Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 3 giugno 2025

Il celibato, vissuto in Cristo, non è una mancanza ma una sovrabbondanza

Dopo anni di insulti e scandali, si risente una voce che ridona significato nobiltà e grazia aalla vita sacerdotale
Il celibato, vissuto in Cristo, non è una 
mancanza ma una sovrabbondanza

L’amore di Cristo ci possiede. È un possesso che libera e ci abilita a non possedere nessuno.” Il sacerdote è di Dio, e per questo non si appropria di nulla, ma dona tutto. Una riflessione sul sacerdozio a partire dalle parole di Papa Leone XIV

LO SPIRITO DI S. AGOSTINO CHE MUOVE IL PAPA: Agostino, da vescovo, non si stancava di ricordare ai presbiteri e a sé stesso che il pastore non deve “possedere” il gregge, ma amarlo con cuore casto e puro. Nell’Enarratio in Psalmum 99, dice: “Siate gregge di Dio: egli vi ha creati, egli vi ha posseduti.” Qui “possedere” ha il senso alto e paterno del Creatore e Redentore: il sacerdote è posseduto da Dio per non possedere nessuno, ma per custodire tutti con la mansuetudine dell’Amore incarnato.

Stamattina (31 maggio -ndr), durante l’ordinazione sacerdotale, ho ascoltato con attenzione le parole del Santo Padre. E confesso che una frase mi ha trafitto il cuore, in punta di verità: “L’amore di Cristo ci possiede. È un possesso che libera e ci abilita a non possedere nessuno.

Con queste parole nel cuore e nella mente, ho pensato a me stesso, al mio sacerdozio. Ho ripensato ai giorni in cui ho risposto alla chiamata, e a quelli in cui ho avuto paura di rispondere. Ai momenti di gioia, e a quelli in cui sembrava tutto spento. Ma una cosa non è mai venuta meno: l’impressione di non appartenere più a me stesso, da quel giorno in cui dissi “sì”.

Forse non sempre lo vivo con pienezza, ma lo so bene: sono stato posseduto dall’amore di Cristo. E non per perdermi, ma per ritrovarmi. Non per rinunciare a vivere, ma per vivere in modo nuovo. Questo amore mi ha slegato dalle mie sicurezze, mi ha sciolto da ogni logica di possesso, e mi ha reso — misteriosamente — capace di donarmi.

È per questo che oggi, guardando le mani dei nuovi ordinati, mi sono fermato a riflettere. Quelle mani sono vuote di tutto, ma pronte a benedire, a consolare, a consacrare. E questo vale anche per il cuore: un cuore celibe, sì, ma abitatissimo da un amore che non toglie, ma riempie. È il paradosso del Vangelo, che nel sacerdote si fa carne.

Per questo voglio scrivere queste righe. Per ringraziare, per riflettere, e — se possibile — per aiutare voi amici di Facebook ad amare questa vocazione, che è bella proprio perché non ci appartiene.

In un tempo in cui il sacerdote viene spesso frainteso, dimenticato o ridotto a semplice funzionario del sacro, Papa Leone XIV, nella sua omelia per l’ordinazione sacerdotale di oggi, ha restituito con potenza e dolcezza il cuore del ministero: “L’amore del Cristo ci possiede. È un possesso che libera e ci abilita a non possedere nessuno.”

Un’espressione che lascia senza fiato, perché capovolge la logica umana del possesso, dell’ambizione, del controllo. Chi è il sacerdote? È un uomo che si lascia possedere da Cristo. Ma non si tratta di una schiavitù. È il contrario. È un possesso che libera, perché è l’amore a prendere dimora in lui. Non un amore generico o vago, ma l’amore personale del Signore Gesù, che lo ha guardato, scelto, abbracciato, e non lo lascia più.

Nel mondo, possedere significa detenere potere, esercitare controllo, escludere gli altri. Nel Regno di Dio, essere posseduti da Cristo significa essere liberati da ogni bisogno di autoaffermazione, di carriera, di riconoscimento. Il sacerdote non è più centrato su se stesso: vive per Cristo e, con Cristo, per gli altri. È come una finestra spalancata su un altro mondo.

E proprio per questo, non possiede nessuno. Non “si prende” le persone, non si arroga il diritto di comandare, di imporsi, di trattenere. Non dice “miei fedeli”, “mia parrocchia”, “mia comunità”. Dice piuttosto: “Vostro servo, a gloria di Dio”.

Il sacerdote è uomo libero, e rende liberi.

Perché può farlo? Perché è di Dio. Non appartiene a sé stesso. Non è “proprietario” del suo tempo, del suo corpo, dei suoi talenti. E nemmeno dei suoi dolori. È stato consacrato per un amore che supera ogni misura. La sua vita è un dono continuo, senza fattura e senza ricevuta.

E proprio per questo, non è un alieno, né un angelo caduto per sbaglio tra gli uomini. È uomo tra gli uomini, ma con un cuore dilatato. Ogni sacerdote autentico è memoria vivente del fatto che Dio ci ama, ci cerca, ci consola. In lui, le mani di Cristo continuano a benedire, a rialzare, a spezzare il Pane della Vita.

In questa visione, trova posto con naturalezza anche il celibato sacerdotale. Molti oggi vedono il celibato come una rinuncia, una mutilazione affettiva, un peso imposto. Ma se si parte dall’idea che il sacerdote è posseduto da Cristo, tutto cambia. Il celibato non è una fuga dall’amore, è l’abbraccio esclusivo e totale dell’Amore che tutto riempie. È dire: “Tu solo, Signore, mi basti”.

Il Papa ha detto: “Un possesso che libera”. Ecco, il celibato è proprio questo: una libertà donata. Liberi da legami esclusivi per poter amare tutti. Liberi per appartenere a Dio senza riserve. Liberi per non possedere nessuno e, per questo, per essere affidabili, trasparenti, generosi.

Nel matrimonio, l’amore si concretizza in un “io ti prendo come mio sposo/mia sposa”. Nel sacerdozio celibatario, l’amore si esprime in un “mi dono a tutti, senza prendere nessuno”. È una forma diversa, non inferiore, di fecondità. Non genera figli biologici, ma figli spirituali. E spesso con una paternità ancor più larga, capace di arrivare dove nessun altro può.

Il celibato, vissuto in Cristo, non è una mancanza ma una sovrabbondanza. Non è assenza di amore, ma presenza d’amore traboccante. È il cuore di Cristo che pulsa nel petto di un uomo.

Certo, non è una via facile. E proprio per questo è così preziosa. Chi è celibe per il Regno lo è solo se è davvero “posseduto dall’amore di Cristo”. Se non è così, il celibato rischia di diventare sterile, amaro, o peggio, doppio.

Ma quando è radicato nell’intimità con il Signore, diventa una sorgente di pace. Il sacerdote celibe non è solo: è abitato. Non è vuoto: è riempito. Non è povero: è ricco di Dio.

Ma tutto questo è possibile solo se si è realmente uniti a Cristo. Il celibato, senza amore, si spegne. Ma quando è vissuto come frutto di un amore profondo e vivo per il Signore, diventa fecondo, luminoso, persino attraente.

Ecco perché dobbiamo smettere di guardare al sacerdozio solo come a una “scelta di vita”. È molto di più: è un fuoco che arde, è una vita donata, è una bellezza che può cambiare il mondo. Il sacerdote non è un eroe solitario, ma un amico dello Sposo, una sentinella sulle mura, un pastore che conosce il suo gregge e dà la vita per esso.

Cari lettori, amate i vostri sacerdoti. Non perché siano perfetti, ma perché sono segni dell’amore di Cristo, “possessi” di un amore che li rende capaci di donarsi ogni giorno, anche quando nessuno se ne accorge. Pregate per loro, custoditeli, stimateli. E, se qualcuno di voi sente nel cuore un sussurro, un desiderio, una chiamata… non abbiate paura. È Cristo che bussa. E chi si lascia possedere da Lui, scopre che la vera libertà è amare senza misura. Mario Proietti 

12 commenti:

Anonimo ha detto...

SE ..Molti oggi vedono il celibato come una rinuncia, una mutilazione affettiva, un peso imposto, per favore, lasciate perdere, non ostinatevi a fare il prete e il marito e dedicatevi ad altri amori.

Anonimo ha detto...

Premettendo che sono favorevole alla conservazione del celibato sacerdotale, è importante ricordare che esso non è una legge di diritto divino, ma una disciplina ecclesiastica. Questo implica che il celibato non costituisce un elemento essenziale del sacerdozio stesso, bensì una norma stabilita dalla Chiesa per ragioni teologiche, pastorali e anche pratiche. Nel corso della storia, la Chiesa ha adottato il celibato per garantire che i sacerdoti potessero dedicarsi pienamente al loro ministero, evitando le responsabilità familiari che potrebbero distrarre dalla missione apostolica. Inoltre, il celibato ha assunto un significato spirituale profondo, in quanto permette ai sacerdoti di conformarsi più strettamente alla figura di Cristo, che visse in castità per dedicarsi interamente alla volontà del Padre. Tuttavia, resta anche vero che alcune Chiese cattoliche orientali permettono l'ordinazione di uomini sposati, riconoscendo che la vocazione sacerdotale non è necessariamente legata al celibato. Persino nella Chiesa latina esistono casi in cui uomini sposati, provenienti da altre confessioni cristiane, sono stati ammessi al sacerdozio dopo la loro conversione. Poiché il celibato sacerdotale è una disciplina ecclesiastica e non un dogma di fede, la Chiesa ha la facoltà di modificarne le norme, adattandole alle esigenze pastorali e alle sfide del tempo presente. Di conseguenza, non è da escludere che in futuro possa essere permessa su scala più ampia l’ordinazione di uomini sposati, magari con criteri specifici e limitati a determinate. Resta quindi chiaro che il sacerdozio, pur essendo strettamente legato alla tradizione del celibato nella Chiesa latina, non è intrinsecamente vincolato ad esso. La disciplina può evolversi, sempre nel rispetto della missione e dell'identità del ministero sacerdotale.

Laurentius ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

C'è però una difficoltà; ammettiamo che si permetta l' ordinazione di uomini sposati, restando la regola che non ci si può sposare dopo l' ordinazione, seconfo Lei quanti ragazzi sceglierebbero l' ordinszione da celibi ?
È chiaro che i modernisti puntano, più che all' ordinazione di sposati, al matrimonio per i presbiteri.

Anonimo ha detto...

Ve lo vedete un sacerdote sposato? Con figli? Con tutte le problematiche connesse?
Non complichiamo la vita ai sacerdoti, per favore, che già ne scontano la durezza.

Anonimo ha detto...

Tuttavia, resta anche vero che alcune Chiese cattoliche orientali permettono l'ordinazione di uomini sposati, riconoscendo che la vocazione sacerdotale non è necessariamente legata al celibato. Però i presbiteri sposati sono esclusi (non solo tra i Cattolici, ma in tutte le situazioni di successione apostolica valida) dall'episcopato. Se rimangono vedovi non si possono risposare.

Anonimo ha detto...

Bisognerebbe fare una Summa degli ammmori dell'età contemporanea, stamparla e distribuirla gratis. Dopo 5/10 anni la Verginità regnerebbe sovrana e rispettata.

Anonimo ha detto...

Quanto importante è l'infanzia e l'adolescenza nella formazione della persona! Mille e mille interpretazioni non riescono a comprendere le conseguenze che ne derivano. Matrimonio , verginità o convivenze a tempo determinato discendono anche dagli esempi di mamma e papà, sempre fatta salva l'auspicata e consapevole libertà del singolo. La famiglia di Bergie deve essere stata così così. Speriamo che ora possa comprendere che crescere significa fare meglio e riuscire ad affrancarsi amorevolmente, con compassione, con misericordia, dai limiti dell'ambiente in cui si è nati.

Anonimo ha detto...

Udienza Generale 04 giugno 2025 - Papa Leone XIV LIS
Vatican News
https://www.youtube.com/watch?v=bSKQUZIH0L4
Sia lodato Gesu' Cristo!
In æternum! Amen

Anonimo ha detto...

Casualmente ieri, al supermercato, ho visto un papà, all'apparenza non più giovanissimo o forse prematuramente invecchiato, con tre bambini a ruota il più grande forse di sei anni. I tre pur facendo gregge intorno al loro capo si muovevano rapidi e mettevano le manine negli scaffali e tiravano fuori questo quello. Il padre con calma olimpica si avvicinava loro e metteva la sua testa tra la corona delle loro testoline. Loro si quietavano. Avrei voluto fermarmi un po' per capire meglio e di più, ma il corridoio non consente fermate affollate. Quello che mi ha colpito è stato il padre, piccolino anche lui, gentile con loro, non era il nonno era proprio il padre. Evidentemente uno di quelli che aspetta aspetta poi trovano, non badano a spese, quei tre li amava e rispettava, fiducioso nella Vita.

Anonimo ha detto...

Che il celibato ecclesiastico sia solo frutto di disciplina ecclesiastica non è vero. Risulta esserci stato sin dall'inizio, ad imitazione di Nostro Signore e per la natura stessa della cosa, della missione del sacerdote.

Anonimo ha detto...

"Ringrazio il Signore che mi ha mantenuto celibe per tutta la vita..."
Però la sensualità non viziosa tra il maschio e la femmina, è pur ammessa, anche dalla Chiesa, nell'ambito del matrimonio, per la procreazione dei figli.
Non viene abolita ma disciplinata a fini superiori. Il rapporto carnale viene come santificato nel matrimonio cattolico.
Certo, la sensualità induce a peccare e tuttavia, rimanendo volutamente celibi, qualcosa si perde, della vita. Purtroppo l'oscena volgarità oggi dominante ha distrutto anche gli aspetti legittimi e poetici dei rapporti tra i due sessi, ha fatto tabula rasa.