Nella nostra traduzione da First Things. La visuale dell'Arcivescovo Cordileone, USA, sulla lex orandi in relazione alla Messa tradizionale ed alla situazione problematica indotta dall'ultimo pontificato e dunque alle aspettative in base agli esiti del recente conclave". Un discorso da registrare come positivo - e non è nemmeno in primo [vedi] - nel mare magnum delle divisioni in ambito ecclesiale. Purtroppo, però, delude in quanto non tradizionale ma prettamente conservatore. Tra le diverse positive affermazioni, scopriamo come il suo afflato vatican-secondista lo tenga ancorato alla cattiva applicazione del Concilio, alla "Riforma della riforma" e al "reciproco arricchimento dei riti"; suggestioni ratzingeriane che sembravano tramontate. Non ho voluto pubblicare questo suo intervento senza rimandarvi a mie vecchie obiezioni al riguardo: Traditionis custodes e i rigurgiti della discontinuità [qui], inserite nell'orizzonte più ampio e con diversi echi ante et postea l'epoca del Summorum.
Porre fine alle guerre liturgiche
I ricordi sono ancora vividi, anche se è passato tanto tempo. Essendo nato nel 1956, sono abbastanza grande da ricordare l'epoca confusa e tumultuosa dei "cambiamenti" successivi al Concilio Vaticano II, in particolare per quanto riguarda la Messa. Una coppia di anziani del mio quartiere rifletteva ad alta voce con me, adolescente, che era come se il padre fosse assente e i bambini giocassero come volevano.
Non dovrebbe sorprendere, quindi, che l'intera gamma dell'insegnamento della Chiesa, dalla morale all'esercizio dell'autorità alle verità dogmatiche della fede, sia stata messa in dubbio e persino apertamente negata, e le vocazioni religiose siano crollate. La vecchia massima lex orandi, lex credendi (a cui alcuni hanno aggiunto lex vivendi) si dimostra sempre vera. L'era delle "guerre liturgiche" non riguardava la riorganizzazione degli ornamenti; in un periodo di confusione e dissenso in tutti gli ambiti della vita della Chiesa, era fondamentale per tutto ciò che accadeva.
In un recente passato, sembrava che fossimo giunti a una pacifica coesistenza con quelle che Papa Benedetto definiva le due forme del Rito Romano, dopo aver emanato il suo motu proprio Summorum Pontificum. Tuttavia, dopo la Traditionis Custodes e le restrizioni ancora più severe imposte dal Dicastero per il Culto Divino alla celebrazione del Rito Romano secondo il Messale del 1962, le guerre liturgiche sono riprese. Sebbene la liturgia non fosse al centro dell'attenzione dei cardinali nel conclave che ha eletto Papa Francesco dopo le dimissioni di Papa Benedetto, sarà senza dubbio un tema centrale in questo prossimo conclave.
Con tutti i problemi che la Chiesa si trova ad affrontare in questo momento, nulla è più importante del modo in cui adoriamo. Dio ci ha creato per adorarlo. L'adorazione divina, se deve davvero meritare il nome di "divina", si basa sul senso del sacro, che a sua volta scaturisce dalla visione sacramentale della realtà: la realtà fisica media e rende presente la realtà spirituale e trascendente che la supera. Se perdiamo questo, perdiamo tutto.
E le perdite ci sono state. Non si può negare che la perdita, ben visibile, del senso del sacro nel nostro modo di adorare sia una causa fondamentale (anche se non l'unica) del massiccio allontanamento dei giovani dalla Chiesa. Secondo uno studio del Pew Research Center del 2015, il 40% degli adulti che affermano di essere cresciuti come cattolici ha abbandonato la Chiesa. E la situazione non sta migliorando. Un sondaggio del 2023 condotto su 5600 persone ha rilevato che "i cattolici hanno registrato il più grande calo di affiliazione tra tutti i gruppi religiosi".
È chiaro che non ci sono abbastanza giovani che incontrano Gesù nell'Eucaristia; altrimenti non lo abbandonerebbero per altre esperienze religiose né perderebbero del tutto la fede in Dio. E altrettanto chiaramente, la sete di tradizione che rimane nella prossima generazione di cattolici è palpabile.
Come ha scritto Francis X. Rocca il 9 aprile su The Atlantic :
Nel 2023, Cranney e Stephen Bullivant, un sociologo della religione, hanno intervistato i cattolici e hanno scoperto che metà di loro esprimeva interesse a partecipare alla Messa in latino. ... Forse controintuitivamente, questo ritorno alla tradizione sembra essere guidato dai giovani cattolici, che costituiscono una quota sproporzionata dei devoti alla Messa in latino. Secondo un recente sondaggio ... il 44% dei cattolici che partecipavano al rito antico almeno una volta al mese aveva meno di 45 anni, rispetto a solo il 20% degli altri membri di quelle parrocchie.Questo mi sembra vero. La maggior parte dei giovani cattolici devoti che incontro cresce con la tipica pietanza parrocchiale della domenica, scoprendo solo in seguito la bellezza del nostro autentico patrimonio liturgico cattolico. La loro reazione? Meraviglia mista a rabbia. Mi dicono – e questa è una citazione letterale, parola per parola – "Sono stato privato del mio diritto di nascita cattolico".
Lo scopo di Papa Francesco nell'emanare la Traditionis Custodes era quello di unire la Chiesa in un'unica forma di culto. Bisogna ammettere che avere due forme di Messa per la Chiesa universale è anomalo nella storia della Chiesa. In realtà, però, non ci sono semplicemente due "forme" di Messa, ma un'intera varietà di forme dovute alle libertà dei sacerdoti di fare le cose a modo loro, violando le norme liturgiche – una chiara vulnerabilità dell'ordinamento della Messa attualmente in vigore, che rischia di arrecare grave danno alle anime. Ora abbiamo forme estremamente divergenti del Rito Romano. Un video di un prete tedesco che fa il rapper durante la Messa è recentemente diventato virale. D'altra parte, per esempio, c'è la Messa delle Americhe, che ho celebrato come Solenne Pontificale in latino presso la Basilica del Santuario Nazionale dell'Immacolata Concezione a Washington, DC, nel novembre 2019 [qui].
Molti buoni e devoti cattolici, turbati dalla confusione liturgica, attribuiscono la colpa al “Vaticano II”. Ci vorrebbe un intero altro articolo per spiegare cosa si intenda con questo termine, ma per ora è necessario distinguere tre livelli a cui il Concilio è stato e continua a essere operativo: (1) i sedici documenti del Concilio Vaticano II; (2) i documenti sulla loro attuazione, che tra loro appartengono a diversi livelli di autorità (il Romano Pontefice, i dicasteri della Santa Sede, le Conferenze Episcopali Nazionali e i singoli vescovi nelle proprie diocesi); e (3) il modo in cui il Concilio è stato effettivamente attuato nelle nostre parrocchie e in altre comunità di fede. I problemi emersi dopo il Concilio si trovano a quei livelli inferiori, che hanno sfruttato alcune ambiguità presenti in quei sedici documenti anziché leggerli in continuità con la tradizione che li aveva preceduti. Ad esempio, il movimento per rinnovare e rivitalizzare la sacra liturgia aveva preso piede già da decenni prima del Concilio Vaticano II, e quindi la Sacrosanctum Concilium deve essere letta come un ulteriore impulso e direzione di questo movimento, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione attiva dell'assemblea, e non come una divergenza da esso.
Il punto critico che ha concretizzato il senso di rottura nella tradizione liturgica è stata la decisione, storicamente senza precedenti, di convocare un comitato di studiosi per riscrivere radicalmente la liturgia e imporla all'intero mondo cattolico dall'alto verso il basso. Di nuovo, sono abbastanza vecchio da ricordare quando ciò accadde, e da ricordare la resistenza dei cattolici più esperti tra i banchi. Ma a quei tempi i cattolici erano più obbedienti ai loro pastori e accettavano cambiamenti che non gradivano, cambiamenti che sembravano persino contraddire ciò che era stato loro insegnato sulla fede cattolica per tutta la vita.
Molti di noi capiscono che questo è un problema che deve essere risolto. Ma non dobbiamo commettere lo stesso errore metodologico: il senso di unità spezzata nella liturgia non può essere sanato semplicemente imponendo un nuovo insieme di regole dall'alto. Invece, ora è il momento opportuno per rilanciare la visione di Papa Benedetto XVI per sanare questa frattura, una "riconciliazione interiore" delle due forme del Rito Romano (come ha affermato nella sua lettera Con Grande Fiducia ai vescovi in occasione della pubblicazione del Summorum Pontificum). La trovata geniale del Summorum Pontificum è stata quella di creare una terza via alla riforma liturgica, consentendo il libero uso del Messale Romano preconciliare, permettendo così a queste due espressioni dello stesso Rito Latino di influenzarsi a vicenda in un modo che sarebbe stato "reciprocamente arricchente". E stiamo già iniziando a vedere una sorta di contaminazione tra queste due forme di culto cattolico nelle parrocchie che le celebrano entrambe: i parrocchiani in genere vivranno entrambe, pur mantenendo una preferenza per l'una rispetto all'altra. Ecco perché è un errore cercare di isolare coloro che sono devoti alla Messa latina tradizionale, come se fossero un pericolo per la fede della stragrande maggioranza dei loro correligionari.
Questo indica ciò che Papa Benedetto aveva previsto quando permettiamo alle due forme di coesistere: un processo di autentico arricchimento reciproco, in cui ciascuna forma influenza l'altra. E, nella mia esperienza personale, vedo come questo stia già iniziando ad accadere. Ad esempio, la predicazione durante una Messa in latino tradizionale – almeno per i sacerdoti che celebrano entrambe le forme – si concentra tipicamente sulle letture. Prima del Concilio, tuttavia, la predicazione era vista più come un'azione extraliturgica, e quindi come qualcosa di aggiunto alla Messa e, pertanto, non necessariamente correlato ai testi liturgici. Fu il Concilio Vaticano II a considerare l'omelia parte integrante della liturgia e a esortare i predicatori a predicare a partire dai testi scritturali e liturgici della particolare Messa celebrata. Noto anche che, durante le celebrazioni della Messa in latino tradizionale, sempre più persone tra i banchi pregano le loro parti della Messa e cantano le risposte e i canti dell'Ordinario della Messa in latino. Ciò riflette il desiderio dei fedeli di comprendere i testi e i riti della Messa e di esserne attivamente coinvolti. Sebbene questo tipo di partecipazione attiva fosse incoraggiato, e persino in crescita, ben prima del Concilio, è ora diventato più comune grazie all'abitudine ricevuta nell'Ordinamento della Messa rivisto. Il punto essenziale è che questi cambiamenti avvengono organicamente, non per decreto, e quindi contribuiscono a un autentico sviluppo del culto cattolico.
Summorum Pontificum pose fine in gran parte alle guerre liturgiche nell'esperienza vissuta dai cattolici statunitensi, un processo che Papa Benedetto XVI prevedeva sarebbe continuato: "La garanzia più sicura che il Messale di Paolo VI possa unire le comunità parrocchiali ed essere amato da esse consiste nel fatto che sia celebrato con grande riverenza in armonia con le direttive liturgiche. Ciò farà emergere la ricchezza spirituale e la profondità teologica di questo Messale".
Gli appelli di ogni papa postconciliare, da Paolo VI a Francesco, a correggere abusi e sciattezze liturgiche non hanno avuto praticamente alcun effetto sull'esperienza vissuta dai cattolici tra i banchi. Bisogna fare di più. Una comoda familiarità con la Messa latina tradizionale ha un grande potenziale per servire a questo scopo. Offre anche una via da seguire che evita l'ermeneutica della rottura, un altro aspetto che Papa Benedetto ha sottolineato : "Non c'è contraddizione tra le due edizioni del Messale Romano. Nella storia della liturgia c'è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che le generazioni precedenti consideravano sacro, rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o addirittura considerato dannoso". Poi prosegue applicando questa logica per aiutarci a comprendere il vero significato dello sviluppo organico: "È dovere di tutti noi preservare le ricchezze che si sono sviluppate nella fede e nella preghiera della Chiesa e dare loro il giusto posto".
Una tale continuità nello sviluppo della liturgia emerge chiaramente dalla lettura dei documenti conciliari e postconciliari sulla liturgia alla luce della tradizione ricevuta. Ad esempio, la Sacrosanctum Concilium non dice nulla riguardo al cambiamento dell'orientamento dell'altare. Infatti, l'edizione attuale del Messale Romano prescrive al sacerdote di voltarsi verso il popolo in tre punti durante la Liturgia eucaristica, presumendo chiaramente che lui e l'assemblea siano rivolti nella stessa direzione: " ad orientem ", verso est (liturgico), essendo l'est la fonte di luce e simbolo della Resurrezione di Cristo dai morti, che dissipa le tenebre del peccato e della morte, nonché del suo ritorno nella gloria. L'est è anche simbolo del paradiso poiché, al momento della creazione, Dio pose il Giardino a est (Gen 2,8).
Data l'urgenza della questione, ho invitato alcuni cardinali e confratelli vescovi, insieme a eminenti teologi e leader laici, a contribuire al Vertice Liturgico Fons et Culmen, che si terrà dall'1 al 4 luglio presso il Seminario di San Patrizio a Menlo Park, in California. Il Cardinale Sarah, una luce splendente tra i prelati che comprendono l'importanza di recuperare il sacro nelle nostre pratiche liturgiche, sarà presente. Così come il Cardinale Seán O'Malley, che ho invitato a parlare di quanto l'ordine e la bellezza della Messa possano essere importanti per l'anima e la psiche dei poveri, i cui ambienti sono così spesso segnati dal caos e dalla bruttezza. Il Cardinale Malcolm Ranjith è da tempo un punto di riferimento nel promuovere la visione di Papa Benedetto e offrirà preziosi spunti sulla sua comprensione dell'actuosa participatio (partecipazione attiva).
Sono convinto che il futuro del rinnovamento liturgico richieda l'ascolto e la risposta ai bisogni sentiti da tutto il popolo di Dio, compresi coloro che sono stati ispirati ad amare Gesù dalla bellezza e dall'ordine della Messa latina tradizionale. Il suo sviluppo organico fin dai tempi antichi riflette le nostre profonde radici nel culto e nelle pratiche dei nostri antenati ebrei nella fede. L'altare maggiore sotto il baldacchino discende direttamente dalla struttura del Santo dei Santi del Tempio di Gerusalemme, che ricordava la camera nuziale ebraica: la Messa è la consumazione del Banchetto delle Nozze dell'Agnello. Inoltre, dopo aver terminato le Preghiere ai Piedi dell'Altare, il sacerdote sale all'altare maggiore con una preghiera che riconosce questa continuità delle due Alleanze: "Togli da noi le nostre iniquità, ti preghiamo, o Signore, affinché possiamo essere degni di entrare con mente pura nel Santo dei Santi".
Ciò che è classicamente cattolico non è nostalgico o retrogrado, ma senza tempo. È così che raggiunge lo status di classico: ha resistito alla prova del tempo e parla a tutte le età e culture, compresa la nostra. Il cammino della riconciliazione interiore è l'antidoto sia all'impulso scismatico che a quello burocratico, offrendo il rimedio curativo alla rottura e un catalizzatore per il ripristino del sacro, come auspicato da Papa Benedetto XVI. Ma perché ciò avvenga organicamente, ci vorrà molto tempo: generazioni, forse persino secoli. Non possiamo sederci e tracciare il percorso; deve nascere dall'esperienza vissuta delle persone. Pertanto, non possiamo predeterminare quali tesori delle due forme saranno conservati e integrati in un'unica forma: le letture della Scrittura in lingua volgare dall'ambone? Il Canone recitato in silenzio? Le antiche preghiere dell'offertorio ripristinate? Sacerdote e fedeli che recitano insieme il Padre Nostro e pronunciano insieme il responsorio prima della Comunione, " Domine, non sum dignus " ("Signore, non sono degno")? Non lo sappiamo. Solo il tempo ce lo dirà. Ed è così che dovrebbe funzionare.
Dobbiamo avere sufficiente fiducia nella saggezza del Concilio Vaticano II da non temere più la Messa così come veniva celebrata prima – e durante – quel Concilio. Dobbiamo invece affidarci alla tradizione. La tradizione è protettiva: offre affidabilità, prevedibilità; ci protegge dalle astuzie, dalle preferenze personali, dai gusti e dalle antipatie di chiunque sia al comando, che sia il papa, il vescovo, il sacerdote che celebra la Messa, i musicisti che progettano e cantano la musica, il coordinatore liturgico locale e così via. In altre parole, la tradizione garantisce che siamo tutti uguali, servitori e osservatori uguali della tradizione che abbiamo ricevuto, e non in balia dei giudizi arbitrari di chiunque sia al comando in un determinato momento e luogo.
Facciamo dunque tesoro della tradizione così come l'abbiamo ricevuta e da essa impariamo chi siamo come popolo di Dio: connessi trascendentalmente nella comunione dei santi non solo attraverso lo spazio, ma anche attraverso il tempo, oggi e per tutta l'eternità.
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"... la civiltà non è più da inventare, né la Città nuova da costruire tra le nuvole. Essa è stata, essa è: è la civiltà cristiana, è la Città cattolica. Non si tratta che di instaurarla e restaurarla incessantemente sui suoi fondamenti naturali e divini, contro gli attacchi sempre rinascendi di un’utopia malsana, della rivolta e dell’empietà" (cit. Papa san Pio X, Lettera apostolica "Notre Charge Apostolique" del 1910).
Veni, creátor Spíritus,
mentes tuórum vísita,
imple supérna grátia,
quæ tu creásti péctora.
Qui díceris Paráclitus,
altíssimi donum Dei
fons vivus, ignis, cáritas,
et spiritális únctio.
Tu septifórmis múnere,
dígitus patérnæ déxteræ,
tu rite promíssum Patris,
sermóne ditans gúttura.
Accénde lumen sensibus,
infúnde amórem córdibus,
infírma nostri córporis
virtúte firmans pérpeti.
Hostem repéllas lóngius
pacémque dones prótinus;
ductóre sic te prǽvio
vitémus omne nóxium.
Per Te sciámus da Patrem
noscámus atque Fílium,
teque utriúsque Spíritum
credámus omni témpore.
Deo Patri sit glória,
et Fílio, qui a mórtuis
surréxit, ac Paráclito,
in sæculórum sǽcula. Amen.
V. Emitte Spiritum tuum et creabuntur,
alleluia.
R. Et renovabis faciem terræ, alleluia.
Oremus
Deus, qui corda fidélium Sancti Spíritus illustratióne docuísti: da nobis in eódem Spíritu recta sápere; et de eius semper consolatióne gaudére.
Per Christum Dóminum nostrum. Amen.
Giorno 4 – Lunedì 2 giugno 2025
Il Dono dell’Intelletto: penetrare il mistero con la luce dello Spirito
Ci sono momenti nella vita cristiana in cui sentiamo che la fede ci basta, ma non ci sazia. Sappiamo che Dio è uno e trino, che Gesù è risorto, che l’Eucaristia è il Suo Corpo. Eppure – diciamolo con umiltà – a volte restiamo alla superficie di queste verità. Le professiamo, le ripetiamo, le veneriamo... ma non sempre le comprendiamo davvero.
Non parlo della comprensione accademica, quella dei teologi e degli studiosi. Parlo della comprensione del cuore, quella luce interiore che ci fa dire: “Ora capisco. Ora vedo.” È il momento in cui la verità di Dio scende nella profondità dell’anima, e non è più solo oggetto di studio, ma luce che arde e illumina.
Questo è il frutto del Dono dell’Intelletto, uno dei sette doni dello Spirito Santo.
Lo Spirito che apre gli occhi: Il Vangelo di Luca ci racconta che, lungo la via di Emmaus, i discepoli parlavano con Gesù risorto senza riconoscerlo. Solo alla fine, dopo aver ascoltato le sue parole e aver spezzato il pane con Lui, «si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,31).
È un passaggio folgorante. Non si tratta solo di un riconoscimento fisico, ma di un risveglio interiore. È come se, fino a quel momento, la verità fosse lì, davanti a loro, ma velata. Ed è solo grazie a un atto di grazia, grazie a una luce donata, che la fede si accende.
Così avviene quando riceviamo il Dono dell’Intelletto: la fede che già possediamo si illumina dall’interno, e ciò che prima era oscuro diventa chiaro, ciò che era lontano si fa vicino, ciò che sembrava mistero diventa luce.
Che cos’è, in concreto? Il Dono dell’Intelletto, spiega San Tommaso d’Aquino, è una luce soprannaturale che perfeziona la nostra intelligenza, rendendola capace di penetrare le verità rivelate da Dio. La fede, di per sé, è già un dono straordinario: ci fa accogliere ciò che Dio ha detto, fidandoci della Sua parola. Ma l’Intelletto ci aiuta a capire meglio ciò che crediamo, a coglierne l’armonia, la profondità, la bellezza.
È un’intelligenza che nasce dalla grazia, non dallo sforzo razionale. Non si oppone alla ragione, ma la eleva. Quando il Dono dell’Intelletto è operante, non solo crediamo, ma comprendiamo perché vale la pena credere.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1831) lo dice chiaramente: “Il Dono dell’Intelletto ci permette di penetrare il senso delle verità rivelate, anche quando la nostra ragione ne coglie solo l’aspetto esteriore.”
È come quando leggi un versetto della Bibbia per la centesima volta, e all’improvviso ti colpisce in un modo nuovo, vivo, personale. Oppure quando ascolti una predicazione, e senti che Dio ti sta parlando attraverso quelle parole. Non è magia, è Spirito.
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Perché è così importante? Viviamo in un’epoca che ha accesso a infinite informazioni religiose, ma che rischia di non comprendere più nulla in profondità. Si citano versetti, si condividono frasi di santi sui social, si moltiplicano commenti e opinioni… ma si perde spesso il centro. Il Dono dell’Intelletto ci riporta a ciò che conta davvero, a quella verità che salva.
È un dono che ci preserva dalla superficialità, dal fideismo emotivo, dalla confusione. Ci aiuta a discernere l’essenziale dal superfluo, il vero dal verosimile, la dottrina della Chiesa dalle opinioni personali. È un dono che rafforza la fede e la rende intelligente.
Un dono per tutti: Non è riservato ai grandi dottori della Chiesa, anche se essi lo hanno ricevuto in misura eccellente. È per ogni cristiano, anche il più semplice, anche il più povero di cultura. Perché lo Spirito non si misura in lauree, ma in cuori disposti.
Basti pensare a Santa Bernadette, analfabeta, che ha compreso meglio di molti teologi il significato dell’Immacolata. O a San Giuseppe, silenzioso, che ha agito con una lucidità spirituale perfetta, guidato dallo Spirito. L’Intelletto è il dono che rende il cuore trasparente alla luce di Dio.
Se la fede è la porta, l’Intelletto è la finestra da cui entra la luce. Chi ama la verità, chi desidera capire il disegno di Dio, chi cerca chiarezza nella confusione, deve chiedere questo dono. Non per diventare dotti, ma per essere intelligenti della fede.
Vieni, Santo Spirito, e donaci l’Intelletto. Apri la nostra mente alla verità che salva. Fa’ che la fede non sia per noi solo parola, ma luce, certezza, vita. Amen.
Oggi Papa Leone XIV ha scritto un breve messaggio che, pur nella sua sobrietà, racchiude un’intera visione ecclesiale, un indirizzo pastorale e un’esortazione morale: «Insieme ricostruiremo la credibilità di una Chiesa ferita, inviata a un’umanità ferita, dentro una creazione ferita. Non siamo ancora perfetti, ma è necessario essere credibili. Vite conosciute, vite leggibili, vite credibili!». In queste parole si avverte il respiro lungo della Tradizione, che non teme di attraversare le fatiche del tempo per consegnare alla Chiesa – e dunque ad ogni battezzato – un compito di verità e di testimonianza.
Il Papa riconosce che siamo dentro un tempo segnato dalla prova. L’umanità è ferita, la creazione è ferita, e anche l’immagine della Chiesa risulta, agli occhi del mondo, segnata dalle ombre provocate dall’infedeltà di molti suoi membri. Non si tratta mai di una ferita alla sua santità, che resta inviolabile, né alla sua natura divina, che rimane perfetta e indefettibile; ma è una ferita che colpisce la sua credibilità storica, visibile, pastorale. La Sposa di Cristo è santa, e non può peccare; ma sono i suoi figli a sfigurare, con la propria incoerenza, il volto della madre che li genera nella fede. Come il Crocifisso fu sfigurato dai peccati che non erano suoi, così la Chiesa partecipa alle umiliazioni che non nascono dalla sua essenza, ma dalla debolezza di coloro che la rappresentano male. E tuttavia essa non viene meno, perché la santità di Dio non si annulla con l’infedeltà dell’uomo. Proprio da qui nasce il compito: ricostruire la credibilità non significa rifare la Chiesa, ma rimettere le nostre vite in comunione con ciò che la Chiesa è già per volontà divina.
Il Santo Padre non esige la perfezione, che è propria del cielo, ma la credibilità, che è richiesta sulla terra. L’uomo di oggi non chiede spettacolo, ma verità. Non cerca eroi senza macchia, ma testimoni affidabili. E questa affidabilità si manifesta in vite coerenti, trasparenti, leggibili. Vite conosciute: persone che non si nascondono dietro i ruoli, ma vivono la fede con il proprio nome, la propria storia, la propria voce. Vite leggibili: esistenze in cui si può intravedere la luce del Vangelo anche nei gesti più semplici, anche nelle cadute risollevate dalla grazia. Vite credibili: uomini e donne che non pretendono di essere seguiti perché perfetti, ma perché sinceramente impegnati a vivere ciò che professano.
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La credibilità è diventata oggi il vero nome della missione. Non basta dire parole buone, né proclamare intenzioni nobili: occorre che ciò che si annuncia sia visibile nella carne della nostra vita. Questo vale per tutti: per il sacerdote, per il consacrato, per il padre di famiglia, per la giovane catechista, per il religioso anziano. Il mondo guarda, e ha diritto di vedere – non lo splendore umano dei testimoni, ma la trasparenza della presenza di Dio nella loro umanità. Non ci viene chiesto di essere impeccabili, ma di non essere ambigui. Non ci si domanda di diventare eroi, ma di non vivere da attori. La fede non è una finzione sacra, è una verità incarnata. E se il mondo ci accusa di incoerenza, spesso non sbaglia: non nel giudizio sulla Chiesa, ma sul nostro comportamento. Per questo la risposta non è la difensiva, ma la conversione. Non la giustificazione di ciò che stona, ma la purificazione di ciò che non corrisponde alla grazia ricevuta.
In fondo, quello che il Papa ci chiede è di ripartire dall’essenziale: da una vita che parli di Dio anche quando tace, che mostri Cristo anche nei gesti quotidiani, che renda credibile la speranza cristiana anche in mezzo alle delusioni della storia. È la via dei santi: non uomini senza ombre, ma creature visitate dalla luce. È la via della Chiesa: madre santa di figli peccatori, sempre pronta a purificarsi attraverso la misericordia. Ed è la via di ciascuno di noi: riscoprirsi testimoni non perché esenti dal limite, ma perché dentro il limite operano con umiltà e con trasparenza. In questa fedeltà quotidiana, spesso silenziosa, si gioca la nuova evangelizzazione: non tanto nel moltiplicare le parole, quanto nel rendere ogni parola un’eco credibile di ciò che viviamo. Vite conosciute, vite leggibili, vite credibili: qui, davvero, può ripartire la speranza. E forse, anche la fede di molti.
(Mario Proietti)
La guerra liturgica finirà quando vi deciderete ad accettare il nuovo messale invece di ostinarvi con il messale di Pio V.
O viceversa?
Pregando che Papa Leone XIV cancelli Fiducia Supplicans, Amoris Laetitia e Traditiones Custodes. Quei 3 erano la fonte della divisione all'interno della Chiesa. Così tanti cattolici obbedienti e fedeli erano davvero confusi sulla logica di quei documenti. Hanno fatto più male che bene. Spero che Papa Leone XIV porti davvero pace, unità e chiarezza nella Chiesa.
Pro Deo Ecclesia.
Papa Leone XIV ha aperto il pontificato con il saluto di Cristo risorto. Un saluto liturgico e anche trascendente, ponendosi oltre la morte, nella luce della vita nuova in Lui. La pace che non può darsi il mondo perché non viene dal mondo. Ecco perché liturgica, come spazio sacro e trascendente.
Come nel mondo non c’è una volontà di guerra nelle nazioni, ma c’è un globalismo sovranazionale che provoca le nazioni alla guerra per trarne vantaggio, così tra credenti può scaturire conflitto non a beneficio delle diverse sensibilità, ma solo del Male che gode di quegli scontri attorno agli altari del santo sacrificio.
Il Maligno odia Cristo, odia la vita e odia la pace del Cristo che ci porta oltre la morte.
Rimettendo Gesù Cristo al centro il Papa Leone ci invita alla pace che viene dalla resurrezione dalla modalità mortifera in cui ci ha precipitati la tentazione assecondata, per volontà dell’anticristo.
Possiamo liberarcene solo fidandoci di Gesù, stando con Lui, veramente, in spirito e verità. Ogni forma sarà capace di educare alla sostanza e l’intelligenza della fede riconoscerà la forma migliore, senza bisogno di imporla.
Stiamo uscendo da un inganno colossale, ma ancora corriamo il rischio di essere raggirati. Coraggio, fidiamoci di Cristo e adoriamolo con la gioia del cuore, nella bellezza della Grazia.
Prevost è in tutto e per tutto il successore non solo di Bergoglio, bensì di TUTTI i papi conciliari, a partire da Roncalli. Che cosa vi fa pensare il contrario? I tre documenti citati sono le punte dell'iceberg, ma lei crede che i documenti conciliari siano in linea con la Dottrina della Fede della Chiesa Cattolica?
https://www.youtube.com/watch?v=WveSOKWLrVY
La guerra liturgica finirà quando, avendo riconosciuto nella la S. Messa Tradizionale un rito che esprime al 100% la Dottrina Cattolica e che dona la salvezza tramite il Sacrificio di Cristo essa sarà completamente liberalizzata, senza se e senza ma.
In effetti, già adesso nel mondo assistiamo ad una continua diminuzione dei fedeli che disertano il rito post-conciliare, e ad un continuo e progressivo aumento, al contrario, di fedeli che assistono al rito cattolico di sempre, anche a costo di recarsi nelle "catacombe", createsi in gran numero a causa della "misericordia" Bergogliana, per difendersi dalla persecuzione messa in atto da lui stesso e dai suoi satrapi, con un'odio che non si era mai visto prima all'interno della Chiesa. E quando sarà cancellata, con tanto di damnatio memoriae, la Traditionis Custodes, documento che abusa dell'autorità pontificia, come era normale per Josè Jorge Bergoglio ("la chiesa sono io", altro che misericordia), e mostra vero odio, disprezzo e rancore e anche calunnia e diffamazione, nelle successive dichiarazioni verso i fedeli Tradizionali.
Badilla. Dicastero della Comunicazione e lo "sbianchettamento" #papaleonexiv
https://blog.messainlatino.it/2025/06/badilla-dicastero-della-comunicazione-e.html
Quanto mi manca Navarro Valls!
Sia lodato Gesu' Cristo!
Ecco gli orari delle S.Messe all'IBP di Roma per
questa settimana:
*Lunedì 2, Martedì 3, Mercoledì 4: S.Messa alle 12h ed alle 19h.
*Giovedì 5: S.Messa alle 12h e nel pomeriggio dalle 17h30 alle
18h30 sara' esposto il SS.Sacramento per l'Ora Santa di Adorazione
con la Benedizione Eucaristica e seguìta dalla S.Messa.
*Venerdì 6 e Sabato 7: S.Messe alle 12h ed alle 19h.
(Via delle Fornaci, 203)
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Don Curxio: "Leone XIV è figlio del Vaticano secondo, ma la Chiesa non crollerà"
Laurentius, come sempre, hai ragione ma, si sa, noi siamo duri di cuore.
Suvvia, mettici una bella spruzzatina di sentimentalismo...
Antonio
@Mic
No, non è possibile il contrario, poiché la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, ha sancito nel Concilio Vaticano II l'irreversibile riforma del Messale di Pio V. La decisione non fu presa affinché il vecchio Messale coesistesse con il nuovo, ma perché doveva essere sostituito. La riforma liturgica non fu frutto di un capriccio, bensì il risultato della riflessione dei Padri conciliari che, quasi all'unanimità, ritennero il Messale di Pio V ormai superato rispetto ai tempi moderni, nonostante lo avessero utilizzato per tutta la loro vita. Il Messale di Pio V doveva essere rimpiazzato dal Messale di Paolo VI, rimanendo in uso solo per pochi sacerdoti anziani impossibilitati ad aggiornarsi. La disobbedienza di coloro che non hanno voluto seguire lo Spirito Santo ha generato divisione nella Chiesa. Tuttavia, è giunto il momento di porre fine a questa situazione: la Chiesa non può e non deve tollerare ulteriormente questo settarismo. Essa è comunione, non particolarismo. Quanto stabilito da Traditionis Custodes è sacrosanto: spetta al vescovo regolare le celebrazioni liturgiche nella propria diocesi e autorizzare l'uso del Missale Romanum del 1962. Non è accettabile che un gruppo imponga la Messa di Pio V aggirando l'autorità episcopale. I vescovi devono garantire che i gruppi che celebrano con il Messale del 1962 non escludano la validità della riforma liturgica e del Magistero della Chiesa e, purtroppo, blog come il vostro dimostrano quanto questa disposizione sia necessaria. È altrettanto fondamentale che Traditionis Custodes vieti la celebrazione della Messa di Pio V nelle chiese parrocchiali e impedisca la creazione di nuove parrocchie personali per questi gruppi. È giusto che i nuovi sacerdoti desiderosi di celebrare con il Messale del 1962 debbano ottenere un'autorizzazione specifica dalla Santa Sede. Così è e così deve restare. Papa Leone XIV ha chiarito che intende proseguire nel solco del Vaticano II, un cammino dal quale non si torna indietro. Se volete mettere fine alla guerra liturgica accettate ciò che la Chiesa ha stabilito, non ti illudere Mic il Messale di Pio V sarà spazzato via ci vorrà tempo forse ma accadrà. Ricordati che il messale di Pio V impiegò ben 200 anni per essere accettato nel nord della Francia perchè vostri omologhi si rifiutavano di rinunciare alla liturgia precedente.
Papa Leone si trova davanti come macigni le aberrazoni teologiche del predecessore. Se p.e. vorrà abolire Fiducia supplicans (allo stato, non lo sappiamo) dovrà comunque fare un lavoro preparatorio che consiste appunto del ribadire la teologia e la pastorale della famiglia cattolica tradizionale. Deve prepararsi il terreno in un ambiente curiale che si suppone ostile a certe iniziative. Deve farsi dei seguaci, un "partito". Per quanto se ne sa, è un isolato che deve crearsi una base e può farlo solo con un'oculata azione inziale, sempre nell'ambito del suo magistero.
Non ne ha il temperamento, ma se partisse in quarta con i decreti di abolizione come ha fatto per esempio Trump, potrebbe trovarsi in difficoltà - in modo simile a Trump, la cui azione così brusca ha suscitato ampie reazioni e raffiche di ricorsi e cause, rallentando alquanto.
Chi dice che il Messale di San Pio V sarà spazzato via? La tarda accettazione in alcuni luoghi sarà potuta dipendere da normali resistenze ai cambiamenti; ma nel nostro caso sappiamo bene cosa perdiamo in confronto allo scempio del culto divino operato dalla Messa riformata. Ci ho scritto un libro!
Non se ne accorge chi non conosce bene il Depositum fidei!
Vedo che l'anonimo delle 21:54 ha introiettato alla perfezione il nuovo vangelo secondo il CVII, nel più puro spirito conciliare, ecumenico e sinodale, alla luce dell'ispirazione umana, molto umana, che ha dato i natali all'ibrido messale del mai rimpianto Bugnini, umbratile tessitore entro le segrete stanze.
Mi spiace deludere l'anonimo in questione, ma non sarà il Messale di San Pio V ad essere spazzato via.
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Il settatore della Messa Novus Ordo delle ore 21:54 l'ha mai letto l'opuscolo firmato dai cardinali Bacci ed Ottaviani nel quale si dimostrava ampiamente quanto l'Institutio della Nuova Messa si allontanasse dalla vera Messa cattolica?
Anonimo del 2 giugno che hai infilato una dopo l'altra una serie di idiozie sulla Liturgia Romana, gentilmente potrei sapere chi sei? Perché se sei un prete, un vescovo o un Liturgista dovresti tornare all'asilo!
La Messa di Paolo VI Modernista e filoprotestante non è la Messa del Concilio Vaticano Secondo, ma opera di un gruppo di pseudo esperti che hanno spacciato le proprie ipotesi personali per Liturgia Antica.
È una devastazione della Liturgia Romana.
Il Vero Rito Romano della Santa Messa si è sedimentato in oltre millesettecento anni sempre venerato difeso e arricchito dai Sommi Pontefici Romani.
Mai nessun Papa avrebbe tentato di assassinare la Liturgia Romana e di inventare di sana pianta un nuovo Messale. Paolo VI è riuscito in questo crimine liturgico che non ha precedenti nella Storia della Chiesa di Roma!
Padre Louis Boyer persona seria e per bene confessò in seguito di non celebrare mai con il secondo Canone perché era stato scritto sui tavolinetti delle Osterie di Trastevere nelle pause pranzo!
Tu pensa, elimini la Messa di San Gregorio Magno San Damaso e successori per mettere la Messa dei tavolinetti di Trastevere!
Che grande operazione liturgica.
Che vergogna INAUDITA e grida vendetta al cospetto di Dio.
La Chiesa di Roma ha il suo Rito Proprio a cui hanno posto mano "Cieli e terra".
Le ridicole infami proibizioni dei Modernisti morenti, fermi al SESSANTOTTO fanno pena e ribrezzo. La difesa del Vero Rito Romano della Santa Messa è la priorità assoluta dei Fedeli. Stefano Gizzi Ceccano
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