Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 8 giugno 2025

A proposito di Sinodalità (Leone XIV ai movimenti)

È importante che, in occasione del Giubileo a loro dedicato, il papa lo abbia detto si movimenti, ognuno dei quali, in un modo o nell'altro, tende a derive settarie. E, nell'occasione, sembra aver corretto un'altra deriva più seria... L'unica pecca è che,  non senza aver richiamato il Vaticano II, (qui) cita due volte la Laudato sì (qui e precedenti). Alcuni precedenti sulla Sinodalità qui - qui - qui e sul Sinodo relativo qui. Dunque resta tutto da verificare.

A proposito di Sinodalità
a cura di Mario Proietti

Sinodalità come grazia del camminare insieme

Quando il Papa parla di sinodalità, molti si allarmano. Il termine è stato usato e talvolta abusato, fino a diventare per alcuni una parola ambigua, un contenitore di progetti incerti. Ma nell’omelia pronunciata ieri sera da Papa Leone XIV nella Veglia di Pentecoste, qualcosa è cambiato.

Con parole semplici ma profondamente teologiche, il Papa ha restituito alla sinodalità la sua radice trinitaria e spirituale. «Dio non è solitudine», ha detto. «Dio è con in sé stesso – Padre, Figlio e Spirito Santo – ed è Dio con noi». La sinodalità non nasce dunque da un’idea sociologica, ma dalla stessa vita di Dio. È un modo di essere che proviene dall’alto e che plasma la Chiesa secondo il cuore del Vangelo.

Non è un metodo assembleare, ma un dono dello Spirito Santo, che ci educa a camminare insieme senza paura. Non è un compromesso tra visioni opposte, ma un’obbedienza comune a una Voce che viene da oltre noi stessi. È, come ha detto il Papa, il nome ecclesiale della consapevolezza che Dio ci ha creati per essere insieme.

In un mondo segnato dalla frammentazione, il Signore non ci chiede uniformità, ma unità nello Spirito. Una comunione che nasce dal Battesimo, cresce nella Chiesa, si alimenta nella Parola, si riconosce nei carismi, e si compie nell’unità con i vescovi e con le Chiese particolari.

Chi ama la Tradizione sa bene che non si è mai santi da soli. Non si custodisce il tesoro della fede chiudendosi nel sospetto, ma aprendosi allo Spirito che guida tutta la Chiesa, come accadde a Maria e agli Apostoli nel Cenacolo. Anche i più splendidi carismi, ci ha ricordato il Papa, appassiscono se si separano dal Corpo. E ogni autentica esperienza di fede si verifica alla luce del Vangelo, nella comunione ecclesiale, non fuori da essa.

Sinodalità, allora, non è una parola da temere, ma una chiamata a vivere con più profondità la cattolicità, che è sempre stata cammino comune dei santi.

Lo Spirito Santo non frammenta, unisce. E dove c’è lo Spirito del Signore, come dice san Paolo, c’è libertà. Libertà vera, non quella del mondo, ma quella dei figli di Dio. E libertà vera è anche dire: “Eccomi, con la Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa”.

18 commenti:

UN MESE DI SOLLIEVO ha detto...

Oggi - per coincidenza, è la solennità di Pentecoste - è passato un mese esatto dall'elezione al Soglio di Pietro di Leone XIV.
Mi diede istantaneamente un senso di liberazione da un peso opprimente che toglieva ogni speranza che non fosse la virtù teologale della Speranza, ricevuta nel Battesimo per Grazia.
Ha ereditato una Chiesa devastata, dissacrata, umiliata, attraversata da eresie opposte e ribelli allo Spirito Santo, in senso modernista o in senso passatista. Ma dà l'impressione di avere la capacità - sia per "sapientia cordis" che per solidità teologica - di sorreggere l'immane responsabilità che gli è stata affidata: raddrizzare la Barca di Pietro e riportarla sulla retta via apostolica, da cui era stata dirottata.
Personalmente mi sento come mi sentivo un mese dopo essere uscito da tre settimane di coma, alcuni anni fa: il dolore fisico era finito, la memoria del dolore era ancora cupamente presente, ma stavo bene e stavo recuperando le forze, e la vita sorrideva a un nuovo futuro.
Vedere Piazza San Pietro di nuovo debordante, dopo essere rimasta desolata e semivuota anche in occasioni solenni, mi fa capire che tante persone, ciascuna a modo suo, condividono questi pensieri e gioiscono, sperando che la Chiesa non debba mai più subire quanto ha appena finito di patire.
(Davide Lovat)

Laurentius ha detto...

Ai furbeschi tentativi degli entusiasti dell'eletto di fare ingoiare agli ingenui il Concilio Vaticano II, la sinodalità "bene interpretata", insomma un modernismo moderato più deleterio del modernismo sfegatato di Francesco i buoni cristiani devono opporre UN NETTO RIFIUTO.

La Chiesa Cattolica Apostolica Romana non è un partito politico.

Pertanto, può essere di grande aiuto la lettura dell'articolo seguente:

lascuredielia.blogspot.com
Lo spirito dell'Anticristo.

tralcio ha detto...

Condivido alcuni spunti, in primis le parole di Locatelli nel commento, toccanti ed esemplari.

Poi la “sinodalita’ divina” del Dio che è con in sé stesso (la circumincessione) ed è Dio con noi: nulla a che vedere con l’assemblearismo chiacchierone ed esteriore, ma una spiritualità profondissima.

Poi la sapiente capacità di citare documenti del dodicennio infausto, non per accreditarne la narrazione e le eresie (Abu Dhabi o l’ambientalismo di Laudato si’), ma salvandone la possibile lettura cattolica all’opposto della narrazione imposta: bisogna tenerlo sempre presente, per non fasciarsi la testa al solo sentir nominare il titolo di quel che ci ha turbato - giustamente- a motivo della precedente lettura e sceneggiatura.

Papa Leone sta scavando la terra sotto i piedi dei costruttori massonicheggianti, ridando luce cattolica a ogni creatura che è pur sempre creatura di Dio.

Anonimo ha detto...

Scusate l'ignoranza, ma non sarebbe il caso di illustrare chi sia Mario Proietti.
Scusate l'ignoranza.

Anonimo ha detto...

Sembra evidente il tentativo di papa Leone di reinterpretare la "sinodalità" imposta alla Chiesa dal suo predecessore. Nella mente di Bergoglio, teologo della liberazione, sinodalità significava superamento della Chiesa gerarchica da parte del popolo di Dio, tuttavia sempre guidato da teologi e sacerdoti portatori del nuovo Verbo. Superando la Gerarchia, come? Rendendone vana l'autorità attraverso le iniziative dal basso, più o meno pilotate, su temi teologicamente e pastoralmente rilevanti (le diaconesse, l'omofilia, il celibato ecclesiastico, l'immigrazionismo etc). L'iniziativa dal basso si articolava su una serie possibilmente continua di collettivi, microsinodi, assemblee, sinodi etc. Un processo per cerchi concentrici all'insegna dello slogan del "mettersi in ascolto" e del "camminare insieme", due slogans che ci ammorbano dal tempo del Concilio e rappresentano la negazione stessa del vero messaggio cattolico, che consiste innanzitutto nel fare in tutto la volontà di Dio, come insegnata dalla Rivelazione custodita nei secoli dalla Santa Chiesa.
Sembra evidente che, quali che siano le sue possibili carenze sul piano strettamente concettuale, il tentativo di redifinizione di papa Leone è l'unico possibile, se si vuole mettere sotto controllo la sinodalità rivoluzionaria di papa Francesco. Ancorandola alla S.ma Trinità, dandole cioè un fondamento non più sociologico ma religioso, non contrario al dogma, si pone la base per poter poi modificarne i contenuti in senso ortodosso.
Che poi il tentativo riesca, che abbia successo, è un altro discorso, data la vastità e la profondità della corruzione della fede e della sana teologia nella Chiesa attuale.
Condannarlo a priori non sembra tuttavia atteggiamento prudente.
pp

tralcio ha detto...

Lovat e non Locatelli…
Scusate la correzione automatica non intercettata.

mic ha detto...

L'ho scelto perché noto sottolineature adeguate, equilibrio cautela.

Mario Proietti è un sacerdote che scrive su Facebook. Oggi ha scritto questo:

A proposito dell'omelia di oggi del Papa. Risposta ad un confratello

Questa mattina, dopo la Messa di Pentecoste celebrata dal Papa, ho ricevuto un messaggio da un caro confratello, che condivido con voi perché mi ha aiutato a pensare: «Caro don Mario, ho seguito con attenzione l’omelia del Papa stamattina. Non so se anche tu hai avuto la stessa impressione: mi è sembrata molto contenuta, quasi trattenuta. Nessun richiamo diretto alla conversione, al peccato, alla verità del Vangelo… Solo l’immagine – bella, certo – dello Spirito che “apre le frontiere”. Capisco che si voglia evitare ogni tono divisivo, ma mi chiedo: non rischiamo, così, di generare ancora più attese confuse, da una parte e dall’altra? Forse il Papa cerca di proteggere l’unità attraverso un linguaggio che non ferisca nessuno. Ma in questo modo – mi domando – la parola non rischia di diventare troppo generica?»

Non saprei se è una percezione condivisa anche da voi amici di Facebook. Quindi, mi sono preso del tempo per meditare su queste parole, e ora voglio condividere con voi le mie risonanze.

È vero: l’omelia del Santo Padre si è tenuta su un registro molto misurato. Poche affermazioni forti, nessuna parola che scuota o che richiami con decisione alla radicalità del Vangelo. E tuttavia non si può ridurre tutto a una “mancanza”. Quella che abbiamo ascoltato è stata probabilmente una scelta deliberata.

Papa Leone XIV si trova a guidare la Chiesa in un tempo ancora ferito da tensioni non del tutto ricomposte. Dopo un pontificato che ha acceso entusiasmi e suscitato non poche perplessità, oggi forse si cerca un equilibrio delicato: non esasperare le attese di chi spera in un nuovo corso netto, ma neppure scoraggiare chi teme strappi o condanne implicite.
Una parola troppo “tranchant” potrebbe oggi irrigidire invece che liberare. E allora si opta per un linguaggio che non spaventa, non divide, non chiude.

Questa può sembrare una debolezza, ma forse è una forma di pazienza pastorale. Il Papa offre immagini che unificano, traccia orizzonti, crea lo spazio per una parola che altri, noi, nelle parrocchie, nelle catechesi, nelle comunità, siamo chiamati a incarnare e a sviluppare con più chiarezza.

Naturalmente, ogni scelta comporta anche delle fragilità. Un linguaggio troppo generico può, col tempo, alimentare confusione. Le frontiere, se si aprono senza orientamento, rischiano di diventare dispersione. Se l’amore non è illuminato dalla verità, può restare solo sentimento. E se la fraternità non si fonda sulla conversione a Cristo, può diventare solo buon proposito.

mic ha detto...

Segue
Ma proprio questo può essere oggi il nostro contributo ecclesiale: riconoscere che ci troviamo in una fase in cui si semina comunione per gradi, con passi piccoli ma reali. E dentro questa pazienza ecclesiale, la nostra vocazione di presbiteri, religiosi, operatori e semplici cristiani è quella di custodire la Parola nella sua pienezza, senza rigidità, ma senza rinunce.

Lo Spirito non è solo vento che apre, ma fuoco che trasforma. E forse oggi tocca a noi, nelle pieghe della vita quotidiana, rendere più esplicite quelle parole che il Pastore, per delicatezza, ha scelto solo di accennare.

Non per correggere, ma per completare. Non per contrapporsi, ma per edificare. Non per anticipare, ma per accompagnare.

Al confratello che mi ha scritto, e agli amici che hanno avuto la stessa percezione, vorrei dire: sì, ho avvertito anch’io quella misura contenuta, quasi trattenuta. Ma non l’ho letta come un’assenza, bensì come un invito. Un invito a far maturare insieme una parola più piena, più condivisa, più ecclesiale. Non tutto può essere detto subito. Alcuni semi hanno bisogno del silenzio per mettere radici.

E noi, nel frattempo, possiamo restare fedeli non solo al Papa, ma anche allo Spirito che, pazientemente, ci forma a essere Chiesa in questo tempo. Con fiducia, con pace, e con un po’ di Parresia.

Maria, Donna della Pentecoste, ci ottenga la grazia di un cuore docile e intelligente, capace di camminare nella Chiesa con verità, mitezza e fedeltà.

Anonimo ha detto...

Intanto, lo scorso 18 maggio, è stato reinserito in calendario il "giubileo LGBT" del 6 settembre alla chiesa del Gesù.

Anonimo ha detto...

Scusami chi sarebbero i ribelli allo Spirito Santo in senso passatista?
Ti riferisci forse ai Fedeli Cattolici che vogliono conservare intatta la Dottrina della Chiesa di Cristo e la Vera Liturgia Romana?
Leggo troppo sentimentalismo
Stefano Gizzi Ceccano

Anonimo ha detto...

Ridico un titolo, letto sul Foglio di oggi adattato a noi:
Perché una chiesa, che va contro se stessa, non può andare lontano.

Anonimo ha detto...

Sinodalità? No, grazie.
Dalle randellate gesuitiche alle ammalianti carezze, meglio fermi in contemplazione che ambulanti in ogni direzione.

Anonimo ha detto...

”Quando la CEI dice ‘voltati’, mentre i Testi Originali dicono ‘convertiti’. E la Vulgata di San Girolamo sempre il meglio. Il caso del Cantico 7,1”
https://blog.messainlatino.it/2025/06/quando-la-cei-dice-voltati-mentre-i.html
MI sembra che le "migliori correzioni" siano state maggiormente operate nel 2008.
Premesso che un Papa non puo' star dietro a tutto e forse non e' neanche ascoltato ne' informato di tutto e che il zizzanioso e' sempre all'opera premendo l'acceleratore dell'amorproprio, domando: chi governava la Cei nel 2008? Si puo' risalire agli
autori?

mic ha detto...

I problemi vengono dall'alto:
Può leggere qui.
https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2017/01/un-altro-serio-vulnus-ai-fondamenti-de.html?m=1

Purtroppo dopo Liturgiam authenticam è stato diramato anche Magnum principium . Ne ho parlato a proposito dei nuovi Messali....

mic ha detto...

Il discorso sui Messali lo può estrapolare da qui
https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2020/09/esprimero-ulteriori-preoccupazioni.html?m=1

Ma il problema delle nuove traduzioni, che implicano tagli oltre che cambiamenti, è stato smpiamente illustrato nel blog. Può usare il motore di ricerca interno (colonna di destra della versione web)

Gederson Falcometa ha detto...

La Sinodalità bergogliana ricorda quanto è stato proposto da Leonardo Boff nel libro Chiesa, carisma e potere, condannato dall'allora cardinale Ratzinger prefetto della Congregazione per la dottrina della fede: NOTIFICATIO DE SCRIPTO P. LEONARDI BOFF, OFM,
« CHIESA: CARISMA E POTERE » * https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19850311_notif-boff_it.html
Il libro di Boff fu condannato, ma la tesi di Congar sull'opposizione tra una Chiesa carismatica e una Chiesa giuridica rimase. Fu proprio dopo l'eresia montanista, spesso associata al carisma, che Congar vide l'affermarsi della Chiesa giuridica. Tra l'altro, il pontificato di Francesco rappresentò nei suoi documenti più controversi, come nelle frequenti allusioni allo spirito e alle sorprese di Dio, una sorta di neo-montanismo.
Immagine della sinodalità bergogliana, e fonte d'ispirazione anche per Leonardo Boff e la Teologia della Liberazione, erano e sono le comunità ecclesiali di base di Karl Rahner, come si può leggere nel brano dell'introduzione del libro L'avventura della teologia progressista del P. Cornelio Fabro:

"Quale artefice principale dello sconquasso è indicato il gesuita settantenne Karl Rahner, che ha proclamato la cosiddetta «svolta antropologica» (anthropologische Wende) nella teologia e ha coniato slogan a ripetizione – la chiesa del ghetto, i cristiani anonimi…– e ha denunziato la Humanae vitae mettendo sotto accusa il Papa stesso con un piglio che ricorda l’«Ascoltami tu, Papa!» di Lutero: «Se il magistero della Chiesa non avrà oggi il coraggio e l’audacia di ritrattare i passati errori, non rimarrà degno di fede e di fiducia»[1]. Questo non solo non sembra lo stile di un figlio di sant’Ignazio, ma neppure quello di un mediocre cristiano: Kierkegaard, per esempio, aveva ben visto che in materia di fede il primo criterio non è l’erudizione o la scienza ma il carisma dell’«autorità» (Myndighed). Rahner invece non va proclamando da ogni parte che al teologo, qualunque tesi o formula possa presentare, occorre lasciare piena libertà?[2]

Recentemente Rahner ha criticato anche il comunicato conclusivo del Sinodo dei vescovi della Germania Ovest perché non ha seguito la sua linea, cioè «l’imperativo concreto… soprattutto di natura politico-sociale e critico-sociale». Così Rahner nel recente libro Struktur-Wandel der Kirche als Aufgabe und Chance,[3] secondo un vigoroso pubblicista cattolico, è «cambiato da teologo a teorico di politica ecclesiastica, o piuttosto ha chiarito in forma esplicita il cambiamento già implicito nelle altre opere». L’intento principale del programma di Rahner è di mettere insieme nella Chiesa del futuro la «reale spiritualizzazione» con la «declericalizzazione», «demoralizzazione», «apertura», «democratizzazione» [4]. Una simile Chiesa del futuro può attuarsi soltanto dal basso mediante le cosiddette «comunità di base» (Basisgemeinde) alla cui guida le donne stanno alla pari con gli uomini e nelle quali in concreto l’obbligo del celibato dei preti non ha più senso. La spiritualità diventa così senz’altro sinonimo di impegno sociale di gruppo che ha il diritto di agire e svilupparsi in modo autonomo rispetto all’autorità: errori, questi di Rahner, osserva lo scrittore, che sono oggi molto diffusi. E molto diffusa è la paura di fronte allo spauracchio del «ghetto», sbandierato da Rahner e da altri. E conclude: «I vescovi tedeschi riotterranno la loro libertà di azione allorquando si saranno sufficientemente svincolati dalle idee di questo gruppo [di potere teologico] e torneranno a dedicarsi al semplice popolo della Chiesa»[5]. Un monito chiaro ed esplicito che rispecchia la dolorosa impressione della maggioranza dei fedeli, turbati di fronte alle confusioni e agli sbandamenti teorici e pratici che sono avallati da molti (troppi?) ecclesiastici del post-Concilio contro stesso.

Gederson Falcometa ha detto...

In contrasto con il Vaticano II si trovava, secondo un teologo tedesco, il progetto della Commissione X del Sinodo, sulla «Collaborazione pastorale delle Chiese a servizio dell’unità ecclesiastica», in quanto lasciava nell’ombra le verità di fede riguardanti la Trinità e la cristologia, la Chiesa, il primato, l’eucaristia e molte altre verità di fede. La stessa formula di «unità nella molteplicità» e di «molteplicità dell’una fede»… rivela una prospettiva «federalistica» della fede e della Chiesa e la professione di un pluralismo radicale che portano con sé la minaccia dell’indifferentismo. E concludeva che «uno sforzo per la riunificazione che trascura [lett.: si lascia sfuggire] la questione della verità si rende troppo facile. Esso non conosce più – ciò che ben sapeva, per esempio, il cristiano impegnato Kierkegaard – che per la verità bisogna anche aver sofferto»[6]. Questi teologi però non solo ignorano il grande danese ma respingono decisamente le sue istanze di un cristianesimo in lotta con il mondo e con il male".

Anonimo ha detto...

"...Dopo un pontificato che ha acceso entusiasmi e suscitato non poche perplessità..."

Una lettura della realtà scollegata alla realtà. Cominciamo dalle non poche perplessità. In realtà, ha suscitato infinite perplessità e molto piu che perplessità: certezza di eresia, in alcuni casi; certezza di ambiguità in altri; certezza di sciocchezze o ideologia in altri ancora. Dunque non "perplessità" ma schifo, nausea, vomito, repulsione.

Entusiasmi? Se all'inizio ce ne sono stati in qualche anima bella, sono crollati subito dopo, per lasciare il passo a disillusione e sconforto, quand'anche non a rabbia e ribellione. Gli entusiasmi, suscitati ad arte tramite manipolazione popolare, non si sono mai spenti invece sui media, dove il D.S. caro a Viganò ha portato avanti la sua campagna di supporto fino alla fine.