Un bilancio che non torna: il report dei vescovi
francesi e il silenzio sulle vocazioni
Città del Vaticano - Nei giorni scorsi, precisamente il 19 e 20 giugno 2025, la Presidenza della Conferenza Episcopale Francese (CEF) è giunta in Vaticano per il consueto incontro con il Pontefice. Ma questa volta l’incontro aveva un peso particolare: è stato il primo incontro ufficiale della Presidenza con Papa Leone XIV, ma anche l’ultimo, giungendo alla vigilia della conclusione del loro mandato.
A guidare la delegazione: Mons. Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims e presidente della CEF, insieme a Mons. Vincent Jordy (Tours), Mons. Dominique Blanchet (Créteil), Mons. Hugues de Woillemont, e la sig.ra Céline Reynaud-Fourton, direttrice per gli Affari Istituzionali e Internazionali. La visita si è aperta con un incontro diplomatico presso l’ambasciata francese presso la Santa Sede e si è conclusa con un’udienza privata concessa dal Santo Padre, durante la quale è stato presentato il bilancio di sei anni di presidenza.
Temi affrontati: dalla sinodalità alla bioetica
Il resoconto fornito dalla stessa CEF menziona un ventaglio ampio di temi trattati: dalla lotta contro gli abusi all’aumento dei catecumeni, dalla formazione dei sacerdoti alle sfide bioetiche, passando per la solidarietà, l’ecologia, il dialogo interreligioso e – nota non secondaria – le comunità tradizionaliste.
Su quest’ultimo punto, non si entra nel dettaglio. Ma che venga esplicitamente indicato nel comunicato suggerisce che se ne sia parlato ed è un tema preoccupante. La domanda resta: i vescovi francesi ne hanno parlato per mettersi in ascolto o per diffondere i propri pregiudizi?
Papa Leone XIV ha voluto invece soffermarsi su tre nodi specifici: la crisi ecologica, la crescita dei catecumeni in Francia e la tensione internazionale.
Sorprende, però, che i vescovi francesi non abbiano richiamato l'attenzione su una delle vere emergenze della Chiesa francese: le vocazioni sacerdotali.
Un documento inquietante sulle ordinazioni 2025
In questi stessi giorni, la Conferenza Episcopale Francese ha pubblicato il suo report sulle ordinazioni presbiterali per l’anno 2025. Il contenuto del documento è drammaticamente chiaro: la crisi delle vocazioni sacerdotali in Francia è più acuta che mai.
Nel 2025, saranno ordinati soltanto 90 sacerdoti in tutta la Francia. Di questi, appena 64 sono sacerdoti diocesani, mentre 25 provengono da comunità o ordini religiosi. Senza queste ultime, molte diocesi sarebbero semplicemente senza ordinazioni. A salvare la situazione, ancora una volta, è la Comunità Saint Martin, che da sola porta 9 ordinazioni, distinguendosi per equilibrio, dinamismo pastorale e fedeltà alla liturgia secondo il Concilio Vaticano II.
Eppure, proprio questa comunità è sotto una visita apostolica inspiegabilmente avviata e tuttora in corso. Non è dato sapere il motivo, perché il motivo non c’è. Se non quello – sottaciuto ma evidente – che la Comunità Saint Martin funziona troppo bene per chi vorrebbe un clero stanco, amministrativo e senza fervore missionario. Il sospetto che si tratti di una visita “punitiva”, ideologica più che pastorale, è lecito. Ed è urgente che il Papa intervenga, non solo per chiudere una visita infondata, ma per proteggere le vocazioni autentiche da logiche curiali opache.
Grandi assenti: le comunità legate alla liturgia tradizionale
C'è poi un’assenza che grida: nessuna menzione delle ordinazioni nelle realtà tradizionali, ovvero quelle comunità che celebrano abitualmente secondo il rito romano antico e che, in Francia, sono non solo numerose, ma anche giovani. Non si tratta di realtà scismatiche, ma di comunità pienamente in comunione con il Papa, eppure sistematicamente ignorate, come se si volesse cancellarne l’esistenza.
Silere non possum ha più volte evidenziato che il vero nodo non è la scelta del rito, ma piuttosto la vitalità ecclesiale, la giovane età dei candidati e la serietà della proposta formativa che queste realtà sanno offrire: è questo che attira tanti giovani che vi si avvicinano.. Allora la domanda s’impone: perché ignorare queste comunità in un report nazionale sulle ordinazioni? La risposta è chiara: per ideologia. Un’ideologia che esclude ciò che non controlla, che silenzia ciò che non rientra nei propri schemi culturali. E così, ancora una volta, si favorisce la divisione. Il richiamo del Papa all’unità non può restare lettera morta.
Papa Leone XIV ha parlato più volte, sin dal primo giorno del suo pontificato, dell’importanza dell’unità nella diversità. Ma questo principio non può restare sulla carta: deve diventare criterio di governo nella Chiesa. Se chi guida i dicasteri agisce secondo logiche personali o ideologiche, anziché con spirito ecclesiale, il rischio è quello di fratture dolorose e di ingiustizie gravi.
La Chiesa in Francia è oggi un campo complesso e fragile. I vescovi non possono più permettersi di guidare escludendo, disprezzando o delegittimando ciò che non corrisponde al loro stile. Perché – non dimentichiamolo – chi divide non viene da Dio.
- Fonte
9 commenti:
Le empie accuse di Andrea Grillo contro Carlo Acutis - Omelia del 22 giugno 2025
Dogma TV
https://www.youtube.com/watch?v=3xs0z9WA8NE&t=308s
formatori?
Youtube
Diego Fusaro : Leone XIV : accogliere i migranti ravviva la fede
Anche i migranti imposti a forza?
L' "altra" IRAN... nelle parole di Marziyeh Amirizadeh, autrice e presidente di New Persia, cristiana iraniana convertita che ha trascorso nove mesi in prigione per aver distribuito Bibbie e aver fondato due chiese domestiche clandestine...
Marziyeh Amirizadeh
«Le persone si stanno avvicinando a Cristo, e il motivo è che sono stanche di questo regime tirannico che vive sotto le dure regole dell’Islam da così tanti anni. ...Su 75.000 moschee, 55.000 sono state chiuse. Sono testimone di quanta sete gli iraniani hanno di venire a Cristo».
🎁 Per gli entusiasti dell'eletto:
Duc in altum
Martino Mora: «La teologia politica di Leone XIV, una resa all’ideologia delle Nazioni Unite»
Riproduco le ultime righe:
"Se le premesse ideologiche della teologia politica di Prevost sono queste, ci attende con ogni probabilità un lungo e doloroso pontificato di autodemolizione. L’ennesimo dal 1958. La crisi della Chiesa continuerà. Forse un po’ più lenta rispetto agli ultimi anni, e riverniciata di riferimenti superficiali alla Chiesa di sempre (Agostino, Leone, legge naturale, stola e mozzetta, qualche riferimento mariano e alla famiglia), dietro ai quali si nasconde, di fatto – è doloroso riconoscerlo – la resa all’ideologia dominante anticristiana e antiumana della Nazioni Unite e del liberalcapitalismo egemone davosiano.
Finché Dio non ne avrà abbastanza."
https://www.renovatio21.com/papa-leone-nomina-al-dicastero-per-la-vita-consacrata-sostenitori-delle-benedizioni-gay-promotori-del-rito-amazzonico-e-nemici-della-messa-antica/?amp=1
Papa Leone XIV torna a parlare di immigrazione, sottolineando come il Vangelo sia stato "portato in questo continente da fuori". Secondo Prevost, "anche oggi le comunità di migranti sono presenze che ravvivano la fede nei Paesi che le accolgono. I popoli si continuano ad arricchire a vicenda".
Ma la realtà la vede? Vale anche per gli invasori musulmani?
Nessuno nella Chiesa di oggi osa dir niente contro l'immigrazione indiscriminata. Solo ogni tanto qualche cenno critico che subito si spegne. Vale sempre il principio del "diritto ad emigrare" stabilito da Giovanni XXIII, applicato sistematicamente nella "pastorale del migrante".
Il diritto ad emigrare non esiste e non può esistere. Sarebbe come dire che ciascuno ha il diritto di andare a vivere nella casa di un altro, che allora avrebbe il dovere di accoglierlo (se esiste un diritto deve esserci un dovere corrispondente, insegnava l'antica dottrina). Può chiedere di andarci ma non perché ne abbia il diritto. Può chiederlo solo come favore, privilegio, rimettendosi alla generosità dell'altro.
E se ottiene un rifiuto deve accettarlo, visto che l'altro non ha alcun obbligo nei suoi confronti.
Avere un diritto significa esser portatori di una pretesa che altri hanno il dovere di soddisfare, nel nostro caso lo Stato nel quale il "migrante" scegli di andare ad esercitare il suo "diritto di emigrare". Come io non ho il dovere (né morale né giudico) di accogliere chi pretende di venire a vivere a casa mia come se questo fosse un suo diritto, allo stesso modo lo Stato non ha nessun dovere di accogliere i c.d. "migranti" irregolari, come se fossero soggetti esercitanti un loro preteso diritto ad andare a vivere in quello Stato.
Papa Leone è un nordamericano di origine ispanica a quanto se ne sa, forse messicana. Difficile che sia lui a rimettere la Chiesa in carreggiata in questo campo.
Che l'emigrazione regolare possa essere un bene, questo è giusto dirlo. Ma qui non abbiamo a che fare con l'emigrazione "regolare" bensì con un'invasione accettata ed incoraggiata dalle ben note forze.
Ma papa Leone comunque non c'entra con il capitalismo finanziario e la cricca di Davos. Volerne fare un loro esponente è semplicemente ridicolo.
Politicus
Mettiamola così: per metà è figlio di Dio e per l'altra metà è figlio del suo tempo ecclesiale.
Gli occorre un'ulteriore conversione, quella alla Tradizione in senso stretto e lato.
Sicuramente crede anche al progresso del moderno. Questo è un errore e grande. È un'illusione. Il moderno nasce dagli uomini, la Tradizione cioè il Buono, il Vero, il Bello vengono da Dio, sono la voce eterna di Dio nel tempo che passa.
Posta un commento