Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 1 giugno 2025

Domenica dopo l''Ascensione (Exáudi, Dómine)

Ripercorrendo l'anno liturgico con queste meditazioni domenicali cogliamo l'occasione chi per approfondire chi per apprendere i tesori della nostra Fede. Proprio della Messa consultabile o scaricabile da qui.
Domenica dopo l''Ascensione

Intróitus
s. 26, 7, 8 et 9 - Exáudi, Dómine, vocem meam, qua clamávi ad te, allelúia: tibi dixit cor meum, quaesívi vultum tuum,vultum tuum, Dómine, requíram: ne avértas fáciem tuam a me, allelúia, allelúia. Ps. 26, 1 - Dóminus illuminátio mea, et salus mea: quem timébo ? Glória Patri… Act. 1, 11 - Exáudi, Dómine… 
Introito
Sal. 26, 7, 8 et 9 - Ascolta, o Signore, la mia voce, con la quale Ti invoco, allelúia: a te parlò il mio cuore: ho cercato la Tua presenza, o Signore, e la cercherò ancora: non nascondermi il Tuo volto, allelúia, allelúia. Sal. 26, 1 - Il Signore è la mia luce e la mia salvezza: chi temerò? Gloria al Padre… Atti 1, 11 - Ascolta, o Signore…

Glorificazione della Santa Umanità di Cristo
Gesù è salito al cielo. La sua divinità non ne era stata mai assente, ma oggi è l'umanità sua che vi viene intronizzata, e coronata di un diadema di splendore; ecco un altro aspetto del mistero dell'Ascensione.
A questa santa umanità il trionfo non bastava; il riposo le era preparato sul trono stesso del Verbo eterno, al quale è unita in una medesima personalità, ed è là che deve ricevere l'adorazione di ogni creatura. Nel nome di Gesù, Figlio dell'uomo e Figlio di Dio; di Gesù, assiso alla destra del Padre onnipotente, "ogni ginocchio si piegherà in cielo e sulla terra e negli inferni" (Fil 2,10).
Abitanti della terra, lassù sta quella natura umana che un tempo ci apparve nell'umiltà delle fasce; che percorse la Giudea e la Galilea, senza avere dove riposare la testa; che, da mani sacrileghe, fu stretta in catene, flagellata, coronata di spine, inchiodata sulla croce. Ma mentre gli uomini, che l'avevano disconosciuta, la calpestavano come un verme della terra, essa, con una completa sottomissione, accettava il calice di dolore e si univa alla volontà del Padre; divenuta vittima, acconsentiva a risarcire la gloria divina, dando tutto il suo sangue per il riscatto dei peccatori. Questa natura umana, generata da Adamo per mezzo di Maria Immacolata, è il capolavoro della potenza di Dio. Gesù, "il più bello dei figli degli uomini" (Sal 44,3), è l'oggetto dell'ammirazione degli Angeli; sopra di Lui si è posata la compiacenza della Santissima Trinità; i doni della grazia posti in Lui sorpassano ciò che è stato accordato a tutti gli uomini ed a tutti gli Spiriti celesti uniti insieme; ma Dio l'aveva destinato alla via della prova, e Gesù, che avrebbe potuto riscattare l'uomo con minore sacrificio, si è immerso volontariamente in un mare di umiliazioni e di dolore per pagare sovrabbondantemente il debito dei suoi fratelli. Quale ne sarà la ricompensa? L'Apostolo ce lo dice: "Si è fatto ubbidiente fino alla morte, e sino alla morte di croce. E perciò Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome, che è al di sopra di ogni altro nome" (Fil 2).
O voi, dunque, che compatite quaggiù i dolori, per mezzo dei quali ci ha riscattato; voi, che amate seguirlo nelle varie stazioni del suo pellegrinaggio fino al Calvario, oggi alzate la testa e guardate in alto, fino al più alto dei cieli. Eccolo: "per aver sofferto la morte lo rimiriamo coronato di gloria e di onore" (Ebr 2,9). Più si è annientato sotto forma di schiavo, lui che nell'altra sua natura poteva, senza ingiustizia, dirsi uguale a Dio (Fil 2,6-7), più al Padre piace di elevarlo in gloria ed in potenza. La corona di spine che ha portato quaggiù, è rimpiazzata dal diadema di onore (Sal 20,4). La croce che si lasciò mettere sulle spalle, è, d'ora in avanti, il segno del suo principato (Is 9,6). Le piaghe che i chiodi e la lancia hanno impresso sul suo Corpo, risplendono come soli. Gloria sia dunque resa alla giustizia del Padre, verso Gesù suo Figlio! ma rallegriamoci anche di vedere in questo giorno "l'Uomo dei dolori" (ivi 53,3) divenuto il Re di gloria; ripetiamo con trasporto l'osanna che la corte celeste fece risonare al suo arrivo.

Il giudice universale.
Non crediamo però che il Figlio dell'uomo, stabilito ormai sul trono della divinità, resti inattivo nel glorioso riposo. È una sovranità, ma una sovranità attiva che il Padre gli ha concesso. Prima di tutto lo ha designato "giudice dei vivi e dei morti" (At 10,42), "e noi dobbiamo tutti comparire davanti al suo tribunale" (Rm 14,10). Appena la nostra anima avrà abbandonato il corpo, si troverà trasportata ai piedi di questo tribunale sul quale oggi si è assiso il Figlio dell'uomo, e sentirà uscire dalla sua bocca la sentenza che avrà meritato. O Salvatore, oggi incoronato, sii a noi misericordioso in quest'ora decisiva per l'eternità. Ma la magistratura esercitata da Gesù non si limiterà all'esercizio silenzioso di questo sovrano potere; gli Angeli oggi ce l'hanno detto: Egli dovrà mostrarsi di nuovo sulla terra, ridiscendere attraverso l'aere, nello stesso modo come vi era salito, e si terranno allora le solenni sedute di tribunale, davanti alle quali tutto il genere umano comparirà. Assiso sulle nubi del cielo, circondato dalle angeliche milizie, il Figlio dell'uomo apparirà alla terra in tutta la sua Maestà. Gli uomini vedranno "colui che hanno trafitto" (Zc 12,10) e le cicatrici delle sue ferite, che ne aumenteranno ancora la sua bellezza, saranno per gli uni oggetto di terrore, per gli altri sorgente di ineffabile consolazione. Pastore, egli separerà le sue pecorelle dai capri, e la sua voce sovrana, che la terra non aveva più inteso da tanti secoli, risuonerà per comandare ai peccatori impenitenti di scendere all'inferno, e per invitare i giusti di venire ad occupare, in corpo ed anima, la dimora delle delizie eterne.

Il Re delle nazioni.
Aspettando la conclusione finale dei destini dell'umano genere, Gesù oggi riceve anche dal Padre l'investitura visibile del potere legale su tutte le nazioni della terra. Avendoci riscattati col prezzo del suo sangue, noi gli apparteniamo; che Egli, dunque, d'ora in avanti sia il nostro Signore. E lo è infatti, ed il suo titolo è quello di Re dei re e Signore dei signori (Ap 19,16). I sovrani della terra non regnano legittimamente che per Lui e non per la forza, o in virtù di un preteso fatto sociale, la cui sanzione non sarebbe che di quaggiù. I popoli non appartengono a loro stessi: sono suoi. La sua legge non si discute; deve librarsi al disopra di tutte le leggi umane, quale loro regola, e loro padrona: "A che pro cospirano le genti e le nazioni brontolano vanamente? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro Dio e contro il suo Messia: 'spezziamo i loro legami e scotiamo da noi le loro catene'" (Sal 2,1-3). Inutili sforzi! poiché, come ci dice l'Apostolo, "è necessario che egli regni finché non abbia posto sotto i suoi piedi tutti i suoi nemici" (1Cor 25,25), finché non apparisca una seconda volta per abbattere la potenza di Satana e l'orgoglio degli uomini.
Così dunque il Figlio dell'uomo, incoronato nella sua Ascensione, dovrà regnare sul mondo finché egli ritorni. Ma, direte voi, regna dunque in un tempo in cui i principi confessano che l'autorità è venuta loro da un mandato dei popoli; in cui i popoli stessi, sedotti da quel prestigio che chiamano libertà, hanno perduto financo il senso dell'autorità? Sì, egli regna, ma nella giustizia, visto che gli uomini hanno tenuto in disprezzo l'essere guidati per mezzo della bontà. Essi hanno scancellato la sua legge dai loro codici, hanno accordato il diritto di cittadinanza all'errore ed alla bestemmia; allora egli li ha abbandonati al loro senso assurdo e menzognero. Presso di essi, quel potere effimero che la santa unzione non rende più sacro, sfugge ad ogni momento da quelle mani che si sforzano di trattenerlo; e quando i popoli, dopo essere precipitati negli abissi dell'anarchia, cercano di ricostruirlo, sarà per vederlo crollare di nuovo, perché principi e popolo vogliono tenersi fuori del dominio del Figlio dell'uomo. E sarà sempre così, finché principi e popoli, stanchi della loro impotenza, lo richiameranno per regnare su di essi; finché non abbiano ripreso quella divisa dei loro padri: "Cristo vince! Cristo regna! Cristo comanda! Si degni Cristo di preservare il suo popolo da ogni disgrazia!".
In questo giorno della tua incoronazione, ricevi dunque gli omaggi dei fedeli, o nostro Re, nostro Signore, e nostro Giudice! Noi che, per i peccati, fummo causa delle umiliazioni e delle sofferenze avute durante il corso della tua vita mortale, ci uniamo alle acclamazioni che gli spiriti celesti ti tributarono nel momento in cui il diadema reale fu posto sul tuo Capo divino. Noi non possiamo che intravedere i tuoi splendori; ma lo Spirito Santo che ci hai promesso finirà di rivelarci tutto ciò che possiamo sapere quaggiù sul tuo sovrano potere, di cui vogliamo essere, per sempre, sudditi umili e fedeli.
La domenica dopo l'Ascensione, a Roma, nel medio Evo, era chiamata Domenica delle rose, perché vigeva l'uso, in quel giorno, di spargere rose sul pavimento delle Basiliche, quale omaggio a Cristo che si era innalzato al cielo nella stagione dei fiori. Si godeva allora in tutte le armonie del creato. La festa dell'Ascensione, già così ridente e piena di giubilo, quando si considera sotto il suo principale aspetto, ossia il trionfo del Redentore, veniva ad abbellire le giornate radiose della primavera. Si dimenticavano per un momento le tristezze della terra, per non rammentarsi che della parola che Gesù disse ai suoi Apostoli, affinché ci venisse ripetuta: "se mi amaste, vi rallegrereste che io vada al Padre" (Gv 14,28).
Imitiamo questo esempio; offriamo, a nostra volta, la rosa a colui che l'ha creata per abbellirci questo soggiorno, e impariamo a servirci della sua bellezza e del suo profumo per elevarci fino a Lui, che ci dice nella divina cantica: " Io sono un narciso del piano, un giglio delle valli" (Ct 2,1). Volle essere chiamato Nazareno, affinché questo nome misterioso risvegliasse in noi il ricordo che racchiude: il ricordo dei fiori, di cui egli non ha sdegnato di trarre il simbolo per esprimere l'incanto e la soavità che trovano in Lui coloro che l'amano.

Messa
EPISTOLA (1Pt 4,7-11). - Carissimi: Siate prudenti e vegliate nelle preghiere. Soprattutto però abbiate continuamente tra voi stessi la mutua carità, perché la carità copre la moltitudine dei peccati. Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorazioni. Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni dispensatori della multiforme grazia di Dio. Se uno parla, parli come chi espone gli oracoli di Dio; se uno esercita un ministero, lo faccia per la virtù comunicata da Dio, il quale è glorificato in tutto per Gesù Cristo nostro Signore.
Carità e prudenza.
Mentre i discepoli sono riuniti nel Cenacolo, ormai di un cuore e un'anima sola; mentre aspettano la venuta dello Spirito Santo, il principe degli Apostoli, che presiede questa santa assemblea, si rivolge a noi, che pure aspettiamo il medesimo favore, e ci raccomanda la carità fraterna. Ci promette che questa virtù coprirà la moltitudine dei nostri peccati: quale magnifica preparazione per ricevere il dono del cielo! Lo Spirito Santo scenderà, affinché gli uomini si riuniscano in una sola famiglia. S'interrompano, dunque, tutte le nostre dispute, preparandoci a quella fraternità universale che dovrà stabilirsi nel mondo con la predicazione del Vangelo. Aspettando la discesa del Consolatore promesso, l'Apostolo ci dice che dobbiamo essere prudenti e sobri per dedicarci alla preghiera. Accogliamo la la lezione: la prudenza consisterà nell'allontanare dai nostri cuori ogni ostacolo che respingerebbe il divino Spirito; e, in quanto alla preghiera, sarà essa che li aiuterà ad aprirsi, affinché egli li riconosca e vi si stabilisca.
VANGELO (Gv 15,26-27; 16,1-4). - In quel tempo: Gesù disse ai suoi Discepoli: Quando sarà venuto il Consolatore, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e voi pure mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin da principio. V'ho detto questo affinché non vi scandalizziate. Vi cacceranno dalle sinagoghe, anzi è per venire l'ora in cui chi vi uccide crederà di onorare Dio. E così vi tratteranno perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma questo ve l'ho detto, affinché quando avverrà vi rammentiate che ve n'ho parlato.
Lo Spirito di fortezza.
Alla vigilia di mandarci il suo Spirito, Gesù ci annunzia gli effetti che questo Consolatore produrrà nelle anime nostre. Nell'ultima Cena, indirizzandosi agli Apostoli, dice che questo Spirito renderà testimonianza per Lui, ossia che li istruirà sulla sua divinità e sulla fedeltà che gli dovranno, fino alla morte. Ecco dunque ciò che produrrà in quelle anime quest'Ospite divino che il Maestro, prossimo a salire al cielo, designava loro col nome di Virtù dall'Alto. Prove gravissime li attendevano, alle quali avrebbero dovuto resistere fino a dare il loro sangue. Chi sosterrà questi uomini così deboli? Lo Spirito che sarà venuto a riposarsi in loro. Per mezzo suo vinceranno, e il Vangelo si propagherà in tutto il mondo. Adesso sta per venire di nuovo, questo Spirito del Padre e del Figlio; e quale sarà lo scopo della sua venuta se non quello di armare anche noi contro le battaglie della vita, e di renderci forti per la lotta? Nell'uscire dal Tempo Pasquale, durante il quale i più venerati misteri c'illuminano e ci proteggono, noi ci ritroveremo di fronte al demonio infuriato, al mondo che ci attendeva, alle passioni che, calmatesi per un momento, vorranno risvegliarsi. Se saremo "rivestiti della Virtù dell'alto" non avremo nulla da temere; aspiriamo, dunque, alla venuta del celeste Consolatore, prepariamoci ad accoglierlo in maniera degna della sua Maestà, e, quando l'avremo ricevuto, conserviamolo gelosamente; Egli, come fece con gli Apostoli, ci assicurerà la vittoria.

Preghiamo
O Dio onnipotente ed eterno, fa' che abbiamo una volontà sempre a te devota e serviamo alla tua maestà con cuore sincero.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 229-234)  

7 commenti:

Novena di Pentecoste 3° giorno ha detto...

Veni, creátor Spíritus,
mentes tuórum vísita,
imple supérna grátia,
quæ tu creásti péctora.

Qui díceris Paráclitus,
altíssimi donum Dei
fons vivus, ignis, cáritas,
et spiritális únctio.

Tu septifórmis múnere,
dígitus patérnæ déxteræ,
tu rite promíssum Patris,
sermóne ditans gúttura.

Accénde lumen sensibus,
infúnde amórem córdibus,
infírma nostri córporis
virtúte firmans pérpeti.

Hostem repéllas lóngius
pacémque dones prótinus;
ductóre sic te prǽvio
vitémus omne nóxium.

Per Te sciámus da Patrem
noscámus atque Fílium,
teque utriúsque Spíritum
credámus omni témpore.


Deo Patri sit glória,
et Fílio, qui a mórtuis
surréxit, ac Paráclito,
in sæculórum sǽcula. Amen.

V. Emitte Spiritum tuum et creabuntur,
alleluia.
R. Et renovabis faciem terræ, alleluia.

Oremus
Deus, qui corda fidélium Sancti Spíritus illustratióne docuísti: da nobis in eódem Spíritu recta sápere; et de eius semper consolatióne gaudére.
Per Christum Dóminum nostrum. Amen.

Catholicus ha detto...

https://www.marcotosatti.com/2025/05/31/usa-aumento-vertiginoso-di-morti-fra-i-giovani-sierati-anti-covid-slay-news/?unapproved=262270&moderation-hash=a1c37a7925661fba28ea3e1975c5b373#comment-262270.... mi scuso se ripropongo nuovamente questo articolo, ma è per richiamare l' attenzione sul primo commento, del blogger "pepe' " comprensibile per chi mastica almeno un poco di francese scolastico. Grazie della cortese attenzione.

Anonimo ha detto...

Domenica dopo l'Ascensione del Signore
"Regnávit Dóminus super omnes gentes: Deus sedet super sedes sanctam suam. Allelúja"

Anonimo ha detto...

Se dovessi sintetizzare qual'è l'errore, l'omissione capitale dei cattolici e di milioni e milioni di persone così così, direi che è il non fare l'esame serale della coscienza. L'esame serale è come una doccia, una rinfrescata, una panoramica sulla nostra intera giornata, nella quale non siamo solo noi i protagonisti, ma anche i nostri incontri, le nostre azioni, i nostri pensieri e quelli di altri colti anche per caso. L'esame serale, eseguito serenamente pacatamente come appunto un bagno rilassante prima di addormentarsi, non solo è importante per migliorare piano piano noi stessi, ma anche per osservare il nostro ambiente prossimo e remoto, cioè il nostro tempo. L'esame del nostro tempo è importante tanto quanto quello della nostra coscienza, in quanto ci consente di formarci un giudizio personale sul tempo nel quale viviamo. Il giudizio su questo e quell' aspetto del nostro tempo di solito ci arriva da altri o dai media che lo imbelliscono o lo imbruttiscono secondo politiche pseudo culturali. E importante invece che siamo noi stessi a formularlo sempre meglio. Sempre più aderente al vero. Questo esame del nostro tempo aiuta il formarsi del nostro giudizio e un giudizio veritiero raggiunto consente di sviluppare una presenza di spirito che porta ad intervenire, se quando necessario, a ragion veduta. Quando tutti ricevevamo un' educazione cattolica, quella del sì sì, no no, già bambini si era in grado di esprimere un giudizio giusto, semplice quanto si vuole, ma calzante. L'essere passati al 'ni' possibilista richiede una nostra autoeducazione cattolica seria, senza tante storie, sì sì, no no. Autoeducazione cattolica corretta ogni sera durante l'esame della coscienza e del nostro tempo, così da non restare come bamba davanti a tutte le diavolerie del nostro tempo.

Anonimo ha detto...

L'ASCENSIONE DEL SIGNORE: IL TRIONFO DEL CIELO SULLA STORIA

L’Ascensione del Signore, al quarantesimo giorno dalla Risurrezione (nel Vetus Ordo cadeva giovedí 29 maggio 2025), non è soltanto un evento salvifico compreso nel mistero pasquale, ma è il sigillo metafisico e teologico di un’intera economia della salvezza. È il punto culminante dell’incarnazione redentrice in cui l’umano, assunto liberamente dal Verbo, viene definitivamente innalzato alla comunione con Dio in una modalità nuova e gloriosa. In essa si realizza ciò che la metafisica classica ha da sempre intuito, ma che solo la Rivelazione ha potuto pienamente svelare: che la natura razionale dell’uomo, essenzialmente orientata verso il Principio, trova il suo compimento non in un ritorno circolare all’indistinto, quanto in un’assunzione personale e corporea nella vita trinitaria. Cristo, ascendendo al cielo con la sua umanità glorificata, introduce nel seno stesso della Trinità l’umanità redenta. La carne non è più separata da Dio, né relegata all’inferiorità metafisica propria di certe concezioni neoplatoniche o gnostiche: essa è resa capace di partecipare alla gloria divina. L’Ascensione mostra, dunque, il destino ultimo della creatura razionale e sensibile: non la dissoluzione nel divino, ma la sua elevazione personale, libera e integra alla vita eterna. È il superamento dell’antropologia riduzionista della modernità, che concepisce l’uomo come mero ente storico, finito nella sua orizzontalità e che ha smarrito ogni anelito all’alto, ogni desiderio metafisico di eternità. Da questo evento emerge con chiarezza la struttura escatologica della fede cristiana.

Anonimo ha detto...

Segue
Non si tratta di una mera proiezione consolatoria verso un aldilà mitico, come pretendono certe letture immanentiste, ma di una tensione ontologica fondata sul realismo dell’Incarnazione e della Redenzione. L’Ascensione è garanzia che il tempo non è un eterno ritorno, ma un cammino orientato, un "itinerarium ad Deum" in cui la storia stessa riceve senso e orientamento. Il tempo non è più solo successione cronologica, bensí "kairòs", occasione salvifica, perché già visitato dalla pienezza dell’Eterno. Questo pensiero trova nel magistero di Papa Leone XIII (1878-1903) un’esposizione teologica matura e sistematica. Nell’enciclica "Divinum illud munus" del 1897, egli sottolinea come l’Ascensione costituisca la condizione necessaria per il dono dello Spirito: "Cristo Signore, salito al cielo, affinché rimanesse con la sua Chiesa, volle inviarle il suo Spirito, che guida e vivifica". In tale prospettiva, l’Ascensione non è solo un evento conclusivo, bensì l’inizio del tempo della Chiesa, abitata dal Paraclito e insieme un pegno escatologico: la presenza dello Spirito testimonia che il Cristo glorioso già regna e che la Chiesa cammina nella storia verso la piena comunione con Lui. Papa Leone XIII, nel solco della tradizione patristica e scolastica, insiste, in questo modo, sulla finalità soprannaturale della persona umana, che non può esaurirsi nell’ordine naturale essendo chiamata alla visione beatifica. San Pio X (1903-1914), raccogliendo e sviluppando l’eredità del suo predecessore, nella "Ad diem illum" del 1904, collega più esplicitamente la destinazione celeste dell’uomo alla partecipazione alla vita di Cristo glorificato. In lui si nota un’accentuazione pastorale e spirituale dell’escatologia, sempre però radicata nella dogmatica classica: "Noi siamo figli adottivi di Dio e perciò eredi della gloria celeste. Non siamo fatti per la terra, ma per il cielo". È la medesima intuizione di Leone XIII sebbene declinata in modo ancora più diretto e personale ed in funzione di una riforma della vita cristiana che prenda le mosse dalla consapevolezza del fine ultimo dell’uomo. In conclusione, l'Ascemsione del Signore mostra come l'intera umanitá sia chiamata non solo alla redenzione, ma alla glorificazione. L’Ascensione di Cristo, allora, è la caparra di questa vocazione soprannaturale, è la risposta divina al desiderio di infinito inscritto nel cuore dell’uomo. È l’evento che, pur accadendo nel tempo, appartiene già all’eternità. Proprio per questo chiede di essere vissuto come criterio e forma della vita cristiana: una vita che non si ferma alla terra, ma che si lascia attrarre verso l’alto "dove è Cristo, assiso alla destra del Padre" (Col 3,1). Solo così il cristiano potrà essere, nel mondo, segno e strumento di quella realtà ultima che l’Ascensione non solo annuncia, ma già realizza.
Daniele Trabucco

Anonimo ha detto...

Il punto che non capisco è : che tipo di carne è quella di Gesù che ascende al Cielo? Ma non capisco neanche bene bene il tipo di carne di Gesù risorto. È una carne divinizzata. Vabbe. Le cicatrici rimangono, che poi tre giorni non bastano a quel tipo ferite per cicatrizzarsi . Mangia. Compare e scompare. Passa attraverso porte chiuse. Con l'Ascensione va oltre la forza di gravità. Carne divinizzata, chiude il discorso intanto nessuno sa cosa significhi. È un mistero, che foss'anche qualcuno me lo spiegasse non lo capirei. Come faranno poi a rimettere la carne addosso a mia nonna della quale ora rimangono solo le ossa? Però, però l'altro giorno guardando un documentario su un certo tipo di bosco e altri reperti di piante ormai diventate pietra, i biologi sono stati in grado di riportare quelle simil pietre allo stato vivente. Quindi ci sta, Dio, volendo, può far prima, meglio e per tutti!!!