Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 24 giugno 2025

Giudicare o non giudicare. Il dilemma di San Girolamo

Nella nostra traduzione da Substack.com una interessante riflessione sul tema del "giudicare". Sul giudizio in generale vedi precedente: È il passato che giudica il presente qui

Giudicare o non giudicare. Il dilemma di San Girolamo
Cosa possiamo giudicare? Come dovremmo giudicare?

Immagine a lato: Domenico Ghirlandaio (1448–1494), San Girolamo nello studio

Negli ultimi anni, quando parlavo con alcuni miei conoscenti della terribile crisi che sta attraversando sia il mondo moderno sia la Chiesa, uno degli “argomenti” utilizzati dai miei interlocutori per mettermi a tacere era tratto direttamente dal Vangelo di Matteo:
Non giudicate, affinché non siate giudicati (Matteo 7:1). (1)
Tutte queste situazioni sono diventate per me una buona occasione per riflettere sul brano biblico in relazione al quale mi è stato chiesto di sospendere la mia capacità di giudizio. Ho così iniziato a leggere le interpretazioni dei Santi Padri e Dottori della Chiesa, che sono assolutamente unitarie e convergenti. I due aspetti estremamente importanti riguardanti l'interpretazione dell'affermazione di Nostro Signore "Non giudicate, affinché non siate giudicati" si riferiscono, in primo luogo, al contenuto – cosa dovremmo e non dovremmo giudicare – e, in secondo luogo, al modo in cui giudichiamo – come giudichiamo. Li considererò uno per uno, ma non prima di aver menzionato il dilemma di San Girolamo – un dilemma espresso attraverso una domanda che ci condurrà direttamente al cuore della questione:
Ma se ci proibisce di giudicare, come mai Paolo giudica il Corinzio che aveva commesso impurità? O come fa Pietro a convincere Anania e Saffira di falsità? (2)
Entrambe le situazioni evocate dall'illustre traduttore della Vulgata sembrano implicare il contrario di quanto affermato in Matteo 7,1 e Luca 6,37. Il primo episodio si trova, come ricorderete, nel capitolo 5 della prima lettera di san Paolo ai Corinzi. Lì, l'apostolo rimprovera i membri di quella comunità per non aver giudicato e punito con la scomunica l'adultero incestuoso. Il modo in cui l'apostolo si esprime sembra quindi contrario all'insegnamento del Salvatore:
Poiché io, assente di corpo ma presente di spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha fatto ciò (1 Corinzi 5: 3) +.
Quanto al giudizio di Pietro su Anania e Saffira negli Atti degli Apostoli (5, 1-10), le cose sono ancora più drammatiche: non solo l'apostolo li ha giudicati, ma entrambi furono puniti all'istante – per opera dello Spirito Santo – per il peccato di aver nascosto una parte dei propri beni, che avevano mentito di aver donato interamente alla Chiesa. Sono i due episodi evocati da san Girolamo. A prima vista, entrambi sembrano contraddire l'insegnamento evangelico di Matteo 7, 1. Poiché Dio, autore della Sacra Scrittura, non può contraddirsi, i Padri della Chiesa ci hanno spiegato qual è l'interpretazione di questi passi.

Come si può facilmente comprendere dal terzo versetto del testo del Vangelo secondo Matteo, dobbiamo preoccuparci anzitutto di togliere «la trave dal nostro occhio»:
E perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? (Matteo 7:3).
Il fatto che un simile comportamento sia sbagliato diventa evidente quando si giudicano i peccati minori degli altri più dei propri. San Giovanni Crisostomo dimostra che Dio non ha proposto il suo insegnamento per sospendere completamente il nostro giudizio, ma per disciplinare e moderare la nostra tendenza a considerarci superiori al prossimo:
Egli non ci proibisce di giudicare in modo assoluto ogni peccato, ma impone questo divieto a coloro che sono essi stessi pieni di grandi mali e giudicano gli altri per mali molto piccoli.
San Cirillo d'Alessandria segue la stessa interpretazione, dimostrando che è un errore dimenticare o ignorare le nostre passioni e i nostri peccati mentre ci occupiamo di quelli degli altri:
Qui esprime quella peggiore inclinazione dei nostri pensieri e dei nostri cuori, che è il primo inizio e l'origine di un orgoglioso disprezzo. Infatti, sebbene sia giusto che gli uomini guardino in se stessi e camminino secondo Dio, non lo fanno, ma guardano alle cose degli altri e, dimenticando le proprie passioni, osservano le debolezze di alcuni e li rendono oggetto di rimprovero.
Per essere veri discepoli del nostro Signore Gesù Cristo, dobbiamo rinunciare a noi stessi, prendere la nostra croce e seguirLo ( Matteo 16:24). Tuttavia, per rinunciare a noi stessi, dobbiamo esaminare seriamente la nostra anima per scoprire tutte le passioni, i vizi e le debolezze che ci dominano. Ovviamente, un tale atteggiamento non dovrebbe permettere a nessuno di preoccuparsi più degli altri e dei loro peccati che dello stato della propria anima. San Francesco di Sales afferma chiaramente che «ciascuno ha già abbastanza da fare nel giudicare se stesso, senza assumersi il compito di giudicare il prossimo» .(3)

Cosa possiamo giudicare
Un secondo punto molto importante che deve essere chiarito riguarda il contenuto del giudizio. Cosa possiamo giudicare? In primo luogo, veniamo resi consapevoli di ciò che non possiamo giudicare. Ad esempio, non possiamo giudicare questioni poco chiare e confuse, o coloro le cui intenzioni non sono chiare. Sant'Agostino afferma che "dobbiamo guardarci particolarmente dai giudizi affrettati, quando non appare con quale animo l'azione è stata compiuta". Allo stesso modo, si dovrebbero evitare i giudizi di coloro che sono più avanti nel cammino della virtù verso coloro che sono alle prime armi. Chi prega tutte le ore del giorno e un Rosario completo non dovrebbe giudicare chi recita solo le preghiere del mattino e della sera. Chi digiuna a pane e acqua non dovrebbe giudicare chi digiuna a pesce, uova e latte. Sebbene il progresso sul cammino della virtù sia fortemente incoraggiato, si devono evitare giudizi che possano generare disprezzo per il prossimo.

Anche San Francesco di Sales ci mette in guardia da qualsiasi giudizio affrettato [il giudizio temerario -ndr]. Ad esempio, ci mostra come parlare con delicatezza, senza precipitarci a condannare, di chi beve o mangia troppo. Il fatto che qualcuno beva, magari, un bicchiere in più ogni tanto, non dovrebbe indurci a dire che quella persona è un ubriacone. Noè e Lot si ubriacarono, ma questo non significa che fossero ubriaconi. Ma "quando non riusciamo a trovare alcuna scusa per il peccato, affermiamo almeno tutta la compassione che possiamo per esso e attribuiamolo ai motivi meno dannosi che possiamo trovare, come l'ignoranza o l'infermità".

Ci sono, tuttavia, alcuni peccati specifici che richiedono sempre il giudizio di coloro che sono veri cristiani, come abbiamo già visto nel caso dei santi apostoli Pietro e Paolo nei due esempi citati da San Girolamo. Quali sono questi peccati? Ecco la spiegazione di Sant'Agostino:
Suppongo che il comando qui non sia altro che quello di dare sempre la migliore interpretazione possibile a quelle azioni la cui intenzione appare dubbia. Ma riguardo a quelle che non possono essere compiute con una buona intenzione, come adulteri, bestemmie e simili, Egli ci permette di giudicare; ma di azioni indifferenti che ammettono di essere compiute con una buona o cattiva intenzione, è temerario giudicare, ma ancor più condannare.
Pertanto, quei peccati che non possono mai essere scusati, come l'adulterio, la contraccezione, l'aborto, le bestemmie, le violazioni dei principi del pudore e tutti quegli atti e quelle azioni con cui gli altri sono incoraggiati a peccare, possiamo e anzi dobbiamo denunciarli. Ci sono due categorie speciali di peccatori – gli eretici e gli scismatici – che dobbiamo denunciare pubblicamente o addirittura condannare con tutta fermezza, dice San Francesco di Sales. Facendo questo, compiamo un vero atto di carità:
Bisogna parlare liberamente di condanna dei nemici dichiarati di Dio e della Sua Chiesa, gli eretici e gli scismatici: è vera carità indicare il lupo dovunque si insinui nel gregge.
Come giudichiamo?
Infine, l'ultimo punto dell'insegnamento dei Santi e dei Dottori della Chiesa riguarda il modo in cui dovremmo parlare dei peccati altrui. Come, dunque, parlare dei peccati altrui? San Giovanni Crisostomo, con una frase illuminante, sottolinea l'essenza dell'atteggiamento cristiano, mostrando che, in effetti, l'affermazione del Vangelo secondo Matteo «Non giudicate, per non essere giudicati» rappresenta un'esortazione a non essere «giudici severi», ma a
correggerlo (cioè il peccatore), sì, ma non come un nemico che cerca vendetta, bensì come un medico che applica un rimedio.
Sulla stessa falsariga, mostra
che i cristiani non dovrebbero disprezzare altri cristiani ostentando la propria rettitudine, odiando gli altri spesso solo per sospetto, condannandoli e coltivando rancori privati sotto la parvenza di pietà.
San Gregorio di Nissa, riconoscendo lo stesso diritto di giudicare, aggiunge che la parola del Vangelo «non proibisce di giudicare con perdono». Da tutto ciò, comprendiamo che l'essenza dell'insegnamento biblico riguarda sempre la carità che dobbiamo esercitare nei confronti di chi sbaglia, secondo la parola della preghiera del Pater noster :
Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori (Matteo 6:12).
In conclusione, riassumo ciò che ci insegnano i Santi Padri e Dottori della Chiesa.

Il versetto del Vangelo secondo Matteo, «Non giudicate, affinché non siate giudicati», non implica affatto una sospensione totale del giudizio. Al contrario, riguardo a certi peccati, il giudizio è necessario, come abbiamo visto nei casi degli apostoli Pietro e Paolo, menzionati da San Girolamo. Tuttavia, il giudizio che applichiamo al prossimo deve essere applicato con carità e non con il desiderio di annientare chi ha sbagliato; con misericordia e speranza nella possibilità della sua correzione. La virtù della prudenza, soprattutto in quelle situazioni in cui le cose non sono chiare, è assolutamente necessaria. Se possibile e veniamo ascoltati, possiamo cercare di aiutare chi ha sbagliato attraverso consigli e insegnamenti capaci di indicargli cosa può fare per rimediare ai suoi errori e riparare i peccati commessi. I casi in cui siamo tenuti, per carità, a denunciare e persino a condannare i peccati sono l'eresia e lo scisma. Tuttavia, il pentimento e la penitenza devono essere sempre tenuti presenti.

Infine, vorrei aggiungere a tutto questo la necessità di preghiere per la conversione dei peccatori. Sant'Alfonso Maria de' Liguori, insieme ad altri santi, sottolinea che due intenzioni perpetue nelle nostre preghiere dovrebbero essere:

1) l'accorciamento del tempo di purificazione delle anime del purgatorio e
2) la conversione dei peccatori ostinati.

Santa Maria, Ora Pro Nobis!
Robert Lazu Kmita, 20 giugno 2025
___________________________
1 In una forma leggermente diversa, lo stesso insegnamento appare anche in Luca 6:37: Non giudicate e non sarete giudicati. 
2 Le citazioni dei Padri della Chiesa provengono dalla Catena Aurea di San Tommaso d'Aquino. I testi contenenti i commenti ai Vangeli di Matteo e Luca sono disponibili online qui: https://www.ecatholic2000.com/catena/untitled-14.shtml e qui: https://www.ecatholic2000.com/catena/untitled-67.shtml [Consultato il: 20 giugno 2025]. 
3 San Francesco di Sales, Introduzione alla vita devota : https://ccel.org/ccel/desales/devout_life/devout_life.v.xxviii.html [Consultato il: 20 giugno 2025].

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Si è sempre detto: giudicare il peccato ma non il peccatore.
Giudicare nel senso di condannare: il peccato, ogni peccato va espressamente condannato. Invece al peccatore ci si deve rivolgere per quanto possibile con spirito di carità, perché si penta e cambi vita.
A volte è necessario ammonirlo, anche severamente, cosa ammessa nei Vangeli. Ma sempre per ricondurlo sulla retta via. L'ammonimento si considera in genere legittimo quando fatto da un parente o da persona comunque in posizione di autorità nei confronti del peccatore.
Oggi il principio d'autorità viene negato in quanto tale, e difatti i genitori e maestri non riprendono più né figli né allievi, che crescono in gran numero allo stato brado. E se lo fanno, si mettono nei guai (rovesciamento dei valori, vittoria postuma più ancora del marchese De Sade che di Nietzsche - De Sade scrisse che in futuro sarebbero state punite le vittime e non i delinquenti mentre le fanciulle sarebbero state educate nei bordelli).
Esiste anche la massima "guarda a ciò ch'è detto e non a chi lo dice" ma viene raramente messa in pratica. Chi viene criticato perché sta sbagliando per prima cosa, in genere, rinfaccia a chi lo critica la sua mancanza d'autorità, lo invita a pensare ai casi suoi.
Il peccato va cmunque giudicato ossia condannato. Oggi questo è impossibile ed imperversano i falsi giudizi, come quelli di chi, da una posizione anonima di potere, ti toglie l'articolo dal blog accusandolo di "incitamento all'odio" quando l'articolo non contiene nessun incitamento di questo tipo. Si tratta di una formula usata spesso per impedire il giudizio secondo i canoni della legge naturale e cristiana.
A proposito di "incitamento all'odio" vedi la notizia su ilGiornale di ieri della distruzione da parte dell'aviazione israeliana di un grande orologio elettronico posto da anni nel centro di Teheran detto da qualcuno "orologio dell'odio". Vi si calcolava il conto alla rovescia sino al 2040, anno stabilito da una profezia degli ayatollah per la distruzione di Israele. La cosa era spiegata in tre lingue: pharsi, arabo, inglese. Gli imam avevano dunque già un data finale per l'annientamento di Israele?
Questi erano e sono via di testa.

Natività di San Giovanni Battista ha detto...

Antifona
“Tu, puer, Prophéta Altíssimi vocáberis; præíbis ante Dóminum paráre vias eius”

E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo, perché andrai davanti al Signore per preparare le sue vie

tralcio ha detto...

Chi sono io per giudicare un (re) adultero?
Giovanni il Battista non si pose questa domanda, ma ribadì con fermezza il comandamento di Dio e non tentennò nemmeno davanti al re con grande irritazione della sua nuova consorte Erodiade, la quale poco tempo dopo chiese ed ottenne la testa di Giovanni, in una tragica e macabra scena che coinvolse la figlia.
Nella festa della nascita del precursore di Nostro Signore Gesù Cristo questo preambolo serve a chiarire bene il peso (la gloria) del giudizio nella rivelazione cristiana, che è un cammino verso la visione beatifica. La gloria è una notizia di Dio chiara, evidente, acccompagnata dalla lode.
La notizia della giustizia di Dio è motivo di chiarezza e di lode non perché non ci sia un giudizio o perché vada lodata l’intransigenza. La Rivelazione di Gesù Cristo, luminosa, ci mostra che cos’è la gloria della giustizia.
Il cristiano arretra prudente dalla superbia, perché senza la grazia questa gloria può trascinarlo nel farisaismo.
Il cristiano evita anche l’errore di pensarsi dispensato dal giudizio: una tentazione che negherebbe la verità.

metrologia ha detto...

Il giudizio è una prova, un'esame, in cui siamo indotti per vagliare i nostri valori.

Che cosa indusse i pescatori a tornare in barca di giorno dopo aver lavorato inutilmente tutta la notte? Che cosa, o meglio, Chi li indusse a riprendere in mano le reti? Siamo indotti a un giudizio sulle azioni e questo mette alla prova le intenzioni.
Di recente è come se il cristiano avesse disimparato a giudicare: ma purtroppo, messo alla prova, pecca.
Se non giudico, come distinguo il vero dal falso? Me ne lavo le mani come Ponzio Pilato? Rimando Gesù da Pilato con un mantello come fece Erode? Cerco falsi testimoni per far tiornare i conti come il Sinedrio?
Che cosa impedisce di giudicare bene? La trave nel mio occhio. Per vedere la pagliuzza negli occhi altrui serve una vista pulita. Beati i puri di cuore. La virtù della prudenza è strettamente collegata al vedere, in particolare al pulire lo sguardo. Quindi si parte da me, dallo strumento incaricato di scansionare e di analizzare: è adatto? E’ opportunamente calibrato e tarato? Su che metro? Solo sul mio? Qualsiasi strumento di misura offre dati sbagliati se non è in grado di garantire lo scopo per il quale lo si utilizza, misurando altro da sè.
Un giudice ingiusto non muoverà dalla legge, ma dall’interesse della parte che cerca di favorire, iniziando da sé stesso, con le sue voglie, le sue passioni, l’ideologia, la corruttela o i ricatti che ne determinano il giudizio.
C’è tanto da lavorare sullo strumento di misura prima di misurare. Bisogna conoscere bene lo strumento, conoscere bene la misura e anche il misurando. Ci dev’essere un’empatia, un desiderio o un’anelito di verità.
Noi non siamo Dio e perciò non possiamo mai misurare ciò che sta sotto, o dentro: possiamo e dobbiamo misurare con precisione, limitando ogni errore, solo quel che è misurabile, ovvero quel che si vede. La gloria (il peso) è una misura (una notizia), ma per essere una misura lodabile (giusta) dev’essere chiara, priva di giudizi affrettati e di errori dovuti ad inaccuratezza e imprecisione della misura e del metodo applicato. Tra l’altro avendo l’intelligenza di misurare secondo ragionevolezza: che senso ha cercare la precisione alla quarta cifra decimale là dove basterebbe una precisione al grammo? Quindi prudenza anche a fare le pulci al sistema di giudizio di chi non dispone dei medesimi strumenti: non sarebbe possibile e nemmeno serve!
Ciò detto, non è che non si arrivi mai al dunque: anche senza spaccare il capello in quattro, la truffa di chi bara nel pesare la propria vita balza all’occhio. Ci sono azioni che non possono essere compiute con una buona intenzione, mai, come l’incitare a peccare, l’adulterio o la bestemmia. Lì il giudizio dice ciò che è il fatto in sé.
Dirlo con fermezza è un atto di carità: è vera carità indicare il lupo dovunque si insinui nel gregge.
Poi c’è il modo in cui si dà il risultato della misura. Che chiede carità. Che muove dal desiderare il bene, che si educa alla correzione fraterna. Non si misura per vendicarsi, ma per curare la malattia di chi l’analisi ha scoperto con parametri fuori posto, mettendo a rischio innanzitutto la sua vita per salvare la quale Cristo versò il proprio sangue. La misura e l’esito servono per attivare amore e non sancire condanna e odio!
Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori: il debitore non è un dannato da ridurre in schiavitù, ma attende misericordia, pentendosi del male commesso. Questo non implica affatto una sospensione totale del giudizio, ma questo deve essere applicato con carità e non con il desiderio di annientare chi ha sbagliato; con misericordia e speranza nella possibilità della sua correzione. Di qui la virtù della prudenza, soprattutto in quelle situazioni in cui le cose non sono chiare, è assolutamente necessaria. Se poi c’è ostinato rifiuto e tutti gli altri peccati contro lo Spirito Santo, allora sì, potrebbe non esserci perdono.
Bellissimi gli spunti di questo articolo. Da meditarci un'estate intera. Grazie!

Anonimo ha detto...

San Giovanni dice di alcuni da evitare: neanche salutateli. Ed è san Giovanni Evangelista, l' Apostolo dell' Amore.