazioni. Roma era dunque ben ispirata quando, riservando al discepolo prediletto l’onore di vegliare per i suoi fratelli presso la culla del Dio-Bambino, conservava la solenne commemorazione dei Principi dell’apostolato nel giorno scelto da Dio per porre termine alle loro fatiche e coronare, insieme con la loro vita, l’intero ciclo dei misteri.

Il ricordo dei dodici Apostoli.
Ma era giusto non dimenticare, in un giorno così solenne, quegli altri messaggeri del padre di famiglia che irrorarono anch’essi dei loro sudori e del loro sangue tutte le strade del mondo, per accelerare il trionfo e radunare gli invitati del banchetto nuziale (Mt 22,8-10). Grazie appunto ad essi, la legge di grazia è ora definitivamente promulgata in mezzo alle genti e la buona novella ha risuonato in tutte le lingue e su tutte le sponde (Sal 18,4-5). Cosicché la festa di san Pietro, particolarmente completata dal ricordo di Paolo che gli fu compagno nella morte, fu tuttavia considerata, fin dai tempi più remoti, come quella dell’intero Collegio Apostolico. Non si sarebbe potuto pensare, nei primi tempi di poter separare dal glorioso capo alcuno di quelli che il Signore aveva riavvicinati così intimamente, nella solidarietà della comune opera. In seguito tuttavia furono consacrate successivamente particolari solennità a ciascuno di essi, e la festa del 29 giugno rimase attribuita più esclusivamente ai due principi il cui martirio aveva reso illustre questo giorno. Avvenne anche presto che la Chiesa romana, non credendo di poterli onorare convenientemente entrambi in uno stesso giorno, rimandò all’indomani la lode più esplicita del Dottore delle genti.

Messa
EPISTOLA (At 12,1-11). – In quei giorni, il re Erode mise mano a maltrattare alcuni della Chiesa. Fece morir di spada Giacomo, fratello di Giovanni; e, vedendo che ciò era accetto ai Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano i giorni degli azzimi. E, presolo, lo mise in prigione, dandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, volendo dopo la Pasqua presentarlo al popolo. Pietro adunque era custodito nella prigione, ma dalla Chiesa si faceva continua orazione per lui. Or quando Erode stava per presentarlo al popolo, proprio la notte avanti, Pietro dormiva in mezzo a due soldati, stretto con doppia catena, e le sentinelle, alla porta, custodivano il carcere. Ed ecco presentarsi l’Angelo del Signore, e splendere una luce nella cella. E l’Angelo, percosso il fianco di Pietro, lo svegliò dicendo: Presto, levati. E le catene gli caddero dalle mani. L’Angelo gli disse: Cingiti e legati i sandali. E lo fece. E gli aggiunse: Buttati addosso il mantello e seguimi. E Pietro, uscendo, lo seguiva, e non sapeva essere realtà quel che era fatto dall’Angelo, ma credeva di vedere una visione. E passata la prima e la seconda sentinella, giunsero alla porta di ferro che mette in città, la quale si aprì loro da se medesima. E usciti fuori, si inoltrarono per una strada e d’improvviso l’Angelo sparì da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: Or veramente riconosco che il Signore ha mandato il suo Angelo e m’ha liberato dalle mani di Erode e dall’attesa del popolo dei Giudei.
La partenza verso Roma.
È difficile tornare con maggior insistenza di quanto faccia la Liturgia di questo giorno sull’episodio della prigionia di san Pietro a Gerusalemme. Parecchie Antifone e tutti i Capitoli dell’Ufficio sono tratti da esso; l’Introito lo cantava or ora; ed ecco che l’Epistola ci offre nella sua integrità il racconto che sembra interessare in modo tanto particolare oggi la Chiesa di Dio. Il segreto di tale preferenza è facile a scoprirsi. Questa festa è quella in cui la morte di Pietro conferma la Chiesa nelle sue auguste prerogative di Regina, di Madre e di Sposa; ma quale fu il punto di partenza di tali grandezze, se non il momento solenne fra tutti, in cui il Vicario dell’Uomo-Dio, scuotendo su Gerusalemme la polvere dei suoi calzari (Lc 10,11), volse la faccia verso l’Occidente, e trasferì in Roma i diritti della sinagoga ripudiata? Ora è appunto nell’uscire dalla prigione di Erode, che questo sublime episodio ebbe luogo. E uscendo dalla città se ne andò – dicono gli Atti – in un altro luogo (At 12,17). Questo altro luogo, secondo la testimonianza della storia e di tutta la tradizione, era la città chiamata a diventare la nuova Sion; era Roma, dove qualche settimana dopo giungeva Simon Pietro. Cosicché, riprendendo le parole dell’angelo in uno dei Responsori dell’Ufficio del Mattutino, la gentilità cantava questa notte: “Alzati, Pietro, e indossa i tuoi vestiti: cingiti di forza, per salvare le genti; poiché le catene sono cadute dalle tue mani”.

Il sonno di Pietro.
Come un giorno Gesù nella barca vicina ad affondare, Pietro dormiva tranquillamente alla vigilia del giorno in cui doveva morire. La tempesta, i pericoli d’ogni sorta, non saranno risparmiati nel corso dei secoli ai successori di Pietro. Ma non si vedrà più, sulla barca della Chiesa, il panico che si era impadronito dei compagni del Signore nel battello sollevato dall’uragano. Mancava allora ai discepoli la fede, ed era appunto la sua assenza a cagionare il loro spavento (Mc 4,40). Ma dalla discesa dello Spirito divino, quella fede preziosa da cui derivano tutti i doni non può far difetto alla Chiesa. Essa dà ai capi la serenità del Maestro; mantiene nel cuore del popolo fedele la preghiera ininterrotta, la cui umile fiducia vince silenziosamente il mondo, gli elementi e Dio stesso. Se accade che la barca di Pietro rasenti qualche abisso e il pilota sembri addormentato, la Chiesa non imiterà i discepoli nella tempesta del lago di Genezareth. Non si farà giudice del tempo e dei metodi della Provvidenza, né crederà lecito riprendere colui che deve vegliare per noi: ricordando che, per sciogliere senza tumulto le situazioni più difficili, possiede un mezzo migliore e più sicuro; non ignorando che, se non fa difetto l’intercessione, l’angelo del Signore verrà lui stesso a tempo opportuno a ridestare Pietro e a spezzare le sue catene.

Potere della preghiera.
Oh, come le poche anime che sanno pregare sono più potenti, nella loro ignorata semplicità, della politica e dei soldati di tutti gli Erodi del mondo! La piccola comunità raccolta nella casa di Maria, madre di Marco (At 12,12) era ben poco numerosa; ma da essa giorno e notte s’innalzava la preghiera. Fortunatamente, non vi si conosceva il fatale naturalismo che, sotto lo specioso pretesto di non tentare Dio, rifiuta di chiedergli l’impossibile quando sono in gioco gli interessi della sua Chiesa. Certo, le precauzioni di Erode Agrippa per non lasciar sfuggire il suo prigioniero facevano onore alla sua prudenza, e certo la Chiesa chiedeva l’impossibile esigendo la liberazione di Pietro: tanto è vero che quelli stessi che allora pregavano, una volta esauditi non riuscivano a credere ai propri occhi. Ma la loro forza era stata appunto quella di sperare contro ogni speranza (Rm 4,18) ciò che essi stessi consideravano come follia (At 12,14-15), di sottomettere nella loro preghiera il giudizio della ragione alle sole vedute della fede.
VANGELO (Mt 16,13-19). – In quei giorni: Venuto Gesù nelle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: La gente che dice mai che sia il Figlio dell’uomo? Ed essi risposero: Chi Giovanni Battista; chi Elia; chi Geremia, od uno dei profeti. Dice loro Gesù: Ma voi chi dite ch’io sia? Rispondendo Simon Pietro disse: Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente. E Gesù gli replicò: Te beato, o Simone, figlio di Giona, perché non la carne né il sangue te l’ha rivelato; ma il Padre mio che è nei cieli. Ed io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno mai prevarranno contro di lei. E a te darò le chiavi del regno dei cieli: e qualunque cosa avrai legata sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli.
Confessione di san Pietro.
La grata letizia porta Roma a ricordare l’istante beato in cui, per la prima volta, lo Sposo fu salutato col suo divino appellativo dall’umanità: Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivo! L’amore e la fede costituiscono in questo momento Pietro suprema e antichissima sommità dei teologi, come lo chiama san Dionigi nel libro dei Nomi divini. Per primo, infatti, nell’ordine del tempo come per la pienezza del dogma egli risolse il problema la cui formula senza soluzione era stato il supremo sforzo della teologia dei secoli profetici.

Dignità di san Pietro.
Sei tu dunque, o Pietro, più sapiente di Salomone? E quanto lo Spirito Santo dichiarava al di sopra di ogni scienza, potrà essere il segreto di un povero pescatore? È così. Nessuno conosce il Figlio se non il Padre (Mt 11,27); ma il Padre stesso ha rivelato a Simone il mistero del Figlio, e le parole che ne fanno fede non sono soggette a critica. Esse infatti non sono una giunta menzognera ai dogmi divini: oracolo dei cieli che passa attraverso una bocca umana, elevano il loro beato interprete al disopra della carne e del sangue. Al pari di Cristo di cui per esse diviene Vicario, egli avrà come unica missione di essere un’eco fedele del cielo quaggiù (Gv 15,15), dando agli uomini ciò che riceve (ivi 17,18): le parole del padre (ivi 14). È tutto il mistero della Chiesa, della terra e del cielo insieme, contro la quale l’inferno non prevarrà.

Il fondamento della Chiesa.
O Pietro, noi salutiamo la gloriosa tomba in cui sei disceso! Soprattutto a noi, infatti, figli di quell’Occidente che tu hai voluto scegliere, spetta celebrare nell’amore e nella fede le glorie di questo giorno. È su te che dobbiamo costruire, poiché vogliamo essere gli abitanti della città santa. Seguiremo il consiglio del Signore (Mt 7,24-27), costruendo sulla roccia le nostre case di quaggiù, perché resistano alla tempesta e possano diventare una dimora eterna. O come più viva è la nostra riconoscenza per te, che ti degni di sostenerci così, in questo secolo insensato che, pretendendo di costruire nuovamente l’edificio sociale, volle stabilirlo sulla mobile sabbia delle opinioni umane, e che ha saputo moltiplicare soltanto i crolli e le rovine! La pietra che i moderni architetti hanno rigettata, è forse meno perciò la pietra angolare? E la sua virtù non appare forse appunto nel fatto che, rigettandola, è contro di essa che urtano e s’infrangono? (1Pt 2,6-8).

Devozione verso san Pietro.
Ora dunque che l’eterna Sapienza eleva su di te, o Pietro, la sua casa, dove potremmo trovarla altrove? Da parte di Gesù risalito al cielo, non sei forse tu che possiedi ormai le parole di vita eterna? (Gv 6,69). La nostra religione, il nostro amore verso l’Emmanuele sono quindi incompleti, se non arrivano fino a te. E avendo tu stesso raggiunto il Figlio dell’uomo alla destra del Padre, il culto che ti rendiamo per le tue divine prerogative si estende al Pontefice tuo successore, nel quale continui a vivere mediante esse: culto reale che si rivolge a Cristo nel suo Vicario e che, pertanto, non potrebbe accontentarsi della troppo sottile distinzione fra la Sede di Pietro e colui che la occupa. Nel Romano Pontefice tu sei sempre, o Pietro, l’unico pastore e il sostegno del mondo. Se il Signore ha detto: “Nessuno va al Padre se non per me” (ivi 14,6), sappiamo pure che nessuno arriva al Signore se non per tuo mezzo. Come potrebbero i diritti del Figlio di Dio, pastore e vescovo delle anime nostre (1Pt 2,25), subire un detrimento in questi omaggi della terra riconoscente? Non possiamo celebrare le tue grandezze senza che, subito facendoci fissare i pensieri in Colui del quale sei come il segno sensibile, come un augusto sacramento, tu non ci dica, come dicesti ai padri nostri, mediante l’iscrizione posta sulla tua antica statua: Contemplate il Dio Verbo, la pietra divinamente tagliata nell’oro, sulla quale stabilito, io non sono crollato.

Preghiamo
O Dio, che hai santificato questo giorno col martirio degli apostoli Pietro e Paolo, concedi alla tua Chiesa di seguire in tutto l’insegnamento di questi due fondatori della nostra religione.
(da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 798-807)

27 commenti:

Anonimo ha detto...

Vatican Media Live
https://www.youtube.com/watch?v=J6MqpK91bEA
Vatican News

Anonimo ha detto...

Una delle cerimonie più antiche, solenni e cariche di simbolismo della Chiesa cattolica torna a brillare con tutta la sua forza...

Oggi, nella Solennità di San Pietro e San Paolo, Papa Leone XIV durante l'Eucaristia nella Basilica Vaticana riprenderà un gesto pieno di storia e fede: imporrà personalmente i pallii ai nuovi arcivescovi metropolitani, ripristinando una pratica che esprime la profonda unità tra ogni Chiesa particolare e la sede di Pietro.

Il pallio — quella stretta fascia bianca di lana ornata da sei croci nere — non è solo un distintivo liturgico. È un simbolo pastorale che ricorda il Buon Pastore che carica sulle sue spalle la pecora smarrita e che dà la vita per il suo gregge. È anche segno di comunione con il Papa e di responsabilità evangelizzatrice nel territorio metropolitano.

I segni sono fatti con la lana di due agnelli benedetti il 21 gennaio, alla festa di Santa Agnese. Vengono poi depositati sulla tomba dell'Apostolo Pietro, fino a essere consegnati il 29 giugno in questa singolare liturgia che unisce passato, presente e futuro della Chiesa.

Con questo gesto, Papa Leone XIV conferma nella fede coloro che sono stati chiamati a presiedere comunità ecclesiali in nome di Cristo. È un momento di grazia, di invio missionario e di comunione apostolica.

"Su questa pietra edificherò la mia Chiesa e il potere dell'inferno non la sconfiggerà... ” (Mt 16,18)
Da Roma, il cuore della Chiesa tornerà a battere con forza, in comunione, tradizione e rinnovamento.
Una Chiesa viva, che non dimentica le sue radici e continua a camminare con speranza.

Anonimo ha detto...

«Simone, mio discepolo, Io ti ho costituito fondamento della santa Chiesa, ti ho chiamato in anticipo pietra perché tu sostenga tutto il mio edificio. Tu sei il sorvegliante di coloro che mi edificano la Chiesa sulla terra. Se volessero edificare qualcosa contro le regole, tu, che sei stato posto da me come fondamento, riprendili. Tu sei la sorgente di quella fontana a cui si attinge la mia dottrina; tu sei il capo dei miei discepoli; per mezzo tuo disseterò tutte le genti. È tua quella dolcezza vivificante, che io elargisco. Ti ho scelto perché tu fossi, nei miei disegni, come il primogenito e l’erede dei miei tesori. Ti ho dato la chiave del mio regno, ed ecco ti faccio signore di tutti i miei tesori»
sant'Efrem il Siro

Anonimo ha detto...

Carissimi amici e voi tutti che combattete la buona battaglia,
l’8 Luglio la Corte Costituzionale deciderà se introdurre l’eutanasia in Italia.
Con tutto il nostro cuore, vi chiediamo di pregare con noi perché ciò non avvenga e affinché Carmelo e Mario (che nella Corte difenderanno insieme questa causa a nome di noi tutti, cattolici e non, sani e malati), ispirati dallo Spirito Santo e sotto la protezione della Vergine, riescano a convincere la Corte della bontà della scelta della vita.
Vi chiediamo di inoltrare questa richiesta di preghiera ad ogni monastero, comunità religiosa, sacerdote, suora o gruppo di preghiera che conoscete, così che fin d'ora e specialmente quel giorno i cattolici italiani siano uniti nel chiedere al buon Dio la grazia che l’eutanasia non entri nell’ordinamento italiano.
Grazie
Sac. Pasquale Ferrara

Anonimo ha detto...

Una cosa si comincia forse a capire: per Papa Leone l'unità della Chiesa è un valore fondamentale, da mantenere e ripristinare ad ogni costo. Quest'unità si è incrinata durante il pontificato del suo predecessore, a causa delle sue ben note iniziative inconsulte e sospette d'eresia.
Bene fa Papa Leone a mettere al centro l'esigenza di unità. Tuttavia, non deve farsene un'ossessione. Per mantenere l'unità formale non si può sacrificare la sana dottrina.
La concessione scandalosa delle benedizioni alle coppie irregolari anche omosessuali ha diviso la Chiesa. Però formalmente non ci sono stati scismi. Ora, se Papa Leone ripristinasse la vera dottrina, abolendo il nefasto privilegio, forse una parte consistente dell'epicopato tedesco si scinderebbe da Roma? Io non lo credo. Però è possibile che il Papa abbia questo timore e, per non rompere l'unità formale (ma falsa perché tollera gli eretici e corrotti), non faccia nulla.
La verità raramente si impone da se stessa, spesso necessita di atti di governo per diventare prassi e vita vissuta.
Sono quasi due mesi che Leone è stato eletto. Quanto devono durare i "tempi ragionevoli" che il cardinale Burke ha indicato come necessari, da lasciar trascorrere prima di ripristinare la libera celebrazione della Messa OV, secondo la Summorum Pontificum?

Anonimo ha detto...

IL PRIMATO DI PIETRO NELLA VISIONE DI SAN PIO X: FONDAMENTO METAFISICO E MISTICO DELL’UNITÀ ECCLESIALE

Nel pensiero teologico e pastorale di san Pio X (pontefice dal 1903 al 1914), il primato dell’Apostolo Pietro si configura come la suprema architrave dell’edificio ecclesiale, non soltanto nella sua dimensione giuridico-istituzionale, ma altresì come principio ontologico di coesione soprannaturale. Il pontificato di san Pio X si staglia in un’epoca travagliata da correnti centrifughe che tentavano di dissolvere l’unità visibile della Chiesa in una concezione immanentistica della comunità cristiana. Contro tali derive, egli riaffermò con forza l’origine divina del primato petrino quale riflesso, nel tempo, di quell’unico governo di Cristo, capo invisibile, sulla sua Chiesa, corpo mistico e società perfetta. Per Papa Sarto, il primato di Pietro non è il mero risultato di una convenzione storica o di una evoluzione del sentimento ecclesiale: esso scaturisce, piuttosto, da una necessità intrinseca all’incarnazione stessa del Verbo, la quale non ha istituito una religione dissolta nell’individualismo soggettivo, bensì ha edificato una società visibile, gerarchica, dotata di potestà di insegnare, santificare e governare.
La pietra su cui Cristo volle fondare la sua Chiesa è, secondo la luminosa interpretazione di questo Pontefice, segno sensibile di una realtà invisibile: la stabilità indefettibile della fede e la comunione universale nella verità. Il successore di Pietro riceve, per divina istituzione, la pienezza della potestà giurisdizionale e la prerogativa dell’infallibilità quando, come pastore e dottore di tutti i cristiani, definisce in modo definitivo le verità da credersi.
San Pio X percepisce il primato come quel principio vitale che mantiene integra la medesima essenza del cattolicesimo. Senza questa potestà suprema, la Chiesa si disgregherebbe in una molteplicità di opinioni e di autorità concorrenti, privandosi della sua identità trascendente e della sua missione salvifica.

Anonimo ha detto...

Segue
È nel solco della Tradizione, che egli così potentemente difese contro il modernismo, che il primato di Pietro risplende come il sigillo dell’unità cattolica, non riducibile ad una semplice coesione amministrativa, bensì radicata nella comunione sacrale con la Sede Romana. Da essa si irradia la luce della verità e la forza ordinatrice che fa della Chiesa una società organica, immune da ogni tentazione di democratismo ecclesiologico. Il magistero del Papa di Riese sul primato, culminante nell’enciclica "Pascendi Dominici Gregis" del 1907, si eleva a testimonianza del dovere del Romano Pontefice di custodire il deposito della fede contro gli assalti dell’errore.
Qui si manifesta un aspetto profondamente mistico: l’ufficio petrino non è soltanto un potere giuridico, ma una partecipazione singolarissima alla missione stessa di Cristo, pastore eterno. Il Papa, nella concezione di san Pio X, è il vincolo visibile che lega le generazioni cristiane all’evento originario della Redenzione, il garante che la voce del Salvatore non venga confusa con il clamore dei falsi profeti. In questo senso, il primato petrino si radica in una concezione sacrale della storia, dove l’azione dello Spirito Santo si congiunge con la fermezza dell’istituzione apostolica.
San Pio X colse, più di altri, la portata metafisica di questa verità: se l’autorità del Vicario di Cristo viene relativizzata o dissolta in un consenso orizzontale, si perde la certezza stessa della rivelazione, ridotta a oggetto di interpretazioni contingenti. È nel primato di Pietro che si custodisce, come in uno scrigno, la promessa divina: "non praevalebunt". In questa prospettiva teologica e filosofica, la sua visione del papato si impone come un baluardo insormontabile contro l’erosione relativista e come la viva memoria dell’ordine soprannaturale che sostiene la Chiesa nel suo pellegrinaggio terreno. Il primato petrino, per Giuseppe Sarto, non è, dunque, una prerogativa storica caduca, quanto la manifestazione di quella medesima carità ordinatrice che sgorga dal cuore trafitto del Redentore. È nella fedeltà a questa concezione alta e intransigente che si conserva la pienezza del mistero cattolico e la purezza dell’annuncio evangelico, che mai può essere ridotto a semplice opinione, ma rimane, per divina costituzione, l’unica verità che salva.
Daniele Trabucco

Anonimo ha detto...

"Deus, qui hodiérnam diem Apostolórum tuórum Petri et Pauli martýrio consecrásti: da Ecclésiæ tuæ, eórum in ómnibus sequi præcéptum; per quos religiónis sumpsit exórdium"

mic ha detto...

Proprio della Messa

Intróitus
Act. 12, 11 - Nunc scio vere, quia misit
Dóminus Ángelum suum: et erípuit me
de manu Heródis, et de omni
exspectatióne plebis Iudaeórum.
Ps. 138, 1-2 - Dómine, probásti me, et
cognovísti me: tu cognovísti sessiónem
meam, et resurrectiónem meam.
Glória Patri…
Act. 12, 11 - Nunc scio vere…

COLLETTA
Deus, qui hodiérnam diem Apostolórum
tuórum Petri et Pauli martyrio
consecrásti: da Ecclésiae tuae, eórum in
ómnibus sequi praecéptum; per quos
religiónis sumpsit exórdium. Per
Dóminum nostrum Iesum Christum,
Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in
unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia
saécula saeculórum. Amen

Léctio Actuum Apostolórum, 12, 1-11
In diébus illis: Misit Heródes rex manus,
ut afflígeret quosdam de ecclésia. Occídit
áutem Iacóbum fratrem Ioánnis gládio.
Videns áutem quia placéret Iudaéis,
appósuit ut apprehénderet et Petrum.
Erant áutem dies azymórum. Quem cum
apprehendísset misit in cárcerem, tradens
quátuor quaterniónibus mílitum
custodiéndum, volens post Pascha
prodúcere eum pópulo. Et Petrus quidem
servabátur in cárcere. Orátio áutem fiébat
sine intermissióne ab ecclésia ad Deum
pro eo. Cum áutem productúrus eum
esset Heródes, in ipsa nocte erat Petrus
dórmiens inter duos mílites, vinctus
caténis duábus: et custódes ante óstium
custodiébant cárcerem. Et ecce Ángelus
Dómini ástitit: et lumen refúlsit in
habitáculo: percussóque látere Petri,
excitávit eum, dicens: Surge velóciter.
Et cecidérunt caténae de mánibus eius.
Dixit áutem Ángelus ad eum:
Praecíngere, et cálcea te cáligas tuas. Et
fecit sic. Et dixit illi: Circúmda tibi
vestiméntum tuum, et séquere me. Et
éxiens sequebátur eum, et nesciébat quia
verum est, quod fiébat per Ángelum:
existimábat áutem se visum vidére.
Transeúntes áutem primam et secúndam
custódiam, venérunt ad portam férream,
quae ducit ad civitátem: quae ultro apérta
est eis. Et exeúntes processérunt vicum
unum: et contínuo siscéssit Ángelus ab
eo. Et Petrus ad se revérsus, dixit: Nunc
scio vere, quia misit Dóminus Ángelum
suum, et erípuit me de manu Heródis, et
de omni exspectatióne plebis Iudaeórum.
M. - Deo grátias.



mic ha detto...

Segue/1
GRADUALE
Ps. 44, 17-18 - Constítues eos príncipes
super omnem terram: mémores erunt
nóminis tui, Dómine.
Pro pátribus tuis nati sunt tibi fílii:
proptérea pópuli confitebúntur tibi.

ALLELUIA
Mt. 16, 18 - Tu es Petrus, et super hanc
petram aedificábo Ecclésiam meam.
Allelúia

EVANGELIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum
Matthaéum, 16, 13-19
In illo témpore: Vénit Iesus in partes
Caesaréae Philíppi, et interrogábat
discípulos suos, dicens: Quem dicunt
hómines esse Fílium hóminis? At illi
dixérunt: Alii Ioánnem Baptístam, álii
áutem Elíam, álii vero Ieremíam, aut
unum ex prophétis. Dicit illis Iesus: Vos
áutem quem me esse dicítis? Respóndens
Simon Petrus, dixit: Tu es Christus, Fílius
Dei vivi. Respóndens áutem Iesus, dixit
ei: Beátus es, Simon Bar Iona: quia caro
et sánguis non revelávit tibi, sed Pater
meus, qui in coelis est. Et Ego dico tibi,
quia tu es Petrus, et super hanc petram
aedificábo Ecclésiam meam, et portae
ínferi non praevalébunt adversus eam.
Et tibi dabo claves regni coelórum. Et
quodcúmque ligáveris super terram, erit
ligátum et in coelis: et quodcúmque sólveris
super terram, erit solútum et in coelis.
M. - Laus tibi Christe.

ANTIFONA OFFERTORIO
Ps. 44, 17-18 - Constítues eos príncipes
super omnem terram: mémores erunt
nóminis tui, Dómine, in omni progénie
et generatióne.

mic ha detto...

Segue/2
PREFAZIO DEGLI APOSTOLI
VERE DIGNUM et iustum est, æquum et salutáre: Te, Dómine, supplíciter exoráre, ut gregem tuum, Pastor ætérne, non déseras: sed per beátos Apóstolos tuos, contínua protectióne custódias: Ut iísdem rectóribus gubernétur, quos óperis tui vicários eídem contulísti præésse pastóres. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus, cumque omni milítia cæléstis exércitus, hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes:
Sanctus...

COMMUNIO
Mt. 16, 18 - Tu es Petrus, et super hanc
petram aedificábo Ecclésiam meam.

POSTCOMMUNIO
Quos colésti, Dómine, aliménto
satiásti: apostólicis intercessiónibus ab
omni adversitáte custódi. Per Dóminum
nostrum Iesum Christum, Fílium tuum,
qui tecum vívit et regnat in unitáte
Spíritus Sancti, Deus, per ómnia saécula
saeculórum.
M. Amen.

Wisteria ha detto...

A mio modesto avviso, prima di tutto il nuovo papa dovrebbe preoccuparsi di riportare un minimo do ordine nella S.Messa NO. Mi riferisco in particolare al Padre Nostro. Inoltre non dimentichiamo i riti amazzonica e la pachamama. Occorre una riparazione solenne@

Anonimo ha detto...

O ROMA, QUESTI SONO I TUOI SANTI PADRI E I TUOI VERI PASTORI E TU CHE ERI MAESTRA DI ERRORI SEI VENTATA DISCEPOLA DELLA VERITA' ( S.LEONE MAGNO)

Dilettissimi, tutto il mondo prende parte alle solennità; e la pietà che scaturisce dall'unica fede esige che sia celebrato con gaudio comune tutto quello che, compiuto per la salvezza comune, viene venerato. Tuttavia la festività di oggi,oltre a quella venerazione che in tutto il mondo merita, deve essere celebrata con esultanza speciale e propria della nostra città, affinchè nel giorno del martirio il sommo della letizia sia dove è avvenuto il glorioso transito dei principi degli Apostoli.

Questi sono i tuoi santi padri e i tuoi veri pastori, che per farti entrare nel regno del cielo ti hanno fondata molto meglio e molto più felicemente di quelli con il cui lavoro furono gettate le prime fondamenta delle tue mura; dei quali colui che a te diede il nome, ti insanguinò con l'uccisione del fratello. Questi sono quelli che ti hanno innalzato a tanta gloria da farti essere gente santa, popolo eletto, città sacerdotale e regale, e diventata capitale del mondo per la sacra sede di san Pietro, tu presiedi più estesamente a motivo della religione divina che per la dominazione umana. Infatti, benchè florida per molte vittorie, abbia esteso il tuo dominio per terra e per mare, è minore quanto ti ha sottomesso il travaglio della guerra di quello che ti ha sottoposto la pace cristiana.

Conveniva grandemente all'opera decretata da Dio che molti regni fossero confusi in un solo impero, perchè la universale predicazione potesse più facilmente raggiungere quei popoli che eran6 retti dal governo di una sola città. Ma questa città, non conoscendo chi l'aveva innalzata, dominando a quasi tutte le genti, serviva agli errori di tutte: le pareva di avere una grande religione per il fatto che non rigettava nessuna falsità. Per questo, quanto più il diavolo la teneva legata, tanto più mirabilmente fu da Cristo liberata.

SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

S.LEONE MAGNO
Sermo 1 in natali Apostolorum Petri et Pauli
Breviario Romano, Mattutino, Letture II Notturno

Anonimo ha detto...

"O Roma felix, quæ tantórum príncipum
es purpuráta pretióso sánguine,
non laude tua, sed ipsórum méritis
excéllis omnem mundi pulchritúdinem".
Buona festa dei nostri santi patroni!

Anonimo ha detto...

La Roma pagana aveva comunque delle virtù che alla fine si sublimarono in quelle cristiane di papi come san Leone Magno e san Gregorio Magno, romani tutti e due, se non erro. San Gregorio magno apparteneva all'antica famiglia aristocratica degli Anici, non per nulla fu soprannominato "consul Dei".
Historicus

Anonimo ha detto...

Paulus apostolus gentium,
tu olim lupus,
postea agnus.
Beatus Simon Petrus,
o spes, tutamen Urbis.

Don Alberto Secci ha detto...

O Roma felix
https://m.youtube.com/watch?v=y_JB_q46G3E&si=z9y4krlv44E3iElp

Omelia San Pietro e Paolo

I principi degli Apostoli, i principi dei martiri..senza martirio non c'è Cristianesmo ...solo imborghesimento

I principi degli Apostoli e il ruolo centrale di Roma ... molto più di Gerusalemme, molto più di Betlemme

Roma città dei martiri, delle catacombe..sui martiri e sulla testimonianza si fonda il Cristianesimo autentico

Anonimo ha detto...

Sul Libro di preghiera della Chiesa non c'e' scritto "Missale Catholicum"
sed "Missale Romanum" !

Anonimo ha detto...

Un prete come Dio comanda!

Dall'Omelia di Leone XIV ha detto...

La storia di Pietro e Paolo ci insegna che la comunione a cui il Signore ci chiama è un’armonia di voci e di volti e non cancella la libertà di ognuno. I nostri patroni hanno percorso sentieri diversi, hanno avuto idee differenti, a volte si sono confrontati e scontrati con franchezza evangelica. Eppure ciò non ha impedito loro di vivere la concordia apostolorum, cioè una viva comunione nello Spirito, una feconda sintonia nella diversità.

Anonimo ha detto...

Radicato (anzi, radicati perche' sono in due) nella Fede.
Ai seminaristi intenzionati veramente a porre le proprie
orme nelle orme del Maestro consiglio vivamente di andare a
lezione da questi due Preti che hanno Radici profonde
nella Vigna. SLGC!

Anonimo ha detto...

https://gloria.tv/post/yWJiuBAy3BNP4jUWTBT3UMYqE
Toh, secondo il cronista le monache di Santa Cecilia "coltivano" gli agnelli...!
Annamo bbene, proprio bbene!

Anonimo ha detto...

SilereNonPossum.com ha pubblicato una foto di Suor Simona Brambilla, Prefetto della Congregazione per i Religiosi, "vestita come un falegname". Il sito web si riferisce a lei come a una 'suora rivoluzionaria' e sottolinea che questa persona è l'autorità per tutti i religiosi e le religiose del mondo.
Questa dovrebbe essere alla guida di tutti i religiosi del mondo, e invece viene in ufficio vestita da carpentiere.
C’è un feticcio incomprensibile che hanno le suore rivoluzionarie: quella voglia di mostrare la ricrescita. Chissà se qualcuno riuscirà a far capire a queste signore che non è affatto un bel vedere.
Testo e foto da pagina facebook di SilereNonPossum
https://gloria.tv/it.news
"¡Se ve, se siente, el Papa (F....) está presente!" - ..

Laurentius ha detto...

... solo imborghesimento...

Concordo pienamente.

Santi Pietro, Paolo e Lorenzo, protettori di Roma, pregate per noi.

Anonimo ha detto...

vorrei far notare a WISTERIA delle ore 15 che la CEI ha cambiato la traduzione del Padre Nostro nel messale romano per adeguare la traduzione a quella della Bibbia Cei 2008 in cui la traduzione è ‘non abbandonarci alla tentazione’. I Vescovi, per rispettare la corrispondenza tra il testo biblico ufficiale e la liturgia, hanno scelto la stessa versione.. E chi era papa nel 2008? i guai cominciano da lontano. Mauro

Anonimo ha detto...

Domanda: le traduzioni le approva il Papa previa visione?

Catholicus ha detto...

I guai, caro Mauro, non sono cominciati nel 2008, ovviamente, come lei afferma, bisogna risalire ben indietro per mettere un punto di riferimento : al comando della Chiesa-istituzione ci sono arrivati nel 1958, ma il fuoco covava sotto la cenere almeno dai tempi di San Pio X, o addirittura di Pio IX...questo come nascita del modernismo, ribellione contro la Chiesa Cattolica bimillenaria...tale ribellione è andata di pari passo con quella contro le monarchie cattoliche, per opera della massoneria moderna ( Londra 1717) : il trono e l' altare nel mirino dei servi del Maligno...fino a che da Lassù Qualcuno interverrà, e per lorsignori i giochi saranno terminati. Christus Vincit!