Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 28 dicembre 2017

De Mattei risponde a Edward Peters sulla lettera di Buenos Aires e il magistero autentico

Pubblichiamo la risposta del prof. Roberto De Mattei al prof. Peters sulla crisi della Chiesa in un articolo, uscito solo in lingua inglese su Onepeterfive il 19 dicembre scorso, che approfondisce il dibattito scaturito dalla pubblicazione negli Acta Apostolicae Sedis dei Criteri fissati dai vescovi argentini per l'interpretazione del'AL insieme alla Lettera papale di approvazione.

Il prof Edward Peters è uno studioso di sicura ortodossia che vuol contenere i danni della Esortazione post-sinodale Amoris laetitia di papa Francesco attraverso le armi del diritto canonico, in particolare del canone 915 del nuovo Codice (ne avevo parlato qui), che recita: «Non siano ammessi alla sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» (cf. E. Peters, Three ways to not deal with Canon 915, in “The Catholic World Report”, Jan. 24, 2017 e Some remarks on the de Mattei interview, in “The Catholic World Report”, Dec. 13,  2017 in cui critica la mia intervista a “Onepeterfive”  dell’11 dicembre 2017 (qui). A questo fine egli cerca di minimizzare il “Rescriptum ex audientia SS.mi” del 5 giugno 2017, rendendo praticamente irrilevanti sul piano teologico e canonico i due documenti che ad esso sono allegati (cf. On the appearance of the pope’s letter to the Argentine bishops in the Acta Apostolicae Sedis, in In the Light of the Law – A Canon Lawyer’s Blog, Dec. 4, 2017). 
Cercherò di spiegare perché questa posizione, pur mossa da buone intenzioni, mi sembra debole e pericolosa.

Per quanto riguarda il diritto canonico rimando allo studio di un valente giurista italiano che si cela dietro lo pseudonimo di Augustinus Hipponensis (qui). Egli osserva che quando il canone 915 cita «coloro che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto», non si riferisce solo ai divorziati risposati, ma ad una più vasta categoria di persone che comprende ad esempio, come ricordava in un suo scritto il cardinale Burke, anche i politici che sostengono pubblicamente normative sull’aborto o l’eutanasia (Canon 915: The Discipline Regarding the Denial of Holy Communion to Those Obstinately Persevering in Manifest Grave Sin,  in “Periodica de re canonica” (2007), pp. 3-58). L’intenzione di papa Bergoglio non è di modificare in toto il canone 915, ma solo di espungere da esso una categoria di persone (i divorziati risposati). Per farlo non era necessario, e nemmeno logico, di intervenire sulla norma generale. Il rescritto pontificio intende agire sul divieto particolare e specifico (i divorziati risposati) lasciando intatta la disposizione generale. Il can. 20 del nuovo Codice in effetti, consente al legislatore canonico di abrogare una disciplina precedente, anche in maniera tacita o implicita, allorché la legge posteriore sia incompatibile con la precedente, oppure quando sia riordinata ex novo la materia, oggetto della legge precedente. Nel nostro caso sembra indubbio che, sul piano legislativo, il divieto sancito nella Familiaris Consortio e dal diritto divino sia stato fatto cadere già a seguito dell’esortazione Amoris laetitia. «Oggi, sicuramente lo è – scrive il canonista italiano – atteso che il Vescovo di Roma, facendo propri i Criterios básicos (dei vescovi argentini) ed elogiandoli come unica ermeneutica possibile della sua esortazione, abbia inteso ammettere la categoria dei divorziati risposati – o come si dice degli adulteri – alla Comunione, prevedendo per essi una gradualità nell’ammissione al Sacramento. Pertanto il divieto – un tempo assoluto – non sarebbe più da considerarsi così stringente. Certo, come afferma il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi nella Dichiarazione del 2000, si tratta di un divieto di diritto divino. Non si discute. E tuttavia allora si pone un indubbio contrasto tra il diritto umano e quello divino di cui deve prendersi atto, senza cercare di eluderlo affermando l’irrilevanza dei due documenti e senza volerne trarre le logiche conseguenze teologiche e canoniche».

Per quanto riguarda invece l’aspetto teologico della questione, mi permetto di definire erronea, o quantomeno minimalista, la concezione del Magistero della Chiesa che sembra avere il prof. Peters. Il Magistero ordinario, esercitato giorno per giorno dalla Chiesa, comprende le encicliche, i decreti, le lettere pastorali e i discorsi del Papa e dei Vescovi in tutto il globo. La quasi totalità dell'insegnamento di Pio XII in materia di regolazione delle nascite è espresso in discorsi, come quelli alle ostetriche o ai medici cattolici, ai quali si dovrebbe negare il valore di Magistero autentico, se si applicasse la visione riduttiva del prof. Peters. Gli oltre cento documenti ecclesiastici raccolti nell’Enchiridion Symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum di Heinrich Denzinger (1819-1883), aggiornato fino ai nostri giorni, comprendono costituzioni, bolle, brevi, motu proprio, decreti, encicliche, esortazioni e lettere apostoliche di ogni genere e, nel loro insieme, costituiscono il depositum fidei della Chiesa. Pochi di questi atti sono di per sé infallibili. Ma anche il Magistero ordinario può divenire infallibile quando è universale, nel senso di essere continuamente ripetuto. La nota dottrinale esplicativa della Professio fidei della Congregazione per la dottrina della Fede del 18 maggio 1998 (AAS, 90 (1998), pp. 542-551)  ribadisce che una dottrina è da intendersi come proposta infallibilmente quando, pur non esistendo una forma solenne di definizione, «questa dottrina appartenente al patrimonio del depositum fidei è insegnata dal magistero ordinario e universale» (n. 9). Magistero ordinario universale che, come spiega la Congregazione per la Dottrina della Fede, per essere considerato infallibile deve essere «inteso in senso diacronico, e non solo necessariamente sincronico» (ibid., nota 27).  Per questo,
«nelle Encicliche Veritatis Splendor, Evangelium Vitae e nella stessa Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, il Romano Pontefice ha inteso, sebbene non in una forma solenne, confermare e riaffermare dottrine che appartengono all’insegnamento del Magistero ordinario e universale, e che quindi sono da tenersi in modo definitivo e inequivocabile» (” (Card. Tarcisio Bertone, A proposito della recezione dei documenti del magistero e del dissenso pubblico, Osservatore Romano 20 dicembre 1996)
Il 2 dicembre 2017 il Vaticano ha comunicato che il 5 giugno di quest’anno papa Francesco ha conferito lo status di “magistero autentico” alla lettera da lui inviata il 5 settembre 2016 ai vescovi della regione di Buenos Aires. Il testo della Lettera unitamente ai Criterios básicos elaborati dai vescovi argentini è stato pubblicato, in forma di Epistula Apostolica, negli Acta Apostolicae Sedis, il registro ufficiale della Sede Apostolica (fascicolo 10 dell’anno 2016, pp. 1071-1074). I due documenti sono stati promulgati con un rescritto ex audientia SS.mi, a firma del card. Segretario di Stato, Pietro Parolin, che, oltre a disporre la pubblicazione dei due predetti atti, li ha qualificati come espressione del Magistero Autentico (Summus Pontifex decernit ut duo Documenta quae praecedunt edantur per publicationem in situ electronico Vaticano et in Actis Apostolicae Sedis, velut Magisterium authenticum). 

Questo documento, come l’Esortazione apostolica Amoris laetitia, appartiene certamente al Magistero ordinario della Chiesa. Come ben nota il padre Brian Harrison, in un testo presentato da un altro illustre studioso, il prof. Paolo Pasqualucci (qui), le Epistulae apostolicae sono di rango superiore alle Litterae apostolicae, ai Motu Proprio e persino alle Costituzioni Apostoliche, come quella con la quale Giovanni Paolo II ha promulgato il Catechismo della Chiesa Cattolica.  Giovanni Paolo si è servito di una Epistola Apostolica per promulgare ciò che viene considerata una definizione ex cathedra proclamante una verità infallibile della seconda categoria (definitive tenenda); vale a dire, che solo gli uomini possono esser ordinati sacerdoti (Ordinatio Sacerdotalis, 1994).  Il carattere infallibile non deriva naturalmente dalla forma di Epistola Apostolica, ma dal fatto che l’insegnamento del Papa ha confermato quello plurisecolare della Chiesa.  Perciò, non a torto, il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, ha dichiarato il 5 dicembre al “Catholic News Service”:
«The fact that the pope requested that his letter and the interpretations of the Buenos Aires bishops be published in the AAS means that His Holiness has given these documents a particular qualification that elevates them to the level of being official teachings of the church». «While the content of the pope's letter itself does not contain teachings on faith and morals, it does point toward the interpretations of the Argentine bishops and confirms them as authentically reflecting his own mind," the cardinal said. "Thus together the two documents became the Holy Father's authentic magisterium for the whole church».   
L’Epistula di Papa Francesco spazza via ogni “ermeneutica della continuità”, affermando con autorità che l’unica corretta interpretazione del cap. 8 della Esortazione Apostolica Amoris laetitia è quella sostenuta dai vescovi di Buenos Aires nella loro lettera pastorale del 5 settembre 2016  («No hay otras interpretaciones»). Nell’art. 6 di questa lettera, i vescovi affermano che
«se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza, particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris laetitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia».   
Secondo Peters i due documenti  di papa Francesco non conterrebbero asserzioni circa la fede e la morale, ma solo disposizioni di carattere disciplinare. Ma un atto normativo, avente carattere disciplinare in materia di fede o di morale è sempre un atto di Magistero. Il Denzinger è pieno di disposizioni disciplinari o pastorali, come le risposte di Niccolò I (858-867) “Ad consulta vestra” ai Bulgari del 13 novembre 866, che devono essere considerate atti di Magistero autentico.  Nel caso della Epistula di papa Francesco non ci troviamo di fronte a una regola di carattere disciplinare, ma ad un nuovo insegnamento in materia di morale, che intende chiaramente ammettere gli adulteri alla Comunione, prevedendo per essi una gradualità nell’ammissione al Sacramento.
L’“ermeneutica della continuità”, ovvero il tentativo di interpretare alla luce della Tradizione della Chiesa documenti ambigui od erronei, ha mal funzionato perfino quando a promuoverla è stato un Papa come Benedetto XVI. Non è illusorio pretendere di utilizzarla quando è il Papa stesso che propone l’ermeneutica della discontinuità? Non è più semplice e logico ricordare che vi può essere errore anche in atti del Magistero ordinario non infallibile? Magistero autentico non significa infatti  “dogmatico” e se il fedele constata, in maniera ragionevolmente evidente, una opposizione precisa tra un testo di questo Magistero e la legge divina della Chiesa, dopo aver studiato accuratamente la questione, può lecitamente sospendere o negare il suo assenso al documento papale. Questa dottrina si trova nei teologi più autorevoli, come il padre Hugo von Hurter (1832-1914), che afferma:
«Se alla mente del fedele si presentano ragioni gravi e solide, soprattutto teologiche, contro decisioni del magistero autentico [=non infallibile], sia episcopale che pontificio, gli sarà lecito respingere l’errore, assentire condizionatamente, o perfino sospendere anche l’assenso» (Theologiae Dogmaticae Compendium,  Wagneriana-Bloud et Barral, Innsbruck-Parigi, 1883, vol. I, p. 492).
Ricordando le parole di san Paolo: «Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema» (Gal. 1, 8), san Vincenzo di Lérins commenta:
«Ma perché dice se anche noi stessi e non se anche io stesso? Perché vuol dire che se anche Pietro o Andrea o Giovanni o il collegio intero degli apostoli vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema. Che rigore tremendo! Per affermare la fedeltà alla fede primitiva non ha risparmiato né se stesso né gli altri apostoli» (Commonitorium, cap. VIII, 2). 
La possibilità dell’infedeltà alla Tradizione di un’assemblea di vescovi, e dello stesso Pietro, per quanto rara, non è esclusa. Chiudere gli occhi sulla realtà significa mettersi in un vicolo cieco. La ragione e il sensus fidei impongono di resistere, anche pubblicamente, a un Papa che promuove, sostiene e favorisce errori ed eresie all’interno della Chiesa. 
Roberto de Mattei

26 commenti:

irina ha detto...

Si fanno le pulci alla legge di Dio, semplicemente, perchè non la si vuole osservare.
Ogni legge cade su coloro per i quali è stata scritta; se x tira la legge, a modo suo, dalla sua parte, se y ugualmente gli dà un'aggiustatina per quello che lo riguarda, se z non è da meno e tira dalla sua parte...già dopo soli tre passaggi la legge non c'è più.Allora bisognerebbe rivolgersi direttamente al legislatore, nel nostro caso Dio, Uno e Trino, e chiedere ha Lui perchè abbia legiferato, visto che l'uomo, quando non vuol sentire, è sordo sordo sordo.

irina ha detto...

Oggi Santi Innocenti Martiri:
ricordo i 6.000.000 di ITALIANI uccisi da italiani nel grembo della loro madre e quelli morti per eutanasia in vari modi, la cui morte è stata motivata dai carnefici con una 'loro propria' idea di vita degna e non degna.
Tra gli uccisori ricordiamo E. Bonino e P, Englaro, apripista della morte nazionale.
A costoro si aggiungano uno stuolo di esecutori anche materiali ed intere assemblee legislative dello stato italiano,unitamente ai presidenti della repubblica che hanno firmato le leggi sulla morte di stato.
Una preghiera per questi piccoli martiri,anche Eluana era piccola perchè indifesa, morti nel silenzio e nella indifferenza di gran parte del popolo italiano.

tralcio ha detto...

Il Papa viene definito anche Santo Padre.
Per la Chiesa, che ha in Gesù lo Sposo e in Maria la Madre, è un ruolo del tutto speciale.
Gesù, ipostasi della seconda persona della Santa Trinità, è rivelatore del Padre divino.
Stiamo parlando del magistero ecclesiale sulla famiglia, cristianamente, ovvero ispirato dal Vangelo e riferito alla Rivelazione della Volontà del Padre nel Verbo incarnato.
L'intero operato della Chiesa, di cui il Santo Padre successore di Pietro è custode, ha per scopo la salus animarum e dunque la funzione di ricondurre le anime alla casa del Padre, là dove Gesù è salito per preparare un posto a chi accoglie la Sua Luce.
Gesù, che è Re, è asceso al Cielo e siede alla destra del Padre.
La sua Mamma è stata assunta in Cielo e ne è la Regina, incoronata da angeli e santi.
In questo luminosissimo affresco, grande come la volta di tutti i cieli dell'universo creato, ogni uomo è piccolissima cosa... Legato alla terra, solo l'umiltà, l'essenza dell'humus, che Dio ha voluto visitare per salvarlo dalla schiavitù conseguente al peccato (il voler fare la volontà propria e non del Padre), può farci stare al nostro posto in questa vita, in modo da poterci mettere al posto giusto in quella eterna.
La fede cristiana è "espropriazione di sé", perché chiede di credere alla Volontà di Dio.
Quello che conta è fare quella Volontà, la Volontà del Padre, non ciò che ci pare e piace.
La fede cristiana è un esodo dal vitello d'oro del mio io che giustifica la mia volontà.
Nel battesimo rinasciamo a vita nuova, spiritualmente, ma se non ci "rigeneriamo" noi non siamo affatto figli di Quel Padre. La nostra libertà ci impone delle scelte. Non c'è niente di automatico, tanto più che l'amore (e di amor si parla) per esser vero dev'essere libero.
Il Santo Padre sarebbe garante di questa immensa cura perché la libertà dell'uomo scelga conoscendo l'amore vero e non qualche strampalato surrogato rivestito di diritti.
Il "sarebbe" è dovuto alle possibili interpretazioni del ruolo e oggi ne sappiamo qualcosa.
Non è difficile da capire: un figlio nato naturalmente potrebbe anche crescere come un'intelligente bestiolina se non venisse rivestito di amore, cura, sapienza, educazione e molto altro. Per tutta la vita sarà tributario di una rigenerazione continua di bene.
Anche da grandi sentiamo il fiato sul collo del padre e della madre o di chi ne fa le veci.
San Giuseppe è esemplare: persino per Gesù, che il Padre ce l'ha nella Santissima Trinità, è necessario un padre sulla terra e Dio lo provvede in un uomo che dice il sì a Maria che ha detto sì a Dio. San Giuseppe è veramente padre di Gesù, anche se Gesù è Dio. San Giuseppe e la sua sposa accudiscono al divin bambino educandoLo alla legge di Dio.
Come San Giuseppe accoglie Gesù, così San Giuseppe ne è Padre: lo disse proprio Gesù "perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre" (Mt 12 e parallelo in Lc 8). San Giuseppe fa la Volontà del Padre ed è rivestito da Dio dell'autorità di Padre, accettandosi, lui per primo, come figlio di Dio.
Il disastro dei "cattolici adulti", degli "adulti nella fede", fossero anche il Santo Padre, è di non sentirsi più figli e di ambire alla propria parte di eredità, per andarsene fuori di casa. Il movimento giusto è esattamente l'opposto. E il Padre lo attende. Sempre.
Ma se non ritorno alla Casa del Padre, se rimango nelle tenebre, la luce di Cristo non c'è.
Al di là delle schermaglie in punta di diritto canonico, è una questione di paternità e di figliolanza, con sullo sfondo la maternità che magnifica il Signore nella sua beata umiltà.

Anonimo ha detto...

Brava Irina , per tutti , vittime , carnefici e pavidi , una prece .

Anonimo ha detto...

La sicura ortodossia di questo studioso mi pare che stia cedendo il passo al compromesso e al cerchiobottismo, come già avvenuto tante e tante volte in passato.

Peccato che adesso si è varcato il limite e queste arrampicate sugli specchi appaiono definitivamente superate e anche un pò patetiche.

Ha ragione il Prof. De Mattei, che ha un solo torto... perde troppo tempo a raccontare l'ovvio a chi non vuole vedere i fatti per quello che sono.

Anonimo ha detto...

Siamo sicuri che la questione di FC84 sia dogmatica e quindi ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati con attenuanti sia andare contro il diritto divino?

Che dire allora di questo? http://www.sanpiox.it/articoli/crisi-nella-chiesa/745-concilio-vaticano-ii-e-comunicazione-con-gli-acattolici

Ammettere ai Sacramenti cattolici degli scismatici che non vogliono convertirsi alla Fede Cattolica è forse meno grave? Eppure anche rifiutare di convertirsi alla Fede Cattolica danna esattamente quanto connettere adulterio, se questi due atti sono commessi con piena avvertenza e deliberato consenso.

Marco Locatelli

Anonimo ha detto...

L’intenzione di papa Bergoglio non è di modificare in toto il canone 915, ma solo di espungere da esso una categoria di persone (i divorziati risposati).

Falso. L'intenzione è distruggere la morale, la fede e la Chiesa, pian piano...
Chi non vuol vedere non vede.

Molto Perplesso ha detto...

Dal disastro teologico morale e pastorale generato dal doppio (anti) sinodo sulla/e famiglia/e non si puo' uscire in alcun modo, se non riconoscendo, finalmente, e dichiarando, per grazia di Dio, che gli (anti) sinodi del 2014 e 2015 furono convocati illegittimamente: con causa illecita e fine disonesto. L'insegnamento del Vangelo e il Magistero della Chiesa non si mette ai voti. Le "situazioni" che sono "irregolari" lo saranno sempre.
I Vescovi che scesero al compromesso di partecipare ai due (anti) sinodi, magari con l'intento apprezzabile di contenere la deriva, ne risponderanno davanti al Sommo Giudice. Non e' lecito a nessuno, neanche a tutta la Chiesa, esaminare e discutere cio' che e' gia' vincolante, neanche per ribadire la sussistenza di tali vincoli.
La Madonna ad Akita aveva predetto: "...la Chiesa sara' piena di coloro che accettano compromessi...".
Benvenuti nella contro-chiesa.

Anonimo ha detto...

Sono stato colpito dal "composto". Prendete la finezza del gesuita e mescolatela con l'allergia del modernista per le definizioni codificate. Il desiderio del VdR che la sua risposta ai vescovi latino-americani sia considerata magistero (salvo sue precedenti dichiarazioni meno esplicite) stando a ciò che scrive Parolin, gli è stato comunicato ORALMENTE.
Faccio notare che:
1) Se un tale desiderio lo avesse espresso BXVI, il minimo che gli si sarebbe stato fatto notare sarebbe stato (giustamente) "LO METTa PER ISCRITTO". Non è una illazione. E' successo circa il desiderio di BXVI della celebrazione se non proprio Versus Deum, quanto meno verso il Crocifisso. Tanti preti pubblicamente hanno affermato :" "LO METTa PER ISCRITTO. Faccia una legge in proposito e poi si vedrà";
2)l'inesistenza di tale testo scritto, anzi l'esplicita dichiarazione di tale inesistenza, da parte del Parolin,mi è parsa, fin da subito, una sorta di preparazione per un "Piano B". Se mai dovesse suscitare troppe reazioni, il VdR potrebbe sempre negare, attribuendo il tutto ad una errata comprensione del Parolin.

Anonimo ha detto...


"Ammettere ai Sacramenti cattolici degli scismatici che non vogliono convertirsi alla Fede Cattolica è forse meno grave? " (Marco Locatelli).

Non, ce n'est pas moins grave. C'est pourquoi Vatican II, qui l'a permis, est à rejeter entièrement. C'est la source de tout le mal.

mic ha detto...

I Vescovi che scesero al compromesso di partecipare ai due (anti) sinodi, magari con l'intento apprezzabile di contenere la deriva, ne risponderanno davanti al Sommo Giudice. Non e' lecito a nessuno, neanche a tutta la Chiesa, esaminare e discutere cio' che e' gia' vincolante, neanche per ribadire la sussistenza di tali vincoli.

Non sono d'accordo che la semplice partecipazione al Sinodo possa considerarsi un "compromesso". Se non si è fuori dalla Chiesa per dichiarato scisma è normale cercare di dare il proprio contributo per quanto duro e ostico possa essere il contesto. Infatti, non si trattava, per chi è cattolico, esaminare e discutere ciò che è già vincolante; ma riaffermarlo nei confronti di chi si ostinasse ad esaminarlo e discuterlo. Agli atti del Sinodo e a futura memoria restano la "Lettera dei 13" e tutti gli interventi dei singoli "circuli".

mic ha detto...

La Madonna ad Akita aveva predetto: "...la Chiesa sara' piena di coloro che accettano compromessi...".

Con tutto il rispetto su Akita, che non ho approfondito perché il pullulare di rivelazioni private mi rende sempre circospetta, non si può fondare un'affermazione su una frase, per di più generica, estrapolata da una rivelazione privata. E che peraltro scopre l'acqua calda...

mic ha detto...

Non, ce n'est pas moins grave. C'est pourquoi Vatican II, qui l'a permis, est à rejeter entièrement. C'est la source de tout le mal.

E dai! Si fa presto a dirlo, soprattutto da una tastiera anonima. Ma a farlo? Bisogna vedere chi e come...
E in ogni caso non abbiamo il discernimento e la vena aurifera del Magistero Perenne che pure vi è contenuto insieme agli elementi da rigettare?

Anonimo ha detto...

"Ammettere ai Sacramenti cattolici degli scismatici che non vogliono convertirsi alla Fede Cattolica è forse meno grave? " (Marco Locatelli).

Non, ce n'est pas moins grave. C'est pourquoi Vatican II, qui l'a permis, est à rejeter entièrement. C'est la source de tout le mal.“

Appunto, caro o cara amico/a d’oltralpe, il punto che sottolineavo nella affermazione da lei quotata è proprio questo: come si può, ora, condannare Bergoglio per eresia per quanto fatto con Al e per aver ratificato tale interpretazione negli Acta Apostolicae Sedis, se non è stata condannata quella decisione di San Giovanni Paolo II, formalizzata nel nuovo codice di diritto canonico al Canone 844.3?

Il problema è questo, e cioè che o si condannano entrambe o non si condanna nessuna delle due. E perché all’epoca nessuno disse niente?

Alla fine Bergoglio sta applicando in campo morale quello che era stato già applicato nel campo dell’ecumenismo tempo prima.

Marco Locatelli

Anonimo ha detto...


Baronio:
se la condanna per i nemici di Cristo sarà inappellabile, non meno severo sarà il giudizio per i tiepidi che, potendo e dovendo levare la voce, hanno preferito attendere, inerti, l’intervento di Dio.

Anonimo ha detto...


Mgr Lefebvre ne cessait de répéter que ce qu'il peut y avoir de bon dans Vatican II ne sert qu'à faire avaler ce qui s'y trouve de mauvais. On avale le poison sans s'en rendre compte. "Absit", donc.

Luisa ha detto...

Qui un`intervista, sempre su onepeterfive, di de Mattei sulla crisi attuale della Chiesa:

https://onepeterfive.com/interview-roberto-de-mattei-discusses-the-escalating-church-crisis/

Tradotta in francese e spagnolo:

https://www.leforumcatholique.org/message.php?num=841390

http://fsspx.mx/es/news-events/news/entrevista-con-roberto-de-mattei-sobre-la-creciente-crisis-de-la-iglesia-34654

mic ha detto...

Luisa,
L'abbiamo pubblicata qui il 19 dicembre
https://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2017/12/intervista-al-prof-roberto-de-mattei.html

Anonimo del 28 dicembre 2017 11:56 ha detto...

Anonimo Anonimo ha detto...
Sono stato colpito dal "composto". Prendete la finezza del gesuita e mescolatela con l'allergia del modernista per le definizioni codificate. [...])
l'inesistenza di tale testo scritto, anzi l'esplicita dichiarazione di tale inesistenza, da parte del Parolin,mi è parsa, fin da subito, una sorta di preparazione per un "Piano B". Se mai dovesse suscitare troppe reazioni, il VdR potrebbe sempre negare, attribuendo il tutto ad una errata comprensione del Parolin.

28 dicembre 2017 11:56
Questi aspetti curiosi hanno colpito solo me?

Cooperatore veritatis ha detto...

Il cuore del problema della Chiesa Cattolica: i gesuiti.

Userò non le mie parole ma le parole di padre Malachi Martin, un gesuita: «Per la grande massa dei cattolici, sia laici che ecclesiastici, era impensabile che proprio i gesuiti potessero diffondere una nuova idea della Chiesa; o che muovessero guerra non a un solo papa [cioè a Giovanni Paolo II, reo di averli “commissariati quando padre Arrupe fu colpito da trombosi, nel 1981, ma addirittura a tre ( cioè Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) ingannandoli, disubbidendoli, aspettando la morte di ciascuno con la speranza che il prossimo avrebbe lasciato loro mano libera. Inevitabilmente, la guerra dei gesuiti contro il papato è venuta alla luce durante il pontificato di Karol Wojtyla. Quest’uomo carismatico e ostinato giunse al soglio pontificio con l’esperienza diretta del marxismo in Polonia […]. Dal momento dell’elezione, fu chiaro che Giovanni paolo II avrebbe incontrato l’opposizione di molti membri della burocrazia vaticana che aveva ereditato. Ciò che fu meno chiaro, anche per i consumati osservatori vaticani, era che anche i gesuiti avrebbero sfidato la sua autorità in materia politica. Niente di ciò che Giovanni paolo II ha tentato dal momento in cui è arrivato alla cattedra di san Pietro nel 1978 è servito a dissipare o almeno ad attenuare l’opposizione gesuita».

Il giornalista e scrittore Francesco Lamendola, in un articolo del 2016, ha posto un’interessante quesito: “I gesuiti hanno preso il timone della Chiesa, ma per condurla dove?” Sul aito cooperatores veritatis potrete trovare un bellissimo e lungo studio sul gesuitismo novatore post-

Qualcosa, però, è cambiato in profondità nell’atteggiamento di fondo dei fedelissimi del papa, spiega Lamendola: «Verso la metà del XX secolo alcuni membri dell’ordine, come il paleontologo e filosofo Pierre Teilhard de Chardin, hanno suscitato polemiche e controversie con le loro audaci prese di posizione teologiche; altri, come Karl Rahner, hanno sostenuto apertamente la necessità di una radicale riforma della Chiesa e hanno spinto energicamente in tale direzione, fin dentro le aule del Concilio Vaticano II. Il quale concilio è stato giudicato, da più di un osservatore, come il tentativo di attuazione della riforma globale auspicata da Rahner e da altri; tendenza poi sviluppata e ulteriormente approfondita sotto lo stimolo della teologia della liberazione. (…)

In che cosa consisterebbe il “nuovo corso” dei moderni gesuiti, mai apertamente presentato come una rottura con la tradizione, anche se, di fatto, lo è, sia nella strategia di fondo, sia nella tattica?

1) in una “svolta antropologica”, inaugurata, appunto, da Karl Rahner, che pone l’Uomo, e non più Dio, al centro dell’orizzonte spirituale;
2) nella priorità della “dignità dell’uomo” rispetto alla Verità;
3 nella relativizzazione stessa del concetto di verità (si ricordi ciò che disse in proposito Bergoglio a Eugenio Scalfari nella ben nota intervista rilasciata a La Repubblica, poco dopo la sua elezione);
4) l’obbedienza al papa non è più assoluta e incondizionata, ma dipende dal fatto che il papa sostenga, oppure no, codesto processo di riforma;
5) il papa non deve essere più considerato come il capo della Chiesa, ma come il vescovo di Roma e, al massimo, come un primus inter pares fra i vescovi di tutto il mondo, perché la Chiesa si deve trasformare in una specie di grande assemblea democratica permanente, sul modello “conciliarista” del Vaticano II;
6) la Chiesa deve lasciar cadere anche le ultime riserve nei confronti delle altre “verità”, comprese quelle irreligiose, e deporre ogni pretesa di superiorità derivante dal possesso di una verità oggettiva (e, anche qui, si ricordi quel “buonasera” pronunciato da Bergoglio, al popolo dei fedeli di Roma, la sera della sua proclamazione, dal balcone del Palazzo vaticano, quasi che non volesse offendere gli atei con un bel: Sia lodato Gesù Cristo)»[79].
Ci sono altri punti interessanti che sono analizzati nello studio del sito cooperatores veritatis.

Luisa ha detto...

Grazie Maria, sono tante, troppe, le informazioni e ogni tanto la memoria ne lascia scappare alcune per allegerirsi un pò...

Anonimo ha detto...

il prof. De Mattei meritoriamente dimostra come sia vano ogni tentativo di normalizzare la situazione: siamo di fronte all'errore che si fa Magistero, nero su bianco. Peccato però che pure lui non sia sufficiente netto sulla necessità di procedere alla correzione formale...

irina ha detto...

Se qualche storico legge e può rispondere:

Quale fu la posizione dei gesuiti durante la guerra civile spagnola?
Quale la fu la storia dei gesuiti in Spagna durante tutto il '900?

irina ha detto...

Son due anni che, tra varie introduzioni sinodali, lo scritto,le critiche allo scritto siamo incastrati intorno a questi fuorilegge del talamo nuziale. NESSUNO in questo lasso di tempo ha posto il problema: come evitare che questi tormentoni si ripetano? La risposta è una sola: l'educazione dei fanciulli e delle fanciulle. Su questo tema silenzio di tomba. Certamente cestiniamo a priori qualsiasi opinione della ministra felliniana. Educazione seria qui si intende, una educazione che inizia alla nascita e riguarda l'anima e lo spirito del bambino. Di questo dovrebbero occuparsi i genitori, tutto il nucleo familiare, la scuola. E la chiesa...chiesa che una volta che i buoi son scappati neanche chiude più la stalla anzi incoraggia chi non è scappato a darsi alla fuga. Queste anime sono asfaltate dalla nascita, le si nutre con sconcezze, poi non meravigliamoci dei tormentoni triennali di un pontefice che, con grande misericordia, lega tutti al palo della copula forzata. Basta, el papa faccia pure all'argentina e dell'educazione dei fanciulli chissene!

Anonimo ha detto...

NESSUNO in questo lasso di tempo ha posto il problema: come evitare che questi tormentoni si ripetano?

Magari. Perché in realtà ci hanno pensato già da un anno e mezzo, e faranno altri danni:

https://www.lifesitenews.com/news/vatican-releases-explicit-sex-ed-for-teens-that-leaves-aside-parents-and-mo

irina ha detto...

Si resta basiti. Siamo entro il demoniaco.