Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 5 febbraio 2025

Marcello Veneziani. La doppia Riconciliazione

Precedenti sul giubileo: qui - qui - qui - qui. Ricordiamo anche quello del 2015 qui.
La doppia Riconciliazione
di Marcello Veneziani

Su invito del card. Matteo Zuppi apparve tre domeniche fa sulla prima pagina di Avvenire questo articolo di Marcello Veneziani, ultimo appello al Papa a superare davvero i muri in seno alla cristianità. Ma finora ha trovato un muro di silenzio.

Se la speranza è il filo conduttore del Giubileo, cosa possiamo sperare per l’Europa dal punto di vista della Chiesa? Lo dico da osservatore esterno, a volte critico nei confronti di questo papato. So bene che la Chiesa è universale, si rivolge al mondo e all’umanità, non solo al suo mondo e all’Europa cristiana. Ma se l’amore più vero, più reale, è un amore che abbraccia l’umanità a partire da coloro che ci sono più vicini, un amore che comincia senza esaurirsi nella prossimità, allora penso che il Giubileo offra alla Chiesa e al Papa una grande occasione. Da troppo tempo i cattolici sono divisi tra due visioni opposte della Chiesa, del Pontificato e della missione apostolica e pastorale. Una divisione sotterranea, che solo in rari momenti emerge, che si acuì al tempo del Concilio Vaticano II e che è riemersa nel pontificato di Francesco che non possiamo fingere di non vedere. C’è un mondo che si riconosce pienamente nel pontificato di Francesco, innovatore, aperto al tempi nuovi, dialogante col mondo, inclusivo ed accogliente, senza frontiere, sensibile ai migranti. Una linea che proietta nel mondo presente le aperture avviate dal Concilio Vaticano II. Ma c’è pure un mondo che si sente più legato alla Chiesa di sempre, alla Tradizione, alla liturgia tradizionale e che teme una riduzione umanitaria, filantropica, puramente sociale, pauperista e “terzomondista” della Chiesa, in cui si smarrisce il senso religioso, e la Fede in Cristo, per inseguire il nostro tempo, l’epoca della scristianizzazione, privilegiando il dialogo con i non credenti, gli atei e le altre religioni.

Il Giubileo potrebbe essere l’occasione perfetta per tendere la mano anche a questa parte in ombra dei cattolici, cercando di ricucire la frattura tra una visione progressista ed una conservatrice, per usare categorie civili e in un certo senso “politiche” anche nella Chiesa. Lo dico confessandomi onestamente più vicino al versante conservatore, comunque più legato alla Tradizione.

Per troppo tempo ha prevalso un pregiudizio “storico” se non “ideologico” – lo notava Augusto del Noce – secondo cui i cattolici progressisti preferiscono dialogare con i progressisti non cattolici piuttosto che con i cattolici non progressisti, e la stessa cosa è avvenuta anche sul versante conservatore.
Ossia, la posizione storica, politica diventava l’elemento principale del dialogo, e la fede cristiana, cattolica, figurava come la variabile secondaria e subordinata. È tempo di superare questo steccato che lacera la Chiesa e divide i fedeli; ed è tempo di lanciare loro segnali di un’opera di riconciliazione necessaria e benefica per tutti. Riprendere il dialogo con i critici dell’attuale pontificato, riaprire i ponti – come del resto si addice al ruolo pontificale del Papa – e mandare segnali anche simbolici di apertura (come la riammissione della messa in latino, per esempio, l’ordo missae). E dialogare apertamente anche con coloro che esprimono, dentro e fuori della Chiesa, queste posizioni, come già si è fatto con il versante opposto. Anche questo è un modo per superare le frontiere.

Il fondamento di principio di questo avvicinamento è nell’idea che non solo il progresso non è incompatibile con la tradizione, ma la tradizione è il fondamento del progresso, e l’una continua nell’altro. Se la tradizione non è il culto del passato ma il senso della continuità, ossia trasmissione dal passato al futuro, se la tradizione non è culto delle ceneri ma la fiamma viva che si trasmette da un tempo all’altro, ogni buon progresso si impianta sulla tradizione, non la tradisce né la ferisce. Perché “siamo nani sulle spalle dei giganti” secondo Bernardo di Chartres, e dunque per vedere più lontano, come ho argomentato nel mio recente libro Senza eredi (ed.Marsilio), non dobbiamo scendere dalle spalle di chi ci ha preceduto, dai maestri, dalla tradizione, ma restarvi e far tesoro della posizione che ci è concessa. In questa prospettiva di riconciliazione a partire da coloro che sono più vicini, penso che il dialogo interreligioso, fecondo e sacrosanto, debba partire dalla Confessione che per svariate ragioni è più vicina alla Chiesa Cattolica: mi riferisco alla Chiesa di rito greco-bizantino, la chiesa definita “ortodossa” o “russa”. Sarebbe un grandioso e promettente messaggio religioso e laico, pastorale e geopolitico anche per l’Europa, soprattutto ora che patiamo ancora il conflitto russo-ucraino e la conseguente frattura tra Occidente ed Oriente. Si tratta, ne sono ben consapevole, di processi lunghi e travagliati, che non possono certo concludersi con facili unificazioni dopo secolari divaricazioni. Ma avviare questo processo, tentare di stabilire graduali tappe, ponendosi magari come obbiettivo che nel bimillenario della morte e resurrezione di Gesù Cristo, nel 2033, si possa dare alla Cristianità l’annuncio di uno storico riavvicinamento, se non di una simbiosi, per usare prudentemente espressioni più realistiche rispetto alla riunificazione. Una specie di nuovo Concordato tra le due confessioni.

La convinzione che anima questa proposta, come l’altra riferita alla riconciliazione interna del mondo cattolico, è che il cammino della fede non va compiuto con balzi in avanti che possono squilibrare il corpo della chiesa, ma si compie per gradi, in una scala verso l’Unità, a partire da quelli che sono più vicini.

È una follia, un’utopia, una pretesa assurda? Certo è un’impresa difficile, ardua, miracolosa. Ma sono le imprese impossibili a rendere possibili le grandi conquiste. Perché non cimentarsi? La speranza non è l’ultima a morire, perché dopo la speranza muore pure è la disperazione. È comprensibile lo sconforto fino alle cose penultime; poi è tempo di nutrire fiducia nelle cose ultime.
Marcello Veneziani
L’Avvenire, 19 gennaio 2025

1 commento:

Il Santo del giorno ha detto...

5 FEBBRAIO 2025 SANT'AGATA, VERGINE E MARTIRE

Oggi festeggiamo Agata, la Vergine siciliana. Le tristezze del tempo in cui siamo non devono sottrarre nulla alla magnificenza degli omaggi che le sono dovuti. Mentre cantiamo la sua gloria, ne contempleremo gli esempi; ed ella, dall'alto dei cieli, si degnerà sorriderci e c'incoraggerà a proseguire nella via che sola può ricondurci a colui ch'ella seguì sino alla fine, ed al quale ora sta unita per sempre.

VITA. - Agata nacque a Catania o a Palermo. Sappiamo da san Metodio di Costantinopoli ch'ella apparteneva a famiglia cristiana e che ebbe molto a soffrire sia per conservare la verginità che per il martirio. Però non abbiamo alcun documento contemporaneo sulla vita di lei e sul suo martirio, di cui ignoriamo persino la data. Dalla Sicilia, ove divenne celebre per l'efficacia del suo velo contro le eruzioni dell'Etna, il culto di sant'Agata si diffuse molto rapidamente in tutta la Chiesa. San Gregorio Magno inserì il suo nome nel Canone della Messa, e fu composto un Ufficio proprio in suo onore nel X secolo.

Preghiera.
Com'è bella la tua palma, o Agata! Ma quanto furono lunghi e crudeli i combattimenti che hai sostenuti per ottenerla! Tu hai vinto preservando la fede e la verginità; ma il tuo sangue arrossò l'arena e le tue ferite testimoniarono agli Angeli il coraggio nel conservarti fedele al Salvatore. Tutta la Chiesa ti saluta oggi, o Vergine e Martire! Ella sa che non la dimentichi mai, e che la tua beatitudine non ti fa indifferente ai suoi bisogni. Sii nostra sorella: e anche nostra madre. Quanti secoli sono trascorsi dal giorno in cui lasciasti il tuo corpo, dopo averlo santificato con la purezza e la sofferenza! ma, ahimé! sempre quaggiù esiste ed esisterà la guerra fra lo spirito e la carne. Assisti i tuoi fratelli, ravvivando nei loro cuori la scintilla di quel sacro fuoco che il mondo e le passioni vorrebbero estinguere.

In questi giorni, in cui ogni cristiano si ritempra nelle acque salutari della compunzione, riaccendi ovunque il timore di Dio, che veglia contro le aggressioni d'una natura corrotta, lo spirito di peni­tenza che ripara le debolezze colpevoli, l'amore che addolcisce il giogo ed assicura la perseveranza. Ripetute volte il tuo velo verginale, presentato ai torrenti incandescenti della lava che scorrevano lungo i fianchi dell'Etna, ne arrestò il corso sotto gli occhi di tutto il popolo: opponi, e ne sentiamo impellenti il "bisogno" la potenza delle tue innocenti preghiere alla marea di corruzione che dilaga sempre più in mezzo a noi, minacciando d'abbassare i nostri costumi al livello di quelli del paganesimo. Il tempo stringe, o Agata! Viene in soccorso delle nazioni infettate dal veleno d'una letteratura infame; allontana questa coppa velenosa dalle labbra di coloro che non l'hanno ancora toccata; e strappala di mano a quelli che vi hanno già attinta la morte. Risparmiaci l'onta di vedere il trionfo del sensualismo che sta per divorare l'Europa, ed annienta i piani concepiti dall'inferno.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 786-787