Nella nostra traduzione da OnePeterFive
la meditazione settimanale di p. John Zuhlsdorf, sempre nutriente e illuminante, che ci consente di approfondire, durante l'ottava, i doni spirituali della domenica precedente qui.
Colligite fragmenta — Domenica di Sessagesima
I nostri formulari della messa per la pre-Quaresima e la Quaresima risalgono almeno all’epoca di San Gregorio Magno (†604), e certamente anche a prima. Cosa stava succedendo a quei tempi? Peste e carestia avevano devastato la popolazione. Gli invasori longobardi minacciavano la stessa Roma con la spada e il fuoco. Sia nella Settuagesima che in questa domenica di Sessagesima udiamo il grido della Chiesa a Dio per chiedere aiuto e misericordia.
Il contesto storico include anche le chiese della stazione romana. La settimana scorsa eravamo a San Lorenzo fuori le mura, vicino alla tomba del santo diacono bruciato vivo su una grata di ferro. Oggi la stazione è San Paolo fuori le mura, il luogo dell’esecuzione e della sepoltura di Paolo. È come se la Chiesa chiedesse ai catecumeni, aspiranti al battesimo, “Siete sicuri di volerlo fare?”. I catecumeni e i battezzati, insieme al Papa e al corteo, si fecero strada dal cuore della Città sotto il lungo passaggio coperto che si estendeva dalle grandi mura difensive alla Basilica Ostiense, San Paolo. Giunti alla basilica, l’Antifona d’ingresso o Introito cantò solennemente l’allarmato e disperato Salmo 44:
Svègliati, perché dormi, Signore?
Dèstati, non ci respingere per sempre.
Perché nascondi il tuo volto,
dimentichi la nostra miseria e oppressione?
Poiché siamo prostrati nella polvere,
il nostro corpo è steso a terra.
Sorgi, vieni in nostro aiuto;
salvaci [per la tua misericordia].
La messa oggi si affida abbondantemente a San Paolo, come è normale fare presso la sua tomba. Per l’Epistola della domenica, da 1 Cor 11 e 12, ascoltiamo il racconto delle numerose prove e sofferenze di Paolo stesso per essere un discepolo di Cristo mentre stiamo, anche se solo in spirito, presso il suo sepolcro. Di fatto — cosa eccezionale al di fuori delle feste dei santi e di domenica — la Colletta menziona Paolo con un tropo chiamato antonomasia, che è qui diviso nei suoi elementi:
Deus, qui conspicis,
quia ex nulla nostra actione confidimus:
concede propitius;
ut, contra adversa omnia,
Doctoris gentium protectione muniamur.
Mi piacciono le belle allitterazioni di quei suoni “k”, la “a” aperta, la “n” ronzante. Non credo che questa preghiera sia sopravvissuta in nessuna forma all’interno del Novus Ordo. Il Lewis & Short Dictionary, pieno zeppo di parole, ci informa che conspicio, -ere significa ‘guardare attentamente’. Al passivo, è ‘attirare l’attenzione, essere vistoso’. Conspicio è un composto di “cum” ‘con’ e *specio (l’apostrofo indica una forma teorica che si riferisce alla percezione). L’utile dizionario francese di latino liturgico che chiamiamo Blasé/Dumas afferma che conspicio si riferisce allo ‘sguardo’ di Dio, presumibilmente perché Dio ‘vede’ tutte le cose ‘insieme’. L’ultima parola qui è una forma del verbo munio, che significa ‘costruire un muro intorno, fortificare, … proteggere, assicurare, mettere in uno stato di difesa; custodire, assicurare, rafforzare, sostenere’. Quando questa preghiera fu redatta, era ciò di cui i romani avevano bisogno.
GOFFA VERSIONE LETTERALE:
O Dio, Tu che percepisci
che non confidiamo in nessuna nostra azione:
concedi propizio;
che contro ogni cosa avversa
con la protezione del Dottore delle Genti possiamo essere circondati da un muro.
Nella lettura dell’Epistola da 2 Cor 11 e 12 San Paolo ci offre la descrizione del modo in cui dobbiamo vivere, la battaglia che dobbiamo affrontare come cristiani, la sofferenza che potremmo essere chiamati a sopportare. È una lettura adatta al tempo che precede la Quaresima — sia per i catecumeni che per i cattolici più formati — che serve a ispirarci a considerare la disciplina della nostra vita cristiana.
Ulteriori informazioni. Alcuni dei Corinzi avevano attaccato Paolo dicendo che non sapeva di cosa stesse parlando. A sua volta Paolo li aveva rimproverati affermando che erano servi di Satana e falsi profeti, rispondendo alle accuse (la prima parte della lettura) con la narrazione dei pericoli che aveva sperimentato: era stato picchiato, aveva naufragato, aveva sofferto la fame, era stato attaccato e tradito, e così via. Il punto è semplice: si deve essere pronti a soffrire anche queste cose perché questo è ciò che può costare essere un discepolo di Gesù. Essere assediati e deboli nel Signore è, contraddittoriamente, ricompensa e forza. Questo è il punto del versetto che segue la lettura (vale a dire 2 Cor 12, 10): “Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte”.
Le sofferenze di Paolo fungono da prova della sua autorità. Ma c’è di più. Più avanti nella lettura liturgica dell’Epistola troviamo qualcosa di sorprendente, proprio nel punto in cui è stata operata la scissione tra ciò che nei tempi moderni chiamiamo capitoli 11 e 12. Dopo che Paolo scrive delle sue difficoltà, riferisce “visioni e rivelazioni del Signore” (2 Cor 12, 1). In 12, 1-6 egli racconta di aver ricevuto un certo tipo di visioni. Descrive di essere stato “rapito fino al terzo cielo”. Fu una specie di esperienza mistica. Si esprime come se stesse parlando di un’altra persona: "Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa…”.
In un certo senso, siamo tutti persone diverse a distanza di quattordici anni, soprattutto se la nostra vita ci avvicina a ciò che Paolo ha vissuto. Siamo diversi pur rimanendo gli stessi. Questo è uno dei vantaggi di avere le stesse letture ogni anno e le stesse feste e cicli: essi non cambiano, ma noi sì. Pertanto, ogni volta ci imprimono qualcosa di nuovo.
Paolo cerca di descrivere l’indescrivibile e allo stesso tempo di sostenere la sua autorità sui Corinzi. Oltre alle affermazioni fisiche del suo stato, ci sono anche prove spirituali. Ciò include la famosa immagine enigmatica da cui deriva l’espressione “una spina nel fianco”. Probabilmente come conseguenza dell’autoconsapevolezza di Paolo della sua crescente importanza, Dio gli ha fornito un modo per aiutarlo a rimanere umile e a dipendere dalla grazia:
Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia.
Da un lato, dal greco omerico in poi, fino al greco biblico, skólops è ‘un pezzo di legno appuntito’, come un palo. Dall’altro, Paolo equipara lo skólops a un “ángelos satán” ‘messaggero di satana’, che sembra proprio riferirsi a un demonio. Si è tentati di concludere che Dio abbia imposto a Paolo un lungo periodo di oppressione diabolica.
La possessione diabolica è la presa di possesso del corpo di una persona. L’oppressione riguarda gli attacchi a cose che influenzano la vita di una persona dall’esterno, come problemi finanziari e lavorativi, problemi nelle relazioni, cose che improvvisamente si rompono nonostante fossero in buone condizioni, fastidiose infermità o malattie. L’oppressione può anche manifestarsi sotto forma di attacchi fisici, come quelli subiti da San Giovanni Maria Vianney e dalla straordinaria clarissa Santa Veronica Giuliani. Il diavolo cercò di distrarla di notte quando cercava, sotto obbedienza, di scrivere il suo diario spirituale e le locuzioni del Signore e della Beata Vergine. Il nemico nascondeva il suo materiale di scrittura, la picchiava fisicamente, le rompeva gli arti che guarivano prima del mattino, le mostrava visioni dell’inferno e, cosa più spaventosa di tutte, appariva sotto le spoglie di un vescovo.
Pietro era a conoscenza delle lettere di Paolo e sembra che ne abbia ascoltato la lettura o le abbia lette lui stesso: ne è prova 2 Pietro 3, 15-16:
[I]l nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; così egli fa in tutte le lettere, in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere …
Non sappiamo quale fosse la sofferenza specifica cui Dio amorevolmente permise di mettere alla prova Paolo. Alcuni hanno suggerito che fosse una cattiva vista. Dopotutto, nel suo ruolo, Paolo avrebbe avuto bisogno dei suoi occhi per scrivere. Inoltre, al momento della sua conversione, era stato colpito dalla cecità come mezzo di Cristo per ottenere la sua completa attenzione. Un’altra possibilità è che la “spina” fosse una persona o un gruppo concreto che vessava continuamente Paolo, attaccando lui e il suo lavoro. Siamo stati tutti in una situazione del genere e conosciamo il potere vizioso di tale afflizione.
Qualunque fosse lo stimulus, la “spina”, era qualcosa di serio. Paolo pregò tre volte il Signore di togliergliela. Gesù rispose con un “no” e con alcune delle parole più strazianti di tutto il Nuovo Testamento, una delle poche citazioni del Signore stesso al di fuori dei Vangeli:
Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza.
Torno un momento all’orazione della Colletta. Ora si capisce meglio?
TRADUZIONE UN PO' PIÙ ACCURATA:
O Dio, che vedi completamente
che non confidiamo in nulla di ciò che deriva dalle nostre azioni,
concedi con benevolenza
che, contro tutti i poteri avversi,
possiamo essere fortificati dalla protezione del Dottore dei Gentili.
Non è forse vero che le persone più speciali che conosciamo, il cui esempio è il più commovente, sono quelle che sopportano pazientemente e persino con gioia grandi sofferenze? Hanno una sorta di autorità quando offrono il loro punto di vista sulle cose che contano. Tendiamo a dar loro retta mentre ce ne prendiamo cura.
Potremmo dare solo uno sguardo al brano del Vangelo per la Sessagesima, la parabola del seminatore e del seme. La maggior parte dei semi non ce la fa, ma alcuni ce la fanno magnificamente. Il seme deve “morire” per crescere e dare frutto. In alcuni casi una pianta può anche dover essere potata, tagliata duramente, per poter prosperare ancora di più.
L’avversità è, a volte, esattamente ciò di cui abbiamo bisogno per spingerci a fare le correzioni necessarie, intraprendere azioni vocazionali appropriate e crescere per mezza opere di misericordia corporali e spirituali.
Avete delle sofferenze nella vostra vita in questo momento? Non è sbagliato chiedere a Dio di togliervele. Paolo lo ha fatto. Anche il Signore lo ha fatto nel giardino degli ulivi. Tutti noi — come entrambi loro — dobbiamo essere soddisfatti della risposta, tanto che essa sia un sollievo anche attraverso un miracolo, come se sia un silenzio e una sospensione delle consolazioni. In entrambi i casi, la gloria di Dio si manifesta in noi, gloriosa immagine di Dio.
Padre John Zuhlsdorf [Traduzione a cura di Chiesa e Post-concilio]
2 commenti:
Dio sia benedetto
Benedetto il Suo Santo Nome
Benedetto Gesù Cristo vero Dio e vero uomo
Benedetto il nome di Gesù
Benedetto il Suo Sacratissimo Cuore
Benedetto il Suo preziosissimo Sangue
Benedetto Gesù nel Santissimo Sacramento dell'altare
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito
Benedetta la gran Madre di Dio Maria Santissima
Benedetta la Sua Santa e Immacolata Concezione
Benedetta la Sua gloriosa Assunzione
Benedetto il nome di Maria Vergine e Madre
Benedetto San Giuseppe Suo castissimo sposo
Benedetto Dio nei Suoi angeli e nei Suoi santi
Deo Gratias ! conservo gelosamente nel mio cuore queste parole, ripetendole ogni volta che sento il bisogno di lodare il Signore per la bellezza del creato e la bontà delle sue creature, per i Suoi doni ineffabili e spesso inaspettati. Bastano le prime due righe, da ripetere come giaculatoria nel corso della giornata, ogni qualvolta vediamo e constatiamo la grandezza e la bellezza del creato, la bontà e generosità gratuita del nostro prossimo...il cuore si riempie di gioia e scaturisce spontanea la lode del Signore, l'Onnipotente Domineddio, come dicevano i nostri antenati. Pace e bene.
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