Riprendiamo da Radio Spada l'interessante articolo di don Gleize, pubblicato sul Courrier de Rome n° 682 (gennaio 2025) e tradotto da UnaVox.
Le prossime consacrazioni episcopali nella FSSPX:
spiegazioni e chiarimenti
di don Jean-Michel Gleize
Una scadenza imminente?
1. Le consacrazioni episcopali del 30 giugno 1988 si svolsero ad Ecône quarant’anni fa.
Ripresa di una discussione
Possibili
Necessarie
11. Fin dove deve arrivare? Fin dove si estende la minaccia di questa protestantizzazione.
Senza grave danno (10)
Le obiezioni vecchie e nuove
1 – https://fsspx.ch/fr/publications/entretien-avec-le-superieur- general-la-fraternite-sacerdotale-saint-pie-x-48730 In italiano: http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV6382_ Intervista_a_Don_Davide_Pagliarani_1_novembre_2024.html
2 – https://fsspx.org/fr/ni-schismatiques-ni-excommunies-33260
3 – Per esempio, « Des sacres d’évêques : pourquoi ? » [Consacrazioni di vescovi: perché?], Editoriale di Chardonnet di luglio-agosto 1987, in Abbé Philippe Laguérie, Avec ma bénédiction. Quatorze ans au Chardonnet, Certitudes, 1997, p. 96-99.
4 – Si veda il numero di luglio-agosto 2022 del Courrier de Rome, in particolare l’articolo «L’opinion commune des théologiens sur l’épiscopat» [L’opinione comune dei teologi sull’episcopato].
5 – Noi evitiamo di scrivere «di natura sacramentale» perché la questione di sapere se la consacrazione episcopale sia un sacramento è disputata. Cfr. l’articolo «L’épiscopat est-il un sacrement ? » nel numero di settembre 2019 du Courrier de Rome.
6 – Si veda nel numero di luglio-agosto 2022 del Courrier de Rome, l’articolo «L’opinion commune des théologiens sur l’épiscopat» [L’opinione comune dei teologi sull’episcopato].
7 – Mons. Lefebvre, «Homélie à Ecône le 30 juin 1988 à l’occasion des consécrations épiscopales» in Vu de haut n° 13 (autunno 2006), p. 64. In italiano: http://www.unavox.it/Documenti/Doc0256_Omelia_Lefebvre_30.6.1988.html
8 – Si veda il numero di luglio-agosto 2008 del Courrier de Rome.
9 – Codice di Diritto Canonico del 1917, Canone 682; e nuovo Codice del 1983, canone 213.
10 – Su tutti i punti esposti in questo paragrafo, il lettore potrà riferirsi ai numeri di luglio-agosto e novembre 2022 del Courrier de Rome, in cui si trovano tutte le giustificazioni tratte dalla Tradizione magisteriale e teologica.
11 – Cfr. i numeri 6 e 7.
Imm. da: https://fsspx.news/it/news/le-consacrazioni-del-1988-e-laccusa-di-scisma-27850
di don Jean-Michel Gleize
Una scadenza imminente?
1. Le consacrazioni episcopali del 30 giugno 1988 si svolsero ad Ecône quarant’anni fa.
Quarant’anni di episcopato: fu il momento in cui Mons. Lefebvre espresse pubblicamente la sua intenzione di darsi dei successori consacrando dei vescovi.
Oggi, diverse circostanze sembrano indicare che sia giunto il momento favorevole per delle nuove consacrazioni.
In una intervista del 1 novembre 2024, pubblicata nella rivista degli Stati Uniti The Angelus del novembre-dicembre 2024, Don Davide Pagliarani, Superiore Generale della Fraternità San Pio X, evocando la recente chiamata a Dio di Mons. Tissier de Mallerais, ha infatti dichiarato:
«Evidentemente, la Provvidenza ci parla attraverso questo avvenimento. E’ molto chiaro che questa dipartita solleva la questione della continuità dell’opera della Fraternità, che ormai conta solo due vescovi, mentre la missione presso le anime appare ancora necessaria nei tempi di terribile confusione che vive oggi la Chiesa» (1).2. Se questa continuità dell’opera della Fraternità richiede delle nuove consacrazioni episcopali, è compito del Superiore Generale della Fraternità deciderne l’attuazione, nel momento che sarà indubbiamente voluto dalla divina Provvidenza, ma che tuttavia sarà fissato da lui, infatti la Provvidenza agisce ordinariamente per mezzo delle cause seconde, tra cui vi è l’autorità suprema, in una società come la nostra, che deve assumersi le responsabilità più gravi.
«Venuto il momento», dichiara Don Davide Pagliarani, «noi sapremo prendere le nostre responsabilità, in coscienza». E certo si tratterà del momento che verrà quando lui l’avrà fissato, da buon artigiano della divina Provvidenza.
Ripresa di una discussione
3. Per adesso, noi vorremmo indicare le ragioni propriamente teologiche che devono condurre i fedeli cattolici a non esitare quando verrà il momento fissato dal Superiore Generale. Dal giugno 1988, queste ragioni non sono cambiate, esse furono esposte e sviluppate in diverse pubblicazioni, tra cui la più esauriente fu incontestabilmente l’articolo apparso nel numero 285 di settembre 1988 del Courrier de Rome, intitolato: «Né scismatici, né scomunicati» (2). Altre, apparentemente più modeste, ebbero tuttavia il grande merito di mettere subito più alla portata dei semplici fedeli gli argomenti destinati a tranquillizzare la loro coscienza eventualmente esitante o turbata (3).
Dell’una e dell’altra di questi due tipi di spiegazioni, la teologica e la pastorale, noi possiamo ritenere ed approfondire lo schema seguente: come quelle di ieri, le eventuali consacrazioni episcopali di domani, anche effettuate contro l’esplicita volontà del Sommo Pontefice, saranno a) possibili; b) necessarie; c) senza grave danno.
Possibili
4. La possibilità deve intendersi sul piano suo proprio, che è quello della natura stessa delle cose e che riguarda l’atto di consacrazione preso come tale, indipendentemente dalla sua conformità o meno con le regole fissate dal diritto – che si tratti di diritto divino o di diritto ecclesiastico. E’ possibile un atto la cui realizzazione non ripugna, non implica contraddizione intrinseca. In questo senso esso è possibile (anche se è gravemente illecito, cosa che è tutt’altra questione) che un prete ridotto allo stato laicale celebri validamente la Messa, perché il provvedimento canonico di cui è stato oggetto non gli ha tolto il carattere sacerdotale; di contro, è impossibile che un prete celebri validamente la Messa consacrando un panetto di granoturco o un calice riempito di birra, perché il diritto divino positivo fa dipendere la realizzazione del sacramento da una materia strettamente specificata, quali che siano le decisioni del diritto ecclesiastico che considera illecita una tale celebrazione.
5. E’ dunque possibile consacrare dei vescovi, anche contro l’esplicita volontà del Sommo Pontefice. Questo significa, né più né meno, che la consacrazione è valida, checché ne sia della sua liceità o della sua qualificazione sul piano morale. E qui è importante comprendere le ragioni di questa validità.
Certo, e siamo alla prima ragione che spiega questa possibilità, i due vescovi ormai rimasti alla Fraternità San Pio X: Mons. de Galarreta e Mons. Fellay, sono rivestiti della pienezza del sacerdozio e godono del potere di conferire il sacerdozio e l’episcopato, al pari di ogni altro vescovo validamente consacrato nella Santa Chiesa di Dio.
Ma oggi è importante sottolineare una seconda ragione che ha tutta la sua importanza.
6. L’episcopato corrisponde in realtà ad un doppio potere: da un lato, il potere episcopale di Ordine, che è il potere di ordinare dei sacerdoti, amministrare il sacramento della cresima e consacrare dei vescovi; dall’altro, il potere di giurisdizione, che è il potere di governare una parte della Chiesa (una diocesi) (4).
E’ possibile ad un vescovo conferire ad un sacerdote il potere dell’Ordine episcopale, tramite la consacrazione episcopale, anche se questa consacrazione è compiuta contro l’esplicita volontà del Sommo Pontefice. In effetti, anche se gravemente illecita perché contraria alla volontà del Papa, questa consacrazione rimane necessariamente valida, perché il potere di Ordine episcopale può essere comunicato da ogni vescovo, e non solo dal Papa, per mezzo di un atto di natura rituale (5), cioè per mezzo di un atto che produce il suo effetto di per sé o ex opere operato, indipendentemente da ogni volontà del Papa.
Di contro, è impossibile per un vescovo conferire a chiunque il potere episcopale di giurisdizione, dal momento che tale comunicazione sarebbe considerata contraria alla volontà del Papa, dato che è proprio un atto della volontà del Papa il fondamento necessario di tale comunicazione. Solo il Papa può comunicare ad un vescovo il potere di giurisdizione, sia immediatamente da se stesso, sia mediatamente per l’intermediazione di un altro vescovo delegato a questo scopo. La comunicazione del potere episcopale di giurisdizione compiuta contro la volontà del Papa sarebbe dunque puramente e semplicemente invalida, mentre la comunicazione del potere episcopale di Ordine, anche se compiuta contro la volontà del Papa, sarà certo gravemente illecita, ma perfettamente valida.
7. E’ così se si ammette la distinzione formale e radicale che separa il potere di Ordine e il potere di giurisdizione, distinzione che è stata sempre insegnata dalla Chiesa (6). Negare tale distinzione equivale ad affermare che il potere episcopale di giurisdizione è comunicato anch’esso da un rito che produce il suo effetto di per sé, ex opere operato: la comunicazione simultanea dei due poteri sarebbe allora valida, ma poiché compiuta contro l’esplicita volontà del Sommo Pontefice sarebbe necessariamente scismatica. Ma essa rimane sempre possibile.
Necessarie
8. Nell’omelia pronunciata il 30 giugno 1988, Mons. Lefebvre spiega in dettaglio perché le consacrazioni episcopali sono necessarie, anche compiute contro l’esplicita volontà del Papa. Egli afferma: «Noi ci troviamo in un caso di necessità» (7). Questa spiegazione si trovava già sintetizzata poco meno di un anno prima nella lettera dell’8 luglio 1987 che il prelato di Ecône inviò al cardinale Ratzinger: «Una permanente volontà di annientamento della Tradizione è una volontà suicida che autorizza, per ciò stesso, i veri e fedeli cattolici a prendere tutte le iniziative necessarie per la sopravvivenza e per la salvezza delle anime» (8).
9. Lo stato di necessità è una situazione straordinaria nella quale i beni assolutamente necessari alla vita naturale o soprannaturale si trovano gravemente compromessi a causa delle circostanze. Questo può verificarsi – tra altre circostanze – perché coloro ai quali spetta di applicare la legge lo fanno in maniera ingiusta e contro la volontà del legislatore. In questo modo, i sudditi si trovano solitamente obbligati, se vogliono salvaguardare i beni che sono loro vitalmente necessari, a prevalere sulla applicazione abusiva e tirannica della legge.
Infatti, la legge è essenzialmente destinata, nell’intenzione del legislatore, a procurare ai sudditi questi beni necessari, e nella Chiesa tutta la legge ecclesiastica è ordinata, per definizione, alla predicazione della dottrina della fede e all’amministrazione dei sacramenti (9).
Se l’applicazione della legge viene ad opporsi al fine della legge, voluto dal legislatore, essa non è più legittima, perché si pone in contraddizione con sé stessa. I sudditi possono e devono prevalere su di essa, per ottenere il fine della legge, malgrado le autorità che applicano la legge in contraddizione con la stessa legge.
10. Ora, è chiaro che a partire dal concilio Vaticano II, i fedeli della Chiesa cattolica si sono travati al cospetto di una tale situazione. Dal 1965, le autorità della Chiesa hanno imposto loro un nuovo Credo in tre articoli, con la libertà religiosa, l’ecumenismo e la collegialità; dal 1969, le stesse autorità hanno imposto loro una liturgia riformata: con una nuova Messa di spirito protestante e dei sacramenti rinnovati in senso ecumenico.
Questi Papi di dopo il Concilio hanno così imposto ai fedeli i gravi errori del neomodernismo, già condannati dai loro predecessori.
Di fronte a questa protestantizzazione generalizzata, ogni fedele cattolico, nella Chiesa, deve reagire.
Questo punto corrisponde a ciò che si chiama comunemente «la crisi della Chiesa» e «lo stato di necessità». E questo rende legittima la resistenza: è questa resistenza che spiega l’operato di Mons. Lefebvre e della Fraternità San Pio X.
11. Fin dove deve arrivare? Fin dove si estende la minaccia di questa protestantizzazione.
Ora, essa minaccia, se non l’esistenza stessa (come nel 1988), quanto meno la libertà di parola e di azione (come oggi) del sacerdote cattolico.
La consacrazioni episcopali compiute contro l’esplicita volontà del Papa diventano necessarie. In effetti, la trasmissione della fede richiede la predicazione della vera dottrina ed esige dei vescovi e dei sacerdoti indenni da tutti gli errori contrari a questa dottrina, e determinati, non solo a predicarla chiaramente, ma anche a denunciare altrettanto chiaramente e liberamente i detti errori.
La santificazione delle anime richiede l’amministrazione dei veri sacramenti e quest’ultima esige parallelamente dei sacerdoti validamente ordinati e decisi, non solo a rimanere fedeli ai riti tradizionali della Santa Chiesa, ma anche a denunciare alto e forte lo snaturamento di questi stessi riti, in senso protestante, compiuto dalla riforma di Paolo VI.
Ora, se non possono esserci dei sacerdoti senza vescovi che li ordinino, parimenti non possono esserci dei sacerdoti decisi a resistere quando necessario senza vescovi altrettanto fortemente decisi ad ordinarli in vista di tale resistenza così necessaria. Tutto si tiene.
12. E notiamo bene: tutto si tiene dall’inizio alla fine, perché tutto si basa sul giusto apprezzamento di questo stato di necessità. La difficoltà sta nel fatto che questo stato di necessità si constata: – «Noi siamo obbligati a constatare…», ripeteva Mons. Lefebvre, – e non si dimostra. Per constatarlo occorre cogliere l’eccessiva gravità degli errori e dunque l’assoluta importanza della verità alla quale essi si oppongono.
Se si ammette: 1) che vi è una crisi nella Santa chiesa di Dio, 2) e che la sua gravità è tale da giustificare l’operazione sopravvivenza della Tradizione, a tutti i livelli: allora, prima di tutto il mantenimento dell’antica disciplina e dell’antica formazione dottrinale contro il modernismo, poi le ordinazioni del 1976 per assicurare tale mantenimento; poi le consacrazioni del 1988 per assicurare le ordinazioni, seguiti da altre consacrazioni per continuare questa sopravvivenza del sacerdozio, al pari dell’attitudine di Mons. Lefebvre e della Fraternità ecco che è perfettamente giustificata.
Se 1) non si ammette che vi è una crisi, 2) o se non si ammette che questa crisi sia grave al punto da giustificare l’operazione sopravvivenza della Tradizione ricorrendo alla misura eccezionale delle consacrazioni episcopali senza mandato apostolico, allora l’attitudine di Mons. Lefebvre e della Fraternità non si giustifica: essa diventa estrema ed eccessiva rispetto a questi errori che non sembrerebbero così gravi al punto da rendere necessarie queste misure eccezionali.
Senza grave danno (10)
13. Se le consacrazioni sono necessarie – in maniera grave ed urgente – per salvaguardare il bene comune della Chiesa, esse sono lecite. E non può esservi alcuna ragione contraria, perché il bene comune della Chiesa è il principio, principio primo e supremo, di tutta la vita di una società, nella Chiesa come altrove.
La liceità canonica e la legittimità morale delle consacrazioni episcopali compiute contro l’esplicita volontà del Papa del momento, derivano dalla stessa definizione della Chiesa presa in tutta l’esigenza del suo bene comune, che si identifica nella salvezza delle anime. Perché se «è la Chiesa che ci salva», essa non ci salva senza di noi, fosse anche malgrado il Papa del momento, e in caso di necessità essa non potrebbe salvarci senza l’azione straordinaria dell’episcopato, che un giorno costituirà agli occhi di tutta la Cristianità il titolo di gloria di Mons. Lefebvre.
14. La consacrazione episcopale, se la si intende come abbiamo detto prima (11), e la comunicazione rituale del solo potere episcopale di Ordine, non è, quando è compiuta contro l’esplicita volontà del Papa, un atto intrinsecamente cattivo sul piano morale, e illecita. Essa può esserlo e lo è quando equivale ad un atto di disobbedienza – cosa che si verifica ordinariamente e nella maggior parte delle circostanze, che non sono quelle dello stato di necessità. Ma essa non è di per sé (o intrinsecamente) un atto cattivo o illecito, essa può equivalere ad un atto moralmente buono, lecito e salutare, proprio in ragione della circostanza dello stato di necessità, in cui la consacrazione è il mezzo unico o privilegiato per resistere ad un abuso di potere da parte del Papa del momento.
15. Ed è così perché l’atto della consacrazione episcopale comunica di per sé il solo potere di Ordine e non il potere di giurisdizione, che può fare solo il Papa in ragione del diritto propriamente divino. Contro tale diritto non vi è alcuna ragione che valga, e comunicare ad un vescovo, contro la volontà del Papa, l’autorità di giurisdizione su una parte della Chiesa equivale ad un atto scismatico, del tutto invalido e illecito.
Ma la consacrazione episcopale che si limita a comunicare il solo potere di Ordine, anche contro la volontà del Papa, non va di per sé contro il diritto divino. In questo caso, essa esige né più né meno le condizioni richieste per la validità della consacrazione, che sono: la valida ordinazione del prelato consacratore e il rispetto della sostanza del rito di consacrazione, con l’intenzione che essa implica.
Le obiezioni vecchie e nuove
16. Cosa si potrà obiettare a tutto questo? Noi esamineremo qui degli ipotetici profili tipici, delle pure possibilità di reazione, tenendoci lontani da ogni giudizio nei confronti delle persone.
17. Gli uni negheranno molto semplicemente la necessità delle consacrazioni: si tratta di coloro secondo i quali non vi è alcuno stato di necessità nella Chiesa, almeno grave e urgente, poiché il concilio Vaticano II fu un buon concilio sotto tutti gli aspetti o quantomeno fu un vero e buon concilio, la cui attuazione purtroppo rimane ancora paralizzata e parassitata dal falso e cattivo «para concilio»: il famoso concilio dei media.
Si tratta dei sostenitori della tesi di Joseph Ratzinger, tesi che questi difese con una costanza notevole, sia quando fu Prefetto dell’ex Congregazione per la Dottrina della Fede, sia quando fu il duecentosessantacinquesimo successore di San Pietro. In più, per costoro, in conformità con la nuova ecclesiologia di Lumen gentium, la consacrazione comunica insieme i due poteri di Ordine e giurisdizione ed è per questo che ogni consacrazione episcopale, compiuta contro la volontà del Papa, sarebbe illecita e scismatica. In breve, per questi neoconservatori, le consacrazioni, quando anche fossero possibili, non sarebbero né necessarie né prive di grave danno.
Dove troviamo gli obiettori di questo tipo? Di certo non negli ambienti della Fraternità e nemmeno negli ambienti non tradizionalisti (o ufficiali) della Chiesa conciliare. Alcuni possono trovarsi in seno agli ambienti dell’Ecclesia Dei. Agli occhi di alcuni tra questi beneficiari del Motu Proprio di Giovanni Paolo II, infatti, il concilio Vaticano II mantiene tutto il valore dell’autorità magisteriale (a gradi diversi…): così, la dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa non sarebbe in contraddizione con la Regalità sociale di Cristo; la nuova ecclesiologia di Lumen gentium si armonizzerebbe con la Costituzione Pastor aeternus del Vaticano I; e la nuova Messa di Paolo VI al peggio sarebbe «meno buona» della Messa di San Pio V.
E tanto Amoris laetitia che Fiducia supplicans potrebbero essere oggetto di una lettura se non incoraggiante quanto meno benevola e, in ogni caso scagionante.
18. Gli altri concederanno fino ad un certo punto lo stato di necessità. Tra questi, gli uni non arriveranno fino a far valere la necessità delle consacrazioni, non valutando come si deve tutta la gravità e tutta l’urgenza della situazione, e riporranno la loro speranza nell’intervento ritenuto sufficiente di «buoni vescovi» e di «buoni sacerdoti», in realtà essi stessi preda dei falsi principi, ma indietreggianti davanti a tutte le loro conseguenze in campo pastorale e liturgico.
Altri ancora arriveranno fino ad accordare la necessità delle consacrazioni episcopali in seno alla Tradizione, ma arrendendosi all’idea falsa della natura intrinsecamente cattiva e scismatica di una consacrazione compiuta contro l’esplicita volontà del Papa, dal momento che secondo loro la comunicazione del potere di giurisdizione sarebbe intrinsecamente legata in un modo o in un altro a quella del potere di Ordine.
Anche se idealmente necessarie, le consacrazioni sarebbero ai loro occhi sempre illecite e anche scismatiche. La loro resistenza si accontenta di predicare la buona dottrina, di celebrare la buona Messa, ma di tacere sugli errori.
Tra costoro, Fiducia supplicans ha suscitato solo l’eco di uno sconcertante silenzio.
19. Checché ne sia di queste diverse reazioni, le prossime consacrazioni gioveranno a tutti, dando alla Chiesa di Dio il mezzo della sua indefettibilità, a maggior gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Nel momento voluto da Dio e fissato dalla prudenza del Superiore Generale della Fraternità.
____________________1 – https://fsspx.ch/fr/publications/entretien-avec-le-superieur- general-la-fraternite-sacerdotale-saint-pie-x-48730 In italiano: http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV6382_ Intervista_a_Don_Davide_Pagliarani_1_novembre_2024.html
2 – https://fsspx.org/fr/ni-schismatiques-ni-excommunies-33260
3 – Per esempio, « Des sacres d’évêques : pourquoi ? » [Consacrazioni di vescovi: perché?], Editoriale di Chardonnet di luglio-agosto 1987, in Abbé Philippe Laguérie, Avec ma bénédiction. Quatorze ans au Chardonnet, Certitudes, 1997, p. 96-99.
4 – Si veda il numero di luglio-agosto 2022 del Courrier de Rome, in particolare l’articolo «L’opinion commune des théologiens sur l’épiscopat» [L’opinione comune dei teologi sull’episcopato].
5 – Noi evitiamo di scrivere «di natura sacramentale» perché la questione di sapere se la consacrazione episcopale sia un sacramento è disputata. Cfr. l’articolo «L’épiscopat est-il un sacrement ? » nel numero di settembre 2019 du Courrier de Rome.
6 – Si veda nel numero di luglio-agosto 2022 del Courrier de Rome, l’articolo «L’opinion commune des théologiens sur l’épiscopat» [L’opinione comune dei teologi sull’episcopato].
7 – Mons. Lefebvre, «Homélie à Ecône le 30 juin 1988 à l’occasion des consécrations épiscopales» in Vu de haut n° 13 (autunno 2006), p. 64. In italiano: http://www.unavox.it/Documenti/Doc0256_Omelia_Lefebvre_30.6.1988.html
8 – Si veda il numero di luglio-agosto 2008 del Courrier de Rome.
9 – Codice di Diritto Canonico del 1917, Canone 682; e nuovo Codice del 1983, canone 213.
10 – Su tutti i punti esposti in questo paragrafo, il lettore potrà riferirsi ai numeri di luglio-agosto e novembre 2022 del Courrier de Rome, in cui si trovano tutte le giustificazioni tratte dalla Tradizione magisteriale e teologica.
11 – Cfr. i numeri 6 e 7.
Imm. da: https://fsspx.news/it/news/le-consacrazioni-del-1988-e-laccusa-di-scisma-27850
25 commenti:
"...distinzione formale e radicale che separa il potere di Ordine e il potere di giurisdizione, distinzione che è stata sempre insegnata dalla Chiesa."
Questo non è vero. Infatti la Chiesa da sempre ha collegato le due cose, ordine e giurisdizione. Non c'è vescovo senza diocesi su cui avere giurisdizione. Perfino ai sacerdoti che lavorano nella curia vaticana e che vengono consacrati vescovi viene attribuita una diocesi (fasulla, perché storica e non più esistente), così come agli emeriti: in entrambi i casi si parla di "Vescovo titolare di..."
Precisato ciò, bene fa la Fraternità ad ordinare nuovi vescovi, però abbia il coraggio di dire la verità, cioè che al di là delle parole si è strutturata come una diocesi senza territorio. Diocesi perché ha una gerarchia (i vescovi), un clero, delle cappelle che funzionano da parrocchie (vi si celebrano tutti i sacramenti), e il popolo dei fedeli. E mons Fellay puntava infatti ad ottenere dal Vaticano lo status di Prelatura Personale, ovvero quanto di più simile ad una diocesi all'interno del CJC.
Altra incongruenza, che i vescovi della Fraternità siano soggetti al Superiore Generale, non necessariamente vescovo, come l'attuale don Pagliarani.
Il teologo ufficiale della FSSPX giustifica e prepara il terreno alle prossime consacrazioni episcopali nella FSSPX che non tarderanno ad arrivare. Penso che a suo tempo le autorità della FSSPX comunicheranno a Roma i candidati e la data per le consacrazioni episcopali e non mi stupirei se Papa Bergoglio in qualche maniera le approvi.
Chiederanno a Bergoglio il
licet? La divisione tra giurisdizione ed ordine suona strana , perchè anche il decidere di ordinare Vescovi ha a che fare con una scelta di giurisdizione, di giudizio cioè , oltre alla consacrazione che rientra negli ordini necessariamente, come arricchimento del Sacerdozio ( tenendo conto che la giurisdizione in senso lato è quella sui fedeli, che la fraternità mantiene pubblicanente, mentre la giurisdizione in senso stretto sarebbe quella giudiziaria e quindi meno usata, ma anche di fatto obbligatoriamente usata nella gestione dei fedeli. Ho sentito pure parlare di non liceità confessione e matrimoni legati alla giurisdizione. ). Comunque mi chiedo: il papa eretico puó essere colui che concede di nominare o non nominare vescovi? Il papa pagano, in termini spicci, ha valore in ció? Un probabile, per esser generosi, non papa ha potere di approvare o disapprovare? Puó farlo o no, ma il potere non lo ha.
Bene, caro Anonimo 12:41, concordo con lei al 100%, sperando che il Superiore della FSSPX non cada nel tranello tesogli dal vaticano apostata e traditore di NSGC; come soleva ripetere Mons. Léfèbvre "nessun accordo con Roma se prima non ritorna cattolica"; ricordo quando si parlava della concessione di una prelatura personale al Superiore della Fraternità, purché rinunciasse a criticare il CVII e il magistero vaticansecondista; mi sembra di ricordare, inoltre, che Mons. Richard Williamson si sia allontanato dalla Fraternità, nel 2012, proprio a causa del riavvicinamento dei suoi vertici alla Roma modernista. Dio non voglia che la Fraternità cada in questo subdolo tranello !
Mi sembra che questo documento di giustificazione di prossime consacrazioni episcopali abbia un difetto di fondo, ovvero usare come pezze d'appoggio i documenti provenienti dalla FSSPX stessa (vedi le note)... È la stessa tecnica di Bergoglio, che nei suoi documenti ereticali cita in nota... l'autorità di Bergoglio. Meglio sarebbe stato se il Padre Gleize avesse prodotto un documento più inattaccabile, invece che il solito deja vu, a meno di non voler essere di nuovo oggetto di una campagna di stampa della Bussola.
Nota n. 5 – Noi evitiamo di scrivere «di natura sacramentale» perché la questione di sapere se la consacrazione episcopale sia un sacramento è disputata. Cfr. l’articolo «L’épiscopat est-il un sacrement ? » nel numero di settembre 2019 du Courrier de Rome.
Questa nota dice il vero, anche se rimanda sempre alla letteratura lefebvriana e per lo più in francese. Infatti nel Catechismo del Concilio di Trento (n. 276), contrariamente a quanto affermato anche in alcune versioni (corrette?) del Catechismo di San Pio X e fino alla riforma di Paolo VI, a proposito di sacramento dell'Ordine, si parla di Ordini maggiori: suddiaconato, diaconato, sacerdozio. La vetta è il sacerdozio. Con la riforma e l'abolizione degli ordini minori e perfino del suddiaconato, i tre gradi dell'Ordine diventano: diaconato, presbiterato ed episcopato, dove la vetta viene ad essere l'episcopato. Questa modifica del sacramento può essere uno dei motivi per cui le ordinazioni episcopali Novus Ordo, per così dire, sono nulle, a detta di qualcuno.
Che un vescovo sia soggetto ad un prete è esattamente il contrario della Tradizione.
Sì, è proprio così. Per chi vuole informarsi direttamente sui documenti, al di là della propaganda e del sentito dire, è tutto reperibile a questo indirizzo:
http://www.unavox.it/CRISI_NELLA_FSSPX.html
Papa Bergoglio non darà mai autorizzazione a consacrare vescovi della FSSPX. Si è sempre espresso un modo molto severo e contrario a qualsiasi forma di espressione liturgica e teologale di ispirazione pre-conciliare.
"Che un vescovo sia soggetto ad un prete è contrario alla tradizione.."
Posta così la questione è astratta. Non sarebbe soggetto a un prete ma alla persona che è stata eletto come Superiore Generale della Fsspx. Questa persona opera nella Fraternità nella sua capacità di superiore generale, che gli conferisce determinati poteri, tra cui quello disciplinare, evidentemente. Che Superiore sarebbe, se non avesse tali poteri? Non opera come prete o vescovo.
Non è la prima volta che nella Fsspx il Superiore Generale è un semplice sacerdote. Accadde anni fa, quando il Superiore fu il P. Schmidberger, sacerdote tedesco.
Gli Statuti della Fraternità evidentemente ammettono la cosa e a ragion veduta.
"Giurisdizione e Ordine"
La distinzione tra i due non fu elaborata anche da San Tommaso, nella Summa?
@ Anonimo 11 febbraio, 2025 12:45
Non è difficile da capire: il potere di ordine è trasmesso dal vescovo consacrante, mentre il potere di giurisdizione è trasmesso unicamente dal Papa.
Per questo motivo i vescovi consacrati da mons. Lefebvre, mancando il potere di giurisdizione che solo il Papa può dare e che il medesimo non voleva dare, ricevettero dal vescovo consacrante solo il potere di ordine.
@ anonimo 11 febbraio, 2025 13:34
Possiamo fare pronostici: darà il consenso o non lo darà? staremo a vedere.
Io penso che a Papa Bergoglio in questo frangente la cosa non gli interessi molto. Un buon pescatore sa tendere la rete in modo che alla fine prenderà tutti i pesci possibili, non solo la parte ora visibile o prevedibile: solo allora fulminerà una scomunica atta a colpirli tutti in un sol colpo.
@ Catholicus 11 febbraio, 2025 15:03
"purché rinunciasse a criticare il CVII e il magistero vaticansecondista"
Evidentemente lei non è informato e non ha studiato i testi della FSSPX, che qui sta confondendo con la FSSP.
È noto che mons. Williamson ripeteva mensilmente la solita manfrina sul da lui asserito tradimento della FSSPX rispetto agli intendimenti del suo Fondatore. Williamson era stato allontanato, non certo alla leggera, per la sua cocciuta disobbedienza al Superiore, preferendo non cedere nel suo intento di fare della Fraternità, per suo tramite, un bastione della revisione storica del cosiddetto Olocausto. Ma questo non era il vero intendimento del Fondatore, anche se Williamson si fregiava di esserne il vero autentico interprete. Quindi, bando alle ciance e ai pettegolezzi, meglio attenersi ai fatti...
A rigore di logica, e nella storia ecclesiastica è sempre stato così, un membro di un ordine religioso o società di vita apostolica che viene nominato vescovo può continuare a fare parte del suo ordine / congregazione, però in quanto vescovo non è più soggetto all'autorità del suo ordine, in quanto ora è membro del collegio degli apostoli, che senza ombra di dubbio è Gerarchia della Chiesa universale. Mentre i superiori non lo sono, tantomeno quelli della Fraternità.
Gli Statuti della Fraternità possono anche ammettere che il vescovo lefebvriano sia suddito del Superiore generale... Ma se fosse vero, che valore avrebbe? Rivelerebbe esclusivamente che la FSSPX non è poi così tradizionale come vuole far credere di essere.
Mons Williamson "disubbidi" a Mons Fellay, senza ritenere in coscienza di aver mancato in nulla, e fondando la sua sicurezza sulla consacrazione episcopale ricevuta, ricevuta al pari di Mons Fellay e degli altri due.
Per quanto riguarda giurisdizione e ordine, la tradizione comincia non da San Tommaso, ma dagli apostoli stessi. San Pietro fu vescovo prima di Antiochia e poi di Roma, avendo giurisdizione sulle rispettive comunità. San Paolo nominò vescovi per le comunità fondate da lui, ma non risulta che chiese un parere o l'approvazione a papa San Pietro. Andando avanti con la storia ecclesiastica, giurisdizione ed ordine sempre uniti, con nomine che potevano provenire dai patriarchi, principi e perfino il popolo (si pensi a Sant'Ambrogio)...
# anonimo ore 21:32
Dire che mons. Williamson veniva ad essere "suddito del Superiore Generale" mi sembra un modo infelice di esprimersi. Non facciamo confusione tra due ordini diversi. In quanto vescovo, mons. Williamson, chi l'ha toccato? Lui è stato espulso dalla Congregazione religiosa (società di vita apostolica) che è la Fsspx, in applicazione delle norme contemplate nello Statuto della stessa. Come vescovo, appartiene al Collegio degli Apostoli e lì è rimasto, evidentemente. Il fatto di esser vescovo lo esimeva dall'applicazione delle norme statutarie della Fsspx? No, evidentemente, dato che l'esser vescovo rimaneva carattere intoccabile per gli organi della Fsspx. In quanto membro della suddetta Fraternità quelle norme si applicavano anche a lui.
Il decreto di espulsione fu comunque adottato da un pari grado, mons. Fellay, vescovo anche lui. La decisione fu presa con l'approvazione degli altri due vescovi della Fraternità. Quindi, cosa andiamo trovando? Dov'è il problema?
Forse lei ritiene che già allora Don Davide Pagliarani fosse alla guida della Fraternità?
Se questo è il caso, documentiamoci meglio.
Quanto a mons. Williamson, RIP, però non si dovrebbe continuare ad alimentare la leggenda che la sua espulsione fu dovuta ai contrasti su come comportarsi con il Vaticano. Furono in diversi a criticare al tempo l'approccio di mons. Fellay e nessuno è stato espulso. Il motivo vero dell'espulsione fu l'indisciplina, il rifiuto di smettere una polemica sull'Olocausto, peraltro falsa e tendenziosa, che lui voleva continuare ad alimentare, con grave danno per la Fsspx.
Nelle persone giuridiche ci sono decisioni prese da organi, che prescindono dalla natura gerarchica della persona che concretamente rappresenta l'organo e lo fa agire. Esempio: un preside di facoltà, in passato, poteva inviare una lettera ufficiale di censura ad un collega professore che si dimostrasse negligente, che facesse poche lezioni. Come collega, parigrado, non avrebbe potuto metter becco ma come preside ne aveva invece tutto il diritto (e persino il dovere). Non so se mi sono spiegato.
"2. Se questa continuità dell’opera della Fraternità richiede delle nuove consacrazioni episcopali, è compito del Superiore Generale della Fraternità deciderne l’attuazione..."
Io sono un frequentatore della Fraternità e a favore di queste consacrazioni, il che però non mi impedisce di vedere alcune cose. Il passo sopra citato conferma che i vescovi della Fraternità sono vescovi dimezzati, non dipendendo da loro né l'iniziativa di consacrare né la scelta dei candidati né la scelta del 'quando'. Chi veramente comanda è il Superiore Generale, un semplice prete (al momento).
Questo ha ovviamente a che fare con una concezione distorta della Gerarchia cattolica.
Mons. Williamson era invece nella piena cattolicita' a questo riguardo. Lo si deduce dalle sue consacrazioni episcopali, fatte per preservare la continuità apostolica e non per preservare una Fraternità. Infatti i vescovi creati da lui così come i preti che in lui e nella sua Resistenza si riconoscono, non hanno formato una Congregazione ma sono "cani sciolti", ciascuno con i suoi rispettivi poteri.
Un'ultima considerazione riguarda lo "stato di necessità". Possiamo essere d'accordo sullo stato di necessità di preservare la Tradizione dalla sua scomparsa nel 1988. Ma adesso la FSSPX non ne ha più il monopolio. Dunque, essendoci anche i vescovi consacrati dal compianto Mons Williamson (tra cui anche Viganò), la Tradizione ha notevoli più chance di sopravvivere del 1988. E lo stato di necessità si riduce ad uno stato di necessità dell'organizzazione 'Fraternita', molto più limitato rispetto a quello della Chiesa cattolica nel suo complesso... Questo va detto, anche se pesa, a onore della verita.
Si vada a leggere i documenti, presenti in
http://www.unavox.it/CRISI_NELLA_FSSPX.html
e vedrà che Williamson fu espulso perchè andò a celebrare delle cresime senza l'autorizzazione di Fellay, oltre ovviamente al fatto che era contrario all'accordo col Vaticano cercato e voluto dall'ala fellaysta.
L'olocausto fu per lo più una scusa, se non per il fatto che creava imbarazzo in Vaticano ed in Benedetto XVI in particolare, che proprio in vista di quell'accordo (che si sarebbe concluso con la creazione della Prelatura Personale) aveva fatto togliere le scomuniche. Va anche detto, se ben ricordo i tempi, che l'intervista incriminata di Williamson era stata rilasciata in precedenza ma rimasta oscura fino a quel momento... Dunque, chi la riportò alla luce? Ci fu la manina di qualcheduno contrario all'accordo? Si può pensarlo, anche facendo peccato, "ma non si sbaglia mai".
L'esempio che lei cita a proposito del preside manca il bersaglio, in quanto la Chiesa non è una istituzione giuridica qualsiasi, e da sempre chi è membro di un ordine religioso e diventa vescovo non è più sottoposto in niente ai superiori dell'ordine, non solo a quelli che sono semplici preti (come Pagliarani ma anche il primo Superiore generale dopo Lefebvre, che lei dimentica) ma anche se dovessero essere vescovi. Per esempio, ci sono vescovi cappuccini, domenicani, carmelitani, benedettini, ma guai se dovessero rispondere del loro operato ai rispettivi superiori. È la teologia riguardo al sacramento dell'Ordine che li esenta dalla giurisdizione del Superiore, perché entrando a fare parte della Gerarchia della Chiesa Cattolica sono ad un altro livello, superiore a quello dei loro superiori per grado e per sostanza. Se la Fraternità pensa altrimenti, è giusto che sia fuori dalla Chiesa, perché è tradizionalista (la desinenza -ista / -ismo per la grammatica italiana denota un peggiorativo) ma non veramente rispettosa della Tradizione che, detto tra noi, non comincia nel 1962.
Sarà come dice lei, caro Anonimo 21:18, ma i suoi argomenti non mi convincono, e il suo tono meno che mai. Io vedo in mons. Williamson il naturale prosecutore di mons
Lefebvre, ciò che non vedevo in mons. Fellai, che la Fraternità, poi, sia a rischio di essere fagocitata falla Roma spostata è cosa che anche un cieco potrebbe vedere. Poi lei la pensi come vuole, io vado fritto per la mia strada. Pace e bene, mio caro amico.
-- I vescovi non devono rispondere del loro operato ai rispettivi superiori. Bene. Anche quando questi superiori sono vescovi? Ripeto: Williamson fu espulso da un superiore che era un vescovo, con l'approvazione degli altri due vescovi della Fsspx. Se fosse esatta l'interpretazione che dà lei, allora nella Chiesa dominerebbe l'anarchia, per quanto riguarda i vescovi. Williamson non era benedettino o domenicano. Era vescovo in quanto appartenente alla Fsspx, un vescovo sui generis, con "giurisdizione supplita" dovuta allo stato di necessità, non più scomunicato ma in attesa di esser inquadrato nel nuovo Codice di diritto canonico, al pari degli altri tre vescovi, in quanto membro della Fsspx.
-- Dire che la Fsspx è "fuori della Chiesa" è una bestialità. È fuori dal nuovo Codice di diritto canonico, che ha modificato certe strutture ecclesiastiche, non della Chiesa. In senso più ampio: il Giorno del Giudizio si vedrà chi era effettivamente "fuori della Chiesa".
-- La faccenda delle cresime sarà stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L ' antisemitismo di Williamson era noto, cosa che creava problemi alla Fsspx, non solo al papa. Certo, era un personaggio scomodo ma soprattutto per colpa sua. Aveva anche la tendenza ad esser troppo duro in certi interventi e sermoni, pur dicendo cose giuste, col risultato di scandalizzare una parte dei fedeli, quella meno ferrata, che si avvicinava in modo ancora incerto alla Messa tradizionale.
Catechismo di Trento, n. 285
"Gradi della potestà sacerdotale
... il primo è quello dei semplici sacerdoti...
Il secondo è quello dei vescovi...
Il terzo grado comprende gli Arcivescovi, dai quali dipendono parecchi Vescovi. Sono chiamati anche Metropoliti, perché sono i presuli di città considerate madri delle altre in una determinata provincia. Spettano ad essi di diritto onore e potere superiori a quelli dei Vescovi; ma, per quanto riguarda l'Ordinazione, non ne differiscono.
Al quarto grado appartengono i Patriarchi, i primi cioè e supremi Padri...
Al disopra di tutti, la Chiesa Cattolica ha sempre venerato il Sommo Pontefice Romano che, nel concilio Efesino, Cirillo di Alessandria chiamava Padre e Patriarca di tutta la terra. Sedendo egli sulla cattedra che Pietro principe degli Apostoli occupò fino al termine dei suoi giorni, riveste il più alto grado di dignità e il più vasto ambito di giurisdizione, non in virtù di costituzioni sinodali, o di decreti umani, ma di una investitura divina. Per essa è padre di tutti i fedeli e di tutti i Vescovi e Presuli, qualunque sia la funzione e il potere di cui sono rivestiti; e, quale successore di Pietro, autentico e legittimo Vicario di nostro Signor Gesù Cristo, presiede alla Chiesa universale."
Come si può vedere, i vescovi sono tutti pari di grado. Sopra di loro stanno gli arcivescovi, i metropoliti, i patriarchi ecc. Un vescovo non può giudicare un suo pari grado, che è invece sottoposto al giudizio dell'arcivescovo Metropolita ecc, fino a quello del Papa.
Ripeto: bisogna considerare la situazione particolare nella quale si è venuta a trovare la Fsspx, governata dallo stato di necessità. Una situazione per certi versi anomala, come quella dei quattro vescovi nominati senza potere di giurisdizione da mons. Lefebvre.
Ma poi di quale tipo di "giudizio" si sta parlando? del giudizio penale? L ' espulsione da una congregazione per indisciplina è un atto amministrativo, un provvedimento disciplinare. Fino a che punto è un "giudizio"? Gli Statuti della Fsspx dicono qualcosa in proposito? Come qualificano i poteri del Superiore generale?
La parità di grado tra vescovo e vescovo dipende dall'Ordine o dalla Giurisdizione? Se dipende dall'ordinazione non dovrebbe incidere su quell'aspetto esteriore rappresentato dalle attività ammnistrative e giuridiche in senso stretto.
Che un vescovo non possa giudicare, in via amministrativa, un altro vescvo non risulta dai Codici. Questo non vuol dire che non ci sia ugualmente una dottrina prevalente in questo senso.
Il cardnale Becciu è stato recentemente sottoposto a giudizio penale. Toltogli il cardinalato era però rimasto vescovo, suppongo. Il Promotore di giustizia che lo incalzava era forse vescovo?
Il c. 1435 del Codice attuale dice che può essere anche un laico. Il giudice diocesano deve invece essere un chierico (c. 1421.1), in generale. Le Conferenze episcopali possono permettere che anche dei laici siano costituiti giudici (c. 1421.2).
Beh, evidentemente il Codice attuale è valido ad intermittenza. Un po' di onestà intellettuale non farebbe male a chi scrive in difesa della Fraternità, che comunque non è sotto attacco... Se qualcuno evidenzia le incongruenze storiche, teologiche e di prassi di un'organizzazione che si propone con le caratteristiche di una Chiesa a tutti gli effetti (vescovi, clero, fedeli, cappelle-parrocchie sul territorio, sacramenti, seminari, tribunale / sacra rota, ecc tutto per stato di necessità ovviamente, come sappiamo per averlo sentito ripetere fino alla nausea e in tutte le salse), ma ufficialmente continua a presentarsi come semplice Società di vita apostolica, ciò dovrebbe far riflettere, far trovare argomenti più solidi e piu' convincenti a sostegno delle proprie tesi, se ve ne sono.
Per esempio, il caso citato di Becciu non è pertinente, essendo stato messo sotto processo con l'avallo di Francesco e, in ogni caso, da un tribunale Vaticano (dentro al quale il Promotore di giustizia, anche se laico, promuove la giustizia in nome e per conto del Papa)...
Come dovrebbero far riflettere chi di dovere i numerosi abbandoni della Fraternità, sia di coloro che ritornano in seno a Roma, sia di coloro che passano alla "concorrenza". Ma riflettere è possibile all'interno della Fraternità?
È avvilente invece constatare, dal papiro pubblicato sopra, come si sia ancora dentro una mentalità da "cittadella assediata", per la quale si produce una "excusatio non petita" (nessuno impedisce alla Fraternità di procedere con le ordinazioni, anzi ritengo che molti, compreso io stesso, approverebbero e ne sarebbero ben felici) e si profilano preventivamente i supposti oppositori, in modo da neutralizzare preventivamente i loro supposti attacchi...
Rimane comunque per tutti il diritto ad avere una propria opinione e in base a questa, perché no, anche criticare. Poi, chi sta al governo si prende le sue responsabilità di fronte a Dio, sia nel caso dell'avere ben operato sia nel caso dell'aver commesso errori o fatto danni.
"È avvilente invece constatare, dal papiro pubblicato sopra, come si sia ancora dentro una mentalità da "cittadella assediata", per la quale si produce una "excusatio non petita" (nessuno impedisce alla Fraternità di procedere con le ordinazioni, anzi ritengo che molti, compreso io stesso, approverebbero e ne sarebbero ben felici) e si profilano preventivamente i supposti oppositori, in modo da neutralizzare preventivamente i loro supposti attacchi..."
È avvilente? Lei si sente avvilito? Si sente avvilito dal fatto che la FSSPX ritiene di essere attaccata da ogni parte? Non capisco perché Lei dovrebbe sentirsi avvilito. Forse andrebbe spiegata questa strana reazione psicologica.
Nessuno impedisce alla FSSPX di procedere alle consacrazioni?
Come si può affermarlo con una tale granitica certezza che non può che derivare dal possesso di dichiarazioni esplicite al riguardo?
Gli oppositori ci sono eccome, e sono quelli di sempre, tuttora e più che mai in pista per continuare con l'ostracizzazione della FSSPX. Ostracizzata non solo (come storicamente) dai modernisti del Vaticano, o ancora (sempre storicamente) dai conservatori pubblici estimatori del CVII, o ancora (sempre storicamente) dai sedevacantisti o sedeprivazionisti, ma ora anche dai Beneplenisti e dai Viganovacantisti. Ovunque ti giri c'è qualcuno che se la prende con la FSSPX. Cosa che giustifica tranquillamente la risposta anticipata a prevedibilissime reazioni già diffuse a tutto campo.
"CAppelle-parrocchie sul territorio" avrebbe la Fsspx secondo il suo detrattore di turno. Ma i Priorati della Fraternità non sono parrocchie, non hanno confini territoriali; sono dei punti di riferimento per i fedeli ma senza una competenza territoriale specifica. Nè i vescovi della Fsspx hanno mai costituito diocesi.
Il caso Becciu non c'entra? Ma l'impossibilità per un vescovo di esser giudicato da un pari grado o addirittura da un laico non è stata posta su questo blog come assoluta? Se il Papa, nel suo tribunale, può consentire ad un pubblico ministero laico di istruire una causa contro un vescovo, allora bisogna dire che questa impossibilità non è assoluta. Il pubblico ministero istruisce la causa non è il giudice ma comunque anche l'attività istruttoria fa parte del "giudizio" cui l'imputato viene sottoposto.
Che la Fsspx sia invisa ai neomodernisti è normale. Ci sarebbe da preoccuparsi se non lo fosse. Che sia invisa anche a settori di cattolici conservatori e tradizionalisti sembra meno normale. Ma è ugualmente normale, a ben vedere. È il mare magnum di coloro che vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca, per citare un antico proverbio. Salvaguardare la Tradizione, certamente! Ma mai trovarsi contro il Vaticano II o il papa regnante, anche se costui fa strame della dottrina e dell'etica cattoliche.
Felix culpa, quella di mons. Lefebvre, con la sua "disobbedienza", imposta dal comportamento scorretto della S. Sede nei suoi confronti, iniziatosi con la soppressione illegale del Seminario di Econe. Senza quella "colpa" la vera Messa cattolica, di rito romano antico, sarebbe oggi scomparsa, al pari del Seminario condotto secondo i sani programmi tradizionali. Di fronte a questi grandi meriti, ogni altra considerazione dovrebbe scomparire. Invece, no. Ci si attacca ad ogni sorta di capello e cavillo per mettere in cattiva luce la Fsspx.
“Nell’ultima udienza che ho avuto con il Papa l’11 settembre gli ho detto: non riesco a capire per quale motivo improvvisamente dopo aver formato seminaristi per tutta la mia vita come li formo oggi, mentre prima del Concilio ho avuto tutti gli onori, escluso solo il cardinalato, ora, dopo il Concilio, facendo la stessa cosa, mi trovo sospeso a divinis, quasi considerato uno scismatico, quasi da scomunicare quale nemico della Chiesa. Non credo che una simile cosa sia possibile e concepibile.”
~ Mons. Marcel Lefebvre, Roma, 6 giugno 1977
Fonte: Il Colpo da Maestro di Satana, Marcel Lefebvre, Editrice Ichthys, pagg. 7-8
Galarreta ha 68 anni, Fellay sta per compierne 67.
Non sapevo che avessero tanta fretta in quel di Ecône.
Posta un commento