La rinascita liturgica, come ogni tipo di rinascita, nasce dal recupero di ciò che è stato dimenticato. Nella nostra traduzione da News Catholic Register, l'ennesima reazione alle restrizioni del vescovo di Charlotte qui. Cose dette e ridette anche in termini più approfonditi; ma repetita iuvant! Qui l'indice degli articoli sulla Latina Lingua.
Il latino appartiene alla liturgia
Quando ero uno studente, un laureato e poi un giovane professore, vivendo in Carolina per nove anni, ho imparato ad apprezzare la gente e i loro modi spesso cortesi, particolarmente accattivanti quando si manifestavano, come spesso accadeva, nella classe operaia. Ho incontrato persone, non molte, di cui si potrebbe dire che stessero "combattendo di nuovo la Guerra Civile". In un certo senso, li consideravo come si potrebbero considerare i sostenitori di Bonnie Prince Charlie dopo la disfatta di Culloden, riconoscendo loro almeno il merito della lealtà. Questi sostenitori del sud non volevano parlare troppo della schiavitù, che non potevano e non volevano difendere, se non per dire che i nordisti non erano certo migliori, il che era abbastanza vero.
Ora, il vescovo di Charlotte, Michael Martin, vuole imporre restrizioni così severe alla Messa in latino da avviarla verso l'oblio. Vuole anche vietare una varietà di modi di celebrare il Novus Ordo che si avvicinano allo spirito e alla pratica del rito antico qui. Anche questo significa combattere di nuovo la Guerra Civile, ma con queste importanti differenze: il vescovo Martin è dalla parte dei vincitori; il Novus Ordo è ovunque. I vinti non hanno commesso alcun male. Il conflitto è del tutto inutile.
La stragrande maggioranza di coloro che partecipano alla Messa latina tradizionale lo fa senza la minima intenzione di combattere contro il proprio vescovo o contro coloro che partecipano al Novus Ordo. Partecipano alla Messa latina perché sentono di non trarre sufficiente forza dal Novus Ordo. Questo non significa dubitare della validità dei sacramenti. Significa sentire che il resto è roba da poco. Forse trovano vuota anche la musica contemporanea sdolcinata e narcisistica. Forse sono stanchi della Nuova Bibbia Americana e delle sue traduzioni monotone, a volte confuse e a volte fuorvianti. Forse trovano che l'atmosfera loquace non favorisca la preghiera. Forse il sacerdote, per capriccio, altera le parole delle preghiere o delle letture della Scrittura. O forse – e questo è qualcosa che il vescovo sembra trovare incomprensibile – trovano una forza nel latino stesso.
Il vescovo Martin aveva già proposto di vietare il latino anche nel Novus Ordo, sebbene il documento del Vaticano II sulla liturgia, Sacrosanctum Concilium, affermi che "si provveda affinché i fedeli possano recitare o cantare insieme in latino anche le parti dell'Ordinario della Messa che li riguardano". Per il vescovo, il latino è un mero peso. È sbagliato, suggerisce, "costringere" le persone a usare una lingua che non conoscono.
Qui scuoto la testa. Ho sentito per tutta la vita che Gesù pregava nella sua lingua madre, quindi dobbiamo pregare nella nostra. Ma preghiamo nella nostra. La domanda è se pregheremo mai in un'altra. E qui non possiamo dare per scontato di sapere esattamente cosa facessero sempre Gesù e i suoi apostoli. La loro lingua madre era l'aramaico, un cugino stretto dell'ebraico classico. Ma l'ebraico era ancora usato nel culto e gli scribi studiavano i testi ebraici; le traduzioni scritte in aramaico apparvero un po' più tardi. E se Gesù e gli apostoli all'Ultima Cena cantarono un salmo, non solo il poema sarebbe stato in ebraico, ma sarebbe stato in un ebraico poetico che, quando i Salmi furono composti, non era l'ebraico delle cronache o del vivere quotidiano. Infatti, alcune parole dell'ebraico antico le troviamo solo nella poesia, in nessun altro luogo.
Perché, allora, il vescovo Martin considera il latino a Messa un obbligo, piuttosto che un dono – un'opportunità, una finestra, un'occasione per ascoltare preghiere fin troppo familiari in un modo meno familiare? Certamente, molti ispanofoni della diocesi troveranno il latino più facile da cantare rispetto all'inglese. Ma a parte questo, perché non dovremmo pregare a volte nell'antica lingua in cui le preghiere furono composte?
Anche quando le preghiere sono tradotte bene, nessuna traduzione può rendere completa giustizia all'originale e, inoltre, ciò che risalta in una lingua potrebbe non risaltare in modo così evidente in un'altra. Nel Credo, l'inglese "suffered" deve prendere il posto del latino "passus est", ma il latino ci offre suggerimenti difficili da cogliere nell'inglese: il più ovvio è che la sofferenza di Gesù fu la sua Passione, un atto non solo di sopportazione, ma di intenso sentimento e amore. Nel Gloria, l'inglese "receive our pray" è una traduzione accurata ma pallida del latino "suscipe deprecationem nostram", con la sua azione drammatica, in cui Dio letteralmente prende dal basso la nostra umile preghiera – la nostra deprecazione, quando nella preghiera diamo meno importanza a noi stessi e più importanza a Dio.
Tutto bene per uno studente di lingue, direte voi, ma non per la gente comune? Al contrario, va bene per tutti, e non è affatto difficile da capire, dato che stiamo parlando di preghiere che la gente già conosce, quindi sarà naturale per loro sentire il latino come in contrappunto con la lingua volgare. Ma c'è qualcos'altro in gioco, qualcosa che si evince dalle altre direttive contemplate dal vescovo: il divieto di ricevere la Comunione alla balaustra dell'altare, il divieto per il sacerdote di stare rivolto ad orientem, il divieto della Preghiera a San Michele recitata al termine della Messa da tutta la congregazione, e così via. In ogni caso, il vescovo sembra favorire un minimalismo liturgico, l'eliminazione di ciò che è superfluo, di tutto ciò che è cerimoniale, aulico, misterioso, traboccante. Quando si tratta di culto, l'uomo non deve vivere solo di pane; deve vivere di pane bianco, ridotto a poche calorie e con pochissime vitamine.
Parlando dal punto di vista umano, una dieta del genere non può soddisfare. Abbiamo bisogno di ciò di cui non abbiamo bisogno. Mai, al di fuori della Messa, ci troveremo tutti rivolti nella stessa direzione mentre la nostra guida si rivolge a Dio. Mai, al di fuori della Messa, ci inginocchieremo accanto a uno sconosciuto, aspettando che qualcuno si avvicini con cibo celeste. Mai, al di fuori della Messa, canteremo o salmeggeremo in una lingua che è tramontata dal tempo con le sue vicende e i suoi cambiamenti, per dimorare in una gloria immutabile, unendo persone di tutti i secoli della fede cristiana – persone che hanno cantato le stesse identiche parole, Sanctus, Sanctus, Sanctus, per non essere mai dimenticate.
Quanto alla coercizione, ne abbiamo avuta in abbondanza, con il "Vaticano II" – non i documenti, ma il nome, come talismano o spettro da invocare – a fungere da esecutore. Quel esecutore ha marciato come Sherman verso il mare. L'arte è stata strappata via, smantellata o coperta, le preghiere sepolte, i devozionali sminuiti, la disciplina accantonata, le cerimonie cancellate; avremmo dovuto dimenticare che ci fosse mai stata una Chiesa prima della nostra, se non per sminuirne le virtù e condannarne i peccati, reali o presunti.
Ma la Chiesa pre-Vaticano II non era il Sud anteguerra. Non era in debito con alcun torto eclatante. E nella storia umana, da dove provengono i revival culturali? Non dall'immaginare mondi mai esistiti prima; questi sono spesso i sogni febbrili di persone che odiano l'umanità, come coloro che ora desiderano sottoporre la razza umana a sorveglianza e controllo genetico. I revival nascono dal recupero di ciò che è stato dimenticato. Questo non sarà mai la stessa cosa che fingere di poter tornare al passato. I grandi scultori rinascimentali non si limitarono a copiare ciò che trovarono nelle statue antiche, ma senza quel recupero non ci sarebbero stati Donatello o Michelangelo. L'umanità dimentica o perde sempre qualcosa. Se non è più il 1959, l'anno in cui sono nato, non è più nemmeno il 1969, l'anno in cui la traduzione inglese minimalista e spesso insidiosa del Novus Ordo fu imposta a ogni parrocchia del paese. Quella traduzione non esiste più, grazie a Dio. Ma c'è ancora un grande tesoro di espressioni pie da recuperare. E verrà recuperato.
Anthony Esolen
Anthony Esolen, Ph.D., è docente e scrittore residente presso il Magdalen College of the Liberal Arts di Warner, nel New Hampshire.
7 commenti:
Domanda fuori tema (ma non troppo):
Giovedì 19 Giugno p.v. a S.Anna vi sara' la S.Messa secondo il Rito Romano Apostolico ?
Mendicando briciole cadenti dalla tavola preconciliare: Burke avrebbe già chiesto a Leone XIV di «ripristinare la situazione esistente dopo il Summorum Pontificum e persino di sviluppare ciò che papa Benedetto XVI aveva così saggiamente e amorevolmente legiferato per la Chiesa».
La Madonna del Buon Consiglio Sede della Sapienza unitamente a S.Giuseppe
consiglino questo successore dell'Apostolo Pietro. Forse qui sarebbe utile la
riunione della Collegialita' Episcopale in modo da riflettere insieme sul dono
della Fede ricevuta?
Volesse Dio che si torni a celebrare in S.Pietro su ogni altare !
Alla lettera, dall'avviso, mi pare di dover interpretare che sarà celebrato domenica, unendosi - alla fine della Messa - alla processione papale da San Giovanni a Santa Maria Maggiore
L'inglese si è diffuso nell'universo mondo con romanzi, saggi, film, canzonette e con la tecnologia tanto da scalzare, nell'esprimere questo e quell'argomento argomento xy, tutte le altre lingue del mondo. E tutti zitti. Ora per la Messa in latino nascono tutte le difficoltà di comprensione per i poveri ignoranti del mondo che parlano già la loro lingua e capiscono e parlano un inglese essenziale, ma con certezza bronzea alcuni vescovi o loro segretari o addetti stampa, sostengono che la Messa in latino, detta Cattolica, i loro poveri ignoranti non la capiranno mai e la Messa Cattolica non sarà mai per i loro poveri ignoranti di nessun giovamento spirituale. Bisognerebbe chiedere a questi vescovi o ai loro segretari o ai loro addetti stampa come loro stessi hanno imparato la loro propria lingua o l'inglese. Di solito si impara ascoltando e ripetendo ciò che si è ascoltato, piano piano focalizzando sempre meglio il significato e la pronuncia esatta della singole parole. Certamente il bambino che va alla Messa Cattolica con i suoi genitori imparerà prima dell'adulto che torna alla Messa Cattolica nella sua piena maturità. Molti adulti colti ,con il loro latino scolastico ormai completamente dimenticato, neanche vogliono leggere le parole del foglietto o del messalino in latino, ma si mettono come bambini in ascolto del mistero a cui sono tornati e pian piano entrano anche nelle parole antiche e son contenti così. In tutte queste chiacchiere sul latino sì e/o latino no c'è molto intellettualismo pretestuoso che cerca di nascondere altro in cui il latino non entra affatto.
Pensate a quanti dovranno imparare il cinese.....
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