Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 9 agosto 2013

Historia magistra vitae. Il caso dei Francescani dell'Immacolata

Il Commissariamento dei Frati Francescani dell’Immacolata continua a far parlare “opportune et importune”. Il mondo tradizionale teme, a ragion veduta, una recrudescenza di quella persecuzione che fu perpetrata contro il Messale di san Pio V nell’ormai lontano 1969, quando entrò in vigore il Nuovo Messale, una nuova creazione.

Giova allora rispolverare la storia di quegli anni tumultuosi, gli anni che seguirono un Concilio che non ha mai decretato né pensato di decretare un Novus Ordo Missae. Non lo poteva. La liturgia si evolve per lenta sedimentazione e non è mai un’invenzione di pochi fatta a tavolino. Per comprenderlo, basta riandare all’epoca del Messale di san Pio V. Nella XVIII sessione, il Concilio di Trento incaricò una commissione di esaminare il Messale, rivederlo e restaurarlo “secondo l’usanza ed il rito dei Santi Padri”.

L’essenza della riforma di S. Pio V fu, come quella di S. Gregorio Magno, il rispetto della tradizione. A tale Messale, che costituiva una barriera contro l’eresia, san Pio V concesse l’indulto perpetuo con queste solenni parole: «in virtù dell’autorità Apostolica noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’Indulto Perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo alcuno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente, così che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta né d’altra parte possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale».

Da cui si evince che la Bolla è irreformabile. «La Quo primum – scrive P. Paul L. Kramer – è stata dichiarata infallibilmente irreformabile poiché il rito della Messa codificato nel Messale tridentino è il rito ricevuto, approvato e tramandato dalla Santa Romana Chiesa… Pertanto, la Quo primum lungi dall’essere una questione meramente disciplinare di legge ecclesiastica, è un’applicazione definitiva della legge divina espressa dal magistero straordinario della Chiesa.  E perciò qualunque tentativo di revocare o sopprimere il Rito romano incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo».

E, infatti, per 400 anni, nessuno ha osato alterare questo venerabile Messale che il beato Ildefonso Schuster definisce «l’opera più elevata e importante della letteratura ecclesiastica, quella che riflette più fedelmente la vita della Chiesa, il poema sacro al quale ha posto mano cielo e terra», e Padre Faber «la cosa più bella da questa parte del cielo».

Nel 1969 entrò in vigore il Novus Ordo Missae. Una nuova creazione, dicevamo. Una forma di quel falso progresso (liturgico, in questo caso) che il grande Chesterton non esitò a definire «un continuo parricidio», quello vero consistendo nella continua riscoperta di ciò che i nostri padri hanno costruito e difeso nei secoli. Klaus Gamber, in merito al Novus Ordo Missae, nel suo pregevole studio La riforma della liturgia romana, dedica un intero capitolo alla spinosa domanda se un supremo pontefice può modificare un Rito. E risponde negativamente, il Papa essendo il custode e il garante della liturgia (come dei dogmi), non il suo padrone. «Nessun documento della Chiesa – scrive Gamber –, neppure il Codice di Diritto Canonico, dice espressamente che il Papa, in quanto Supremo Pastore della Chiesa, ha il diritto di abolire il Rito tradizionale. Alla plena et suprema potestas del Papa sono chiaramente posti dei limiti (…). Più di un autore (Gaetano, Suarez) esprime l’opinione che non rientra nei poteri del Papa l’abolizione del Rito tradizionale. (…).

Di certo non è compito della Sede Apostolica distruggere un Rito di Tradizione apostolica, ma suo dovere è quello di mantenerlo e tramandarlo».
Gamber afferma altresì che il Novus Ordo non può in alcun modo esser definito Rito Romano, ma tutt’al più Ritus modernus: «Noi parliamo piuttosto di Ritus Romanus e lo contrapponiamo al Ritus Modernus». E ci fermiamo qui. Che non fosse possibile por mano al Messale di san Pio V è stato confermato dal Summorum Pontificum (2007) di papa Benedetto XVI, il quale parla di esso come di un Messale «mai abrogato». Non poteva esserlo in forza dell’indulto perpetuo contenuto nella Quo primum.

Il caso FI si colloca alla fine di una lunga catena che si riannoda a questa vexata quaestio. Papa Paolo VI non ha mai abrogato il Messale di san Pio V. Con più precisione potremmo dire che vi è stata un’abrogazione “de facto”, ma non “de iure”, quest’ultima non potendo sussistere. Benedetto XVI ha confermato che il Messale tradizionale è pienamente in vigore e lo è sempre stato, nonostante le manipolazioni volte a far credere il contrario, manipolazioni che ‒ ahimè ‒ facevano impunemente leva sull’obbedienza al Papa (Paolo VI), obbedienza però mai manifestata “de iure”.

Il caso FI sembra ripresentare la situazione storica di 40 anni fa, con la differenza che – questa volta sì – la volontà del Papa (Francesco I) è manifestata in un certo qual modo “de iure”, ossia attraverso un decreto della Congregazione dei Religiosi che contraddice almeno 4 secoli di storia e di prassi liturgica. Corsi e ricorsi storici. Anche questa volta si fa impunemente leva sull’obbedienza al Papa. E tanto più impunemente in quanto si tratta di religiosi legati dal voto di obbedienza.

Ma anche l’obbedienza ha i suoi limiti. Anzitutto occorre ribadire che «non rientra nei poteri del Papa l’abolizione del Rito tradizionale». E se ciò vale per l’intera Chiesa vale anche nell’applicazione ad personam. Va altresì ricordata la regola basilare del diritto secondo cui «inferior non potest tollere legem superioris». Anche il Codice di diritto canonico tuttora in vigore afferma che «da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore» (can. 135  n. 2).

Nel caso in esame, siamo davanti alla Bolla irrevocabile Quo primum di san Pio V e un decreto della Congregazione dei Religiosi che riporta solo indirettamente la volontà del Santo Padre. Ora, se i sommi pontefici non hanno l’autorità per annullare il solenne decreto Quo primum, tanto più  non l’hanno i decreti dei dicasteri romani. Come non l’aveva il Messale di Paolo VI nel 1969. Ma i bravi Frati dell’Immacolata ora hanno un vantaggio: possono ora guardare col senno di poi agli errori e agli inganni d’un passato non molto lontano per non ripeterli e non ricadervi. E la storia è magistra vitae. (Maria Pia Ghislieri)
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43 commenti:

Silente ha detto...

Chiedo scusa per andare fuori tema (ed è un tema importante), ma volevo comunicare che è morto, il 31 luglio, a 93 anni, lo scrittore francese Jean Madiran. Filosofo, saggista, giornalista, Jean Madiran è stato un illustre rappresentante della scuola contro-rivoluzionaria contemporanea.
Fondatore, tra l'altro, del quotidiano tradizionalista, e ovviamente di Destra, "Présent".
Qui la sobria commemorazione di "Corrispondenza Romana":
http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-brevi/e-morto-jean-madiran/
Ricordiamolo nelle nostre preghiere.

Latinista ha detto...

Per capire:
Dalle parole di Papa Pio V, che parla di indulto "perpetuo", sembra in effetti che la bolla sia irriformabile. Ma sono le parole di un Papa. Il problema è: aveva quel Papa l'autorità di vincolare alla sua bolla tutti i suoi successori?
Probabilmente sì, se le sue parole erano coperte dall'infallibilità; ma:
- L'infallibilità del Papa a determinate condizioni, stabilita dal Concilio Vaticano I, è retroattiva?
- In quella bolla sussistono le condizioni per l'infallibilità? E quindi la bolla è davvero "infallibilmente irreformabile", come scrive Kramer? Perché la sua spiegazione ("il rito della Messa codificato nel Messale tridentino è il rito ricevuto, approvato e tramandato dalla Santa Romana Chiesa") non mi convince: qualcuno potrebbe negare che sia così, qualcuno potrebbe dire che questo vale anche per il "novus ordo", insomma non è una spiegazione oggettiva.

Grazie a chi mi può spiegare.

Anonimo ha detto...

Romano dice,

Latinista,

Non solo la forma della sua promulgazione ma anche l'anathema di Trento contro quelli che disprezzano le riti ricevuti nella Chiesa minacciano i padri del concilio Vaticano II...i quali non hanno avuto MAI l'intenzione di abrogare la liturgia perenne, soltanto di approvare un altro modo di celebrare.

Communque, ne Vatican II ne Paolo VI in forma autorevola promulgava o aboliva niente...

l'argomenti ex iure per la messa nuova e contra la messa perenne sono tutti falsi...

Anonimo ha detto...

forse in linea di principio un papa potrebbe abrogare la bolla Quo Primum. ma dovrebbe farlo con un documento solenne tanto quanto la Quo Primum. e dovrebbe farlo esplicitamente cioe' dichiarando che la Quo Primum e' abrogata. e nessun papa lo ha fatto. Paolo VI aveva tslmente paura di farlo che (anche se ne aveva voglia) che ha cercato di aggirare l'odtacolo con quel pasticcio giuridico che conosciamo: un nuovo messale imposto.....senza pero' sbrogare il precedente. papa Montini disse in seguito chiaro e tondo, durante una allocuzionne in concistoro che il nuovo messale era obbligatorio. ma le leggi non si cambiano coi discorsi concistoriali, ma con altre leggi. sempre in linea di principio un papa non puo' vincolare o limitare il potere dei successori e quindi ci si chiede: san Pio V volevafare questo oppure il suo divieyo di modifica non era rifetito ai successori? bisogna pero' tener presente due cose: un papa non e' un sovrano assoluto e in piu' il messale antico ha l'avallo di secoli e secoli. un papa prima di abolirlo o limitarne l'uso...dovrebbe pensarci mille volte.......

Anonimo ha detto...

e ci si ricordi pure che il messale antico ha una doppia base giuridica: la Quo primum ma pure la consuetudine immemorabile che precede la stessa Quo primum. se si abrogasse la Quo primum resterebbe la consueyudine centenaria e immemorabile.....che ha lo stesso valore e cogenza della Quo primum

Anonimo ha detto...

Grazie,Silente per la segnalazione.
Un Requiem per Jean Madiran, del quale abbiamo potuto apprezzare molti scritti sapienti ed equilibrati.

Luisa ha detto...

Sempre da Corrispondenza Romana:

http://www.corrispondenzaromana.it/con-3515-lettere-in-7-giorni-si-e-chiusa-con-grande-successo-la-campagna-in-sostegno-della-messa-tradizionale-e-dei-francescani-dellimmacolata/

Estraggo questo passaggio,

"C’è da registrare infine l’affrettato ritorno dalle vacanze del neo-comissario padre Fidenzio Volpi. Alle origini del commissariamento dei Francescani dell’Immacolata c’è una “visita apostolica” di mons. Vito Angelo Todisco, che, sulla base di un surreale “questionario”, che meriterebbe di essere analizzato per la tendenziosità delle sue domande e, soprattutto della “sintesi” che ne è derivata, ha aperto la strada al provvedimento della Congregazione dei Religiosi. Si tratterà di vedere se anche mons. Volpi sia mosso, come mons. Todisco, da una radicale prevenzione contro i Frati. Il suo atteggiamento nei confronti della inabrogabile Messa tradizionale sarà una cartina di tornasole. C’è da augurarsi infine che la situazione non sia aggravata da un’analoga “visita apostolica” persecutoria, nei confronti delle benemerite Suore Francescane dell’Immacolata. Quel che appare inevitabile, comunque, quando le acque si saranno calmate, è una definitiva separazione tra l’ala più “tradizionale”, legata a padre Stefano Maria Manelli e padre Alessandro Apollonio, e quella più “progressista”, capeggiata dai padri Angelo Geiger, Angelo Gaeta, Alfonso Bruno, ai quali si è aggiunta la “zona grigia” di coloro che scelgono sempre di stare dalla parte del vincitore. Ma chi vince, alla fine, è sempre la Verità."

Anonimo ha detto...

Luisa cosa si sa del visitatore?
Forse il problema è partito proprio da lì.

Anonimo ha detto...

In effetti, in un concistoro, Paolo VI dichiarò obbligatorio il nuovo Messale riformato (gran brutta parola!). Infatti la riforma è stata ben lungi dall'organicità e dalla sedimentazione per fede richiesta da uno sviluppo sano della liturgia, ma la "fabbricazione a tavolino" ha "distrutto l'edificio antico", come affermato da Ratzinger poi Benedetto XVI, per sostiturlo con un nuovo dall'impronta innegabilnente protestante per chi non voglia chiudere gli occhi sulla realtà.
Che il popolo lo abbia accolto passivamente senza accorgersi di nulla è già accaduto agli anglicani e prima ancora ai luterani.
Meraviglia la stessa quasi generalizzata passività in sacerdoti e vescovi.

Anonimo ha detto...

In ogni caso, per il principio della gerarchia delle norme, può l'allocuzione di un concistoro abrogare una bolla papale?

Anonimo ha detto...

La segnalazione di Luisa mette in luce un'analisi seria, che richiederebbe risposte che purtroppo sarà difficile ottenere, se non si alza nessuna voce autorevole né in curia nê tra quei vescovi che ben dovrebbero conoscere i frati che operano nella loro giurisdizione.
Inoltre, se sarà confermato l'invito ai FI di ricordare ai fedeli di doversi sottomettere al volere papale, dobbiamo dedurre che questo riguarda anche loro e non solo i frati?

Ma, se così fosse, mancano totalmente le motivazioni. Non si può pretendere dai fedeli la sottomissione ad un provvedimento senza motivazioni esplicite e argomentate.
Anche perché quella vaghissina espressione "sentire cum ecclesia" non può riguardare la Messa... Soprattutto perché, in questo caso, dovrebbero dirci chiaramente con QUALE "Ecclesia" dovrebbe sintonizzarsi il nostro "sentire".

Anonimo ha detto...

la vaghissima espressione..., mic, riguarda tutto uno stile di vita che non appartiene più alla vita cattolica di oggi. Questo è il punto. Sentire ma con quale chiesa?

Anonimo ha detto...

aggiungo: e la messa cosiddetta tridentina, che si sposa bene con la vita dei FI, esprime quello stile di vita cattolica ahimè cancellato in pochi anni.
Questo è il vero nocciolo del provvedimento, ammantato da altre motivazioni.

Anonimo ha detto...

Anonimo, abbiamo formulato lo steso pensiero nello stesso minuto, perché ho completato la precedente formulazione negli stessi termini!

don Camillo ha detto...

Ora, se i sommi pontefici non hanno l’autorità per annullare il solenne decreto Quo primum, tanto più non l’hanno i decreti dei dicasteri romani.

Ahahhahah! da sbellicarsi dalle risate! Ma con tutto rispetto, ma dove ha studiato questa signora?

http://lepaginedidoncamillo.blogspot.it/p/il-novus-ordo-e-stato-imposto.html

Luisa ha detto...

@anonimo
Personalmente sulla persona di mons. Todisco non so niente, ho letto alcune informazioni che sono chiacchiere anche se per coloro che ne parlano hanno influenzato la sua lettura della situazione, io alle chiacchiere preferisco i fatti.
E i fatti mi bastano, e i fatti sono il questionario di cui parla Corrispondenza Romana e le conclusioni alle quali è arrivato mons. Todisco che hanno aperto la strada al commissariamento con l`evizione di Padre Manelli e la soppressione della Messa Antica.
Non mi sembra corretto, utile, e intelligente, attaccarsi alla persona in generale, ancor meno quando quella persona ha il coltello nelle mani, quando si sa che non è un amico, che non è benevolo nei nostri confronti e di ciò che per noi è prezioso e essenziale.
Lo ripeto, i fatti bastano e, mi sembra, i fatti parlano molto chiaro.
Vedremo quanti saranno i frati coraggiosi che non cederanno alle pressioni, alle minacce, ai ricatti, quanti saranno a non salire sul carro dei vincitori.
La loro sarebbe una ben miserabile vittoria, come qualificare altrimenti una vittoria ottenuta da religiosi attraverso la soppressione della Santa Messa Antica?
Di fronte a Dio sarebbe una vittoria?

Anonimo ha detto...

Non si può non pensare che il divieto imposto ai FI sia la prova generale per un'abrogazione di fatto del motu proprio. Il principio che anima il divieto è che la messa tradizionale è dannosa, non procura, a differenza del ramadan, frutti spirituali. E se è dannosa per i frati, perché non dovrebbe esserlo per tutti? D'altro canto, questa è la prova che la messa tradizionale cresce e i suoi nemici l'avvertono come una minaccia seria.

murmex ha detto...

Certamente è "retroattiva",Latinista.La la definizione di un dogma non è l'introduzione di qualcosa di nuovo,ma l'esplicitazione di qualcosa che GIA' ESISTEVA DA SEMPRE NEL PATRIMONIO DELLA RIVELAZIONE,così come il dogma dell'Immacolata Concezione era già contenuto in quello della Divina Maternità,e quello dell'Assunzione in quello dell'Immacolata Concezione

murmex ha detto...

Scusate,vorrei l'aiuto di qualcuno che abbia studiato teologia per chiarire un mio dubbio.Qualcuno(mi pare d.Camillo)mi sembra dica una cosa giustissima:posta di fronte a cosa buona o meno buona sono tenuta a scegliere quella meno buona,se me lo ordina l'autorità.I card.Ottaviani e Bacci,pur con "indicibile martirio"(Iota unum),hanno chinato il capo.Il riconoscimento del N.O come meramente"meno buono",potrebbe significare,di fronte a un ordine preciso dell'autorità,la distruzione della Messa di sempre.Diverso è il caso di scelta fra cosa buona o cattiva,in questo caso l'obbedienza non è nè dovuta nè lecita.Ma,e questo è il mio dubbio,è teologicamente possibile che un Papa (Paolo VI)abbia imposto alla Chiesa qualcosa di cattivo?

Anonimo ha detto...

Per murmex

Forse puoi trovare risposta qui

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/03/certezza-del-papa-e-dei-sacramenti-o.html

MAx T. ha detto...

murmex,
leggi il link postato nel commento di d. Camillo che spiega bene tutta la situazione. Ringrazio anche lo stesso don Camillo che nel suo blog ha spiegato ottimamente la faccenda del "non abrgato" o meglio come dice l'"abrogazione" della vigenza del Rito Antico che è effettiva checché ne dicano B-XVI e la Ghisleri. Spiega anche perrchè nonostante ciò è lecito (anzi doveroso) disobbedire alla lettera della legge e rifiutare le "rifome liturgiche artificiali".

rafminimi@infinito.it ha detto...

I card.Ottaviani e Bacci,pur con "indicibile martirio"(Iota unum),hanno chinato il capo.
Non mi risulta che "chinarono il capo". A quanto ne so, Ottaviani ha celebrato per tutta la vita la Messa Tridentina. Lo ha fatto in lingua italiana, seguendo i Messale del 1965, ma non si è MAI servito del N.O.
Circa Bacci non so, ma mi è giunta voce che fece più o meno lo stesso.

don Camillo ha detto...

Ringrazio anche lo stesso don Camillo che nel suo blog ha spiegato ottimamente la faccenda del "non abrgato"...

Prego.

murmex ha detto...

Sono andata,secondo suggerimento di MAxT,sul blog di don camillo.Mi sembra di aver capito(semplificando) che suggerisce ai Sacerdoti di esercitare l'epikeia, stante l'innegabile crisi,celebrando il rito nuovo se obbligati dai superiori,anche per non dar scandalo, con però un supplemento di retta intenzione(Offertorio tradizionale ,Canone romano ,insegnamento della teologia tradizionale,)o celebrando secondo il Messale 1952 se liberi.Gradirei però un parere del rev don Camillo sul comportamento di noi laici.L'adesione al Summorum (per quanto abbia sempre percepito come stonata l'equiparazione dei due riti come unica forma dell'unico rito)è l'unica chance per tanti,e quando anche questa non è possibile,che fare?Confesso che mi sento male quando esorto alcuni miei figli ad andare a Messa,NO,secondo la loro possibilità,sapendo che tale Messa "si discosta in modo impressionante dalla teologia cattolica della S Messa",mettendo quindi a rischio la loro Fede.Però esiste pur sempre un precetto.

Anonimo ha detto...

Murmex,
il mio confessore mi esorta a partecipare al NO, quando non riesco a raggiungere la Chiesa in cui si celebra il VO, per soddisfare il precetto.

Anonimo ha detto...

Poi dipende da dove capiti. Certe chiese le evito proprio perché so chi vi celebra...

don Camillo ha detto...

Diversamente credo che sia quantomeno illecita la posizione tanto di chi celebrasse la Messa nuova credendo ingenuamente nell'ermeneutica della continuità tra prima e dopo e decisamente illecita la posizione di chi celebrasse la Messa Tradizionale usufruendo del Motu Proprio, sostenendo che le due forme di liturgia si equivalgono e che non esiste in alcun modo una intrinsecità della crisi della Chiesa.

(http://lepaginedidoncamillo.blogspot.it/p/il-novus-ordo-e-stato-imposto.html)

Va detto con onestà che la mia personale posizione (condivisa da un buon numero di amici sacerdoti) mi rende molto antipatico specie al mondo tradizionalista-conservatore degli indultisti e motupropriati e quindi anche ai frati: che si sono subito affannati in queste ore a fare subito "professione di continuità".

Detto ciò, dopo averla invitata a leggere l'articolo di Blondet (http://lepaginedidoncamillo.blogspot.it/2013/08/papa-francesco-e-la-dissonanza-cognitiva.html) perchè tra qualche minuto lo toglierò - giustamente la Redazione di FDF, mi esorta a farlo - le dico che basta avere buone gambe e cercare nei propri dintorni la meno peggio, così come suggeritole da Mic.

Sono cresciuto in ambienti assolutamente modernisti, ma i consigli di mia nonna e mia madre (Messa e soprattuto Santo Rosario) mi hanno fatto da scudo e anticorpo.

Anonimo ha detto...

Ottimo l’articolo della Ghislieri che, per i FI, mostra molto più buon senso di tanti laudatori a priori quando afferma giustamente che ora i frati “possono guardare col senno di poi agli errori e agli inganni d’un passato non molto lontano per non ripeterli e non ricadervi”. Finalmente una persona che riconosce che questi frati e suore hanno commesso anche errori ed inganni, invece di descriverli, con un certo infantilismo, solo perfetti e sempre innocenti.

Anonimo ha detto...

beh, nell'esprimere la propria stima o le proprie tistimonianze positive credo che nessuno abbia voluto dare un quadro di perfezione, ma semplicemente ricondurre alla realtà un'immagine deformata da molti preconcetti.
Che ci siano problemi da risolvere nessuno lo ha mai negato. Se ne è piuttosto stigmatizzato l'uso strumentale per colpire la Messa e tacitare le pur rispettose voci di dissenso su alcuni punti controversi del concilio. È questo il vero "nodo" di tutto. Il resto rientra in dinamiche che possono riguardare ogni contesto ecclesiale.

Luisa ha detto...

E ci mancherebbe che vengano criticati coloro che hanno sentito il dovere di testimoniare il bene ricevuto e fatto dai FI, nessuna collettività umana è perfetta, ma quel che stava circolando erano menzogne, e anche calunnie, manipolate e strumentalizzate da chi ha la visibilità mediatica, per fortuna chi quel potere non lo ha, dispone di blog e siti per dar voce anche a chi sta subendo le conseguenze di quel decreto iniquo.

Marco Marchesini ha detto...

Per murmex:
chiedo scusa se rispondo solo ora. Quel testo che ha citato nel messaggio era quanto avevo scritto in un altro thread.
La domanda che mi sono posto anche io e' questa: come e' possibile che Papa Paolo VI abbia imposto qualcosa di cattivo.
Ora la teologia dogmatica ci insegna che le leggi universali promulgate dal Papa o da un Concilio non possono essere cattive in se stesse.
Ora la domanda si trasforma in questa: il NO e' una legge vera e propria? Il nuovo codice di diritto canonico impone delle leggi laddove si discosta dalla Tradizione?
E' chiaro che se si ritiene il NO e le nuove norme cattive, allora la risposta e' negativa. Non sono delle vere e proprie leggi, altrimenti non potrebbero in alcun modo essere cattive.
Per vedere se il NO e le nuove norme del Codice siano leggi e' necesario controllare le intenzioni del legislatore ed il testo della norma.
Il testo con cui e' stato promulgato il NO e' molto diverso dal testo con cui San Pio V ha imposto il VO a tutta la Chiesa, il tono delle espressioni e' molto pi' leggero e poi, fatto davvero strano, il NO non ha abrogato il VO! Come e' possibile che un nuovo rito non abbia abrogato il vecchio?
I dubbi sono tanti.
Per le nuove norme del Codice, visto che gli uomini della chiesa non puniscono le violazioni, allora che razza di leggi sono? E- chiaro che manca la volonta' di imporre una legge da parte del legislatore.
Quindi il NO e le nuove norme a mio avviso non godono dell-infallibilit' garantita alle leggi universali.

Spero di essere stato chiaro, scrivo di fretta murmex.

minstrel ha detto...

Domanda per don camillo visto che da lui non si può commentare. Appena letta la tirata di cekada e le sue conclusioni sull'epikeia.
Noto solo un errore di fondo quando lei scrive: " Se però la verità è preesistente, ed è legata alla rivelazione, essendo la Tradizione e la Scrittura le DUE FONTI della Rivelazione (il magistero non è fonte ecc.)"
Al che mi chiedo: sorry, ma chi è l'autorità che ha stabilito che QUELLA scrittura e QUELLA tradizione sono fonti della rivelazione?
La stessa che poi ha sbagliato? E allora perché dovrei leggere Marco e non il Vangelo di Tommaso? Chi me lo impedisce? Un'autorità che era legata all'imposizione delle mani (vescovo in vescovo) e che poi, non mutando questa condizione, alla fine sbaglia? Sorry? Sbaglia il CVII e invece Trento no? Sorry? Chi mi impedisce di pensare che avevano ragione gli ariani e non la corrente di nicea e farmi un bel canone personale con dentro pure il Vangelo di Pietro e di Giuda? Un'autorità che poi sbaglia?

A parte questo (che è tutto...) grazie dell'approfondimento che alla fine da ragione a chi parla di NO come rito valido ed ordinario e del VO come non più utilizzabile fino al motu proprio.

don Camillo ha detto...

Come dicevo bisogna avere, anzi è indispensabile, un corretto ordine di idee sul Magistero, la Rivelazione, l'Infallibilità, il Primato.

L'oggetto diretto dell'infallibilità
della Chiesa comprende, oltre alle verità rivelate, cose come la redazione dei Credo o Simboli ufficiali, la determinazione dei termini da usare nei canoni e nelle definizioni dogmatiche, il modo di interpretare la Scrittura e la tradizione, la decisione circa ciò che va incluso o meno nel Canone della Scrittura, la condanna dell'eresia. Tutti questi non sono che strumenti di espressione e di chiarificazione delle verità rivelate; se la Chiesa ne venisse privata, la sua autorità dottrinale verrebbe annullata e sarebbe senza effetto. In conseguenza essi formano una parte indispensabile del Magistero della Chiesa.

Nella fattispecie il canone fu stabilito 382 e solennemente dogmaticamente confermato da Tre Concili.

Latinista ha detto...

Marco Marchesini:
"Ora la domanda si trasforma in questa: il NO e' una legge vera e propria? Il nuovo codice di diritto canonico impone delle leggi laddove si discosta dalla Tradizione?
E' chiaro che se si ritiene il NO e le nuove norme cattive, allora la risposta e' negativa. Non sono delle vere e proprie leggi, altrimenti non potrebbero in alcun modo essere cattive."

Ma come no? Mi scusi, ma mi sembra un ragionamento degno di quegli ideologi per cui se la realtà non rientra nello schema voluto tanto peggio per la realtà.
Non dico del "novus ordo", non lo so; ma il codice certo che è una legge, lo è per definizione. Ora, o è una legge buona, o non è vero che le leggi universali promulgate dal Papa non possono essere cattive; l'unico punto fermo è che il codice è una legge.

"Per le nuove norme del Codice, visto che gli uomini della chiesa non puniscono le violazioni, allora che razza di leggi sono? È chiaro che manca la volonta' di imporre una legge da parte del legislatore."

Esistono anche leggi che non prevedono sanzioni per la loro infrazione, si chiamano "leggi imperfette", ma sono pur sempre leggi. Qui poi non si tratta nemmeno di questo, ma di sanzioni non comminate da chi dovrebbe farlo. È una mancanza del potere giudiziario, non di quello legislativo, se un giudice non applica la legge non per questo la legge non esiste o non è tale.

"Quindi il NO e le nuove norme a mio avviso non godono dell'infallibilità garantita alle leggi universali."

Anche le leggi sono infallibili?...

Latinista ha detto...

murmex:
"Certamente è "retroattiva",Latinista.La definizione di un dogma non è l'introduzione di qualcosa di nuovo, ma l'esplicitazione di qualcosa che già esisteva da sempre nel patrimonio della rivelazione"

Grazie, mi pare sensato. Resta da vedere se quella bolla fosse infallibile. Da alcune risposte mi pare di capire di no. Ora leggo l'articolo di don Camillo, che ringrazio per la segnalazione.

minstrel ha detto...

Perfect don camillo. Ed è proprio questo ordine di idee che mi impone di pensare che l'autorità di Nicea è uguale a quella del CVII in termini di "non errore". Provo comunque a rileggere.
Resta il fatto che la frase: "Bisogna abituarsi a evitare il ricorso alle sole condizioni, ma ragionare sempre tenendo conto del fatto che l'atto è anche un atto aperto alla sua spirituale personalità. Quindi più complesso, e tutto sommato indecifrabile con criteri oggettivi. Se però la verità è preesistente, ed è legata alla rivelazione, essendo la Tradizione e la Scrittura le DUE FONTI della Rivelazione (il Magistero NON E' UNA FONTE, ma è il veicolo della Tradizione, quindi è subordinato ad essa), esse saranno sempre il tornasole della bontà del magistero." la trovo fallace poiché la verià è certamente preesistente la Chiesa, ma è la Chiesa che mi ha raccontato quale sia la verità e QUINDI ha autorità sulla Tradizione perché è lei che ne da fondamento.

Anonimo ha detto...

Minstrel, di è detto uniliardo di volte che il CV2 si è autodefinito 'pastorale' e non 'dogmatico', tant'è che non ha emessp alcuna proposizione in maniera solenne.
Inoltre, essendo costituito da documenti, è possibile vagliarne la corrispondenza alla tradizione perenne. Ecco perché Benedetto XVI ha tirato fuori continuità e discontinuità (riconoscendo dunque il darsi di quest'ultima).
Peccato che abbia cambiato le carte in tavola attribuendo alla tradizione un altro significato trasferendola dall'oggetto-rivelazione (stabile e perenne) al soggetto-chiesa (mutevole e in divenire con i tempi).
Ma non lo ha fatto con una dichiarazione dogmatica. Né è accettabile il paradosso che un concilio che ha abolito i dogmi sia divenuto un superdogma indiscutibile e applicabile secondo gli arbitri dell'ultimo venuto. Così non c'è più
garanzia di nulla!

minstrel ha detto...

Certo che l'avete detto un miliardo di volte ma se non mi entra in testa forse è perché non mi avete convinto del tutto.
Pensare di risolvere il problema Vaticano II facendolo passare da un superdogma ad un Concilio di Serie B mi sembra un modo semplice per sbagliare.

seraafino ha detto...

Così non c'è più
garanzia di nulla!
QUI CASCA L'ASINO!
lE cose stanno esattamente così.

Marco Marchesini ha detto...

Per Latinista.
Se il codice attuale di diritto canonico contiene tutte e sole delle vere e proprie leggi, allora esse sono infallibili nel senso che non possono comandare qualcosa di cattivo. sono tutte buone.

E' da dimostrare che, nonostante il nome, tutte le leggi dell'attuale codice siano leggi vere e proprie. Deve essere chiara l'intenzione del legislatore di legare autorevolmente i sudditi.

Se poi l'autorita' non sanziona mai gli abusi, le eresie, io sono portato a pensare che alla fine dei conti manchi questa volonta' di fare delle leggi e quindi che le "leggi" in realta' non siano tali.

Ad esempio non capisco come possa essere intrinsecamente buona la legge che permette di amministrare dei Sacramenti a dei non cattolici. Questo e' sempre stato affermato essere instrinsecamente immorale da tutta la teologia prima del concilio.

Attenzione a non farsi ingannare dai nomi che rimangono invariati, ma che con la teologia del post-concilio possono assumere siginificati diversi. Un esempio e' il concetto di "santita' ". Se si cambia il concetto di santita' e' chiaro che le nuove canonizzazioni non godono piu' dell'infallibuilita'. Lo stesso dicasi per le "leggi".

Anonimo ha detto...

Pensare di risolvere il problema Vaticano II facendolo passare da un superdogma ad un Concilio di Serie B mi sembra un modo semplice per sbagliare.

Minstrel,
mi pare che dire che "il concilio" non sia da prendere in blocco, ma che è costituito da una serie di documenti, alcuni dei quali presentano punti controversi dimostrati non in linea con la tradizione, non significa definirlo un concilio di serie B. Significa rientrare nell'ipotesi della 'continuità' (correttamente intesa) già prefigurata da Benedetto XVI.

E non è corretto attribuire al concilio un'autorità che non si è dato e farne il nuovo superdogma, che di fatto la gerarchia attuale ne sta facendo...

Anonimo ha detto...

Se si cambia il concetto di santita' e' chiaro che le nuove canonizzazioni non godono piu' dell'infallibilita'. Lo stesso dicasi per le "leggi".

Il problema, come sottolinea Marco, è proprio questa 'strana' e impropria "variazione di senso", attuata attribuendo arbitrariamente (e anche con abilità subdolamente sottile, direi) alle parole significati diversi. Così come avviene per il termine "tradizione", ad esempio.

Dunque capita che si usino le stesse parole per esprimere contenuti diversi... è terribile direi. Anche perché in questa generazione c'è ancora qualcuno in grado di cogliere la differenze; ma, se non si tiene unito il filo e l'aggancio alle radici sane, il rischio di sviamento e alla fine di sovvertimento totale è davvero grandissimo!

Fedele ha detto...

Stamattina alle ore 7.00, la porta dell'Immacolatina al lungotevere Vaticano è rimasta desolatamente chiusa.