Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 24 agosto 2013

A. Levi di Gualdo. I cattolici conoscono il vero Cristo o la sua patetica caricatura cattoprogressista?

Su cortese segnalazione di don Ariel Stefano Levi di Gualdo, riprendo questa sua omelia pubblicata da La Strega cacciatrice (le eresie), molto centrata sulla realtà ecclesiale di oggi.

Esistono ancora sacerdoti che, anche con 40 gradi
di caldo, indossano la talare, l'amitto, il camice,
il cingolo, la pianeta o la casula
Come tutte le estati, il padre Ariel si è recato in Sicilia, una terra che da sempre ama molto, anche perché fu proprio soggiornando a Siracusa, svariati anni fa, che percorrendo le orme dell’Apostolo Paolo (che in seguito a una tempesta sbarcò in questa antica città (Cfr. At 2, 14-21). Scoprì e accolse la vocazione al sacerdozio, svolgendo poi la sua formazione a Roma dove da sempre vive.

Durante i suoi soggiorni in Sicilia presta servizio in alcune chiese parrocchiali. In questo periodo celebra la Santa Messa della domenica al Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa.

Ogni tanto, per risollevarmi un po’, il caro Padre mi manda i testi delle sue omelie. Gli ho chiesto se potevo pubblicare nella rubrica della Strega cacciatrice quella fatta sul Vangelo della scorsa domenica (13 agosto 2013).

Buona lettura e santa meditazione a tutti. dell'omelia pubblicata di seguito.
Domenica 18 agosto 2013 – XX del Tempo Ordinario: Dal Vangelo secondo Luca [12, 49-53] — « Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera ».
Due sono gli errori che si possono compiere rapportandoci al mistero della Persona di Gesù: privare Gesù della sua umanità per esaltare in modo sbagliato la sua divinità, oppure privarlo della sua divinità per esaltare in modo sbagliato la sua umanità.

Cristo, Verbo di Dio incarnato, era vero Dio e vero Uomo, due nature, la umana e la divina, racchiuse nella stessa persona, in un corpo che muore e che risorge, perché il corpo fisico e visibile del Cristo Dio non poteva essere consegnato alla corruzione.

I primi otto secoli di vita della Chiesa sono stati drammatici e delicati e perlopiù legati al problema della Persona del Cristo, la seconda persona della santissima Trinità, quel Gesù Cristo Nostro Signore «Unigenito figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli», come recitiamo nella professione di fede sancita dal concilio di Nicea nell’anno 325 e perfezionata nel successivo Concilio di Costantinopoli. Questo il motivo per il quale la nostra professione di fede — il Credo — si chiama Simbolo niceno-costantinopolitano.

Sono occorsi vari secoli e diversi concili per definire il mistero della Persona di Gesù Cristo nostro Signore, sul quale la nostra fede può vivere o morire, esistere o non esistere.

Il motivo per il quale è occorso così tanto tempo è comprensibile: non esistevano neppure le parole nel vocabolario greco e latino, le due principali lingue parlate all’epoca nel mondo d’Oriente e nel mondo d’Occidente, per definire il mistero ineffabile del Dio fatto uomo, morto e risorto, il Cristo che noi proclamiamo: «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato della stessa sostanza del Padre». Non a caso, per definire questo mistero che costituisce in sé una sfida a ogni umano intelletto, dal vocabolario filosofico-greco si è attinto il termine di hypostasis, che è presente nella filosofia neoplatonica e in Plotino. Alla lettera, questa parola dal suono strano, significa sostanza e deriva da hypo, che significa sotto, quindi da stasis, che significa stare. Il concilio di Calcedonia del 451 sancì come verità dogmatica un’unica ipostasi-persona in due nature: umana e divina.

Oggi, molti di noi, recitano il credo quasi come se fosse una filastrocca imparata a memoria; pochi sanno che quelle parole sono costate secoli di applicazione da parte delle migliori menti, dei grandi vescovi e dottori della Chiesa, che di concilio in concilio hanno dovuto combattere molte eresie, alcune delle quali volevano privare il Cristo della sua divinità per esaltarne l’umanità, altre esaltarne la divinità privandolo della sua umanità, vanificando in questo secondo caso il mistero della divina incarnazione.

Tutto questo per dirvi che Cristo Dio non può essere scisso dall’uomo Gesù, l’uomo Gesù non può essere scisso da Cristo Dio, perché Cristo Dio e Gesù uomo, per il mistero della santa incarnazione, sono la stessa persona.

Nelle pagine del Vangelo, la natura della seconda persona della santissima Trinità manifesta il verbo di Dio parlando per bocca dell’uomo Gesù, che è Cristo Dio.

Ora capite bene quanto l’ineffabile mistero di Dio fatto uomo non possa essere ridotto a un patetico santino da iconografia, a un Gesù languido da pittura dell’Ottocento decadente, biondo con gli occhi azzurri, efebico … androgino …

Gesù è vero Dio e vero uomo e l’uomo, come tale, era talmente uomo e talmente vero nella propria maschilità da rendere come tale vero, visibile e palpabile il Dio fatto uomo.

Dimenticate dunque certe iconografie da santino, perché per cogliere ed entrare nel mistero della Persona di Cristo Dio, è anzitutto necessario pensare a un uomo straordinario e altrettanto straordinariamente uomo. Il tutto per introdurvi al cuore della questione di questo Vangelo di Luca, nel quale non emerge un Gesù da santino seduto estatico su di un sasso in mezzo al prato avvolto di luce, con gli occhi rapiti al cielo mentre miti agnellini pascolano attorno a questo buon pastore da cartone animato. In questo Vangelo di Luca emerge un uomo che parla ai discepoli del loro presente e del nostro futuro; del futuro del corpo mistico della Chiesa di cui Cristo è capo e noi sue membra vive [Col. 1, 18]. E, sebbene le parole d’ordine paiono essere da mezzo secolo a questa parte solo dialogo, pace, amore, misericordia, senza che però si sappia più cosa di fatto siano davvero dialogo, pace, amore e misericordia, in modo non facilmente comprensibile ecco invece che Gesù ci avverte di essere venuto a portare non pace ma divisione. «Sono venuto» dice «a portare il fuoco». E detto questo esclama: «Vorrei che fosse già acceso».

Pensate un attimo come si definisce il Signore Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Io sono la via, la verità e la vita» [Gv. 14, 1-6]. In questo Vangelo di Luca il Signore ci ricorda che alla via, alla verità e alla vita non si giunge con la pace dei pacifondisti ideologici ai quali spesso abbiamo visto devastare interi centri storici urbani con le spranghe di ferro in mano al grido di «Pace a tutti i costi!». Spesso, alla pace, si giunge attraverso dure guerre. Spesso, la via, va difesa dai briganti. La verità rivelata, vale a dire il dogma — parola questa, il dogma, che oggi tanto spaventa certi “cattolici adulti evoluti” — va difesa a spada tratta dall’errore. La vita e la dignità stessa della vita, necessitano spesso di essere difese con le unghie e coi denti. La verità del Verbo fatto Carne non sempre unisce, spesso divide. Pensate: all’interno di una stessa casa c’è chi prega Dio e chi lo bestemmia, chi crede in lui chi lo rifiuta, chi lo accoglie e chi lo respinge.

… siamo tutti uguali, siamo tutti fratelli, una religione vale l’altra perché Dio è Dio di tutti e per tutti … no, fratelli e sorelle carissime, non è così! Non siamo tutti uguali, anzi siamo tutti l’uno diverso dall’altro e come tali preziosi a Dio ciascuno nella nostra diversità, perché proprio nella nostra diversità siamo chiamati a essere «perfetti nell’unità» [Gv. 17, 18-26]. Certo, sarebbe bello essere tutti fratelli, ma purtroppo non lo siamo. È cristiano dovere lavorare per cercare di essere fratelli, è però stupido e nocivo illudersi di esserlo o peggio fingere di esserlo in un atteggiamento di rifiuto della umana realtà.

Affermare che una religione vale l’altra, non è soltanto falso: è blasfemo! Lo prova il fatto che nella nostra professione di fede recitiamo: «Credo la Chiesa una santa cattolica e apostolica, professo un solo battesimo …». Nella professione di fede non recitiamo: Credo nelle religioni di tutti i diversi culti cristiani e non cristiani che sono tutte buone e sante, ed in virtù delle quali ciascuno può professare come vero qualsiasi battesimo.

È la Chiesa di Cristo, la unica e la sola da lui fondata, che è «una e santa», non le altre aggregazioni cristiane, molto delle quali nate da dolorosi scismi dal nucleo apostolico cattolico e da grandi eresie che hanno rotto l’unità della Chiesa di Cristo.

È vero che Dio è Dio di tutti e per tutti, ma con l’incarnazione del Verbo, Dio ci ha dato una via, una verità e una vita. Non ci ha detto che per una via o per un’altra si giunge comunque a lui. Non ci ha detto che una verità vale l’altra. Non ci ha detto che per essere salvi e beati la vita può essere diversa dalla via di salvezza che lui ci propone. Insomma, non ci ha detto che tutto è relativo e che nulla è assoluto. Parola questa — quella di assolutezza della fede fondata sul dogma — che spaventa certi socio-teologi e molti “cristiani adulti” che, non conoscendo oltre alla teologia cattolica neppure il senso delle parole stesse, la confondono col concetto di assolutismo, che è invece tutt’altra cosa, rispetto all’assolutezza di Dio e della fede.

È vero, Dio è Dio di tutti e per tutti coloro che lo cercano nella verità, non però per coloro che persistono nell’errore, peggio nell’odio verso Cristo Dio e verso la sua Chiesa, che malgrado le sue molte rughe e deturpazioni rimane per mistero di grazia «una, santa cattolica e apostolica».

Personalmente credo che sia alquanto difficile appiccare fuoco alle chiese e uccidere in odio alla fede i fedeli di Cristo ed essere poi salvi perché semmai, sulla pelle dei nostri morti, taluni celebrano devoti più che mai il Ramadam, talvolta pure con gli auguri diplomatici e interreligiosi di circostanza da parte nostra, preoccupati più di porgere gli auguri ai fratelli delle religioni non cristiane anziché piangere e lamentare all’occorrenza i morti che taluni loro integralisti — e ripeto integralisti, che come tali nulla hanno da spartire con qualunque religione e religiosità di questo mondo — seminano in giro per l’intera orbe cattolica ormai da troppo tempo.

«Il Sacrificio Eucaristico merita
molto più di una caldata di agosto
».
Nel Vangelo di Giovanni poc’anzi citato il Signore ci invita a essere «perfetti nell’unità», ed il punto di unità perfetta è il Cristo Dio rivelato nel suo Vangelo. Un Vangelo che al tempo stesso può portare però guerra e divisione; non per la volontà di Dio, ma per il rifiuto dell’uomo. Un rifiuto che segue la vita stessa del Signore Gesù fin sopra al legno della croce, quando crocifisso tra due ladroni si ripropone il modello di questa guerra e di questa divisione che il Redentore ha portato sulla terra: uno dei ladroni impreca contro il Cristo e lo beffeggia. L’altro, riprendendo il bestemmiatore, lo rimprovera dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male. E disse: «Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso» [Lc. 23, 35-43]. Il Signore sulla croce, non dice né lascia in alcun modo capire all’altro ladrone, quello che lo rifiuta: Stai sereno mio caro, perché anche se tu lo ignori per un comprensibile discorso di carattere sociale, educativo e psicologico, tale da averti impedito di penetrare il mio essere via, verità e vita, a maggior ragione, in verità io ti dico che tu sei comunque un “cristiano anonimo”, come tra molti secoli affermerà il teologo Karl Rahner.

Come vedete, Gesù ha portato veramente la divisione e il disaccordo. Attenzione però: lo ha portato in conseguenza al mistero della sua incarnazione. Portato, non voluto. Una divisione e un disaccordo che non nasce da Dio che vuole unire ma dall’uomo che spesso, anche sul pretesto di Dio stesso, vuole disunire, distruggere, uccidere e poi proclamarsi proprio per questo con la coscienza a posto. Questo il motivo per il quale il Signore ci ricorda: «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi» [Lc. 6, 20-26]. O detta in altri termini: chi veramente intende seguirmi, si tolga dalla testa di piacere a tutti, tutt’altro: si abitui a piacere a pochi e a essere perseguitato dentro la mia stessa casa, perché la verità che dovrebbe unire spesso divide nella misura in cui non a tutti piace udire la verità, anche dentro la mia stessa casa. E quando tutti saranno uniti nel dire bene di voi, questo vuol dire che avrete rinunciato alla vostra missione cristologica: dire quella verità che da sempre non è gradita a tutti e che da sempre, anziché unire, purtroppo divide, dalle predicazioni di Gesù nelle sinagoghe fino al Golgota, dove un ladrone disse di no e rifiutò ostinatamente il Signore, l’altro disse di si. Uno ebbe in premio la vita eterna e fu accolto nel Paradiso, l’altro invece …

… l’altro può essere che, essendo un “cristiano anonimo”, come affermerebbero certe perniciose teologie diffuse e insegnate ormai da decenni, sia finito forse anch’esso nel Paradiso?

In questa Santa Messa, senza paura di cadere nella scorrettezza politica, ricordiamo nella preghiera i nostri fratelli cristiani che in varie parti del mondo, oggi in modo particolare in Egitto, come ieri accadde coi massacri in Algeria e con altri in vari paesi d’oriente, hanno perduto la vita per la loro fede in Cristo.

La Chiesa si fonda, vive e germina sulla verità del Verbo Incarnato e sul sangue dei martiri, non sulle cortesi diplomazie di circostanza. Esercitare la suprema virtù della prudenza — posto che prudentia est auriga virtutum, come diceva San Tommaso d’Aquino: la prudenza è la cocchiera di tutte le virtù — non vuol dire né scendere a baratti sul deposito dogmatico delle verità di fede né soprassedere sul sangue dei nostri fratelli uccisi in odio alla fede, tacendo su di essi per problemi di forza maggiore dettati da complessi e articolati quadri di politica internazionale.

Sbaglio o la vita, fin dal momento del concepimento, è un bene assoluto non negoziabile? E se tale è — e io credo che lo sia — come sacerdote di Cristo sono chiamato a insegnare al Popolo di Dio che tale è sempre, comunque e dovunque, in ogni occasione e in ogni circostanza, anche negli articolati contesti di politica internazionale del Medio Oriente, nel quale di prassi, per non dire ahimè da sempre, pare a volte quasi impossibile capire da che parte si possa pescare dal groviglio il filo della matassa. Ciò che al momento sappiamo con certezza è che i cristiani vengono uccisi, le chiese fatte saltare in aria o date alle fiamme, mentre l’Europa laicofobica ammalata di autodistruzione e di odio per le proprie naturali radici, pare essere preoccupata di una sola cosa: tutelare i “sacri” e “inviolabili” diritti delle coppie omosessuali e della cultura omosessualista, semmai spedendo tra poco in galera, ai più squisiti sensi di legge, chi oserà affermare che a due donne e a due uomini “regolarmente sposati” è disumano dare in adozione dei bambini, perché neppure gli abitanti di Sodoma e Gomorra giunsero mai a tanto.

«Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione».

E che divisione sia! Perché col male non si tratta e non si mercanteggia. A chi venisse voglia di farlo, getti due occhiate ai quattro chiodi della croce e, per amore di Dio incarnato, morto e risorto «che siede oggi alla destra del Padre» e che «di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti», se la faccia passare, questa malsana tentazione, se la faccia passare …

Sia lodato Gesù Cristo!
Sempre sia lodato!

23 commenti:

Gederson Falcometa ha detto...

Bravo! Don Ariel é un talento! Dio vi benedica.

Anonimo ha detto...

Toscano dice:

ottimo!

adesso capisco il perchè egli inspira vocazioni...

Gioacchino Licaone ha detto...

Povero don Ariel!
Purtroppo sentono molto più "cum Ecclesia", coloro che "celebrano" in T-Short, con, quando va tutto bene, sopra una stola, che non coloro che, con sacrificio, anche nei mesi più caldi, indossano tutti i paramenti.Si stiano attenti. Si studino già come compilare dei questionari, in cui potrà essere chiesto se lo fanno perchè si reputano più "santi" (e/o più "pelagiani")di quelli in t-short. O, perchè, semplicemente, soffrono meno il caldo.Tanto più che non so se LO SA, LEi che DAVVERO ci sono coloro che attribuiscono l'abbandono della talare e la sciatteria nei paramenti a motivi metereolgici?
Ci sono davvero coloro che danno la colpa, di tali abbandono e scaitteria, al "riscaldamento globale"?

Stefano78 ha detto...

OT

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350579

FINE OT

Anonimo ha detto...

Tutto si può dire, di Mons. Williamson, meno che manchi di humor e di aplomb tipicamente british:
http://www.unavox.it/Documenti/Doc0555b_Williamson_7.08.2013.html

Anonimo ha detto...

Gesù è vero Dio e vero uomo e l’uomo, come tale, era talmente uomo e talmente vero nella propria maschilità da rendere come tale vero, visibile e palpabile il Dio fatto uomo.

Infatti, Gesù dice: "Chi vede me vede il Padre" e ci mostra, ma anche opera in noi e per noi con la tenerezza che accoglie e perdona e la misericordia che genera (ebraico rachamim: le viscere l'utero, riferito a Dio), ma anche con la fermezza che costituisce e la giustizia che tiene saldi e costruisce...

Infatti non ci salviamo né siamo 'giusti' da soli... è Lui che opera e rende possibile nel nostro intimo tutto ciò di cui abbiamo bisogno, se in Lui "rimaniamo", come dice Giovanni; il che significa se, dalla pienezza della sua grazia, attingiamo la capacità e attiviamo la volontà di osservare e concretamente attuare i suoi comandamenti.

Mi sovviene la risposta degli israeliti a chi aveva loro appena annunciato la Legge (Torah, nel senso che illumina, indirizza, non obbliga): "faremo e ascolteremo". Il "fare" precede l'"ascoltare" ulteriore, sempre necessario.

Noi abbiamo ricevuto molto di più:
«La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo».

Luisa ha detto...

Su papolatria e dintorni, sull`"obbedienza cristiana autentica",

http://www.papalepapale.com/develop/dalla-papolatria-allindifferentismo/

C`è anche un commento di Levi di Gualdo.

E un pò di humour:

http://www.papalepapale.com/develop/wp-content/uploads/2013/08/40858_553343768038622_1829630896_n4.jpg

Anonimo ha detto...

Ho ammirato la levità e la carità, insieme alla verità senza sconti, con cui don Ariel ha toccato alcuni dei temi caldi ricordati anche da noi.

Levità e carità tanto più ammirevoli - anche se appropriate in un'omelia - quanto si conosce il temperamento appassionato e il linguaggio colorito, franco, diretto e tranchant, oltre che profondo, che siamo abituati ad incontrare nei suoi scritti.

Anonimo ha detto...

Da papale palale:
La presentazione dell'articolo di Marco Bongi, che ho ricevuto anch'io e non ho ancora pubblicato: "Una cosa è il rispetto del Magistero costante del Pontefice, una cosa è l’obbedienza ai comandi impartiti allo scopo di difendere e tramandare il Depositum. Ben altro il servilismo ottuso, l’adulazione sfacciata, l’esaltazione incondizionata. Magari quest’ultime usate come alternative alle prime"


e il commento di Don Ariel:

Ariel S. Levi di Gualdo on 22/08/2013 at 13:48 said:
Caro Amico.

Del tuo articolo, che condivido, ho apprezzato l’equilibrio, la prudenza, la pacatezza e il vero rispetto dovuto al Successore di Pietro.
O per dire il tutto in modo chiaro e soprattutto con le precise parole del Magistero della Chiesa:

“L’obbedienza cristiana autentica, rettamente motivata e vissuta senza servilismi, aiuta il presbìtero ad esercitare con evangelica trasparenza l’autorità che gli è affidata nei confronti del Popolo di Dio: senza autoritarismi e senza scelte demagogiche. Solo chi sa obbedire in Cristo, sa come richiedere,
secondo il Vangelo, l’obbedienza altrui” [Paragrafo 28 dell’Esortazione Apostolica post-sinodale: Pastores Dabo Vobis del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II all’episcopato al clero e ai fedeli circa la formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali [Roma, 25 marzo 1992].

Insomma: alla Chiesa e alla legittima autorità ecclesiastica costituita, il giorno che fui consacrato sacerdote, ho promesso “filiale e devota obbedienza”, non ho promesso né servilismo né di cimentarmi come prete nel “culum lingere”.

Quando invece manca l’autorevolezza pastorale, a quel punto, l’esercito di mezze figure che oggi ci troviamo in delicati posti di governo pastorale, usano il peggio dell’autoritarismo; e lo fanno sempre e di rigore – soprattutto – in sprezzo al Magistero della Chiesa e alle leggi canoniche sancite e codificate. Cosa questa che accade purtroppo nelle grandi valli come nei piccoli vallini, nelle alture e nelle pianure …

Sorrido infine con te su discorso giornalistico, nello specifico vaticanistico.
Come prete ho avuto più volte a che fare con prostitute, italiane ma soprattutto straniere, ne ho ascoltati i drammi e le storie a volte commoventi, altre raccapriccianti, come ad esempio nel caso di nigeriane, romene, albanesi, ecc … divenute vittime del tutto inconsapevoli del racket della prostituzione, visto che erano giunte in Italia con una garantita promessa di un posto di lavoro.
Queste cosiddette puttane, hanno una coerenza che non riesco a riconoscere a certi giornalisti-vaticanisti sprofondati nella piaggeria e nella cortigianeria più indignitosa. Insomma: roba da donnette di corte, non da uomini e da cattolici come Dio comanda.
Giornalisti che da tradizionalisti duri e puri sono divenuti progressisti tali da considerare troppo a destra quelli della Teologia della Liberazione. Gente che sotto il pontificato di Benedetto XVI considerava (o fingeva di considerare) Alberto Melloni “figlio” di Giuseppe Alberigo un pericoloso propugnatore della ermeneutica della discontinuità o della rottura, che oggi amoreggiano pubblicamente con lui …
Insomma, dinanzi a questi soggetti che costituiscono oggettiva gentaglia: “aridiamo dignità alle mignotte”, come direbbero i romani. E chiunque lo faccia, conti sulla mia affettuosa e paterna benedizione.

Agnese ha detto...

Grazie Mic, per aver postato questa bellissima Omelia.

Mi è capitato di sentirne così anche dai stupendi e ottimi Sacerdoti della FSSPX. Identico spessore spirituale e dottrinale.

Parole chiare, parole che restano...

Avere un sacerdote, così in ogni parrocchia, sarebbe la grazia più grande che Dio possa donarci.
Ma è ciò che qualcuno, cerca di evitare.

Il miserevole tentativo di schedare i frati dell'Immacolata, con qul questionario la dice lunga.....


Non così, per altri sacerdoti che pur vestendo i panni del sacerdote amante e difensore della tradizione, pensando di essere migliori solo perchè hanno i timbri vaticani, ma che invece di combattere sono muti e intanto le anime vagano e si perderanno...

Non è la prima volta che i imbatto in un certo don Morselli, che pare sia uno che ha cominciato il suo "apostolato " via web e scrive articoli per MIL.

Stamani l'ennesima, strumentalizzazione verso il caso dei Frati dell'Immacolata.

Il don Morselli, batte chiodo su una certa " obbedienza " e come al solito mette in mezzo, piu' o meno esplicitamente la FSSPX.

Ricordo che lo stesso, appoggiò l'ultimo Assisi, poi difese Bagnasco ai funerali di "don" Gallo, pensando di smontare ciò che invece chiaramente ebbe a dire Don Ariel e altri coraggiosi come lui.

La settimana scorsa, fece rivivere, in suo pessimo articolo arzigogolato un certo card Jean Daniélou, esponete di spicco della Nouvelle théologie, morto di infarto davanti alla porta di casa di una spogliarellista.

Se questa è "l'obbedienza" che, vogliono docilmente inoculare e per farlo strumentalizzano casi che di per se invece andrebbero denunciati ada alta voce, perchè contro il vero sentire cum ecclesia, (che se non sbaglio in quets cum ci siamo anche noi fedeli), è evidente che il Morselli, sta pensando a fedeli sciocchi.
Tipi di sacerdoti che vogliono renderci servili e schiavi.

A volte mi viene il sospetto che questo Morselli sia lo stesso personaggio ambiguo di un tale che conclude i suoi miseri post, con quel ipocrita "in pace", che sembra godere nel calunniare la FSSPX e qualsiasi bravo cattolico che gli capiti a tiro.

Non credo Dio, voglia questo dai Sacerdoti. Gesù ci ha detto che la Verità ci renderà liberi.

Pare invece che vogliano obbligarci ad un becero servilismo, sordi muti e ciechi, verso autorità che pare facciano di tutto, per eliminare la S. Messa Cattolica Tridentina e maltrattare chi lavora per la salvezza delle anime, denunciando il male, procurando così il sommo bene.

Ottimo l'articolo di papale papale, indicato dalla commentatrice Luisa.

Obbedienza si, ma prima la difesa all' Una Santa Cattolica Apostolica, la S. Messa Tridentina e con ciò la salvezza delle nostre anime.

http://blog.messainlatino.it/2013/08/il-colpo-da-maestro-dellimmacolata.html

questo è il link di Mil, con i commenti chiusi.

RIC ha detto...

Letterina a Francesco

http://ioamolitalia.it/blogs/verita-e-rivoluzione/lettera-a-papa-francesco-noi-abbiamo-bisogno-di-un-papa-pronto-al-martirio-per-salvare-i-cristiani-perseguitati-nel-mondo-non-dedito-alla-ricerca-della-popolarita-persino-tra-i-tifosi-del-calcio.html

Anonimo ha detto...

Non me ne vorrà Marco Bongi se non pubblico il suo articolo che ho molto apprezzato.
A volte è utile moltiplicare i testi in rete, per fare da cassa di risonanza a ciò che riteniamo giusto valido e dunque condivisibile.
Ma ho visto che è stato ripreso anche da "Una fides" e abbiamo avuto occasione di parlarne. Probabilmente ormai tutti i lettori del blog avranno consultato il link di papale papale.

Per questo, nel pomeriggio, darò spazio ad altre sottolineature, tra cui quella di Agnese.

Anonimo ha detto...

Intanto oggi mons. Sciacca è stato rimosso dal Governatorato.

In compenso ora alla Signatura si avrà un ulteriore amico (oltre al Burke) dei "tradizionalisti".

Luisa ha detto...

Da noi si dice "il est plus papiste que le pape" che darebbe "è più papista del papa", in egual modo, leggendo certi commenti di certi blogger riconoscibili come il lupo bianco, si potrebbe dire che sono più tradizionalisti di un tradizionalista, salvo a dire che in questa giungla selvaggia, dove è difficile riconoscere i "suoi", quei blogger sedicenti tradizionalisti, tradizionalisti non lo sono affatto, almeno non lo sono se per cattolico tradizionale si intende un cattolico legato alla Santa Messa di sempre e alla Tradizione della Chiesa (quella viva..).
Quei personaggi che in realtà disprezzano i cattolici tradizionali, ancor più coloro che non sono imbavagliati, e provano un odio senza limiti per la FSSPX, tratto che li identifica immediatamente, in modo subdolo, vorrebbero imporre come sola autentica e accettabile( sentire cum Ecclesia...)un`immagine distorta dei cattolici tradizionali, un`immagine falsata dalla loro ideologia, dal loro asservimento al potere imperante, dalla loro piaggeria, dai loro reali obiettivi che travestono con i loro discorsi molto religiosamente corretti.
I soli cattolici tradizionali che "rispettano" sono quelli che sono muti, quelli che stanno zitti.
Occhi aperti, coscienza e ragione "en éveil", memoria e formazione non fossilizzate, permettono di vedere quei tranelli, quei giochi, anche sporchi, quelle strategie manipolatrici che purtroppo funzionano su chi ha un pensiero debole e-o, più semplicemente, su chi è afflitto da quella crassa ignoranza che è una malattia dilagante nella Chiesa.

murmex ha detto...

Cara Agnese,ho letto anch'io l'articolo di don Morselli,avrei voluto rispondere ma i commenti sono tuttora chiusi.Oltre alle cose da te dette,sul giusto concetto di obbedienza, aggiungerei che il sillogismo da lui fatto non è corretto,mette insieme due cose eterogenee:una teoretica,la bontà intrinseca o meno del concilio e del NO,l'altra pratica,la santità di vita dei francescani,che deriva da tante cose (la celebrazione della Messa di sempre,quella il più degna possibile del NO,l'austerità,il rigore dottrinale... e non dal loro biritualismo in sè stesso).da questa scorretta premessa deduce apoditticamente la prova provata della bontà della c.d.ermeneutica della continuita .Oltre a tutto trovo irrispettoso asseverare le proprie idee(che idee personali restano) quasi attribuendole all'Immacolata

Anonimo ha detto...

Care amiche,
andate a leggervi l'antidoto all'articolo di Morselli appena pubblicato.

Anonimo ha detto...

RIC
quella lettera a Francesco l'abbiamo pubblicata diversi giorni fa :)

Anonimo ha detto...

Un antidoto magistrale. Complimenti.

RIC ha detto...

Mic scusa ma sono in vacanza e non sempre ho la connessione internet che funziona ( a parte l'eta' che avanza) sorry :((

Anonimo ha detto...

Ciao RIC, mi complimento per le tue segnalazioni sempre attente.
Buone vacanze :)

Ariel S. Levi di Gualdo ha detto...

Caro Gioacchino Licaone.

E' doveroso risponderti per un discorso di pedagogia e di carità cristiana. Ignorandoti potrei rasentare la superbia e l'arroganza, mentre piegandomi pastoralmente a una risposta mi impongo il santo esercizio dell'umiltà ripetendo a me stesso che mai, un prete, può dire in modo sprezzante: costui non merita nemmeno una risposta.
Ora, siccome suppongo che tu sia un cattolico, ti domando: ritieni veramente di essere un buon cattolico trattando a pesci in faccia a questo modo un "alter Christus", tal è qualsiasi prete, incluso il più peccatore di noi sacerdoti? Perchè vedi: tu puoi e hai il diritto di contestare come meglio vuoi la persona in sé e di per sé, però, nel tuo sproloquio internetico, tu attacchi in modo pesante un prete che predica il Vangelo in modo devoto e fino a prova contraria ortodosso, sino ad abbinare la mia persona - senza alcun ritegno e misura - niente meno che all'eresia pelagiana.
Detto questo: o tu, dottrina e magistero della Chiesa alla mano, indichi a uno a uno i miei errori, o peggio le mie eresie, oppure abbi rispetto non di me, ma del cattolico che supponi di essere.
Ti pare cosa ragionevole, matura e cristiana, attaccare una persona come hai fatto tu, non nel merito di ciò che ha pubblicamente affermato (in questo caso predicato), bensì sulla base di fotografie e di didascalie inserite dalla redazione, che ovviamente non sono parte del mio testo, non sono mia scelta e non appartengono a ciò che io ho scritto?
vuoi che ti spieghi io cos'è accaduto? Questo: tu hai aperto la pagina, hai visto le foto con didascalie montate dalla redazione e, senza curarti di leggere il testo, hai preso il fucile a pallettoni e ti sei messo a sparare.
Vedi, io ho talmente rispetto dei sacerdoti che più volte, trovandomi in qualche chiesa dove il prete era solo all'altare a celebrare, sono salito al presbiterio e gli ho fatto da chierichetto come un bambinello di 10 anni. Ma per un'anima resa partecipe al sacerdozio ministeriale di Cristo e per il Sacrificio Eucaristico, farei ben altro e ben di più ancora. Ho talmente rispetto dei sacerdoti che se mi trovo in una sacrestia prima o dopo la sacra celebrazione, aiuto il sacerdote a pararsi o spararsi dei paramenti. Quando amministro ai miei confratelli il sacramento della penintenza e della riconciliazione, dopo avergli impartito l'assoluzione mi chino a baciargli la mano.
Quando in modo severo e ironico ho ripreso pubblicamente qualche prete e persino qualche vescovo, l'ho fatto nei confronti di preti e di vescovi che senza facile pena di smentita proferivano e diffondevano autentiche eresie o si lasciavano andare a comportamenti scandalosi per l'intero Popolo di Dio; ed ho sempre biasimanto l'errore compiuto, mai la persona che lo aveva compiuto. Nel fare questo sono stato sempre mosso dal sincero animo di difendere i fedeli dai loro pericolosi errori, indicando a essi cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Se tu non rientri nella cerchia delle persone che ritengono di non avere nulla da imparare da nessuno, vedi di riflettere, cattolicamente parlando, su ciò che ti ho scritto e risposto, perchè abbinare il nome di un devoto sacerdote di Cristo e della sua Chiesa all'eretico Pelagio e alla sua eresia che di fatto nega l'azione della grazia di Dio, non è propriamente uno scherzo goliardico da spensierato navigatore di internet, è cosa veramente e gravemente offensiva di cui non devo certo preoccuparmi io, devi preoccupartene tu che hai offeso così a cuor leggero un devoto servitore del Vangelo.

Anonimo ha detto...

Caro don Ariel,
devo dirle che nel post di Licaone io ho colto dell'ironia a suo favore.
Lo rilegga meglio. Secondo me la abbina ai sacerdoti tradizionali - ché tale lei è, cioè secondo il cuore del Signore - mentre dell'inciso sui pelagiani si serve per ricordare l'epiteto (oltrettutto impropro ed approssimativo, insieme a musoni, tristi, tardi e duri di cuore et similia) con cui il papa ha etichettato chi ama la tradizione.

Certo le categorizzazioni da reprimenda del papa possono riguardarci sempre tutti; ma dal contesto si comprende come la pensa sulla Tradizione e ciò che ci addolora è che lo fa attraverso triti pregiudizi ed evidentemente non per conoscenza diretta.
Ora, che tra i tradizional-isti - ai quali pensiamo di non appartenere se si abbina tradizione a fissismo - non siano tutte rose e fiori è un fatto; ma da qui a fare sprezzantemente di ogni erba un fascio da parte di un papa che dialoga amorevolmente con tutti e anche con i musulmani, beh, un po' ci fa male...

La ringrazio però per il suo intervento che ci ha dato una "ripassatina" vibrante e fondamentale sulla persona del sacerdote.
In attesa di leggerla ancora, le chiedo una benedizione per me e per noi tutti.

Ariel S. Levi di Gualdo ha detto...

Caro Gioacchino Licaone.

Ringrazio la cara Mic che mi ha aiutato a ... decifrare il tuo scritto, sinceramente non molto chiaro, di questo me ne vorrai dare atto.
Per come ti sei espresso, l'ironia che volevi fare non era facilmente comprensibile e mancando in modo chiaro soggetti, complementi e predicati, l'ho presa come una cosa diretta a me.
Come vedi, però, la cara Mic, molto più esperta di me sul linguaggio comunicativo di internet, è intervenuta facendo da "traduttrice" e quindi ristabilendo la giusta comunicazione.
Ci siamo capiti male. Come però vedi, quel che conte è spiegarsi.
Un caro saluto.